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Autore: aki_penn    20/11/2008    10 recensioni
Si è sempre parlato di gente "sfigata" che vuole diventare bella ricca e famosa, ma a nessuno è mai interessato se qualcuno sta bene nel suo bozzolo da nerd con una catenella da gabinetto attaccata alla porta? Beh, mio fratello stava bene così. E finchè se ne è stato nel suo piccolo paradiso di 20 metri quadrati nessuno ha mai avuto da ridire (a parte mia madre ovviamente), ma poi è arrivata quella tipa , ed è cambiato tutto, a partire dalla catenella del wc,e a finire col cercare di farlo diventare una specie di latin lover! E io sapevo che avrebbe portato guai, io lo sapevo, ma figurati se qualcuno mi ascolta mai in questa famiglia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei venti metri quadrati' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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I miei venti metri quadrati

Capitolo Primo

Mini Mei diventa Mei

 

 

 

A mio padre piacevano i computer. Gli piacevano più di ogni altra cosa. E a volte – odio dirlo-  gli piacevano più di noi. Gli piacevano più di me, Mei e la mamma , intendo.

Mei era il soprannome di mio padre, e mio fratello era mini Mei, dopo che lui è morto e mio fratello è cresciuto è stato inevitabile chiamare lui con quel nome. E così Mei adesso è mio fratello.

Non sentiamo molto la mancanza di papà a dire il vero, è brutto da dire, ma otto anni non sono abbastanza per ricordarsi come stavamo con lui. Se ne è andato via presto.

Mei non ci pensa mai, ma è proprio uguale a lui. Non lo vedo molto in giro per casa, se ne sta sempre in camera sua, col suo PC e le sue diavolerie elettroniche. Una volta ha costruito un tostapane artigianale, un'altra invece ha incendiato la cucina cercando di collegare il forno con il suo portatile via etere.  Dubito che con un forno si possa fare una cosa simile, ma se si può fare sarà sicuramente Mei a farlo per primo.

È bravo a scuola, più bravo di me e direi che possa essere considerato un Nerd, insomma i secchioni tutti studio e tecnologia, li chiamano così in America e nei film vero?

 

 

La signora Pavesi bussò energicamente alla porta della stanza più fredda di tutta la casa, attaccata all’uscio c’era una cordicella a piccole sfere caratteristiche dei vecchi sciacquoni , salvata anni prima alla ristrutturazione del bagno. In famiglia erano sempre tutti molto restii a gettare via qualche cosa che potesse avere un significato(anche i volantini restavano sul bancone della cucina per mesi senza che nessuno si occupasse di buttarli), ma quella catenella da gabinetto era eccessiva. Mei non era solito a impuntarsi su qualcosa, era un tipo silenzioso che preferiva far prendere agli altri le decisioni, ma su quella catenella era stato irremovibile, gli piaceva e non si sarebbe spostata di lì, nemmeno se glielo avesse chiesto il padre eterno! E quindi la povera signora Pavesi si era dovuta piegare alla buffa richiesta del figlio sul ciglio dell’età adulta.

“Chi è?” chiesero mestamente da dentro.

“Chi vuoi che sia? Sono tua madre! Posso entrare?” fece tronfia la signora Pavesi dall’alto del suo metro e un barattolo  da cui il figlio non aveva preso nulla né nell’aspetto né nel carattere.

Oltre la porta c’erano principalmente scartoffie, non che la camera fosse in disordine, ma c’erano così tante cose (per la maggior parte assolutamente futili) che era difficile trovare qualsiasi cosa si stesse cercando, a meno che non fosse Mei a cercarle.

Sua madre si guardò in torno prima di fissare il figlio negli occhi.

“Ehi, credi che sia saggio tenere quella stufetta così vicina alla carta? Non è che poi prende fuoco come col forno? Non starai mica cercando di creare una connessione con la stufa elettrica!” esclamò minacciosa la signora con quattro o cinque spilli in bocca.

Mei scosse energicamente la testa quasi spaventato, “Ho smesso con quella roba” dichiarò come se solo l’idea gli facesse ribrezzo.

Mei assomigliava a suo padre, solo era molto più schivo.  Per quanto Mei senior non fosse un compagnone in compagnia dava il meglio di sé, suo figlio invece magro e alto come il padre, preferiva di gran lunga starsene chiuso nella sua camera a lambiccare al computer, nel suo piccolo paradiso di venti metri quadrati.

La signora Pavesi, che nonostante l’età conservava ancora un po’ della giovinezza perduta negli occhi neri come il petrolio truccati di fresco ogni mattina e nei vestiti ben curati che si cuciva personalmente fissò il figlio, e per l’ennesima volta in diciotto anni sbottò “Per la miseria Mei! Hai diciotto anni! I tuoi coetanei vanno alle feste vanno, al  cinema, escono , si divertono, hanno degli amici,hanno una fidanzata, non puoi stare sempre chiuso nella tua camera!”

I lineamenti marcati di Mei si incresparono mentre le sopracciglia nere si avvicinarono tanto quasi da unirsi “Ieri sono uscito per andare a comprarmi un videogioco” ribatté compunto lui.

L’intera statura gnomica della signora ebbe un sussulto “Mei, il negozio di videogiochi dista due isolati…” replicò battendo il piede sul parquet.

Mei voleva visibilmente tornare alle sue diavolerie cibernetiche, ma sua madre sembrava non avesse troppa fretta di tornare a cucire ciò che stava cucendo. Invece rimase a guardarlo negli occhi, e lui non aveva il fegato   di distogliere lo sguardo da quelle iridi che parevano scavare nell’anima. Sicuramente suo padre si era innamorato di lei per colpa di quegli occhi.

“Marianna ha un problema col suo computer… le ho detto che andrai ad aggiustarglielo” sputò infine il rospo. La faccia del figlio cambiò completamente, contorcendosi in una smorfia. Appoggiò la fronte sulla scrivania. “No, mamma, Marianna no! tutte le volte che mi vede non fa altro che dirmi che sono proprio un bel bambino e mi tira le guance come se avessi due anni!” cercò di pigolare, ma fu inutile, sua madre era irremovibile e uscì dalla porta col vestito a fiori che svolazzava dicendo “E’ ora che tu esca e ti faccia degli amici, potresti cominciare da qui no?”

Mei sbuffò e si lasciò cadere sul letto abbacchiato“Non credo che un’amica di mia madre sia il modo migliore di cominciare ad avere una vita sociale

 

 

 

Mia madre non ne aveva voluto sapere di far chiamare alla sua amica un tecnico, e così mio fratello, succube com’è se ne dovette andare da Marianna.

La parte che doveva essere più piacevole si rivelò invece un inferno. C’erano zone della città dove gli edifici sembravano costruiti in serie, come se gli architetti avessero finito le idee. Marianna abitava proprio in una di quelle case. E individuarla non fu semplice, Mei ci mise quasi un’ora a trovare il citofono giusto.

“Sono Mei” disse quando glielo chiesero, e la risposta asettica su un secco “Terzo piano”. Mio fratello da sempre nemico dichiarato degli ascensori evitò prontamente  quel marchingegno preferendo le scale, arrivato al terzo piano si ritrovò a dover suonare di nuovo. Scocciato si chiese se non fosse maleducato trattare così un poveretto che controvoglia era costretto ad andare a fare il tecnico a casa di gente che a malapena conosceva.

La porta si aprì in tutta calma, e apparve una ragazza bassa con la faccia scocciata, una tuta blu e un asciugamano in testa. Sbuffò fumo in faccia a mio fratello. “Tu sei  Mei?” chiese con voce strascicata. Lui sbatté le palpebre e guardò la ragazza stralunato, poi annuì poco convinto come per un secondo se lo fosse scordato, chi era.

“Entra, e non dire a tua mamma che fumo, lei e la mia chiacchierano un po’ troppo”, Mei la seguì inebetito e la porta si chiuse dietro di loro.

Nikka, si faceva chiamare così. Nikka, perché il suo nome non le piaceva. Nikka l’esteta per eccellenza. Nikka, che avrebbe portato guai. A me e a Mei.

 

 

 

Eccomi di nuovo a scrivere. Lo so che è una pazzia cominciare a scrivere qualche cosa di nuovo quando ho già tre storie all’attivo, vi prometto (nel caso qualcuno le leggesse) che “Il Potere delle Pesche” e “Nato due volte” saranno aggiornate entro la fine della settimana prossima, mentre per “Siamo alla Frutta” ci vorrà ancora un po’ di tempo. Volevo scrivere qualche cosa di nuovo perché sono un pochino in crisi e andare avanti con quello che ho iniziato mi veniva difficile. Non so se la continuerò, ma se viene apprezzata è probabile che mi gasi e che la continui. Infine ringrazio veve_tonks per avere commentato la mia one-shot. ^__^ A questo punto ho finito e ringrazio in anticipo tutti quelli che hanno letto fin qui!

 

 

 

 

   
 
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