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Autore: ginstories    17/01/2015    3 recensioni
Dal testo:
"–Figlia mia– le disse –tu sei vento e un giorno dovrai tornare qui. La mamma te lo impedirà, cercherà di tenerti in gabbia come un uccellino, ma tu spiega le tue ali e vola via, angioletto mio.– La prese tra le braccia e la cullò un po'. –Verrò a trovarti quando sarà il momento. Tornerò, angioletto.–"
ATTENZIONE: Spolier! fino a BoO.
Genere: Avventura, Erotico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leo Valdez, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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What about wind?

Prologo.


Era successo di sera.
Se ne stava seduta sul davanzale della finestra, una tazza di camomilla tra le mani, osservava le onde mosse dalla brezza marina. Una brezza calda e gentile.
Le piaceva il vento e la sua casa era costruita in un punto in cui batteva sempre il vento di ponente. Ogni tanto entrava furioso dalle imposte, facendole sbattere violentemente, ma la maggior parte del tempo era un venticello mite, di quelli che soffiano in primavera, anche se lì soffiava in ogni periodo dell'anno.
C'era sempre, ogni giorno e quella sera non fece eccezioni.
Zoe finì la sua camomilla e lanciò un ultimo sguardo al mare, per poi restare allibita.
La brezza stava turbinando sulla sabbia, in un punto preciso, tentando di formare qualcosa, ma non ci riusciva. L'unica cosa che la ragazza vedeva era una forma umanoide con due ali aperte. Non ne distingueva il volto e cercò di avvicinarsi, attratta da quelle ali spalancate, dalla magia che le stava accadendo di fronte agli occhi e non si curava del fatto che si stava sporgendo pericolosamente dal davanzale.
Due occhi dorati si erano aperti, la sabbia stava finalmente prendendo forma, il vento vorticava più forte e veloce.
–Zoe!–   
La forma si sciolse, la brezza si fermò e per la prima volta il vento non soffiava in quella caletta isolata.
Zoe scese dal davanzale, spaventata ma allo stesso emozionata. Il cuore le batteva a mille e un filo di vento le arricciò una ciocca di capelli. Una voce leggera come una piuma le sussurrò:–Zoe, tu sei vento.–
L'ultima parola volteggiò nell'aria e rimase lì. Quando si dissolse, la ragazza tornò ai rumori della casa e dei pesanti passi si avvicinavano alla porta della sua stanza.
–Zoe? Tutto okay? Ti ho chiamato tre volte.– disse sua madre entrando in camera. La ragazza era impalata al centro della stanza e non rispondeva. Tante cose le stavano turbinando nella mente, ma la più chiara era un ricordo.

Era una sera esattamente come quella e lei zampettava sul pavimento della sua cameretta, quando viveva a New York.
All'improvviso un vento forte ed impetuoso fece aprire le imposte e svolazzare le tende azzurrine. Zoe, che avrebbe dovuto essere spaventata, invece rise. Il vento le arricciava i capelli color pece, facendoglieli volteggiare di fronte gli occhi.
Poi in un secondo si ritrovò sospesa a mezz'aria, con due braccia forti, ma delicate, che la tenevano da sotto le ascelle. Un volto bello le sorrideva teneramente, gli occhi dorati pieni di felicità, mentre due ali rosso/oro si aprivano dietro la schiena.
–Figlia mia– le disse –tu sei vento e un giorno dovrai tornare qui. La mamma te lo impedirà, cercherà di tenerti in gabbia come un uccellino, ma tu spiega le tue ali e vola via, angioletto mio.– La prese tra le braccia e la cullò un po'.
–Verrò a trovarti quando sarà il momento. Tornerò, angioletto.– le baciò il naso e con un soffio la fece volare fino al lettino, già addormentata.
 

–Mamma– iniziò Zoe, non curandosi delle continue domande della madre, che si zittirono non appena lei aprì bocca. –Chi è mio padre?– chiese.
–Zoe, ne abbiamo già parlato. Io..–
La rabbia di Zoe esplose improvvisamente.
–No, non ne abbiamo mai parlato. Hai sempre evitato l'argomento, sempre scappata da questo “padre” che non c'è. Non so chi sia, non so il suo nome, il colore dei suoi occhi, il suo libro preferito, niente di niente. Mai che tu mi abbia preso da parte e detto qualche aneddoto divertente su di lui, qualche sua abitudine strana, come tutte le madri fanno ai propri figli. Ma almeno l'hai mai amato? Quanto tempo siete stati insieme? Perché è scappato o morto?– chiese Zoe tra le lacrime. Era una vita che quelle domande la inseguivano, ma mai una risposta da parte della madre.
–Non voglio più avere questo dubbio, questa parte mancante di me.–
Stephanie la guardava, mentre i suoi occhi si facevano lucidi.
Si sentiva una pessima madre. Non aveva mai detto niente di suo padre a sua figlia, né il nome né niente. Non le aveva mai detto di aver ripreso i capelli neri e ricci da lui, di aver ripreso il suo sguardo penetrante, la sua bellezza, ma soprattutto di aver ripreso i suoi poteri, mai detto che lei era una semidea. E questo spiegava tutti i suoi comportamenti, tutti i suoi incubi, tutte le sue visioni.
Aveva una paura tremenda che suo padre fosse davvero tornato, come aveva promesso quella volta a New York.
Non l'avrebbe lasciata andare, mai.
–Zoe, dimmi cos'è successo in questa stanza prima che venissi.– disse con una calma mortale.
Zoe le raccontò con rabbia l'accaduto.
–E quindi? Non è stato niente, mamma. Solo le solite visioni, soffro di iperattività, magari sarà stata la camomilla con troppo zucchero.– nemmeno lei credeva davvero a questa scusa, ma in quel momento aveva altre domande per la testa. Quel giorno voleva sapere la verità su suo padre e perché quel ricordo le era venuto in mente solo adesso? In tutta la sua vita, non aveva mai visto quel ricordo, ogni volta che pensava al padre, sentiva solo una specie di calore nel petto e le veniva un prurito tra le scapole.
La madre era impallidita e si era lentamente seduta sul letto, portandosi una mano alla bocca.
–Mamma!– Zoe le si inginocchiò di fronte e si grattò la schiena. Il fastidioso prurito l'assalì. –Mamma?– ripeté.
–Zoe, vai a chiudere la finestra.– sussurrò, riprendendo colorito, come se avesse preso una decisione. Zoe conosceva quell'espressione e quindi, invece di andare alla finestra, chiuse la porta.
–Mamma, ho quindici anni e ho bisogno di risposte. Sono pronta!– esclamò, cercando di mettere quanta più convinzione nella voce.
–Ti prego..– disse ancora, prendendole le mani.
Stephanie sospirò e guardò negli occhi sua figlia. Erano della stessa tonalità di verde.
–Zoe, la verità può sconvolgerti.– l'avvertì la madre, racimolando tutto il coraggio che aveva nel corpo. Zoe annuì con decisione.
–Tuo padre è un dio greco.– disse, ed ogni parola le costò un'immane fatica, ma ormai l'aveva detto.
Il prurito crebbe tanto che Zoe quasi non riusciva a contenersi, le sembrava di avere le spalle in fiamme.
Ma mai come la mente.
–Scusa? Sono figlia di un dio?– chiese Zoe. Non riusciva a concepire l'idea. Era sotto shock, era arrabbiata con la madre, era così confusa che quell'affermazione non poteva esser vera. Ma era anche curiosa e soddisfatta di esser riuscita a sapere la verità, anche se era così sconvolgente. Quasi avrebbe preferito che le avesse detto che il padre era un pazzo criminale in prigione.
Non capiva più nulla.
Stephanie la guardò e le rispose sospirando un:–Sì.–
Zoe non parlò, non perché non aveva nient'altro da chiedere, ma perché improvvisamente la schiena le si era fatta pesante. Si accasciò a terra, sopraffatta da dolore che le attraversava la colonna vertebrale, come tanti coltelli che volessero affettarla.
L'ultima cosa che vide fu la bocca della madre, aperta per gridare il suo nome.



 

Angolino me:
Salve a tutti, sono Ginevra e durante una noiossissima ora di storia, mi è venuta in mente questa idea.
Mi frullava già da un po' nella testa, ma non volevo fare qualcosa che fosse già stato fatto.
Allora ho preso un dio a caso ed ho creato questa storia.
Spero vi incuriosisca almeno un pochino, ci vediamo al prossimo aggiornamento :3
Recensite per farmi sapere cosa ne pensate,
Ginny.
  
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