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Autore: Mary Serpeverde    17/01/2015    1 recensioni
Sette amiche coinvolte in una storia d'amore.
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Quell'emozione era apparsa nella mia vita solo da quel giorno. Quel giorno, mi aveva cambiato la vita.
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«Rispondi, potrei aiutarti, sai che lo faccio sempre volentieri. E sai che ti voglio bene»
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una vacanza da sogno


Cece:
 

Allyson:




Sophie:




Rachelle:



Sarah:




Giulie:
 



Lara 



 

Ogni giorno si faceva sempre più freddo; al centro della città, dove sorgeva la statua del re di pietra, circondata dal muretto della fontana altrettanto di pietra, l'acqua si era persino quasi congelata. A volte le guardie vedevano i blocchi di ghiaccio spuntare dalla limpida, chiara e pulita acqua ricavata dai laghi. E il freddo che punzecchiava i corpi degli abitanti, costretti a non stare all'aperto, in libertà.
«Dai Gio, dobbiamo uscire. Non possiamo restare a casa tutta la mattina» dissi io sbuffando, e lei borbottava «Arivo, arrivo» dal tono fermo e tranquillo, mentre si sceglieva i vestiti.
Un altro minuti, ed urlai impaziente «Ma è così importante il vestito?»
«Bè, dipende. Non sai mai cosa potrebbe accadere.» Disse lei in tono sognante. Sospirai, per quanto sarebbe andata avanti con lei che la mattina doveva essere aspettata per circa mezz'ora solo per scegliere qualche vestito?
—Sì, certo...— Borbottai in mente. In cuor mio sapevo che avrei dovuto aspettarla fino al termine della mia vita. —Certo, potresti incontrare un troll e per come ti conosco ti ci potresti mettere insieme— Chiusi gli occhi. Era la mia migliore amica, e dovevo sopportarla per forza, le volevo been per questo. Anche se sarebbe meglio che facesse presto a vestirsi...
E finalmente uscì dalla sua stanza, che rispetto alla mia vecchia era una dimora. Ora ne avevo una anche io uguale alla sua, forse anche più bella; la mia vita era cambiato moltissimo da quando ero andata a vivere con le mie amiche. Ma quanto sarebbe durato? Comunque.
Indossava un paio di jeans blu scuri strappati sulle ginocchia e sulle coscie, una maglietta nera che lasciava scoperta una spalla, un paio di scarpe da ginnastica nere di pelle; la maglietta nera era ricoperta da un giacchetto imbottito blu scuro, non abbottonato, e accompagnati un cappello  grigio la quale punta avanzava e le ricadeva leggermente sulla nuca, una sciarpa color rosa scuro accesso, un po' più scuro del solito fucsia che indossava tinto sulle maglie e due guanti neri non troppo pesanti. Una striscia di matita nera ricadeva pesante sul bordo degli occhi, un lucidalabbra non troppo visibile.
«Wow, vedo che ti sei preparata per il freddo.» commentai, restando a guardare ciò che stava indossando. «Parecchio, ma non si direbbe dalla maglia.» dissi ironica.
«Non mi hai dato tempo di scegliere bene.» replicò lei.
«E tu non mi hai dato un attimo di pazienza.» rotestai.
«Era ironico, spero. Potrei lasciarti qui da sola, è solo...» fece per dire, ma poi si fermò. «È solo che mi trovo bene, e ho aggiunto i soldi, troppi soldi.» aggiunse. Aggrottai la fronte.
«La signora vestitino l'ha capito» dissi ridendo, e lei ricambio un falso sorriso, facendo capire nella sua risata quella punta di ironia; voleva farlo capire, terminando con una faccia seria.
Mise in bocca una gomma.
«Non puoi entrare a scuola con una di queste» la informai per la ventesima volta in venti giorni che mi ritrovavo a vivere con lei e con le altre. Lei alzò le spalle.
«Mi serve solo per dare una rinfrescatina alla bocca, tutto qui. Non potranno dirmi niente per questa ragione.» Scossi la testa.
«No, ti prego. Appena arrivi, la butti. Non voglio che ti sospendano.» Lei chiuse gli occhi e annuì impercettibilmente. Ma poi un sorriso si accese sul suo viso.
«Presumibilmente dal fatto che mi hai detto che ti dispiacerebbe se io fossi sospesa, mi vuoi bene.» Sorrisi altrettanto, ma ignorai la domanda.
«Andiamo, le altre sono già andate mentre ti aspettavo.»
«Okay.» rispose lei.
E fu quello il momento per cui rimpiansi ciò che aveva detto Allyson. Io, vestita con una tuta nera, che sembrava uno straccio aderente di un anno fa, due scarpe comode ma bruttissime, truccata da schifo, tutta nera, mi ero appena innamorata. Non credevo nell'amore a prima vista, ma mi ero innamorata. E lo sapevo solo ora, in tanti anni che le mie amiche mi ripetevano che lo guardavo come una innamorata, e soprattutto in tanti anni che mi parlava educatamente e gentile come con nessun altra. In tanti anni che lo guardavo, che lo vedevo divertirsi con gli amici, sfogarsi con gli amici, e poi fermarsi e calmarsi solo guardandomi una volta.
Ma questo non voleva dire ovviamente che gli piacevo, che lui ricambiava quell'emozione profonda, fastidiosa e che punzecchiava il cuore.
Cercai di rilassarmi almeno nell'ora di educazione fisica. Il solito gioco, nel quale io ero la più brava. Ero la più sportiva della scuola.
Ma quel pomeriggio, non riuscii a impegnarmi nemmeno in quell'ora.
Allo spogliatoio, mi vestii almeno un po' più decente, stranamente. Lara, una ragazza dai capelli mossi e castani scuri che le ricadevano sulla schiena, gli occhi marroni la bocca carnosa, si tolse la maglietta, e se la cambiò, rimanendo a guardarmi. Non mmi volevo cambiare, forse sarebbe stato meglio se fossi rimasta con questo abito, per poi cambiarmelo per stare in classe con quello leggermente decente.
«Ehy, cosa c'è che non va?» mi domandò Lara, infilandosi la maglietta rapidamente.
«Emh... io? No, niente, voglio restare con questo abito epr essere più decente dopo...» dissi, ma mi accorsi, prima che potesse rispondere, che avrei dovuto dare un'altra scusa, meno verità più bugie. Aggrottò la fronte e inarcò un sopracciglio. Abbassai lo sguardo.
«Non ti è mai interessato di essere vestita bene, e nemmeno truccata a quanto pare.» mi sistemai intanto i capelli e li raccolti in una coda alta. Convinta che non le avrei risposto, rifiutò di insistere. Ma fu qualcuno a continuare, da una voce familiare, ma che in quel momento non riuscivo a distinguere bene, per la gran confusiona accumulata nella mia testa.
«Rispondi, potrei aiutarti, sai che lo faccio sempre volentieri. E sai che ti voglio bene» alzai lo sguardo. Allyson, vestita con una tuta grigia e sfumata di fucsia, era du fronte con le sopracciglia incarcate, gli occhi puntati sui miei, e i capelli raccolti in una treccia.
«No, non c'è niente che dovrei dirti.» La confusione si faceva ancor più ampia nella mia mente.
«Niente» ripetei.
«Non sei mai stata brava a mentire, e credo che non lo sarai mai.» disse lei con un piccolo sorriso. Io rimasi ferma, poi mi convinsi a parlare.
«No, ho solo bisogno di riposare.» mentii ancora, e lei oltre quello che mi aveva detto, parve credermi. Strizzai gli occhi.
«Ehy, se vuoi possiamo tornare a casa noi due, tanto non mi va di restare qui a scuola con questo vestito che pensavo fosse andato bene, ma soprattutto lo faccio per te, giuro.» disse con un sorrisetto Sophie, un'altra delle mie amiche che amavano la moda e queste cose del genere.
«No, per carità, non voglio tornare... andiamo, altrimenti dubito che la prof ci faccia giocare con questo ritardo.» consigliai, mentre loro mi guardavano sorprese dal mio carattere, che sembrava essere cambiato completamemente. Ero fuori di testa. Volevo essere più decente?
«Emh... sì, certo.» Disse dubbiosa Lara, cercando di trovare il modo migliore di mettere la maglietta: provò prima ad infilarla dentro i pantaloni, ma per essere lei sembrava troppo sportiva; poi provò a stenderla per bene, ma poi risaliva divenendo di nuovo molla e dalle dimensioni larghe, come se fosse un elastico; e finalmente si lasciò la maglietta nella posizione in cui lei si rimetteva in qualunque modo, cioè risultando raggrinzita.
Entrammo in palestra, e guardai il ragazzo. Jason Miller, secondo liceo scentifico. Occhi fantasticamente blu, gelidi. Classe 2B. Vicino a Shane Anderson, uno dei ragazzi popolari quasi quanto lui.
«Signor Miller, che ne dice di fare le squadre? Mi sente?» Marchiò la professoressa impaziente
—No, non sentirla. No, non farmi risvegliare da questo sogno.— pensai. Ma cosa sto dicendo? Cosa ti prende, Cece Winters?
«Eh? Ah, emh... sì, mi scusi signora.» Chinò leggermente il capo, spaesato da quell'attimo in cui il mio sguardo si era incrociato con il suo. Anche io ero disorientata. Sembrava un sogno che si stava per realizzare, ma allo stesso tempo che si stava spezzando.
«Emh... certo, signor Miller. Prima le ragazze, ovviamente.»
«Okay, emh... scelgo nella mia squadra Cece. Cece Winters.» Deglutii, mentre gli altri mi guardavano e mi lasciavano una specie di percorso per raggiungere il capo della mia squadra. Mi sceglieva sempre per prima, ma quell'oggi magnifico davvero mi aveva fatto sciogliere. Il mio nome pronunciato dalla sua bocca suonava talmente bene che avevo voglia di mettermi ad urlare dalla gioia. Quell'emozione era apparsa nella mia vita solo da quel giorno. Quel giorno, mi aveva cambiato la vita, le aveva dato una svolta verso la grandezza. Ed io, Cece Winters, ero innamorata.




Angolo Autrice:

Ehy Ehy Ehy! Che ne dite di lasciarmi qualche piccola recensionuccia, se vi è piaciuta davvero? Questa è la prima storia la quale prima volta che l'ho riletta, non mi ha fatto troppo schifo... ma ovviamente i gusti sono diversi, e se non vi piace vi invito a dirmi dove ho sbagliato, perchè ci tengo davvero a questa storia. Bé, non so altro che dire, alla prossima, spero che questo capitolointroduzione vi sia piaciuto! Dovrebbe essere un'introduzione ma è un po' troppo lunghetta per esserlo...
Ciaaaaooo! ^.^
   
 
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