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Autore: Emma Fantasy Wilkerson    16/01/2015    3 recensioni
Questa fanfiction non è nient'altro che il capitolo 13 del libro "La Maledizione del Titano", raccontato dal punto di vista di Bianca di Angelo.
Attenzione: può contenere SPOILER.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bianca di Angelo, Grover Underwood, Percy Jackson, Talia Grace, Zoe Nightshade
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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ONE SHALL BE LOST IN THE LAND WITHOUT RAIN
 
Questo posto non mi piace, ho un brutto presentimento.
Io, Zoe Nightshade, Percy Jackson, Thalia Grace e Grover siamo arrivati qui in groppa a un cinghiale che per quanto ne sappiamo è stato mandato da Pan in persona, per aiutarci, o almeno questo è ciò che pensa il satiro.
Pare che la nostra prossima sfida avrà luogo in quel grappolo di edifici poco lontano da dove stiamo noi, e onestamente non so che cosa spettarmi, non dopo aver combattuto contro degli zombie e averne fatto fuori uno.
Aiuto Zoe a sistemare i sacchi a pelo e i materassini che avevamo nello zaino, uno speciale che possiedono solo le Cacciatrici, di cui io faccio parte da solo qualche giorno.
Già... qualche giorno...
Ho scoperto di essere una semidea da così poco e già mi ritrovo nel bel mezzo di un’impresa, probabilmente suicida, con lo scopo di salvare la divina Artemide mia nuova Signora. C’è un che di assurdo in tutto questo, ancora faccio fatica a credere che sia tutto vero e sono convinta che prima o poi mi sveglierò da questo incubo, che mi ritroverò sul mio morbido letto nella nostra casa a Venezia, con mia madre accanto che mi accarezzerà la fronte e mi rassicurerà dicendomi che è tutto finito.
Ma non è così. Questa è la realtà, e mamma non tornerà. Maria di Angelo è morta...
I ricordi stanno lentamente tornando a galla, ma c’è ancora un vuoto che non riesco a colmare, qualcosa di veramente importante.
Mi siedo su uno dei sacchi a pelo, portandomi le ginocchia al petto e appoggiandoci la testa, mentre fisso le fiamme divampare sulla legna che ha portato Percy poco fa.
- Sono uscite le stelle – dice Zoe.
Alzo lo sguardo al cielo e solo ora mi rendo conto che ha ragione: la luna splende circondata da migliaia e migliaia di bagliori.
- Incredibile – esclamo, in un sussurro. – Non avevo mai visto davvero la Via Lattea.-
- Questo è niente - commenta Zoe. – Ai miei tempi, ce n’erano molte di più. Intere costellazioni sono scomparse a causa dell’inquinamento luminoso degli uomini. –
- Parli come se tu non facessi parte della specie – replica Percy e vedo lei alzare un sopracciglio. – Sono una Cacciatrice, mi sta a cuore la sorte dei patrimoni naturali del mondo. Guarda che desolazione, costì. –
- Si dice “qui” – la corregge Thalia. – Non “costì”. -
Non posso fare a meno di lasciarmi scappare un sorriso divertito, a volte dimentico che Zoe non è di questa epoca, ma è molto ma molto più vecchia di quanto il suo corpo da quattordicenne non dia a vedere. Questo è uno dei vantaggi di essere delle Cacciatrici, l’Immortalità -o almeno così dicono- anche se possiamo comunque morire in battaglia.
- Quello che invece vorrei sapere – interviene Thalia guardandomi e interrompendo il flusso dei miei pensieri.  – è come sei riuscita a distruggere uno degli zombie. Ce ne sono ancora un sacco, là fuori. Dobbiamo capire come batterli. –
Scuoto la testa. – Non lo so. L’ho soltanto colpito con il coltello e ha preso fuoco. –
- Forse il tuo coltello ha qualcosa di speciale – suggerisce Percy.
- È identico al mio – replica Zoe. – È di bronzo celeste, sì. Ma il mio non ha avuto lo stesso effetto sui guerrieri. –
- Forse bisogna colpirli in un punto specifico –
Abbasso lo sguardo, mordicchiandomi il labbro inferiore, non mi piacciono tutte queste attenzioni, soprattutto perché so che non posso essere di alcun aiuto...
Sento Zoe dirmi di non preoccuparmi perché troveremo la soluzione, e perdo un attimo il filo del discorso nuovamente a causa dei miei pensieri, mentre la mia mano sfiora l’elsa del pugnale in modo automatico.
- ...fare l’autostop fino alla città più vicina. Credo che sia Las Vegas. –
Alzo di scatto la testa e la guardo con gli occhi sgranati, inorridita: se c’è una città in cui non desidero andare è proprio quella.
- No! – esclamo. – Non lì! –
Scuoto più volte la testa, lanciandole uno sguardo di supplica, anche a costo di sembrare una codarda.
Lei si acciglia. – Perché? –
Faccio un respiro tremante, mordendomi nuovamente il labbro. – Io... io credo di averci già passato un bel po’ di tempo. Con Nico, voglio dire. Durante il nostro viaggio. E poi, non riesco a ricordare... –
Ho il fiato grosso, mi stringo di più le ginocchia al petto socchiudendo gli occhi, in un vano tentativo di riportare alla mente parte della mia vita. È Percy a continuare. – Bianca, l’albergo in cui vi siete fermati. È possibile che si chiamasse Casinò Lotus? –
Lo guardo, parecchio sconvolta. – E tu come fai a saperlo? –
- Oh, fantastico. –
Lui racconta di quando, qualche anno prima, lui, Annabeth e Grover si sono ritrovati là dentro durante la loro prima impresa e di come ne siano rimasti intrappolati. Combacia. Combacia tutto. Ma non può essere vero... è assurdo.
- Hai detto che qualcuno è venuto a prendervi e vi ha fatto uscire. –
- Sì. –
- Che aspetto aveva? Che cos’ha detto? –
- Io... non me lo ricordo. Per favore, non ne voglio parlare, davvero. –
Scuoto nuovamente la testa, dondolandomi avanti e indietro. Non voglio ricordare queste cose, fanno parte di uno dei periodi che invece vorrei cancellare completamente dalla mente. Cerco di visualizzare il volto dell’uomo che ci ha trascinati fuori dal Lotus, invano. Non so chi sia. Non voglio saperlo.
- Hai detto che Washington era cambiata quando ci siete tornati, l’estate scorsa. Non ricordavi che ci fosse la metropolitana. – vedo Zoe sporgersi verso di me, sembra turbata, e immagino di esserlo anch’io visto gli sguardi preoccupati che mi stanno lanciando gli altri.
Annuisco. – Sì, ma... –
- Bianca, puoi dirmi il nome del presidente degli Stati Uniti? –
- Non essere sciocca – replico, sbuffando e dicendole il nome.
- E chi era prima di lui? – insiste lei, anche se non ne capisco l’utilità. Ci penso qualche secondo, aggrottando la fronte. – Roosvelt. –
La vedo deglutire, per cosa?
- Theodore o Franklin? –
- Franklin. – è così ovvio. – Franklin Delano Roosvelt. –
- Come il Viale? – ignoro la domanda di Percy e mi concentro su Zoe, la quale mi sta guardando in modo fastidiosamente compassionevole.
- Bianca, Franklin Delano Rosevelt non è l’ultimo presidente. Risale a una settantina di anni fa. –
Sgrano gli occhi e non posso fare a meno di guardarmi le mani in cerca di qualche ruga. È impossibile... non sono così vecchia. Le poche certezze che avevo da quando sono uscita da quel maledetto albergo si stanno sgretolando, una ad una, e finalmente riesco a sentire di nuovo le parole dell’uomo quando ci ha tirati fuori.
Sento le lacrime pizzicarmi gli occhi, ma le ricaccio indietro: questo non è proprio il momento per apparire debole, devo rimandare i misteri riguardanti la vita mia e di mio fratello a quando sarò tornata.
I fari di una macchina compaiono in fondo alla strada, abbagliando il nostro piccolo accampamento, mentre il veicolo si avvicina pericolosamente a noi. Prendo il mio sacco a pelo e mi sposto, in tempo per vedere una limousine fermarsi.
 
[...]
 
-Cosa voleva da te? – chiedo a Percy dopo che è uscito dalla limousine. Siamo stati per un bel po’ di tempo al chiosco a mangiare Tacos, mentre lui parlava con la misteriosa Signora di Ares che si è rivelata essere Afrodite.
A quanto pare voleva solo avvertirci di non prendere nulla dalla discarica di suo marito, che credo sia Efesto se non ricordo male.
Ci accordiamo su dove andare, ovvero a Ovest, non prima che Percy e Zoe si siano messi a battibeccare di nuovo: quei due sono incredibili, sembrano me e Nico, cane e gatto.
Raggiungiamo una montagna di rottami. Non ho mai visto nulla di simile: ci sono pezzi d’oro, metallo e bronzo ovunque, di forme semplici e complesse; armi, ninnoli, pezzi di veicoli... è incredibile... e magnetico. In cuor mio vorrei poter prendere un sacco di cose, ma so che non posso, o potrebbe succedere qualcosa di orribile.
Thalia toglie dalla bocca di Grover un pezzo di corona e l’occhio mi ricade su qualcosa di luminoso non molto lontano. – Guardate! – esclamo, scendendo dalla collinetta e rischiando di inciampare su trucioli di bronzo e piatti d’oro. Raccolgo l’oggetto, fissandolo incantata. – L’arco di una Cacciatrice! –
Sento la presa indebolirsi e lancio un gridolino di sorpresa quando l’arco comincia a rimpicciolirsi, fino a diventare una molletta per capelli a forma di mezzaluna, nella mia mano.  – Proprio come la spada di Percy! - 
- Lascialo lì, Bianca. – È Zoe.
- Ma... –
- È lì per una ragione. Ogni cosa gettata in questa discarica, qui deve rimanere. È difettosa. O maledetta. –
Annuisco e appoggio la molletta al suo posto con riluttanza, guardandola con esitazione prima di tornare dai miei amici.
Continuiamo a camminare per un tempo che pare interminabile, questo posto è enorme ed è come un labirinto, probabilmente mi perderei se non ci fossero gli altri.
Qualcos’altro attira la mia attenzione: è un piccolo oggetto dalla forma strana, ma che riconosco subito come una delle statuine di Mitomagia, il gioco che piace tanto a mio fratello.
Lo prendo in mano e  lo osservo attentamente.
Si tratta di Ade, l’unico che gli manca. Se glielo porto ne sarà felice e forse mi perdonerà per quello che gli ho fatto: l’ho abbandonato per unirmi alle Cacciatrici, quando invece mi ero ripromessa di badare sempre a lui.
Mi guardo attorno per assicurarmi di non essere vista e  infilo la statuina in tasca, senza nemmeno pensare alle conseguenze: di certo non succederà nulla se prelevo qualcosa di così insignificante e piccolo.
Raggiungo gli altri e, finalmente, scorgiamo il confine della discarica che da sull’autostrada.
- Quello cos’è? – dico, indicando una specie di collina di bronzo alla cui estremità c’è una fila di dieci tozze colonne di metallo, stipate insieme.
- Sembrano... –
- Dita dei piedi. – conclude Grover al posto mio.
Guardo nervosamente Zoe, mentre Thalia propone di aggirarle tenendoci alla larga.
- Ma la strada è proprio laggiù – protesta Percy – facciamo prima a scavalcare. –
Un rumore sordo mi fa voltare di nuovo verso la montagna, ma è solo Grover che ha lanciato un pezzo di metallo contro le colonne.
- Perché l’hai fatto? – domanda Zoe, e lui si fa piccolo piccolo. – Non lo so. Perché non mi piacciono i piedi finti? –
- Andiamo – dice Thalia. – Aggiriamoli. –
Non sono mai stata più d’accordo con lei. Quei piedi mi inquietano, voglio mettere più strada  possibile fra me e loro.
- Ce l’abbiamo fatta – esclama Zoe non appena mettiamo piede fuori dalla discarica. – Grazie agli dei. –
Ma non c’è molto da festeggiare, perché la terra comincia a tremare e quasi perdo l’equilibrio, seguita da un rumore fortissimo che mi fa raggelare il sangue.
Alle nostre spalle la montagna si sta alzando, rivelando un gigante di metallo dall’aria minacciosa e contrariata, soprattutto a causa dell’aria deforme che ha la sua faccia e dalla ruggine che gli ricopre il corpo.
- Talo! – esclama Zoe, senza fiato, e dal suo tono capisco che non è nulla di buono, perciò mi affretto a prendere l’arco.
- Chi... chi è Talo? – balbetta Percy.
- Una delle creature di Efesto – risponde Thalia. – Ma non può essere l’originale, è troppo piccolo. Un prototipo, forse. Un modello difettoso. –
Modello difettoso o no, è terrificante e scommetto che non gli ci vorrebbe molto per schiacciarci tutti quanti in un sol colpo. Deglutisco a fatica, fissando quegli occhi di metallo che sembrano squadrarmi da capo a piedi con aria di rimprovero... e io so perché.
- Qualcuno ha preso qualcosa – esclama Zoe – Chi è stato? –
Non rispondo. Stringo le labbra a formare una linea sottile, gesto che so servirà ad attirare l’attenzione su di me. Sento il senso di colpa attanagliarmi le viscere.
Talo fa un passo avanti e Grover strilla. – Scappate! –
Non me lo faccio ripetere due volte, corro verso sinistra al fianco di Percy e mi nascondo dietro a un cumulo di rottami, che dovevano appartenere a una biga.
- Tu hai preso qualcosa – Percy mi sta accusando, come volevasi dimostrare -  Quell’arco. –
- No! – protesto, cercando di sembrare convincente, ma la mia voce tremante mi tradisce.
- Restituiscilo! Buttalo via! –
Scuoto la testa, mordendomi il labbro. – Non ho... non ho preso l’arco! E comunque è troppo tardi. –
- Che cosa hai preso? –
Sto per mostrarglielo ma un cigolio dietro il nostro nascondiglio e l’ombra che ci ricopre mi suggeriscono che siamo stati scoperti.
- Scappa! –
Mi precipito giù dalla collina dietro a Percy, poco prima che Talo polverizzi i rottami dietro cui stavamo prima. Fortunatamente Grover riesce a distogliere l’attenzione del gigante da noi due, e riesco a riprendere un po’ di fiato. – Muoviamoci! – sento Percy intimarmi, ma non mi muovo e sfilo dalla tasca della giacca la statuina del dio. – Era... era per Nico. Era l’unica che gli mancava. –
- Come puoi pensare a Mitomagia in un momento come questo? –
Distolgo lo sguardo, senza più riuscire a trattenere le lacrime. Ha ragione. Non avrei dovuto essere così stupida e avventata, avrei dovuto riflettere.
- Buttala via – mi esorta lui – Forse il gigante ci lascerà in pace. –
La getto con riluttanza, sospirando amaramente e dicendo addio al mio tentativo di riconciliazione con Nico.
Ma non succede nulla.
Quello che accade dopo non riesco a capirlo bene, riesco solo a vedere Grover che viene sommerso dai rottami, Thalia che prova a fulminare Talo con la lancia e Percy agguantarmi per un braccio.
- È l’ora dell’idea folle – annuncia.
Lo guardo, leggermente nervosa, socchiudendo gli occhi. – Spara. –
Mi spiega che sotto il piede destro del gigante c’è una botola, la quale probabilmente conduce ai comandi, se riusciamo a raggiungerla e ad entrarci entro potremo controllarlo!
- ... Io vado dentro. –
- Ma come? Dovrai metterti sotto il piede! Ti schiaccerà. –
- Tu distrailo – replica – Dovrò solo scegliere il momento giusto. –
Serro la mascella, comprendendo all’istante quello che devo fare e scuoto la testa, parlando con voce grave. – No. Vado io. –
- Non puoi. È ancora tutto nuovo per te! Morirai. –
Lo so, Percy, ma...
- Il mostro ci ha inseguiti per colpa mia – ribatto, guardandolo con sicurezza negli occhi. – La responsabilità è mia. Ecco. – Raccolgo la statuetta da terra, guardandola per qualche secondo, per poi premergliela in mano con un sospiro. – Se dovesse succedere qualcosa, dalla a Nico. Digli... digli che mi dispiace.-
- Bianca, no! –
Non puoi fermarmi.
Mi volto, dandogli le spalle, e corro verso il piede sinistro del gigante.
È colpa mia. Ho cacciato tutti in questo casino e sta a me metterlo a posto, o non me lo perdonerò mai.
Mi porto accanto al piede destro, cercando di non cadere a causa dei rottami sparsi per terra, mentre Zoe mi urla contro. – Che stai facendo? –
- Fagli alzare il piede! – rispondo, con tutta la sicurezza e la calma che riesco a trovare, anche se dentro di me sono terrorizzata. Fortunatamente non ribatte e lancia una freccia nella narice del mostro, il quale raddrizza la schiena e scrolla la testa.
Sento Percy provare a richiamare la sua attenzione e io mi concentro sul piede quando si alza, dopo che il ragazzo gli ha infilzato l’alluce con Vortice. Mi infilo sotto e aspetto che torni giù, per poi allungare le braccia verso la botola e aprirla, ritrovandomi dentro il piede di Talo.
La prime cose che vedo sono il bronzo e i cavi ovunque, e una scaletta che porta in cima.
Poi comprendo.
Non c’è via d’uscita se non quella da cui sono arrivata, e credo che mi sarà impossibile aprire la botola da dentro. Il mio destino è segnato, e forse l’ho sempre saputo, dal momento in cui Zoe mi ha scelta per partire con lei.
Prendo un respiro profondo e comincio a salire la scala, sentendo le lacrime scendere incontrollate sulle guance. Perché sto piangendo? Io non piango mai.
In questi mesi sono dovuta crescere molto, diventare per Nico la madre che non avrebbe più potuto avere e badare ad entrambi.
Mentre salgo, rimpiango di non essere stata con lui, al sicuro... perché non gli resterà più nulla se non i suoi amici. Percy, ti prego, stagli vicino.
Un piolo si stacca sotto il mio piede e sarei caduta di sotto se non mi fossi aggrappata con forza. Ricomincio a salire e finalmente giungo in una piccola stanzetta colorata di una luce rossa, forse la testa del mostro vista la deformazione su un lato, e davanti a me vi è una tavola con dei pulsanti affiancati da delle scritte in greco.
Provo a pigiarne uno, ma non succede nulla, così li schiaccio tutti.
Talo si ferma di colpo e vado a sbattere contro la parete di metallo, ferendomi la nuca. Sento un rumore fortissimo  seguito da un’eco profonda e vengo sbalzata in avanti. Provo a raggiungere di nuovo i comandi, ma il gigante si sta muovendo nuovamente: ha cambiato direzione, ma non c’è uno schermo per vedere dove stia andando.
So solo che dopo un po’ comincia a fare caldo e vedo il soffitto sciogliersi.
Non c’è via d’uscita.
Sono già morta.
Mi aggrappo con tutte la forze alla tavola e grido quando un pezzo di metallo rovente mi colpisce il fianco.
I ricordi tornano a poco a poco: vedo mia madre e Nico, a Washington; vedo mio padre, un uomo che somiglia tantissimo alla miniatura che ho prelevato dalla discarica e che ci ha cacciati in questo casino; vedo Venezia, con i suoi canali e i gondolieri; le feste in piazza; l’avvento della guerra; il nostro albergo che viene avvolto dalle fiamme ed esplode, insieme a mia madre; vedo il Casinò Lotus e il volto dell’uomo che ci ha tirati fuori... e infine i recenti avvenimenti cominciano a scorrermi davanti agli occhi.
Sento la profezia risuonarmi nelle orecchie, come a volermi rinfacciare le mie colpe.

“Uno si perderà nella terra dove mai pioggia viene.”

Non era Phoebe. Non era il Campo Mezzosangue. Ora lo so...
Cado in ginocchio e un altro pezzo di metallo mi colpisce la schiena mozzandomi il respiro.
Cado distesa a terra, lasciando che i detriti mi sommergano e la morte mi accolga fra le sue braccia.
Chiudo gli occhi mentre una lacrima, l’ultima, scorre lungo la mia guancia.
Perdonami, Nico...
Non sento nemmeno dolore.




ANGOLO AUTRICE
Aloha! Dunque... ho scritto questa one shot perché, rileggendo il libro, mi sono chiesta cosa pensasse Bianca in punto di morte. È uno dei miei personaggi preferiti e la sua morte mi ha sconvolta veramente tanto, spero di aver reso bene il suo carattere e che vi sia piaciuta. 
Ovviamente, se volete, recensite ^^ 
 
   
 
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