Libri > The Maze Runner
Ricorda la storia  |      
Autore: M4RT1    14/01/2015    2 recensioni
Sam ha sei anni quando viene prelevato dalla sua abitazione. Ne ha dieci quando comincia a lavorare per la C.A.T.T.I.V.O. e ne ha sedici quando entra nel Labirinto. Solo che non si chiama più Sam, allora. Si chiama Thomas. E ha perso tutto.
Storia partecipante al Contest "Game of Judges: la chiamata alle armi" indetto da Kaika ed Encha.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Thomas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Maglietta gialla, pantaloni corti, sguardo vispo.

Correre su e giù per il cortile, scarpe slacciate, erbacce tra il cemento. Mani sporche di terreno, ghigno sdentato. Sam ha sei anni ed è felice. I capelli scuri gli incorniciano il volto sudato, gli occhi guizzano da una parte all’altra della strada – la fantasia trasforma i passanti cupi in sfreccianti dragoni colorati. 

Ride, mentre due uomini vestiti di verde bussano alla porta. Sembrano strani, come quelle persone che vivono sui marciapiedi e mangiano i cani randagi.


Esodo.

E poi non è più allegro. E la parola “esodo” gli rimbomba nella testa mentre sua madre piega alcuni vestiti puliti e li infila nella valigia.

― Dovresti metterli nel cassetto, mamma.

Ora l’armadio è quasi vuoto. Sam non si sente più così felice, mentre la donna continua a spostare le sue cose in quel bagaglio nero.

― Che fai, mamma? Esodi?

E la mamma non ride, anche se in genere lo fa sempre. Questa volta è seria, mentre gli spiega che “esodo” vuol dire che andranno tutti via di lì. Che lei andrà con delle altre persone, perché “esodo” significa che un gruppo di signori deve cambiare casa.

― Verrò anche io, mamma?

Non risponde, la donna. Sam torna in giardino e piange.


Camicia grigia, pantaloni scuri, sguardo attento.

Sta seduto, Thomas. Ha dieci anni e tutto quel che deve fare e restare immobile a studiare. Braccia sul tavolo, gambe allineate, schiena rigida contro la sedia. Cuffie che gli pizzicano le orecchie, capelli tagliati corti. Scarpe lucide – perché tutto deve essere in ordine, alla C.A.T.T.I.V.O.; espressione seria, interessata – ha imparato a fingere, in quei quattro anni.

Annuisce, mentre numeri elevatissimi scorrono sullo schermo trasparente. In alto a destra, il termine “esodati” lampeggia con insistenza.

Un milione, due, tre. Dieci milioni.

Dall’altra parte del tavolo, Teresa lavora veloce. Hanno promesso che daranno anche a loro un’ora libera, come a tutti gli altri bambini. Aris e Rachel hanno quasi terminato.

― Dovresti copiare quei dati, Thomas, non fissarli inebetito.

Lo scienziato di fronte a lui è bianco, tutto bianco: vestiti, pelle, scarpe. Non ha più nulla di suo, come d’altronde anche Thomas. Gli hanno impedito di rivelare il suo nome, la sua età, perfino la scuola elementare a cui era iscritto.

Lo stesso con gli altri. Thomas non sa da dove vengano, che musica avrebbero voluto ascoltare, quale era il loro piatto preferito, prima del trasferimento. Gli è stato perfino vietato di usare la frase “voglio tornare a casa”, quando aveva sette anni. Poi l’ha dimenticata da solo.

E si chiede se non fosse lui, quello in esilio.


Maglietta blu, pantaloni beige, scarpe chiuse.

È vestito così, Thomas. Indossa questi abiti quando saluta Aris, stringe la mano a Rachel e poi abbraccia Teresa. 

Si sdraia sul lettino, immobile. Ha imparato a non temere i medici, anche quando c’è da aver paura. Ha imparato a sue spese a stare immobile
– glielo ricorda quel Thomas terrorizzato di otto anni, sotto le luci gialle dei dottori.

Le mani chiuse a pugno, lo stomaco vuoto. È la regola. La mente chiusa a proteggere quello che sta inevitabilmente per perdere. Tutto. Sta per perdere qualunque cosa, come se un nuovo esodo fosse messo in atto nella sua testa, tra i suoi pensieri. Non saprà più chi è, cosa vuole, il suo vero nome. Non saprà più della sua vita e di quella degli altri.

Esodo. Quella parola, così tristemente familiare, gli ricorda la sua vera vita – quella piccola parte al riparo dagli scienziati. Gli ricorda quello che non è riuscito a fare e quello che farà. Gli ricorda che, dopotutto, la C.A.T.T.I.V.O. è buona. Ma non gli ricorderà più nulla, tra poco.

― Dovrei dirti addio, Teresa.

― Non dire sciocchezze.

Il viso della ragazza è a pochi centimetri dal suo, un po’ più in alto. Lei può entrare.

L’ago gli penetra nel braccio, chiude gli occhi. Fa caldo, con quei pantaloni. Forse il Labirinto è freddo. Forse.


Maglietta sporca, pantaloni lunghi, sguardo sveglio.

Correre su e giù per il bosco, scarpe slacciate, fiori tra le erbacce. Mani sporche di terreno, voce roca per il tanto urlare. Thomas ha diciassette anni ed è quasi sereno. I capelli scuri gli incorniciano il volto sudato, gli occhi guizzano da una parte all’altra della radura – quella vera, un vero prato con veri alberi sotto un vero cielo azzurro. 

Non ricorderà mai più il suo vero nome, ormai nessuno potrà dirglielo. Non hanno più i ricordi, e chi ce li aveva ormai è morto.

Esodo.

C’è quella parola, in un angolo della sua testa. Ne conosce il significato, ma non capisce la sua importanza. Sa che è un legame, come se fosse l’unica cosa che gli rimane del suo passato. Si sforza, ma non riesce a ricordare nulla.

Allora rinuncia. Dopotutto, ha rinunciato a cose ben più grosse. È il prezzo per ricominciare.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > The Maze Runner / Vai alla pagina dell'autore: M4RT1