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Autore: elisabieb    16/01/2015    1 recensioni
Tra Paola e Andrea va tutto bene, o almeno così sembra. La felicità può esser spazzata via in un attimo, ma a volte basta un attimo per far sì che essa possa tornare ad allietare noi stessi.
[Pubblicata il 26/07/2014 su Unofficial forum fiction mediaset, e con mesi ritardo lo faccio anche qui.]
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Appesa a un filo.

Lasciò scivolare via le coperte e si mise a sedere sul letto, poggiando i piedi nudi sulle fredde mattonelle del pavimento prima di alzarsi e dirigersi velocemente in cucina. Accese la macchinetta e l’occhio cadde sulla mano sinistra, precisamente sull’anulare e su quell’anello d’oro che risplendeva sotto la luce del lampadario. Si lasciò andare ad un lieve sorriso, ripensando a tutto quello che era successo dopo quella missione sottocopertura che li aveva riscoperti più innamorato che mai. Il matrimonio, la gravidanza, la nascita di Davide.. l’improvvisa felicità e.. e poi tutto il resto.
 
Richiuse la porta dietro di sé, portandosi la mano destra sul colletto per allentarsi la cravatta, bloccandosi di colpo quando vide la tavola apparecchiata proprio al centro del salotto davanti al camino già acceso. Sorrise, osservando con quanta cura avesse preparato tutti quei particolari. Si avvicinò lentamente alla tavola apparecchiati passando una mano sulla tovaglia bianca, quando sentì due mani posarsi leggere sui suoi fianchi e la sua testa poggiarsi dietro la schiena.
“Finalmente sei tornato!” la sentì esclamare.
Andrea si girò e lasciò che lei si accoccolasse meglio tra le sue braccia, prima di chinarsi e darle un bacio leggero a fior di labbra.
“Mi sei mancata oggi” le disse, mostrandole solo in quel momento la rosa bianca che aveva comprato apposta per lei “Auguri..”
Paola sorrise, prendendo il fiore e lasciando che quel profumo così intenso le invadesse le narici “Davide è dai miei”
“Quindi abbiamo casa libera..” constatò lui attirandola a sé per sfiorarle le labbra “Dobbiamo approfittarne subito”
Lei si lasciò andare ad una risata, sentendo le mani di lui sfiorarle la stoffa leggera del vestito blu che indossava “Amore..”
“Sssh” la zittì lui con un bacio, a cui poi diede seguito ad un altro e un altro ancora. Paola si lasciò sopraffare completamente da lui e dal suo profumo che riusciva a stordirla completamente. Si lasciò condurre sul divano dove si portò sopra di lui, le mani che già scendevano a sbottonargli la camicia “Ho un regalo per te” gli sussurrò a pochi centimetri dalle labbra, sporgendosi un poco per prendere qualcosa sul tavolino poco distante. Sentì le labbra di Andrea scendere sul collo e si staccò a malincuore, mostrandogli un pacchetto avvolto da carta colorata.
Andrea la guardò inizialmente senza capire, completamente ammaliato da quegli occhi verdi che luccicavano sotto il suo sguardo. Le sorrise e prese quel pacchetto, iniziando a scartarlo velocemente. Si ritrovò una scatolina blu tra la mani, completamente anonima, senza nemmeno un logo oppure una scritta che potesse dargli qualche indizio su cosa contenesse.
La aprì e rimase completamente imbambolato quando scoprì il suo contenuto. Tirò fuori quello stick e alzò lo sguardo verso di lei che non aveva smesso un attimo sorridere.
“Mi sa che presto Davide avrà un fratellino.. o una sorellina” disse lei portandosi una mano sopra il ventre.
“E’ la notizia più bella che potessi darmi!” rispose lui attirandola di nuovo a sé per baciarla.
 
Sì, era decisamente la notizia più bella che lei potesse dargli. Sorrise lievemente a quel dolce ricordo, nel vedere il ventre di Paola trasformarsi lentamente, diventare poco a poco sempre più grande. Ogni giorno che passava si sentiva sempre più completo, sempre più felice.. fino a quel giorno. Quella notizia li aveva destabilizzati completamente. Si era visto passare tutta la sua vita insieme a Paola completamente davanti, si era sentito insicuro, debole, incapace di stare vicino a lei in quel momento così critico e importante. Dopo tutti quei mesi adesso iniziava pure a sentirsi in colpa e a sentirsi uno schifo per come si era comportato, per esser stato un egoista e per non averla capita.
Adesso erano cambiate così tante cose che lui aveva acquisito una maturità maggiore, una più solida consapevolezza che se erano insieme le cose si sarebbero risolte, aveva imparato ad affrontare ogni singolo ostacolo che la vita gli anteponeva.
 
Paola uscì dalla doccia avvolgendosi un asciugamano intorno al corpo, mentre una strana inquietudine cominciava a pervaderla. Si guardò allo specchio mentre si tamponava i capelli, talmente assorta in quei pensieri che non si accorse nemmeno di Andrea che era entrato dentro il bagno.
“Ehi” la salutò posando un bacio sul collo mentre una mano si andava a posare sul ventre arrotondato di lei “Come stanno le mie donne?”
Paola non rispose, limitandosi ad annuire impercettibilmente “Domani devo andare dalla ginecologa”
“Perché? Qualcosa non va?” domandò subito lui allarmato “Ti senti male? Hai fatto l’ecografia una settimana fa e andava tutto bene..”
Paola scosse la testa, esibendo un sorriso per rassicurarlo “No, va tutto bene..”  disse “E’ solo che devo farle qualche domanda..”
Lui annuì, stavolta più tranquillo “Va bene.. allora ti accompagno” esclamò posandole un bacio sulla guancia.
Lei si girò e gli sorrise di nuovo, posando dolcemente le labbra su quelle di lui “Ti amo” gli sussurrò guardandolo negli occhi.
“Anche io..” le sorrise alzando una mano per accarezzarle il viso “Amore, ma che hai? Sei strana..”
“Niente.. solo un po’ di stanchezza” scosse la testa “Forse è meglio se vado subito a riposarmi dopo cena”
 
Era riuscita a tenergli nascosta quella paura così grande, era riuscita a sopportare quel timore di dover combattere contro quel mostro, quel mostro che era persino più grande di lei. L’aveva vista sempre più pallida, con la testa chissà dove e aveva dato la colpa agli ormoni, a quelle nausee che per lei erano sempre più frequenti e a quel mal di testa che diceva sempre di avere. Invece la sua vita si era ritrovata appesa a un filo, un filo così sottile che sarebbe bastato il nulla per spezzarlo.
La verità era un’altra ed era scritta sopra alcuni fogli dei risultati di un’analisi che lei aveva fatto senza dirgli niente. Analisi che avevano dato la più tragica delle notizie che chiunque non vorrebbe mai sentirsi dire.
 
“E’ un tumore”
Paola abbassò lo sguardo, lasciando cadere le braccia lungo il corpo, rimanendo in silenzio quasi a voler soppesare quelle parole.
“Non è possibile!” replicò Andrea allungandosi per strappare di mano quei documenti alla dottoressa, sperando di capire qualcosa in tutti quei numeri e quelle parole a lui sconosciute “Ci deve essere uno sbaglio”
La donna scosse la testa “Mi dispiace, io voglio solo dire che..”
“Ripetiamole no? C’è sicuramente un errore..” borbottò lui, gli occhi lucidi che continuavano a fissare quel foglio e la mano che tremava.
Paola deglutì e allungò una mano per prendere quella di lui poggiata sul bracciolo “Andrea non c’è nessun errore..”
“Tu non mi hai detto niente. Avevi questi dubbi e non ti sei confidata con me?” sbottò girandosi verso di lei e lasciando cadere quei fogli sulla scrivania. Aveva esclamato tutto così di fretta che quasi non se ne era reso nemmeno conto.
“Andrea non è che non volevo dirtelo.. è che..” balbettò lei con la voce tremante.
“Che cosa? Quando pensavi di mettermi al corrente di una cosa del genere? Il giorno del tuo funerale?”
La dottoressa si alzò di scatto facendogli segno di abbassare il tono della voce. Solo in quel momento lui capì di aver esagerato e allungò una mano verso di lei, che aveva iniziato a piangere a testa bassa. Lei stava male e lui la aggrediva così.. ma come poteva comportarsi in quel modo? “Scusami amore..” la supplicò avvicinandosi e lasciandola sfogare tra le sue braccia “Non volevo, perdonami”le sussurrò sentendo gli occhi velarsi di lacrime.
“Non volevo farti.. preoccupare.. inutilmente “ disse lei tra i singhiozzi, mentre lui le accarezzava dolcemente i capelli “Scusa..”
“Ssch” le sussurrò lui stringendola ancora di più. In un attimo lo assalì la paura di perderla, la paura di non poterla avere più con lui, la paura che insieme a lei potesse perdere pure la loro bambina.
 
Si sentì stringere la stoffa della maglia del pigiama e si voltò di scatto, abbassando lo sguardo, incontrando quello del figlio che lo stava guardando curioso. Gli sorrise, chinandosi per dargli un bacio sulla testa “Campione, sei già sveglio?”
“Ho sentito un rumore..” rispose il bambino stropicciandosi gli occhi.
“Ti ho svegliato? Scusami..” rispose lui allungandogli un biscotto al cioccolato “ Hai fame?”
“Tantissima!” esclamò lui dando un morso al biscotto e facendo un piccolo sorriso al padre “Ti posso aiutare?” gli domandò, avvicinandosi a lui. Andrea gli sorrise, sentendo un groppo alla gola bloccargli quasi il respiro.
Davide assomigliava  a Paola in maniera assoluta, nello sguardo, nei gesti, nei comportamenti, in quel modo di mettere il broncio o di sorridere. “Va bene” rispose prendendo tre tazze dal ripiano in alto e porgendole al bambino “Inizia ad apparecchiare”
 
“Paola, le cure non stanno dando i risultati sperati” disse il medico, lo sguardo serio e le mani che stringevano una cartellina.
“Dovremmo procedere ad un intervento, però ci saranno dei rischi per la gravidanza sia per lei e quello che mi sento di consigliarle è una interruzione.” Continuò con pacatezza “La legge prevede che se ci sono rischi gravi per la madre è possibile procedere all’interruzione anche oltre i novanta giorni dalla gravidanza.. ma..”
“Un intervento.. e perché? Non si può fare lo stesso?”
Il medico scosse la testa”No, Paola. Le tue analisi non vanno bene, ci sono troppi rischi.. soprattutto per te”
“Non me ne frega niente della mia vita. Voglio portare a termine la gravidanza lo stesso” rispose lei risoluta portandosi una mano sul ventre arrotondato. “Anche senza intervento”
Andrea si voltò di scatto, lasciandole la mano che aveva tenuto stretta fino a quel momento e guardandola quasi impaurito.
“Paola ma che dici? Non hai sentito quello che ha detto il medico?”
“Certo che ho sentito.” rispose lei con la voce tremante “Sono sicura di quello che ho detto.” Continuò senza nemmeno alzare il capo per guardarlo.
“Non avevamo parlato di questo, ieri sera!” sbottò lui stringendo le mani a pugno, sentendo la paura di perderla davvero crescere sempre più forte.
“L’ho deciso adesso. Io voglio proteggerla e sono disposta a tutto. Non mi interessa altro.. voglio solo salvare lei”
Il medico rimase in silenzio ad ascoltare quella accesa discussione, intuendo che fosse il caso che discutessero di quella situazione così critica e importante da soli. Così si alzò e silenziosamente si diresse fuori dalla stanza.
“Non puoi..” si lasciò sfuggire Andrea, che non riusciva più a contenere le lacrime. Improvvisamente si era alzato, si era appoggiato alla scrivania e le mani stringevano nervosamente il bordo “Io non posso permetterlo”
Paola scosse la testa “Io voglio lottare, invece”
“E a Davide ci hai pensato? A me ci hai pensato? A come staremmo se qualcosa andasse storto?” Sbottò iniziando a gesticolare nervosamente “Non voglio rischiare di perderti.. io ti voglio con me” continuò poco dopo, il tono di voce più basso ma ancora singhiozzante.
“Andrà tutto bene” lo rassicurò lei alzandosi e andandogli vicino “Non mi perderai..”
“Non lo sai.. non lo puoi sapere.. se qualcosa va storto io..” borbottò scuotendo la testa “Io..”
“Non ti lascio, amore.” Gli prese una mano e la poggiò sulla pancia arrotondata “Noi due e i nostri bambini. Noi quattro insieme..”
 
Tutte le incomprensioni che seguirono i giorni precedenti sembravano mettere alzare ancora di più quel muro che si stava creando tra loro due. Sarebbe dovuto essere un modo per stare vicini, per rassicurarsi l’un l’altra e invece lui si era chiuso a riccio, quasi sembrava non capire quello che lei sentiva. Strinse il pugni fino a sentire le unghie conficcarsi nella pelle, pentendosi amaramente per essersi comportato così. Tutto quell’egoismo, tutto quell’insistere per l’interruzione della gravidanza a tutti i costi aveva finito per allontanarli. Paola a stento riusciva a guardarlo negli occhi, lui paradossalmente si sentiva tradito e non riusciva nemmeno a sfiorarla. In tutto quel trambusto l’unico a farne le spese era stato Davide, che con i suoi soli quattro anni aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Si girò a guardarlo, mentre con cura e attenzione apparecchiava la tavola.
“Tu non vuoi bene alla mamma?” si era sentito chiedere pochi giorni prima che la situazione cambiasse totalmente. Quella velata accusa lo aveva completamente ammutolito, tanto che aveva iniziato a sentire il macigno che portava sulle spalle farsi ancora più peso. Quegli occhi grandi così uguali a quelli di lei lo avevano guardato con una punta di paura, tanto che lui si era accucciato e l’aveva stretto forte al suo petto, quasi avesse paura di perdere pure lui. “Certo che le voglio bene” gli aveva risposto.
“E anche alla sorellina?”
“Vi voglio bene” aveva risposto continuando il discorso “Io farei di tutto per voi.”
Quell’ultima frase aveva continuato a pesargli per i mesi a seguire e continuava a pesare anche adesso. Lui non aveva fatto niente per Paola, limitandosi ad allontanarsi sempre di più da lei. Se le fosse rimasto più vicino tutto quello, forse, non sarebbe successo.
Furono proprio le parole del bambino a fargli capire quello che doveva fare, a fargli capire cosa avrebbe dovuto fare per far capire a Paola che lui sarebbe stato con lei in ogni momento e che avrebbe affrontato tutto con lei.
 
Paola si lasciò cadere sul letto, passando una mano sopra la pancia arrotondata mentre la madre accanto a lei riuniva  i vestiti dentro l’armadio.
“Ma Andrea non viene?” chiese la donna preoccupata, intenta a ripiegare alcune maglie.
Paola scossa la testa passandosi la mano sopra il foulard colorato che le fasciava la testa. Il medico le aveva consigliato di tagliare i capelli prima del primo ciclo di chemio, prima che iniziassero a cadere a ciocche. Era stato un trauma vedersi così, vedere i suoi lunghi capelli scuri cadere giorno dopo giorno. Strinse la stoffa che le cadeva sulle spalle tra le dita e scosse di nuovo la testa. “No.. lui.. lui è arrabbiato con me” si lasciò sfuggire, sentendo gli occhi inumidirsi.
“Tesoro, ma che dici.. è solo sconvolto”
“Lui non mi guarda più..” mormorò sconsolata “Lui non ha nemmeno il coraggio di sfiorarmi per farmi una carezza o per dirmi che va tutto bene..”  
“Andrea ti ama, solo che questa situazione è più grande di voi..”
La porta che si aprì di scatto fece alzare il volto a entrambe, facendole rimanere ammutolite nel vedere Andrea che avanzava verso di loro. “Amore, sono qui..” esclamò rivolto alla moglie mentre lei gli si avvicinava facendosi stringere.
“Andrea.. che hai fatto..” esclamò, la voce tremante e gli occhi ancora lucidi, mentre passava una mano sopra la testa ormai calva di lui. I suoi capelli, nei quali lei amava passare le mani quando stavano insieme, non c’erano più e avevano lasciato a lui un volto più sereno e un sorriso più aperto.
“Io sono con te, amore mio. Io sono con te qualunque cosa accada. Ti amo” le sussurrò a pochi millimetri dalle sue labbra “perdonami” sussurrò di nuovo, sentendo le lacrime scendere copiose lungo le sue guance.
“Anche io, anche io..” rispose lei stringendosi di più a lui.
 
D’istinto si passò una mano sopra la testa, tra i capelli che erano ricresciuti man a mano che quel pericolo per la vita delle due donne più importanti della sua vita sembrava andare verso un punto di arrivo.
Si ricordava di come Paola quella sera era crollata esausta tra le sue braccia, dopo ore passate a piangere, ricordava i suoi mormorii nel sonno e quel suo agitarsi continuo che lui non riusciva a placare in nessun modo.
Da quella sera, però, le cose sembravano andare per il verso giusto. Paola aveva iniziato a rispondere bene ai trattamenti e anche per la gravidanza non c’erano più pericoli. O forse, quello era soltanto ciò che voleva credere lui. In realtà le cose andarono in maniera completamente diversa.
 
“Abbiamo deciso di anticipare il parto. Paola è alla trentesima settimana e dobbiamo assolutamente far nascere la bambina..”
“E non ci saranno più rischi per nessuna delle due, vero?” domandò allarmato lui portandosi le mani strette davanti al volto, quasi in una preghiera.
“Non posso darle certezze, signor Ferri. Ma le assicuro che faremo il possibile affinché tutto vada bene.”
Andrea annuì mestamente, prima di girarsi verso la suocera, accoccolata tra le braccia del marito che tentava invano di calmarla. I volti pallidi di entrambi e quelle voci tremanti lo facevano sentire ancora di più in colpa per tutto quello che era successo. Paola non si meritava tutto quello che stava succedendo, Paola non si meritava nemmeno quel trattamento che lui le aveva riservato. Non seppe quanto tempo passò da quando il medico si era richiuso la porta alle spalle. Si ricordava solo il rumore della lancetta dell’orologio che faceva un rumore tremendo, si ricordava i singhiozzi della madre di Paola e quei passi lenti e pesanti di Marco che facevano avanti e indietro per quel lungo corridoio.
Quando la porta si aprì, capì che in quel momento era cambiato tutto.
 
Fu la voce di una bambina, in quel momento, a distoglierlo dai suoi pensieri. Si voltò di scatto e accanto a Davide vide una figura più piccola, più esile, i capelli scuri che le incorniciavano il viso che lasciavano trapelare i suoi grandi occhi. Vittoria. La sua bambina.. la loro bambina. Si accucciò alla sua altezza e le accarezzò i capelli “Ti sei già svegliata, principessa? La colazione è quasi pronta”
La vide sorridere e poi allargare le braccia per buttargliele al collo, in un gesto d’affetto così dolce che gli lasciava sempre un sorriso. Di nuovo i sensi di colpa iniziarono a tormentarlo e tornò con la mente a quel giorno, ritornò con la mente a quando si era ritrovato davanti a quel vetro al di là del quale c’era lei, un piccola creatura dentro quell’incubatrice, nella quale sarebbe rimasta tanto tempo.
 
Paola sta male. Erano le tre parole che non faceva altro che ripetersi mentre fissava apaticamente quel vetro dietro il quale si trovava sua figlia. ‘Sua figlia’, si ripeté dentro di sé quasi a sincerarsi di quella cosa. Era sua figlia anche se lui quasi non riusciva a guardarla, anche se da quella mattina che era nata non riusciva nemmeno a prenderla in braccio. Dopo la nascita della bambina sembrava che tutto andasse bene e invece Paola aveva avuto una leggera ricaduta. L’emorragia dopo il parto l’aveva costretta ad una trasfusione dopo l’altra, l’aveva costretta a non poter vedere la bambina e lui non riusciva più a sopportare quella situazione. Sospirò, avvicinandosi di più a quel vetro mentre poggiava due dita sopra la superficie, quasi a voler cercare un contatto con quella piccola creatura.
Tutt’a un tratto la sua attenzione fu attirata da un’infermiera proprio accanto all’incubatrice che gli fece cenno di entrare. Scosse la testa quasi impaurito, fece per tirarsi indietro ma sentiva le gambe stranamente pesanti che non volevano sapersi di staccarsi da terra per andarsene. La vide avvicinarsi anche lei al vetro per indicargli un’altra entrata poco distante da lui. In un attimo si era ritrovato davanti alla sua bambina e per l’ennesima volta si sentì di nuovo in colpa. Lei non aveva colpe di tutto quello che era successo. D’istinto allungò una mano, stretta in quel guanto di lattice fin troppo piccolo, e sorrise quando vide la manina della piccola stringersi forte al mignolo. E in quel momento si sentì come rinato.
 
“Papà, papà” sentì esclamare da Davide, mentre lo vedeva avvicinarsi a lui con in mano una rosa bianca “Posso portarla a mamma, questa?” continuò facendogli vedere il fiore.
“E questa dove l’hai presa?”
“Da lì!” rispose indicando una serie di vasi di fiori sulla terrazza “Ma a lei piacciono” si giustificò il bambino abbassando lo sguardo.
Andrea sospirò, senza nascondere il sorriso che gli si era formato sul volto. Davide e Vittoria avevano la strana capacità di riuscire a non farlo arrabbiare mai, anche se ne combinavano una dietro l’altra. “Forza, fate colazione..” li esortò indicando il tavolo.
Sembrava quasi uno scherzo del destino o che qualcuno si fosse divertito a decidere come dovevano andare le cose tra di loro, ma dopo quella sera, dopo che lui era riuscito a stringere sua figlia tra le braccia, la salute di Paola era migliorata notevolmente giorno dopo giorno. Ancora ricordava la sua voce lieve e tremante che gli chiedeva della bambina, che gli chiedeva di portarla da lei.
Era stata dura convincerla che avrebbe dovuto aspettare un po’, soprattutto perché Paola non faceva che chiedere di lei e non voleva nemmeno saperne di riposarsi. Una sera decise di fare uno strappo alla regola e decisa di accompagnarla dove lei chiedeva. L’aiutò ad alzarsi dal letto e poi la fece appoggiare alla sua spalla, accompagnandola passo dopo passo e stando attento a non incrociare medici o infermieri. Spinse con forza quella porta pesante e si ritrovarono in quel lungo corridoio che portava fino al reparto dove la loro bambina passava le sue giornate. Con un dito le indicò l’incubatrice lontana e si sentì subito meglio quando la vide sorridere apertamente, gli occhi lucidi e le mani sopra la vetrata.
E’ bellissima” la sentì sussurrare “Dobbiamo decidere il..”
Vittoria” la interruppe lui “Si chiama Vittoria.
Quel nome che non gli era mai piaciuto per niente ma che lei aveva sempre adorato in quel momento si era rivelato perfetto. Vittoria perché nonostante tutto loro due erano uscite vincitrici da quell’incubo, vincendo contro quel male che sembrava invincibile. Adesso sia Vittoria che Paola stavano bene e lui tornava ad essere sereno.
Richiamò i bambini da lui e li aiutò a preparare quel vassoio che di lì a pochi minuti avrebbero portato in camera da letto per Paola. Li aiutò a mettere i biscotti in un piattino, a mettere con cura le posate accanto alla tazza bianca, aiutando Davide a poggiare la rosa bianca che aveva raccolto senza chiedere il permesso. Poi facendo segno ad entrambi di rimanere in silenzio li esortò ad incamminarsi verso la stanza dove ancora Paola dormiva beatamente. Scostò la porta aprendola con la punta del piede e poi abbandonò ogni singolo proposito di farle la sorpresa come avrebbe voluto quando vide i figli saltare sul letto per svegliare la mamma. Lei sobbalzò, quasi impaurita da tutto quel movimento, per poi abbandonarsi ad un sorriso quando vide Davide e Vittoria sorriderle e avvicinarsi per darle un bacio “Auguri mamma” sentì esclamare dalla più piccola.
Paola le sorrise passandole una mano tra i capelli scuri e poi si voltò verso Andrea sorridendogli apertamente.
“Buon compleanno, mamma” lo sentì ripetere poggiando il vassoio sul letto prima di avvicinarsi a lei per rubarle un bacio leggero, passandole una mano tra quei capelli soffici che erano ricresciuti ma erano ancora troppo corti per come piacevano a lui. Si staccò e rimase a fissarla, felice che quel pallore dal viso se ne fosse definitivamente andato, felice di vedere di nuovo i suoi occhi verdi brillare. Erano passati tre anni dalla nascita di Vittoria, ma lui ancora non sapeva darsi pace per tutto quello che era successo.
“Che bella questa rosa..” esclamò Paola portandosi il fiore sotto le narici “Mi pare di conoscerla” aggiunse, girando lo sguardo verso il figlio che si mise a ridere divertito, per niente intimorito dal fatto che la mamma lo avesse colto in fallo. Girò lo sguardo verso Andrea e gli sorrise di nuovo allungando una mano per accarezzargli una guancia “La smetterai di tormentarti, vero?”
Lui inclinò la testa leggermente chiudendo gli occhi, assaporando meglio quel tocco gentile “A volte mi capita di ripensarci e..”
“Non devi” lo rassicurò “Hai visto come siamo belle e forti?” gli fece considerare indicando con lo sguardo la figlia che nel frattempo era scesa dal letto e si era messa a giocare con il fratello sopra il tappeto bianco.
“Trasferirci a Torino è stata la cosa migliore per ricominciare daccapo”
Andrea annuì con un sorriso “Anche per non vedere più tuo padre guardarmi male..” esclamò ridendo, facendo ridere pure lei che gli si avvicinò di nuovo, gli prese il volto tra le mani e lo baciò di nuovo sentendolo ricambiare con altrettanta dolcezza.
“Uffa” sentirono esclamare da Davide “Ma vi baciate sempre, sempre?”
Entrambi cominciarono a ridere, tanto che Andrea dopo si allontanò e si alzò dal letto, alzando le mani in segno di resa “Hai ragione.. dobbiamo far vedere anche l’altra sorpresa a mamma..”
Paola scosse la testa “Un’altra? Mi state viziando troppo ultimamente..” ammise lei, ripensando a tutto quello che stavano facendo per lei. Vittoria le si avvicinò stampandole un bacio sulla guancia “Fai presto, mamma!”
Paola cominciò a ridere, mentre li vedeva allontanarsi dalla camera da letto e poi abbassò di nuovo lo sguardo su quel vassoio preparato con così tanta cura. Riprese di nuovo la rosa bianca, respirando quel profumo così intenso e leggero allo stesso tempo, sentendosi davvero felice.
  
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