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Autore: NyxNyx    14/01/2015    1 recensioni
Nathaniel ha trentadue anni e dopo una lunga gavetta è finalmente riuscito a diventare Direttore della Biblioteca Mairie nella vicina cittadina di Colleville (Francia), sposato da quattro anni con Chloé la sua vita al momento non potrebbe andare meglio. Amato e rispettato da tutti si troverà però a dover fare i conti con le scelte del suo passato, perché la verità è figlia del tempo e poco a poco tutti i nodi verranno al pettine. Più a lungo si è taciuto più questi saranno devastanti.
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Quando mi ero svegliato quella mattina non mi sarei mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere… ma cominciamo dal principio.
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SPOILER per chi non ha ancora giocato l'episodio 23
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Tutti i nodi vengono al pettine

Prologo

Quando mi ero svegliato quella mattina non mi sarei mai immaginato che potesse succedere una cosa del genere… ma cominciamo dal principio.
Mi chiamo Nathaniel, ho trentadue anni e lavoro come direttore alla Biblioteca Mairie a Colleville -Francia- ma abitavo a Saint-Léonard da quando ero nato.
Appena finite le superiori mi ero iscritto all’Università di Rouen laureandomi in lettere e dopo una lunga gavetta partita come semplice bibliotecario, da qualche mese ero riuscito ad avere l’incarico a cui avevo sempre aspirato.
La mia passione per la lettura era nota a tutti fin dai primi anni di scuola, ma ora che ero stato in grado di conciliare la mia più grande passione con il lavoro potevo davvero ritenermi soddisfatto.
Ero sposato da quattro anni con Chloé, una donna di appena trent’anni conosciuta durante i miei studi a Rouen. Frequentavamo lo stesso campus e qualche corso opzionale, così piano piano ci eravamo avvicinati. Avevo capito subito che per me sarebbe stata una ragazza speciale e un giorno mi decisi a seguirla appena finite le lezioni. Scoprì che lavorava part-time in un caffè letterario per mantenersi e da quel momento diventai un assiduo frequentatore del locale.
Passavo ore seduto al tavolo fingendo di leggere solo per poterla guardare e per scambiare qualche breve parola tra un’ordinazione e l’altra.
Ero innamorato perso.
Chloé rideva sempre quando ricordavamo i vecchi tempi, dicendo che sembravo più uno stalker che un cliente, ma a me non importava: avrei fatto di tutto per poter uscire con lei almeno una volta.
La mia fortuna fu un acquazzone primaverile durante il mio ultimo anno di studi. Aveva staccato alle sedici quel pomeriggio perché non stava molto bene, bastava guardarla per notare il suo viso più pallido del solito e le guance arrossate dalla febbre.
Il suo capo insistette per mandarla a casa a riposare ed io che ascoltai “per pura casualità” la loro conversazione, pagai il conto e mi attardai all’uscita chiamando un taxi per evitare di camminare sotto la pioggia.
Quando la ragazza uscì dal retro e imboccò il viale principale per andare verso il campus la fermai chiedendole se stesse bene.
Non poté negare, così da vero gentiluomo, le proposi di prendere il mio taxi sperando che accettasse e mi chiedesse di fare il tragitto con lei vista la nostra comune destinazione.
I miei piani filarono lisci come l’olio e una volta scesi dal veicolo mi proposi per accompagnarla fino alla sua camera volendomi accertare delle sue condizioni.
Fu grata di questo gesto e di tanta gentilezza, tanto che quando alcuni giorni dopo tornò al caffè iniziò a mostrare più attenzioni nei miei confronti.
Tornammo a casa insieme qualche altra volta, chiacchierando principalmente dei nostri studi, fino a quando mi decisi a chiederle di uscire.
Da quel momento iniziammo a incontrarci in biblioteca per studiare e passare un po’ di tempo assieme ed io continuai a frequentare il caffè aspettando che finisse il turno per poterla riaccompagnare al campus.
Chloé era fantastica: dolce, premurosa, affidabile e molto intelligente. Mi ero innamorato del suo sorriso e del suo buffo modo di gesticolare mentre parla di cose che l’appassionavano. Oltre a questo era anche una persona davvero gradevole e non solo per il suo aspetto. Non era alta quanto me, ma lei affermava sempre che fosse un bene, altrimenti non potevo abbracciarla come le piaceva.
Capelli color ebano, grandi ed espressivi occhi verdi, fisico sinuoso e pelle ambrata, la trovavo un incanto.
Naturalmente anche lei aveva la sua buona dose di difetti: estremamente testarda, diretta e senza filtri, solo per citarne alcuni.
Tutto questo andava molto spesso in contrasto con il mio essere -leggermente- permaloso, ma con il tempo entrambi avevamo cercato di smussare un po’ gli angoli del nostro carattere cercando di parlare il più possibile nel momento in cui sorgeva un problema. Avevamo infatti capito che altrimenti entrambi saremmo rimasti nel nostro broncio silenzioso per intere settimane.
Il problema comunque non era lei.
Dopo aver convissuto due anni alla fine dell’università, avevo aspettato che si laureasse per farle la proposta di matrimonio.
Da allora la nostra vita era proseguita normalmente, con alti e bassi, ma di certo non potevamo lamentarci.
Ci eravamo trasferiti nella mia città natale, grazie ad un mutuo avevamo comprato casa e Chloé era riuscita a vincere un concorso da docente al mio vecchio liceo ed ora insegnava francese e storia, dandomi l’opportunità di restare in contatto con molti dei professori.
La direttrice, pace all’anima sua, ci aveva lasciati da ormai qualche anno. Quest’ultima dopo la scomparsa del suo fedele cagnolino Kiki non era più riuscita a reagire e un improvviso malore aveva avuto la meglio su di lei.
I suoi funerali furono l’unica occasione in cui rincontrai praticamente tutti i miei compagni di scuola insieme e in quella sfortunata occasione presentai ufficialmente Chloé che mi aveva accompagnato.
In seguito avevo mantenuto stretti contatti con loro, nonostante fossero passati gli anni mi chiamavano ancora “segretario” e più di una volta era capitato che qualcuno di loro venisse a chiedermi consiglio. Ero soddisfatto di essere considerato ancora così importante e affidabile, mi piaceva essere utile.
Capitava che qualche volta uscivamo a cena con Melody e suo marito, altre partecipavo alle mostre che curava Violette, o più semplicemente andavo nel negozio di Leigh per salutare suo fratello e Rosalya con la scusa di comprare una nuova cravatta o un abito per mia moglie.
Saint-Lèonard non era molto grande, perciò era difficile perdersi di vista e come in ogni cittadina che si rispetti i segreti non potevano esistere, tutti sapevano in tempi brevi tutto di chiunque.
Mia sorella Ambra invece si era trasferita e sposata a Parigi con un ricco ereditiere e a quanto diceva stava vivendo la vita che aveva sempre desiderato.
Personalmente non stimavo molto l’uomo che aveva deciso di sposare, mi ricordava troppo mio padre e avevo il sentore che fossero fatti della stessa pasta.
Già, la mia adolescenza non era stata esattamente rose e fiori per colpa sua e anche se per capirlo c’era voluto l’aiuto dei miei amici, ora ero fermamente convinto che denunciare mio padre per maltrattamenti fu la cosa più giusta da fare.
All’inizio la vergogna e la paura avevano avuto la meglio, ma quando riuscì finalmente a capire che non ero solo, le cose migliorarono.
Questo non significa che  fosse stato semplice. Dovemmo vendere la casa e mamma dovette chiedere aiuto ai suoi genitori per poterci mantenere, ma capiti i suoi sbagli e compresa la situazione chiese la separazione da mio padre e successivamente il divorzio.
Da allora tornai in pace con me stesso e con la parte femminile della mia famiglia. Mia sorella era decisamente più buona e disponibile nei miei confronti e mia madre semplicemente era tornata ad essere una donna degna di tale nome.
Gli abusi però non erano una cosa facile da dimenticare, ero stato da uno psicologo per farmi aiutare e una volta concluso un lungo percorso, decisi di dare il mio contributo alla comunità, diventando un socio molto attivo nell’associazione contro i maltrattamenti dei minori.
Ci incontravamo più volte al mese per parlare e discutere di varie tematiche e a turno andavamo nelle scuole dedicando alcune ore all’ascolto dei più piccoli. Inutile specificare di quali effetti devastanti avessero su di me i casi che si rivelavano reali e di quanto li prendessi a cuore.
Quando questo accadeva però, sapevo di poter tornare a casa tra le braccia di mia moglie che immancabilmente mi teneva stretto a sé coccolandomi e tranquillizzandomi con semplici gesti e tanta dolcezza.
Come direttore della Biblioteca ora potevo persino mettere a disposizione alcune sale del grande edificio in cui lavoravo per permettere ad associazioni come queste di essere più efficienti e creare giornate a tema.
La cosa che però aveva sconvolto la mia giornata ed oserei dire anche la mia vita, si era presentata alle dieci di sera mentre stavo proseguendo nella scrittura del mio romanzo poliziesco.
Il campanello di casa aveva suonato due volte consecutive ed io chiedendomi chi potesse essere a quell’ora mi ero alzato per andare ad aprire.
Quando spalancai la porta mi ritrovai una ragazzina di circa quindici, sedici anni con alcune valige.
Lunghi e lisci capelli biondi, occhi azzurri e uno strano sguardo.
Il primo pensiero che mi balenò per la testa fu che quella di fronte a me fosse una ragazzina probabilmente scappata di casa e recatasi al mio indirizzo per via della attività di volontariato.
«Posso aiutarti?» chiesi subito cortesemente.
«Mi chiamo Eve» rispose semplicemente.
«Piacere Eve, io sono Nathaniel. Cosa ti è successo?» domandai allora cercando di capire che cosa l’avesse spinta a presentarsi direttamente a casa mia.
«Ho litigato con mia madre e me ne sono andata di casa» disse noncurante come se questa non fosse la prima volta.
«Capisco» risposi cauto, poi le porsi il mio telefono «Preferirei chiamarla per dirle che stai bene, puoi farmi il suo numero? Sarà preoccupata».
A quest’ora di certo non potevo portarla al centro, avrei chiesto a Chloé di prepararle la stanza degli ospiti e il giorno dopo mi sarei premurato di chiamare gli assistenti sociali e di verificare la loro situazione familiare, speravo non fosse niente di grave.
«Mà» esordì la ragazza dopo qualche minuto «Vuole parlare con te».
«Buonasera signora» esclamai appena ripreso il telefono «Volevo dirle che sua figlia Eve si trova a Saint-Léonard e sta bene».
«Nate non servono tanti convenevoli sono io» rispose la donna dall’altra parte della cornetta e che riconobbi subito «Lo so, avrei dovuto dirtelo prima ma non sapevo come fare, c’erano già abbastanza casini e poi sono passati gli anni e diventava sempre più difficile…»
«Scusa ma non credo di seguirti» dissi confuso dalle sue parole.
«Non ti ha ancora detto niente? Che stupida» borbottò.
«Dirmi cosa?» domandai perplesso e preoccupato guardando la ragazzina.
Silenzio.
«Eve… Eve è tua figlia».
Guardai la giovane a bocca aperta, sconvolto ancora dalla notizia, totalmente impietrito e nel più completo caos mentale.
La squadrai da capo a piedi, ora riuscivo perfettamente a vedere Debrah nei suoi lineamenti e nei suoi occhi, poi mi soffermai sul biondo cenere dei capelli e non potei fare a meno di pensare che fossero identici ai miei.
Annaspai in cerca d’aria, in cerca di lucidità, in cerca di una conferma che arrivò prontamente dalla ragazza.
«Ciao papà».



Angolino dell'autrice
Buongiorno a tutti ^^
Sono tornata con il prologo di una nuova storia che proprio non ne voleva sapere di rimanere nella mia testa.
Spero vi piaccia, è solo l'inizio ma ho ben in mente come farla proseguire.
Se qualcuno segue le mie altre storie non si preoccupi, non le ho abbandonate, ma a causa di poca ispirazione ma soprattutto poco tempo per via degli studi fanno fatica ad andare avanti.
Comunque abbiate fede, appena finiti gli esami tornerò a scrivere con il ritmo di prima ^^
Intanto fatemi sapere se questa storia vi ispira con una breve recensione, in questo modo capirò se portarla avanti o meno :)

Grazie per essere passate!
Un bacione, Nyx

 
   
 
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