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Autore: Jumper_xx    14/01/2015    0 recensioni
Anna si è persa. Solo la sua migliore amica può salvarla.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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438 giorni, 23 ore e 27 minuti.
Anna conta i giorni che passano tra una morte e l’altra, che è costretta a sopportare nella sua vita.
Era un sedici Novembre quando Anna, ritornata da poco a casa dopo equitazione si era ritrovata di fronte un orribile spettacolo. Sua nonna, con ancora fra le dita l’inalatore, era stesa sul suo letto; i capelli brizzolati ancora sudati per l’affaticamento, gli occhi spalancati privi di ogni luce e la bocca, ormai livida, schiusa a reclamare il respiro tanto agognato. Tre giorni dopo Michela, la migliore amica di Anna, le allungava un sigaretta fuori da una chiesa ormai vuota. Erano passati due mesi e, secondo il mondo esterno, Anna stava bene l’unica cosa che ne risentiva era la parola; Anna non parlava più. Michela stava con Francesco, lui aveva amici che sapevano dove trovare roba buona, così lei e Anna ogni sabato si trovavano con loro in un vecchio edificio abbandonato, a turno portavano gli alcolici e sempre i soliti portavano il fumo. Anna grazie a loro iniziò a sentirsi meglio, a sentirsi accettata dalla società che tanto la spaventava; Anna aveva ripreso a parlare ed era diventata una delle ragazze più conosciute della sua scuola. Aveva abbandonato equitazione, cosa che sua nonna avrebbe disapprovato, in fondo voleva diventare un fantino. Erano passati sei mesi da quel sedici Novembre e continuando ad accontentare gli altri Anna aveva perso di vista la vera sé, e così aveva fatto con Michela, si parlavano poco e di cose inutili; Michela passava tutto il tempo con Francesco, cosicché le due amiche non si vedevano mai. Michela si stava sciupando, una notte calda d’estate Anna scoprì che Francesco picchiava Michela e lei, pur di non farsi estraniare dal gruppo, perché aveva paura di restare sola non disse nulla; fu allora che Michela iniziò a dare segni di cedimento.
438 giorni, 23 ore e 30 minuti.
Erano al solito palazzo, solito ultimo piano; lei e Michela, sedute a gambe incrociate una davanti all’altra. Michela aveva tra le mani un fogliettino e lo stava torturando da quando erano arrivate, Anna aveva capito ben poco da ciò che l’amica le aveva detto al telefono, le uniche parole che aveva capito erano “mi spiace non sono coraggiosa, mi sono persa”. -Allora Michi, dimmi cosa succede!- Anna era preoccupata.
439 giorni, 0 ore e 3 minuti.
Anna non sa esattamente come si erano ritrovate in quelle posizioni; Anna, che soffriva di vertigini, era attaccata alla ringhiera delle scale antincendio mentre Michela era in punta di piedi sopra il cornicione della finestra in vetro, rotta. -Devi promettermi una cosa Anna- la voce di Michela era quasi inudibile –Qualunque cosa, ma scendi da lì!- Michela scosse la testa contrariata –No Anna! Io non posso più essere coraggiosa, ma tu sì, devi esserlo per entrambe. Devi promettermi che non avrai paura di tutto: non devi aver paura di cadere e nemmeno di rialzarti anche quando sai che cadrai da più in alto e con più violenza- Anna trattene il respiro –Te lo prometto Michi! Te lo prometto, ma tu scendi di lì!- l’angoscia le impediva di muoversi, urlare, piangere. –Non ho finito Anna. Devi promettermi che non avrai paura di affrontare la vita per quella che è, non devi aver paura di ricevere per poi perdere, non devi avere paura del giudizio delle persone. Anna promettimi che non avrai paura di te stessa perché solo tu puoi salvarti da te- una piccola goccia rigò il viso bianco di Anna –Ok Michi va bene! Quello che vuoi!- lo sentiva nell’aria, come una leggere scossa elettrica negativa. – Anna promettimi che non ti adatterai agli altri, devi spaccare tutti gli specchi che ti costringi ad imitare, sii te stessa anche se devi andare contro il mondo- lacrime salate toccarono il suolo nello stesso istante in cui i piedi di Michela persero la presa e nello stesso istante Anna strinse a se il foglio scritto che poco prima Michela stava martoriando:
“Abbiamo paura di tutto.
Abbiamo paura di cadere e ancora più paura di rialzarci perché sappiamo che cadremo di nuovo.
Abbiamo paura di affrontare la vita per quella che è. Abbiamo paura di ricevere troppo e perderlo, ma abbiamo anche paura di non ricevere affatto.
Abbiamo paura di stare tra la gente perché ci giudica e abbiamo paura di restare soli perché ciò che pensiamo di noi stessi fa ancora più paura di ciò che pensano gli altri.
Quindi meglio adattarsi, fare finta di niente nascondersi dietro al riflesso della società modello. Allora, nascosto il tuo “Io”, dici a te stesso che puoi ricevere insulti e pugni morali alla bocca dello stomaco senza sentire nulla, perché qualunque cosa ti dicano non ti attraversa minimamente; e allora te lo chiedi, ti chiedi se chi sei davvero non lo sai nemmeno tu come possono saperlo loro?
E. E. Cummings disse che < Ci vuole coraggio a crescere e diventare chi realmente sei. > e francamente aveva ragione, io non sono cresciuta e non so chi realmente sono.
Avrei preferito essere coraggiosa, crescere e diventare la vera me.
Avrei preferito non essere come loro.”
0 giorni, 0 ore, 0 minuti.

J. xx
  
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