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Autore: Ray Wings    18/01/2015    6 recensioni
Shannon non aveva neanche 2 anni quando è nato Jared. E il mio pensiero, in questa one shot, è rivolta a loro e al loro "primo incontro". Uno Shannon ancora impacciato sui suoi piedini che zampetta verso la culla dove un fagotto, che gli altri dicono essere suo fratello (chissà che vorrà mai dire, poi...mah), urla fastidioso e tenta di rubargli il posto di privilegiato in famiglia.
La "on" messa tra parentesi nel titolo vuole dare un doppio senso alla frase. Con "on" significa "Puoi chiamarmi, fratello", inteso "puoi rivolgerti a me", "puoi contare su di me". Senza "on" significa semplicemente "Puoi chiamarmi Fratello".
Primo premio del contest "Una canzone per musicisti".
Nome sul forum (S.O.R. scrittori on the road): Ray Wings
Nome su efp: Ray Wings
Titolo: You just call (on) me Brother
Canzone: "Lean on me" di Bill Withers
Fandom: 30 seconds to mars (Leto Brothers)
Genere: Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il corridoio color verde acqua era quasi deserto. Si sentivano solo gli echi dei sussurri di qualche paziente annoiato in chissà quale sala d'attesa. Un'infermiera passò frettolosa, piena di scartoffie, senza neanche preoccuparsi di dove mettesse i piedi, rapida come una lince, in ritardo a chissà quale consegna o visita. E poi un bambino, solo, seduto su una di quelle scomode seggioline poste sotto la finestra, vicina a un distributore automatico, il quale aveva appena servito al signore passato prima una lattina rossa. Sembrava divertente! Aveva provato ad avvicinarsi anche lui e schiacciare il bottone, il primo in basso, l'unico a cui arrivava, senza però nessun risultato. Poi scoraggiato era tornato a sedere, come gli era stato ordinato. La schiena dritta e i piedi penzoloni giù dalla sedia, i quali si divertiva a far dondolare, per noia, in un'infinita attesa. I capelli neri, che ormai avevano cominciato a crescere, gli ricadevano sugli occhi verdi smeraldo, limpidi e vivaci. Ma in quel momento vagamente annebbiati.
Perchè erano in quel brutto posto? Papà e il nonno ce l'avevano portato di corsa non appena la mamma aveva cominciato a sentirsi male e avere mal di pancia. Lo odiava quel posto, l'ultima volta che c'era stato una brutta signora puzzolente gli aveva infilato un doloroso ago nel sedere e l'aveva fatto piangere per ore. Chissà se anche la mamma stava piangendo per colpa di quella brutta signora. Probabilmente sì, l'aveva sentita urlare da dentro la stanza nella quale l'avevano portata.
Dei passi lo destarono dal suo noioso passatempo, e il nonno si avvicinò a lui rapido, senza però raggiungerlo, rimanendo poco distante e allungando una mano per invitarlo a seguirlo.
<< Shannon! Vieni, presto! >> aveva detto. Aveva gli occhi rossi, come quando lui stesso piangeva, ma non sembrava triste. Sorrideva come mai aveva fatto prima.
Shannon scese dalla sedia con un saltello, atterrando come un cavaliere che scende da cavallo, sempre immerso nei suoi giochi, e corse da lui, impacciato nei movimenti dei suoi non ancora 2 anni, e il pannolone che fastidioso sfregava contro le gambe. Allungò la sua piccola mano e afferrò rapido quella ruvida del nonno, così grossa al confronto, curioso di sapere cosa stesse succedendo. Erano tutti così agitati.
Fu quasi trascinato lungo il corridoio, poi entrarono in una stanza dove c'erano letti, ma vuoti: tranne uno, quello dove accanto c'era suo padre. Non riusciva a vedere dai suoi scarsi 80 cm di altezza chi ci fosse steso sopra, ma in questo gli venne in aiuto il nonno che lo sollevò e lo mise in piedi su una sedia lì vicino.
<< Shan! >> salutò teneramente sua madre. Gli occhi stanchi e i capelli spettinati, ma piena di felicità. Shannon era solito salutare con gioia la mamma, era la sua Regina, era sempre bello vederla, ma quella volta fu diverso. Lei non era sola su quel letto, ma al petto, come un gioiello prezioso, stringeva un fagotto che si muoveva: aveva gli occhi chiusi, e le manine quasi schiacciate contro il viso corrucciato. Faceva versi strani, simili a un pianto, ma molto più fastidiosi e acuti. Shannon non gli toglieva gli occhi di dosso. Che cos'era? Cosa ci faceva in braccio a sua madre? Era stato lui a ridurla in quello stato?
Suo nonno gli cinse le spalle con una mano, chinandosi alla sua altezza e guardò anche lui il fagotto da sopra la sua spalla.
<< E' Jared. Verrà a casa con noi...è il tuo fratellino. >> cercò di spiegargli, ma ancora la cosa, nonostante tutti sembrassero entusiasti, non lo rallegrava affatto. Era fastidioso, brutto e soprattutto era in braccio a SUA madre!
Strinse i pugni. Cosa avevano intenzione di fare? Portarlo a casa sua? Lui non lo voleva!
<< No bello! No piace! >> brontolò Shannon, guardando speranzoso sua madre. Lei lo capiva, lui era il tesoro più grande, avrebbe fatto tutto per lui. Si mise a piangere, sapeva che funzionava sempre. Avrebbe convinto la mamma a lasciarlo lì! Suo padre si avvicinò preoccupato e cercò di consolarlo, con l'aiuto del nonno, spiegandogli con dolcezza che era una bella cosa avere un fratellino. Inutile. Fu tutto inutile. La mamma era decisa a tenerselo, e come se non bastasse i suoi capricci avevano infastidito Jared che aveva cominciato a sua volta a urlare e disperarsi. Era così fastidioso!

Le cose a casa andarono anche peggio. Da quando Jared era arrivato casa sua era diventata un inferno. Piangeva sempre, giorno e notte, con la sua acuta voce, sovrastando addirittura i pianti di Shannon che persero il loro potere. La mamma era sempre così presa a cullarlo, dondolarlo, allattarlo che quasi si dimenticava di salutare il piccolo Shan alla mattina appena sveglio. Il papà era sempre più nervoso, sempre arrabbiato, rispondeva male a qualsiasi domanda gli facesse e lo sgridava più del solito.
Già. Le brontolate.
Shannon non urlare, svegli tuo fratello!
Shannon non giocare, fai troppo rumore, Jared sta dormendo!
Shannon non toccare Jared, puoi fargli male!
Shannon smettila di piangere e aiutami!
E il nonno? Anche lui sembrava essersi completamente dimenticato del suo nipotino preferito. Arrivava a casa e la prima cosa che chiedeva era "dov'è quell'adorabile orsetto?" e andava diretto nella camera di mamma e papà a prendere in braccio Jared, che come sempre urlava e piangeva. Come potevano volergli più bene che a lui? Non era divertente, come lo era lui! Non sapeva fare la pupù nel vasino! Non sapeva mangiare da solo! E non faceva mai dormire nè la mamma, nè il papà, nè Shannon stesso. Ma se era lui che provava a urlare e piangere allora... << Shannon, smettila! E fai il bimbo grande! >>
Una volta le amiche della mamma venivano a casa per lui, per strapazzarlo di coccole e domande, ridendo di ogni sua smorfia, anche la più sciocca...ora era un fantasma.
E tutta per colpa di Jared.
Chi glielo aveva chiesto alla mamma di andare a prenderlo? Perchè avevano voluto a tutti i costi sostituirlo? Forse era stato cattivo? Ma sì, probabilmente! Forse l'aveva fatta arrabbiare per qualcosa e lei era andata a prendere un altro bimbo.
Era sicuramente così. Non c'erano altre spiegazioni.
Si alzò dal freddo pavimento su cui era seduto, intento a giocare con l'aereoplanino che il nonno gli aveva regalato per Natale, e corse goffo e rumoroso sui suoi piedini poco stabili verso la stanza della mamma. Appena gli avevano fatto vedere Jared, all'ospedale, aveva pianto e fatto i capricci, forse era lì che aveva sbagliato. Forse la mamma voleva solo un abbraccio e un bacio, così avrebbe ricevuto il suo perdono e chissà...magari avrebbe riportato Jared indietro.
Non ci fu bisogno di arrivare alla sua camera, la mamma era in cucina con il papà. Stavano parlando, anche se non capiva perchè dovessero urlare. Erano vicini, potevano sentirsi lo stesso. Non guardò troppo cosa stesse succedendo, e non vide il viso paonazzo di suo padre mentre gesticolava furiosamente, guardando dritta negli occhi sua madre, anche lei intenta a gesticolare e dimenarsi, mentre urlava e piangeva. Non vide niente di tutto questo, solo la gamba della mamma a cui si aggrappò selvaggiamente, chiamandola << Mamma! >>. Sapeva le piaceva quando lo faceva. La strinse più forte che potè, chiudendo gli occhi per fare ancora più forza. Le urla cessarono momentaneamente, e sua madre, sentendosi afferrata così violentemente per la gamba, si affrettò a guardarlo. Sorrise intenerita e si chinò a dargli un bacio sulla fronte << Ti voglio bene anche io, Shan. >> poi cominciò a spintonarlo << Ora però vai a giocare di là, per favore. Io e papà stiamo parlando. >>
Shannon provò a brontolare: voleva stare con lei! Le voleva dire che le voleva bene, così l'avrebbe perdonato e avrebbe mandato via Jared! Ma non ne ebbe il tempo nè il modo: sua madre lo spinse fuori e chiuse la porta, senza preoccuparsi di chiedergli cosa volesse, troppo impegnata in se stessa.
Shannon sbuffò triste. Gli occhi stavano cominciando a bruciargli, così si portò una manina sul viso e ne strofinò uno, grattando, ma ottenendo solo altro bruciore. Perchè nessuno gli voleva più bene?
Cominciò a piangere e a singhiozzare.
Ma nessuno corse da lui a chiedergli cosa avesse o se si fosse fatto male.
Nessuno correva più da lui da 4 mesi.
Poi lo sentì ancora: la causa di tutto. La voce acuta di Jared cominciò a risuonare dall'interno della camera da letto dei suoi genitori, dove era stato lasciato per il suo sonnellino pomeridiano. Aveva ricominciato a piangere, come sempre, e presto la mamma avrebbe riaperto la porta e sarebbe corsa da lui, preoccupata di placare i suoi lamenti, solo ed esclusivamente i suoi.
Ma sorprendentemente ciò non avvenne.
Mamma e papà continuavano a urlare chiusi in cucina, e Jared continuava a urlare dall'altra parte della casa.
Shannon, stufo, sbuffò ancora e velocemente percorse i pochi metri quadrati della sua casa, arrivando alla porta della camera dei genitori.
<< No!!! >> brontolò a voce alta, guardando la culla scossa dai movimenti di chi dentro si stava agitando e dimenando.
<< No!!! >> brontolò ancora Shannon avvicinandosi. Non arrivava a guardare dentro, perciò spostò un piccolo sgabello che era lì vicino e si arrampicò, fino a portare il volto oltre la parete della culla. Jared dentro era in preda alle lacrime e agitava le gambe così forte da farla sobbalzare. Il viso paonazzo di chi sta venendo torturato, la bocca ancora senza denti spalancata e le mani, chiuse a pugno, che si muovevano senza una direzione precisa, alzandosi sopra di lui, quasi a voler picchiare qualcuno.
Quelle urla. Com'erano assordanti! Odiose.
<< No piange!! No!! >> lo brontolò ancora, cercando di sovrastare con la sua voce quella stridula del fratello.
<< Mamma no vuole! No piange! >> sbuffò, ma il bambino non sembrava ascoltarlo e continuava ad agitarsi e urlare sempre più forte, disperato nel suo non essere sentito da chi doveva provvedere ai suoi bisogni.
Shannon scese dal suo sgabello e corse verso il comodino del papà, dove era posata una vecchia radio. Gli era sempre stato proibito di toccarla, ma a lui piaceva così tanto giocare con le manopole che spesso disobbediva, sperando di non essere colto in flagrante. Schiacciò il bottone di accensione e la voce di un'uomo si diffuse nella stanza, accompagnata da una melodia di sottofondo. Parlava di Hit del momento e nuovi dischi in uscita.
Shannon tornò di corsa al suo sgabello, si tirò su aggrappandosi alla culla, e tornò a sporgersi dentro con la testa, guardando il bambino che non dava cenno di placare i suoi lamenti.
<< Musica! Bella musica! >> disse cercando di sorridere, ma ancora non ci fu niente da fare. Jared era un bambino testardo e lamentoso, come poteva il piccolo Shan, che aveva appena 2 anni, riuscire a calmarlo, quando delle volte neanche ci riusciva sua madre?
<< Musica! Musica! >> disse ancora senza successo e alla fine, con uno sbuffò scocciato, si arrese. Poggiò il bracciò al bordo della culla, e su di esso poggiò la testa, rivolta verso sinistra. Alzò il suo aereoplanino, che ancora aveva stretto tra le mani, e riprese a fare versi e farlo volare sopra la testa del fratellino antipatico. Ma lui era così fastidioso che riusciva a distrarre anche i suoi giochi, benchè questi erano l'unica cosa che gli erano rimasti e che gli permettevano di avere un posto per sè. Sentì nascere dentro sè qualcosa che probabilmente non aveva mai sentito prima, abituato a essere sempre serviziato. Non ne potè più: era arrabbiato! Guardò Jared, fulminandolo con i suoi occhi verdi vivaci, e sbattè l'aereo contro la sbarra in ferro della culla.
<< No!!! >> urlò ancora, senza essere ascoltato.
Strinse l'aereo e lo sbattè ancora contro il bordo in ferro della culla, facendo un gran fracasso. Sentì come il rumore di quello scontro sovrastava in parte le urla del fratello. Sbattè di nuovo, arrabbiato nel suo tentativo di farsi ascoltare. Basta, non voleva più sentirlo. Ancora un altro colpo e ancora, uno dietro l'altro, come un operaio che dà di martello, cercando in quel rumore un'ultima via d'uscita per smettere di sentire quelle urla. E incredibilmente riuscì: ma non perchè il suo rumore era più forte di quella voce.
Jared aveva smesso.
Non piangeva più.
Ora guardava curioso l'aereo stretto tra le dita paffute del fratello, la bocca cerchiata a O, gli occhi azzurri concentrati e corrucciati, incuriosito da un rumore che mai aveva sentito prima d'ora. Shannon smise di colpire, rendendosi conto della sorpresa del fratello e incuriosendosene a sua volta. Jared fece un altro verso, ma non era fastidioso come gli altri, anzi era molto simpatico. Una << Uh >> allungata e detta roca, mentre le mani e le gambe avevano tornato ad agitarsi, ma non con cattiveria e rabbia, ma con energia ed entusiasmo.
Alla radio l'uomo smise di parlare e finalmente lasciò spazio a un nuovo disco, appena uscito proprio quel mese: Lean on me, di Bill Withers.

 Sometimes in our lives
We all have pain
We all have sorrow

 Shannon curioso della nuova scoperta provò a sbattere ancora, ottenendo dal bambino un altro scatto di pugni e calci, e un altro verso entusiasto.
<< Bello? >> chiese sorpreso e sbattè ancora, ottenendo una nuova risposta dal fratello.

 But if we are wise
We know that there's
Always tomorrow

Shannon sbattè ancora e ancora, sempre con più entusiasmo, trovando la nuova scoperta fantastica. Aveva fatto smettere di piangere Jared e ora lo guardava con occhi diversi. Non era più fastidioso e capriccioso. Stava ridendo! Era divertito da lui, da quello che faceva. Per la prima volta da quando era arrivato in casa qualcuno rideva di nuovo dei suoi giochi.
Era fantastico!

 Lean on me, when you're not strong
And I'll be your friend
I'll help you carry on

Rise anche lui, divertito da quel nuovo gioco. Era tornato al centro dell'attenzione. Saltellò a ritmo di musica, seguendo la voce di Bill Withers provevire dalla vecchia radio di papà e continuò a sbattere sull'asse della culla, più velocemente quando Withers cantava più velocemente e stoppandosi quando lui si faceva le sue pause. In un certo senso stava andando a ritmo, anche se in un modo tutto suo: ma era così divertente!

 For it won't be long
Till I'm gonna need
Somebody to lean on

Fece una smorfia, tirando fuori la lingua e incrociando gli occhi, sempre saltellando e sbattendo il suo aereo sulla sbarra. Jared smise di agitarsi e lo guardò attentamente per un istante prima di scoppiare nella risata più sincera che Shannon avesse mai potuto sentire, e che sicuramente avrebbe sentito per i prossimi anni della sua vita.

 Please swallow your pride
If I have things
You need to borrow

 Si stava divertendo come un matto, mai aveva riso tanto, e mai si era sentito tanto importante. Non solo era riuscito a far calmare Jared, impedendo così di far arrabbiare e agitare ancora di più la mamma e il papà, ma era riuscito a tornare ad avere qualcuno che lo guardava, lo ammirava e rideva di lui, aspettando con ansia qualche altra marachella.

 For no one can fill
Those of your needs
That you won't let show

Jared rise tanto da diventar paonazzo e smettere di respirare per qualche secondo, tanto irrigidito, quasi paralizzato, che Shannon dovette fermarsi per un attimo terrorizzato all'idea di aver esagerato e avergli fatto male. La mamma gli aveva sempre detto di stargli lontano proprio per quel motivo! Aveva paura...che avesse ragione? Ma poi il bambino dagli occhi azzurri fece un gran respirone e tornò a essere normale, concedendosi altre sane risa.

 You just call on me brother
When you need a hand
We all need somebody to lean on

L'aereoplano tornò al centro della sua attenzione e lo fece volare poco sopra il suo viso, facendo rumori e versi esagerati, tanto da arrivare e sputare, ma cosa gli importava? Jared allungò le manine verso l'aereo, tornando a dimenarsi e fare versi gutturali di gioia ed entusiasmo.
<< Bello! Aereo! >> disse Shannon prima di porgerglielo.

 I just might have a problem
That you'll understand
We all need somebody to lean on

Jared restò per un attimo attento, mentre cercava di stringere tra le dita paffute e disorganizzate quel magnifico oggetto che tanto lo faceva divertire. Curioso corrucciò la fronte, tenendo le labbra dischiuse in una << Oh. >>
Un'espressione come quella Shannon non l'aveva mai vista e non riuscì a trattenere le risate. Che esserino buffo!

 Lean on me, when you're not strong
And I'll be your friend
I'll help you carry on

Ma quanto può essere misera la presa di un bimbo di 4 mesi? L'aereo scivolò dalle sue dita, andando a sbattere con l'ala contro il suo nasino delicato, e, benchè la distanza di caduta era stata veramente insignificante, comunque era pur sempre un oggetto di plastica contro un naso delicato. E questo lo fece di nuovo scoppiare a piangere.

 For it won't be long
Till I'm gonna need
Somebody to lean on

<< No! >> disse Shannon preoccupato, vedendo cosa era successo. Si sporse in avanti, cercando di riafferrare il suo aereoplano e toglierglielo di dosso.
<< No piange!! >> disse ancora, non più arrabbiato però. Quei pianti e quelle urla non gli davano più fastidio. Ma lo spaventavano: si era fatto male? Perchè piangeva? Non doveva essere triste! Doveva tornare a ridere di lui!

 You just call on me brother
When you need a hand
We all need somebody to lean on

Tornò rapidamente a dimenarsi, saltellando a ritmo di musica e imitando la stessa espressione che tanto aveva divertito il fratello poco prima. Ma non riuscì ad avere la sua attenzione.
<< No! No piange! >> disse ancora, sperando di consolarlo. Allungò la manina verso lui e strinse delicatamente le dita paffute e sudaticce del fratellino. Erano così piccole. Non credeva potessero esistere cose così piccole. Ed erano morbide come l'erba del mattino, appena bagnata di rugiada.

 I just might have a problem
That you'll understand
We all need somebody to lean on

Jared al contatto col fratello si rasserenò appena, placò le sue urla e trasformò il pianto in semplice lamento, scosso ogni tanto da un singhiozzo. Shannon colse l'occasione e gli fece un'altra smorfia, simile alla prima, e questo riuscì a calmare del tutto Jared, che, sereno, osservò suo fratello, curioso ed attratto. Era così buffo. Strinse le sue dita intorno a quelle di Shannon, tenendo ben salda la presa, come intimorito dall'idea che fosse potuto scappare via.

 
If there is a load
You have to bear
That you can't carry

<< Ho sentito Jared piangere! >> brontolò Constance uscendo dalla cucina, ormai troppo tardi per correre in suo aiuto, dato che già tutto sembrava tacere: ma finalmente aveva trovato una via d'uscita da quell'inutile litigata, e poteva andare ad occuparsi del piccolo.
<< Sta bene, ha smesso! >> brontolò irritato Tony, andandosi a buttare su una sedia qualunque, afferrando nervosamente il giornale rimasto lì da quella mattina e aprendolo, senza avere la vera intenzione di leggerlo. Costance lo ignorò, era arrabbiato e anche lei lo era: avevano bisogno di starsene un po' ognuno per i fatti propri.

I'm right up the road
I'll share your load
If you just call me

<< Oh. >> uscì dalle labbra di una meravigliata e quasi commossa Costance, ferma davanti alla culla di suo figlio, i biondi capelli che ricadevano sulle spalle abbassate e la mano poggiata al cuore. E si sentì d'un tratto stupida. Era stata così presa dal suo dovere di mamma, dal dovere di non farlo piangere, che mai si era fermata un attimo a riflettere su quanto realmente aveva tra le mani. Lo stress del nuovo figlio, unito alle litigate con suo marito che si erano incredibilmente quadruplicate negli ultimi mesi, l'avevano resa cieca. Che sciocca.

Call me
If you need a friend.
Call me.

L'aereoplano giaceva ormai silenzioso ai piedi della culla, niente più voli per lui quel giorno. La radio continuava a cantare per loro, dolce e quasi comprensiva nel suo tentativo di non destare il sonno dei due angeli che dormivano uno di fianco all'altro. Jared spostato più verso sinistra, quasi schiacciato alla parete della culla, e Shannon con le ginocchia leggermente tirate su, ormai troppo grande per un giaciglio come quello. Girato su un fianco aveva un braccio attorno al fratello, in un tenero gesto protettivo e possessivo. Entrabi a occhi chiusi, persi nel loro delicato e complice sonno. Lo stesso sogno.
Il sogno di un futuro assieme, sopra quell'aereo che tanto aveva rumoreggiato quel pomeriggio, da una città all'altra, accompagnati dalla musica, dallo "sbattere" ritmato di Shannon e la voce "stridula" di Jared che destava i cuori non più solo di sua madre e suo padre.

 Call (on) me...Brother.






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