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Autore: Kary91    16/01/2015    8 recensioni
[One-Shot | Peeta&Annie (friendship) | Accenni Everlark e Fannie | Missing Moment "Il Canto della Rivolta"]
Peeta però non aveva il mare nelle orecchie, né sussurri o parole di conforto. I pochi ricordi a cui era riuscito ad aggrapparsi i primi tempi erano stati avvelenati; si erano fatto più opachi e luccicanti, ma anche sporchi, sbagliati. Meschini.
Facevano male, quei ricordi. Se prima lo traevano in salvo, adesso lo trascinavano a fondo, in un baratro pieno d’odio.

“Cosa credi che sia quel rumore d’acqua?”
Il ragazzo appoggiò la schiena alla parete, tornando a guardare i due corpi martoriati.
“Non è acqua, Annie” rispose infine, con il tono soffice di un adulto costretto a spiegare qualcosa di doloroso a un bambino. “È sangue.”
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Di biscotti, favole e pennelli.'
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Premessa. La storia è ambientata durante il periodo di prigionia di Annie, Peeta e Johanna a Capitol City. Questa storia è stata scritta per la challenge Prompting, Partenza, Via!” indetta dal gruppo FacebookThe Capitol” con il prompt: Annie/Peeta – “Cosa credi che sia quel rumore d’acqua”?

 

Il Rumore dell’Acqua.

600
 

 

Lo sgocciolio sporadico che proveniva dalla cella dei due Senza Voce era l’unico suono che spezzava il silenzio dei prigionieri. Peeta diede le spalle ai corpi dei due ragazzi riversi per terra. Scacciò le lacrime con un gesto tremante della mano, mentre la rabbia premeva contro la sua cassa toracica.

“Peeta?”

Un sussurro flebile lo raggiunse dalla cella alla sua sinistra; fragile e rotto dal pianto, come la persona che l’aveva emesso.

“Cosa credi che sia quel rumore d’acqua?”

Il ragazzo appoggiò la schiena alla parete, tornando a guardare i due corpi martoriati.

“Non è acqua, Annie” rispose infine, con il tono soffice di un adulto costretto a spiegare qualcosa di doloroso a un bambino. “È sangue.”

La ragazza gemette, come ferita dalle sue parole. La sentì muoversi nel suo angolo, forse in un vano tentativo di allontanarsi dalla scena che avevano di fronte.

“Ti sbagli” mormorò poi la giovane, in tono di voce tremulo. “Ascolta meglio; deve essere acqua.”

Peeta non la smentì, questa volta. L’unico modo che aveva per aiutarla era quello di reggere un lembo della coperta di immagini illusorie dentro cui si rifugiava.

La maggior parte dei pensieri che le facevano da scudo avevano a che fare con l’acqua; nel rumore che facevano le vasche per l’elettroshock, quando venivano riempite, Annie distingueva lo sciabordare delle onde del suo Distretto. Chiudeva fuori le urla dei torturati e ascoltava dentro di sé il fruscio del vento, inspirando l’odore della salsedine che cospargeva la pelle dell’uomo che amava.

Quando il sangue gocciolava a terra, scalciava via l’immagine dei corpi feriti e mutilati per ricordare piogge leggere e onde agitate e piedi bagnati a riva. E si salvava,  aggrappandosi all’acqua che era la linfa vitale del Distretto 4. Fino a quando sarebbe stata in grado di sentirla, quella coperta d’illusioni sbrindellata che si era costruita attorno avrebbe resistito.

Peeta, invece, non aveva bozzoli in cui rifugiarsi. Aveva cercato di pennellare a mente qualcosa di limpido, ma le urla e le sofferenza avevano strappato le sue tele,  imbrattando di sangue il poco che ne rimaneva.

Fissò lo sguardo in quello vitreo del cadavere del Senza Voce maschio; le sue grida ripresero a fustigarlo, spingendolo a chinare la testa per guardare il rosso che macchiava i moncherini di entrambe le braccia.

La visione del sangue lo riportò con la mente a quello rappreso fra i capelli dell’uomo, il giorno che aveva segnato la prigionia di Darius.

Lo riportò a Katniss e alla sua guancia tumefatta per via del colpo di frusta.

Lo riportò a Katniss e basta.

Katniss.

Il ricordo della ragazza fu al tempo stesso sale e acqua sulle ferite che gli incidevano la pelle.

Una fitta di dolore improvviso gli attraversò le tempie; voci distorte oscurarono il silenzio della cella.

In fondo è colpa di Katniss se tutto quel  sangue è stato versato, no?

Il cerchio alla testa si strinse; lo sgocciolio nella cella dei Senza Voce sembrò farsi più frequente.

“No” dichiarò secco, premendosi i palmi delle mani sulla fronte. “Non è andata così.”

I ricordi malmessi nella sua testa lo smentirono. Le voci di poco prima aumentarono d’intensità, mescolandosi alle sue riflessioni. Il dolore alle tempie peggiorò, fino a diventare insostenibile.

Chi ha dato inizio a tutto questo? Chi ha reso necessaria la vostra tortura?

“Peeta?”

Di nuovo quel sussurro flebile, spaventato. Annie si mosse verso la parete che divideva le loro celle. 

“Non ascoltarli, Peeta” cercò di aiutarlo, cercando di zittire quelle voci per lui. Allungò la mano oltre le sbarre, ma il ragazzo riuscì a stento a intravedere la punta delle sue dita. “Chiudili fuori.”

Peeta tornò a prendersi il volto fra le mani, sforzandosi di recuperare il controllo sui propri tremiti. Per Annie era più facile scacciare il dolore. Un giorno gli aveva detto che l’aiutava appoggiarsi le mani sulle orecchie. Quando le copriva a quel modo arrivava il mare a lavare via le voci. Le onde se ne impossessavano prima di rientrare e, quando tornavano da lei, le portavano in cambio i bisbigli rassicuranti di Finnick.

Peeta però non aveva il mare nelle orecchie, né sussurri o parole di conforto. I pochi ricordi a cui era riuscito ad aggrapparsi i primi tempi erano stati avvelenati; si erano fatto più opachi e luccicanti, ma anche sporchi, sbagliati. Meschini.  

Facevano male, quei ricordi. Se prima lo traevano in salvo, adesso lo trascinavano a fondo, in un baratro pieno d’odio.

“Parla con me, Peeta” mormorò ancora la ragazza, sporgendosi per allungare il braccio verso di lui. “Non ascoltarli.”

Peeta inspirò con forza. Infilò la mano oltre le sbarre e cercò di toccare quella della giovane, ma non ci riuscì.

“Annie…” la chiamò a quel punto, stringendosi le ginocchia al petto. “…Cosa credi che sia quel rumore d’acqua?”

Annie sospirò, sporgendosi attraverso le sbarre. Peeta non sarebbe mai riuscito a sfiorarle le dita, ma qualcosa in quel gesto riuscì a infondergli una punta di conforto. Per un istante il mare della ragazza riuscì a raggiungerlo, sciogliendo via il veleno dai ricordi.

Le voci dentro di lui si zittirono.


“Speranza.”

 


Note Finali.
 
forntaio

 

Aiuto. Dunque, non sono affatto un grado a scrivere di Peeta. In passato ho provato a scrivere altre storie incentrate su di lui, ma erano quasi tutte slice-of-life in cui o era bimbo o era assieme ai suoi bimbi, quindi c’era quasi sempre tanto fluff e meno introspezione. Stessa cosa vale per Annie di cui, per ora, ho scritto quasi solo storie in chiave Fannie o con la presenza di suo figlio Sebastian. Però il prompt di M4rt1 mi aveva ispirato tantissimo, perché l’idea di un’ipotetica interazione fra Annie e Peeta mi aveva sempre ispirato, così ho provato a fillarlo. Nei libri non ci viene detto se Annie fosse tenuta prigioniera assieme a Peeta (e a Johanna), ma ho pensato che potesse essere così. Peeta in Mockingjay racconta anche che Darius e Lavinia sono stati torturati, mutilati e uccisi di fronte ai suoi occhi, per questo nella one-shot la loro cella è proprio di fronte a quelle di Peeta, Johanna e Annie. Non so più bene che dire **  L’ultima parola di Annie è un po’ una ripresa di quello che dice Prim a Katniss nel trailer di Catching Fire. Mi piaceva l’idea di contrapporre il tormento che sta incominciando a prendere piede nel Peeta depistato alla limpidezza di Annie, che si aggrappa alla sua acqua per non soccombere  all’orrore che stanno vivendo.

Spero tanto di non aver scritto troppe sciocchezze -- So di aver pubblicato a raffica in questo periodo, ma mi ero accorta di essere vicina alla 50esima storia pubblicata nel fandom di Hunger Games e mi sono un po’ impuntata per arrivarci xD Adesso la pianterò per un po’ , promesso.

Un abbraccio!

Laura

 
   
 
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