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Autore: Mirty_92    14/01/2015    2 recensioni
[4^ classificata al contest Dramione, Fremione, Romione indetto da MistyEye sul forum di EFP]
"E mentre in cielo cominciavano ad apparire le prime stelle e qualcuno in Sala Grande si stava chiedendo che fine avessero fatto Fred ed Hermione, la ragazza ricordò una frase che sua mamma le aveva detto un giorno parlando dell’amore che la legava a suo marito: Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione."
Hermione ritorna ad Hogwarts, dopo cinque anni, per la giornata in memoria delle vittime della battaglia contro Voldemort. In quest'occasione riuscirà finalmente ad esprimere le sue ultime paure e a voltare pagina una volta per sempre ricominciando nuovamente a vivere.
[Questa ff partecipa al contest Dramione, Fremione, Romione indetto da MistyEye sul forum di EFP]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, Harry, Potter, Hermione, Granger, Ron, Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Alcune precisazioni: la storia che vi state accingendo a leggere, partecipa al contest Dramione, Fremione e Romione indetto da MistyEye sul forum di EFP. La coppia scelta è una Fremione. La citazione iniziale è dello scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry e ho voluto inserirla solo ed esclusivamente perché mi sembrava affine al prompt  Orizzonte da me scelto. 
La storia è ambientata 5 anni dopo la fine della guerra. Fred Weasley non è morto nella battaglia pur avendo rischiato la vita ed Hermione, da allora, non è più tornata ad Hogwarts nemmeno per ultimare gli studi. Ora lavora comunque al Ministero della Magia.
Spiegate queste piccole licenze da “autrice”, vi auguro Buona Lettura!

 

All’orizzonte, l’amore di una vita

 

 

"Aimer, ce n'est pas se regarder l'un l'autre,

c'est regarder ensemble dans la même direction." 

(Antoine de Saint-Exupéry)

 

 

Era stato doloroso ritornare ad Hogwarts dopo aver ricevuto quella lettera ma, di fronte all’insolita insistenza dei suoi genitori, era stata costretta a cedere. Hermione Granger, dopo aver scovato nel profondo della sua anima il coraggio necessario, aveva varcato la soglia del castello in un pomeriggio stranamente caldo per l’inizio di quel mese. Era il 2 Maggio 2003. 
Cinque anni erano passati dalla battaglia finale combattuta proprio quel giorno in quegli stessi confini magici contro Voldemort e da allora molte cose erano cambiate.

Prima fra tutte il fatto che Hermione non fosse più una ragazzina. Ora aveva 24 anni e, contrariamente a quanto tutti si sarebbero aspettati da lei, conduceva una vita tranquilla da strega single in un’anonima villetta poco distante dalla casa dei suoi genitori. A stupire coloro che la conoscevano, non era stato tanto il fatto che vivesse da sola, quanto piuttosto che non si fosse sposata con Ron Weasley. Perché Hermione, dopo la guerra, non se l’era sentita di intrecciare un rapporto più profondo con Ron che era perciò rimasto il suo migliore amico, proprio come il famoso Harry Potter. Il motivo per cui la ragazza avesse gentilmente rifiutato la corte ormai evidente del più piccolo di casa Weasley, era cosa sconosciuta a tutti persino a Ginny, la sua migliore amica, che aveva sperato fino all’ultimo di poter diventare sua cognata. Ma le sue speranze erano state vanificate dalla decisa presa di posizione di Hermione: per lei Ron era solo un amico.

Hermione si guardò attorno nella grande Sala d’Ingresso del castello. Hogwarts le era mancata terribilmente, doveva ammetterlo. Eppure, nonostante ogni anno dalla fine della guerra avesse ricevuto una lettera da parte della professoressa McGranitt che invitava lei -e molti altri- alla Giornata del Ricordo per non dimenticare coloro che avevano perso la vita combattendo contro Voldemort, lei, Hermione Granger, non aveva mai avuto il coraggio di parteciparvi. Ricordi troppo dolorosi gravavano ancora sul suo giovane cuore. Ma quell’anno, in occasione del primo lustro di quella giornata commemorativa, aveva finalmente deciso di prendervi parte.

“Non ci posso credere! Hermione, sei davvero tu?” Un Neville Paciock tutto sorridente le si fece  incontro. Hermione a stento riuscì a riconoscere il ragazzo che, uccidendo il serpente Nagini con la spada di Grifondoro, era stato determinante per la sconfitta di Voldemort. Era parecchio tempo che non vedeva Neville anche se sapeva che era l’assistente della professoressa Sprite ad Erbologia da ormai due anni.  

“Neville! Ciao! Come sono contenta di rivederti!” Hermione lo abbracciò ricambiando con affetto il saluto caloroso del ragazzo.

“Lo sapevo che prima o poi saresti venuta” aggiunse Neville staccandosi appena dal suo abbraccio e guardandola soddisfatto.

Hermione arrossì, lievemente imbarazzata. In quegli anni si era sempre un po’ vergognata della sua codardia ma, affrontare il ritorno ad Hogwarts era stato più difficile del previsto. Neville parve capire il motivo del suo rossore.

“Tranquilla, Hermione. Nessuno si è mai permesso di biasimarti per la tua assenza. Anche altri non ce l’hanno fatta. Prendi Hanna, per esempio. Il primo anno era assente anche lei.”

Hermione si sentì per un attimo confortata. Poi si ricordò che la fidanzata di Neville, nonché loro compagna negli anni di scuola, era di Tassorosso, casa che non aveva mai brillato nella qualità del coraggio. Tuttavia Hanna Abbott si era dimostrata migliore della studentessa più brillante di tutta Hogwarts che non era ancora riuscita, dopo cinque anni,  a superare le sue paure mettendo da parte i fantasmi del passato.

Nonostante fosse ancora un po’ abbattuta, Hermione tentò un sorriso. Neville dopotutto aveva cercato solo di rincuorarla.

“Vieni. Harry, Ron e gli altri sono già nell’ufficio della McGranitt. Quando gli studenti avranno terminato le lezioni del pomeriggio inizierà la commemorazione.”

Hermione si lasciò condurre lungo i corridoi così familiari, verso l’ufficio che un tempo era stato di Silente. Giunti dalla McGranitt, Hermione venne accolta con entusiasmo non solo dalla sua professoressa preferita ma anche dai suoi amici che non la vedevano da circa un mese. La ragazza infatti era impiegata sì al Ministero della Magia proprio come loro, ma spesso si dedicava a missioni delicate da svolgere all’estero per cui, gli incontri tra il trio di amici più famoso del mondo magico erano un po’ diminuiti. Hermione pensò che il suo incarico al Ministero, che la obbligava a trascorrere parecchio tempo all’estero, era stato una vera fortuna quando aveva capito che Ron non sarebbe stato per lei niente più che un amico. La continua lontananza della ragazza infatti era stata una buona scusa per stroncare sul nascere qualunque rapporto oltre l’amicizia nel quale Ron, e non solo, aveva sperato.

Hermione si ritrovò ad abbracciare un po’ tutti i presenti: Harry, Ginny e persino Ron che, dopotutto, non le portava più nessun rancore.

“Ehi, Granger. Finalmente abbiamo l’onore di rivederti fra noi.” Una voce canzonatoria e irriverente catturò la sua attenzione salvandola dall’abbraccio ancora un po’ imbarazzato di Ron.

“Fred, non pensavo che ci tenessi tanto a rivedermi.”

Il gemello, in piedi alle spalle di Ginny, scoppiò a ridere. “Beh, rimani comunque un’amica di famiglia. Non ti possiamo cancellare solo perché hai rifiutato la corte del piccolo Ronnie.”

Ron avvampò ed Hermione si trattenne a stento dallo schiantare Fred solo perché si trovava in presenza della McGranitt. Irritare Hermione e mettere in imbarazzo il fratello minore, era ancora uno dei passatempi preferiti di Fred… e George, naturalmente. Il gemello gli stava accanto e si era trattenuto dal pronunciarsi solo perché Angelina, ormai sua fidanzata ufficiale, lo teneva d’occhio.

George però era pur sempre George. E come poteva resistere alla tentazione di dare man forte al gemello in una situazione che poteva prospettarsi esilarante?

“Sono pienamente d’accordo con Freddie. Granger, è un onore averti qui. E sarai sempre di famiglia anche se ormai ti è rimasta poca scelta se davvero vuoi entrare a far parte degli Weasley a tutti gli effetti. Dovrai accontentarti della mia brutta copia” e indicò Fred che non gli risparmiò una smorfia “oppure di Charlie” proseguì come se nulla fosse, accennando all’altro fratello poco distante da loro.

Charlie, che stava vicino alla scrivania della preside, sentendosi chiamato in causa ma non avendone colto il motivo perché occupato in una discussione sui draghi con Hagrid, guardò spaesato nella direzione di George.

George alzò gli occhi al cielo e si sporse verso Hermione per sussurrarle qualcosa all’orecchio. “Forse ti conviene davvero puntare sulla mia brutta copia. Dubito che una ragazza, anche se carina come sei diventata tu, possa sviare l’attenzione di Charlie dai draghi.”

Hermione stava per rispondergli a tono quando Angelina, che aveva sentito tutto, prese in mano la situazione prendendo George per un orecchio e dandogli una bella lavata di capo sotto lo sguardo d’approvazione della signora Weasley.

I signori Weasley furono gli ultimi a salutare Hermione, dopo Fleur e Bill. La signora Weasley fece un lieve commento a mezza bocca sul fatto che trovasse Hermione un po’ troppo magra, ma per il resto, la stritolò in un abbraccio così caloroso che le fece capire che anche lei l’aveva perdonata per non essere diventata la fidanzata del suo ultimogenito.

La McGranitt riportò tutti all’ordine spiegando, soprattutto per Hermione, come si sarebbe svolta la cerimonia e al suono della campanella che indicava la fine delle lezioni pomeridiane, tutti scesero nella Sala Grande.

 

Fu davvero una commemorazione toccante. Il raccoglimento che Hermione notò in tutti gli studenti presenti la sbalordì non poco. Tutti, dai più piccoli ai più grandi, sembravano essere pienamente consapevoli di quanto fosse importante, per tutto il mondo magico, quel giorno. Dei maghi e delle streghe come loro, avevano perso la vita combattendo per un mondo migliore e, se loro oggi avevano ancora la possibilità di frequentare Hogwarts in un tempo di pace, era anche merito di coloro che avevano sacrificato la loro vita per una giusta causa. Le parole di Harry commossero tutti e molte lacrime scivolarono sui visi composti dei presenti.

Ma, come disse lo stesso Harry, ora bisognava andare avanti con la consapevolezza che quelli che ci avevano lasciato sarebbero sempre vissuti nei cuori e nei ricordi dei loro cari.

Terminato il momento di cordoglio per le vittime, iniziò il banchetto, come sempre sontuoso e ricco di pietanze preparate con solerzia dagli elfi domestici che ora, lavoravano liberi ad Hogwarts.

Hermione però non se la sentì di prendere parte a quest’aspetto ludico della cerimonia tanto le parole di Harry l’aveva scossa. Decise così, senza farsi notare, di uscire dal castello e, inconsapevolmente, si ritrovò a dirigersi verso il Lago Nero.

Era il tramonto ormai e il sole infuocato stava calando dietro le montagne per lasciare posto ad una prematura luna crescente. Gli ultimi riflessi dorati si riflettevano sulle acque del lago ed Hermione rimase immobile a fissare l’acqua assumere tonalità scintillanti.

“Come mai qui tutta sola?”

Hermione sobbalzò e per poco non mise un piede in acqua.

“Mi hai spaventata.”

“Non volevo, scusa.”

Hermione sgranò gli occhi di fronte a quanto Fred le aveva appena detto. Il ragazzo si sedette sulla riva erbosa del Lago e le fece cenno di fare altrettanto. Hermione, un po’ perplessa, si accomodò accanto a lui sull’erba che cominciava già a diventare umida.

“Allora, non hai risposto alla mia domanda. Cosa ci fai qui da sola mentre gli altri sono al banchetto?”

“Non mi andava di mangiare” disse semplicemente la ragazza tornando a fissare il suo sguardo sulle acque del lago.

“Mia mamma ti stava cercando. Penso volesse propinarti almeno una dozzina di bigné.”

La battuta del ragazzo fece ridere Hermione. “Sei davvero dimagrita, Granger. Stai bene?” La voce di Fred aveva un certa sfumatura di preoccupazione così inusuale per un tipo come lui, che Hermione non poté fare a meno di guardarlo stupita.

“Sto bene, Fred. Da quando ti preoccupi per me?” il tono di lei risultò un po’ più acido del previsto.

“Sai che mi sono sempre preoccupato per te, Hermione. Su questo non puoi biasimarmi.”

Hermione arrossì. D’accordo. Doveva ammettere che Fred si era sempre preoccupato per lei. Prima l’aveva fatto solo per pura cortesia, almeno era così che le aveva detto quando lei aveva cominciato ad accorgersi delle attenzioni che lui le rivolgeva soprattutto durante il suo quinto anno ad Hogwarts. Poi però aveva scoperto che tutte quelle attenzioni erano il frutto di un’infatuazione che Fred aveva confessato di avere per lei. Un’infatuazione, aveva inoltre aggiunto, che gli sarebbe sicuramente passata dato che si vedeva lontano un miglio che lei, Hermione Granger, era cotta di suo fratello Ron. Quella dichiarazione inaspettata, avvenuta al matrimonio di Bill e Fleur, aveva minato la sicurezza di Hermione sui sentimenti che pensava di nutrire per Ron così, proprio per questo motivo, dopo la guerra, si era allontanata da Ron e si era chiusa in sé stessa impegnandosi al massimo nella sua carriera lavorativa. Ma ora, Fred le stava di nuovo facendo battere il cuore all’impazzata come quando le aveva fatto quella strana confessione.

“Lo so, Fred. Ma davvero, sto bene. Stavo solo pensando alle parole di Harry.” Ora lo sguardo di Hermione si era concentrato sul tramonto, su quell’orizzonte indefinito che stava, a poco a poco, diventando scuro.

“E a cosa pensavi esattamente?”

“Sei curioso?” Hermione accennò un sorriso senza però distogliere lo sguardo dagli ultimi raggi del sole.

“Lo sono sempre stato.” Fred fece spallucce, ma lei non lo notò. Tutta la sua attenzione era rivolta altrove.

“Pensavo all’andare avanti. Harry ha detto che dobbiamo andare avanti e io mi sono resa conto di essermi fermata da quando abbiamo sconfitto Voldemort.”

“In che senso? Spiegati meglio.” Fred ora la guardava interessato.

Hermione si costrinse a guardare Fred negli occhi. Era giunto il momento di liberarsi di tutti i suoi rimpianti, di tutti i suoi fantasmi del passato.

“Da quando abbiamo vinto la guerra, mi sono resa conto che qualcosa in me è cambiato. Ho ritrovato i miei genitori perché sapevo che, sepolto dentro il loro cuore, c’era ancora un piccolo barlume di amore per me e io li amavo e li amo ancora. Però, per quanto riguarda altre persone, non sono più riuscita a volere bene a loro come loro ne vogliono a me. In qualche modo, mi sono come fermata. Sono egoista, lo so. Ma mi sono accorta che il bene che mi vogliono Harry, Ginny, Ron, i tuoi stessi genitori… io non lo ricambio pienamente.” Hermione chinò il capo affranta e una lacrima solitaria le rigò il volto andando a cadere su un filo d’erba come se fosse una goccia di rugiada.

Fred le alzò il mento, prendendolo tra il pollice e l’indice e la costrinse nuovamente a fissare lo sguardo nel suo.

“Hermione, non è nulla di grave. D’altronde ognuno vuole bene a modo suo. Nessuno ti rimprovera per questo.”

“Io stessa mi rimprovero, Fred! Non riesci a capire?” In uno scatto di stizza la ragazza si era alzata ed ora fissava nuovamente il suo sguardo verso un orizzonte sempre più scuro. Sentì Fred che si alzava al suo fianco, ma non disse nulla. Non prese le distanze da lei ma neppure le annullò. Rimase immobile. Così vicino ma al contempo così lontano, pensò amaramente Hermione. Eppure Fred era lì ad ascoltarla. Fred meritava una spiegazione. Doveva sapere perché lei, in quei cinque anni, aveva fatto di tutto per uscire dalla vita degli Weasley o, per lo meno, aveva cercato di limitare al minimo i loro incontri.

“Fred, io non ricambio pienamente l’amore degli altri perché ho paura. Ho paura di perderli e di soffrire come ho sofferto durante la guerra. Ho visto morire troppi compagni, troppi amici, troppe persone la cui vita è stata spezzata in un istante…”

Hermione non riuscì a proseguire. Ora non era più solo una lacrima solitaria a bagnarle il viso. Un pianto liberatorio si era impadronito di lei che, finalmente, era riuscita a dire tutto ciò che la tormentava. Fred fece per metterle un braccio attorno alle spalle ma lei, con un respiro profondo, gli fece intuire che ancora non aveva bisogno della sua compassione. C’era dell’altro. Non aveva ancora terminato.

“E poi Fred, quando ti ho visto ferito alla fine della battaglia… quando ho visto tua madre, George, tuo padre e tutti gli altri in lacrime perché temevano che tu non ce l’avresti fatta… in quel momento ho sentito come una spada trafiggermi il cuore. Ed è forse stato allora che ho capito che ti amavo e che non avrei mai più voluto soffrire in quel modo. Così ho preso l’unica decisione che potevo prendere in quel momento. Se tu fossi sopravvissuto, ti avrei lasciato andare. Avrei sepolto il mio amore per te e ti avrei lasciato vivere la tua vita. Perché non volevo più soffrire. Per questo ho cominciato a volere un po’ meno bene a tutti quanti e ad allontanarmi da voi. Se vi avessi volto meno bene, al momento di un futuro, inevitabile distacco da voi, non avrei sofferto così tanto. Sono una codarda. Non sono degna di essere una Grifondoro.”

Questa volta l’abbraccio di Fred non si fece attendere. Il ragazzo la tenne stretta a sé fin quasi a toglierle il fiato; finché non cessò la nuova ondata di lacrime che l’aveva nuovamente sopraffatta.

Fred iniziò a baciarle i capelli castani e cespugliosi, lasciò una scia di baci leggeri e dolci vicino al suo orecchio e percorrendo lo zigomo, arrivò all’angolo destro delle sue labbra. Hermione trattene il respiro per una frazione di secondo poi sentì distintamente le labbra di Fred posarsi sulle sue. Un calore che non aveva mai provato prima, le proruppe nel petto e tutta la paura che aveva avuto di soffrire, parve dissolversi come una bolla di sapone che scoppia a contatto con un oggetto. La bocca di Fred era sulla sua e poteva sentirne il sapore di menta fresca. Fred si staccò appena da lei e, guardandola in viso, le scostò una ciocca di capelli ribelli rimettendogliela dietro l’orecchio.

“Hermione, tu non sei una codarda. Hai fatto solo quello che pensavi fosse giusto. Nessuno vuole soffrire se può evitarlo. Ma adesso che mi hai detto tutto questo, è il momento di andare avanti davvero.”

Le prese la mano e con l’altra indicò il tramonto ormai diventato crepuscolo. “Vedi l’orizzonte, Hermione? Vedi che il sole se n’è andato? Il sole muore ogni giorno, ma non per questo soffre a tal punto da non sorgere più il giorno successivo. Certo, lo so che il tuo brillante cervello starà pensando che quando noi moriremo lasceremo questo mondo e non vi torneremo più.” Questo sottile complimento velato da una punta di amarezza, strappò un sorriso alla ragazza.

“Eppure non possiamo impedirci di amare, di voler bene a qualcuno solo per paura di soffrire. Dobbiamo vivere fino in fondo la nostra vita. E io voglio viverla con te, Hermione. Permettimi di amarti come si deve se tu mi ami ancora.”

Hermione lo guardò, sbalordita. Fred non poté trattenere una risata divertita di fronte alla buffa espressione assunta dalla ragazza. “Sì, Hermione. Hai capito bene. La cotta che avevo per te non mi è mai passata. Anzi, è diventata qualcosa di gran lunga più bello.” Un sorriso sghembo si delineò sulle sue labbra. “E nemmeno la paura di soffrire per la tua perdita è riuscita a farmi dimenticare quello che provo per te.”

Questa volta fu Hermione a baciarlo, ad intrecciare le sue dite in quella massa scomposta di capelli rossi. E Fred, visto l’impeto con cui veniva baciato dalla ragazza che si era reso conto di amare tempo prima, rispose con altrettanto entusiasmo trascinandola piano sull’erba, ormai umida, lambita dalle acque del lago. E mentre in cielo cominciavano ad apparire le prime stelle e qualcuno in Sala Grande si stava chiedendo che fine avessero fatto Fred ed Hermione, la ragazza ricordò una frase che sua mamma le aveva detto un giorno parlando dell’amore che la legava a suo marito: Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione.

Ecco quello che avrebbero fatto d’ora in poi lei e Fred: avrebbero sempre guardato insieme il loro orizzonte e avrebbero affrontato le prove della vita senza più avere paura di soffrire, perché amare qualcuno valeva molto di più che non amare per paura di soffrire.

  
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