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Autore: miseichan    18/01/2015    3 recensioni
Castiel vuole solo riavere il suo impermeabile. 

Come abbia fatto ad arrivare poi all’immaginare Dean con indosso solo quello e nient’altro ancora non gli è chiaro. Cause maggiori, probabilmente.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Vedo non Vedo 

 

 

 

Bang. 
Bang. 
Bang, bang, bang. 
Castiel poggiò la guancia sul ripiano di legno e sospirò. 
“Quale ha detto che era il suo numero?” chiese una voce poco lontana. 
“47,” biascicò lui, chiudendo gli occhi. “Quattro e sette.”
“Oh, certo. Ancora un attimo, mi perdoni.”
Castiel annuì, quel tanto che gli era possibile senza cambiare posizione. Ascoltò i passi della ragazza allontanarsi sempre più da lui, ignorò il borbottio crescente alle sue spalle e arricciò le labbra. Aveva una brutta sensazione: davvero, davvero brutta. 
“Signor 47?” 
Si sollevò sui gomiti, concedendosi giusto un granello di speranza. 
“Sì?”
“Temo ci vorrà più di un attimo,” lo informò lei. “Sono mortificata, mi creda.”
Castiel si strinse nelle spalle, accennò un mezzo sorriso e aspettò che si fosse allontanata a sufficienza prima di lasciarsi sfuggire un sentitissimo gemito. Quindi ricominciò a sbattere la testa sul bancone. 
Bang. 
Bang. 
Bang, bang, bang, bang. 
“Torta?”
Bang. 
“Ehi, dico a te. Vuoi una fetta di torta?”
Castiel inarcò le sopracciglia contro il ripiano e spostò lo sguardo sul paio di piedi che era apparso al suo fianco.
“Come?” chiese, preso alla sprovvista. “Che torta?”
“Un’ottima torta, ecco che torta. Tieni.”
Castiel guardò il piattino fra le sue mani e restò a corto di parole. “Grazie?”
“Figurati!” gli sorrise l’altro. “In realtà era per un’altra persona. Non è che vada in giro distribuendo dolci alla gente, non ti fare un’idea sbagliata; ma non riesco a trovare quell’idiota da nessuna parte e tu mi sembravi piuttosto...”
Castiel aggrottò le sopracciglia e infilzò brutalmente la fetta di torta, spezzandola a metà. 
“...miserabile? Disperato? Depresso, sicuramente.”
“La colpa non è mia,” mormorò Castiel, portando alle labbra un primo, enorme boccone. Agitò la forchetta e puntò in direzione della ragazzetta bionda dall’altro lato del bancone. 
“Uh, ne deduco che è lei la colpevole?”
Castiel annuì ferocemente. “Sono parzialmente convinto dell’esistenza di un girone all’inferno solo per quelli come lei, senza contare che...”
“Che?”
“Cosa?”
“Ti sei interrotto a metà frase e hai cominciato a sorridere in maniera inquietante.”
“E’ buona sul serio,” commentò Castiel, guardando sorpreso la torta. “Davvero buona.”
“Okay, ora la rivoglio.”
“Starai scherzando.”
“No, senti, il mio è stato un gesto impulsivo. Non ci ho ragionato a fondo. Non...”
Castiel mangiò un altro pezzo di torta, più grande del precedente. Socchiuse gli occhi, un gorgoglio di piacere sul fondo della gola. 
“Osceno.”
“Squisita.”
“Non te lo ha insegnato nessuno che è sconsigliabile accettare dolci dagli sconosciuti?”
“Non ho alcuna intenzione di ridarti la torta.”
“Dean.”
La forchetta si fermò a mezz’aria e Castiel inclinò il capo, curioso. 
“Dean?”
“Il mio nome,” spiegò l’altro. “Così non sono più uno sconosciuto.”
“Non credo che le generalità siano sufficienti per...”
“E tu sei?”
Mangiò il boccone, posò la forchetta e porse la mano. “Castiel.”
Dean sorrise e aumentò la stretta, quindi con l’altra mano gli sfilò il piatto e l’avanzo di torta. “E’ un piacere, Castiel.”
“Assurdo,” borbottò Castiel. “Un regalo è un regalo. Non puoi offrire una fetta di torta per poi riprendertela quando più ti fa comodo.”
Dean annuì, l’espressione comprensiva mentre impugnava la forchetta. 
Castiel grugnì, alzò gli occhi al cielo e gli schiaffeggiò la mano facendogli cadere il piatto. 
“Oh, ma dai!”
“Era la mia torta.”
“Te l’ho data io, però,” si inginocchiò accanto ai resti del dolce. “Come hai potuto ucciderla così? Era talmente buona.”
“Signor 74?”
Castiel ruotò rapidamente su se stesso e scosse il capo. “47!” sbottò. 
“Sì, certo, 47.”
“Quatto e sette.”
“Ho capito, ho capito,” borbottò lei. “47.”
“Ci sono notizie?”
“Qualcuno si è sentito male?” chiese Dean, al suo fianco. 
“No,” mugugnò Castiel. “Il mio cappotto è disperso.”
“Senta, è solo che c’è stata un po’ di confusione,” azzardò la ragazza. “Normalmente poso io le giacche, ma questa volta se ne è occupato Zaccaria.” 
Eccola di nuovo, pensò Castiel. Quella brutta, brutta sensazione. 
“Ha fatto un macello, l’idiota. Non riusciamo a venire a capo di niente, perciò al momento non ho idea di dove esattamente si trovi la sua.”
Castiel gemette e adocchiò il bancone. 
“Posso dirle che sicuramente è qui fra le altre, però.”
Castiel scivolò in avanti e lasciò che la testa sbattesse allegramente contro il legno. 
Bang. 
Bang. Bang. 
“Andiamo.”
Spalancò gli occhi, sentendosi trascinare. Fissò le dita di Dean ancorate alla vita dei suoi pantaloni e sentì un’ondata di calore salirgli alle guance. 
“Che stai facendo?”
“Entriamo in azione.”
Senza lasciare andare la presa, scavalcò il bancone e gli sorrise. “Vieni.”
“C’è la porta tre metri più in là.”
Dean scosse la testa e lo strattonò. “Dov’è il divertimento, poi?”
“Ehi,” intervenne la ragazza, marciando verso di loro. “Non potete stare qui.”
“Salve,” le sorrise Dean, l’espressione angelica. “Non possiamo?”
“No, è contro il regolamento e...”
Dean sbatté le palpebre, il sorriso sempre più luminoso. Aveva delle ciglia davvero lunghe, pensò Castiel, chiedendosi al contempo perché mai stesse fissando le ciglia di un altro. Le lunghe ciglia di un ragazzo appena conosciuto e molto probabilmente completamente pazzo. 
“E...?” sussurrò Dean. 
“Oh,” arrossì la ragazza, arretrando di un passo. 
Deve star guardando anche lei quelle maledette ciglia, malignò Castiel cercando di scavalcare il banco con un minimo di dignità.
“Non combineremo guai, promesso,” mormorò Dean, afferrandolo giusto un attimo prima che rovinasse in terra. 
“Va bene,” si arrese lei. “Vi tengo d’occhio, però.”
Castiel sospirò, lisciandosi la camicia. 
“Ci conto,” rispose Dean, facendole l’occhiolino. 
Castiel alzò gli occhi al cielo e maledisse ogni singola cosa. 

 

 

“Che giacca stiamo cercando di preciso?” gli domandò Dean, la testa sepolta in un’infinita fila di cappotti. “Sai,” continuò, “se mi dessi almeno qualche indizio, come il colore tanto per dire, sarei di qualche utilità in più.”
“Sei riuscito a farmi arrivare fin qui,” rispose Castiel. “Ti sei già reso utile. Ora puoi anche andare, davvero. Me la cavo da solo.”
“Sei quasi caduto da un bancone alto poco più di un metro.”
“Non vedo cosa c’entri.”
“Bancone su cui precedentemente hai tentato di scolpire la forma della tua testa.”
Castiel lasciò perdere i cappotti al solo fine di lanciargli un’occhiataccia. “E allora?”
“Allora hai decisamente e disperatamente bisogno del mio aiuto.”
“Del tuo aiuto,” ripeté Castiel, pensieroso. “L’aiuto dello sconosciuto che mi ha offerto una fetta di torta per poi riprendersela alla prima occasione.”
Dean aggrottò le sopracciglia e assunse un’espressione seria. “Tu hai ucciso quella torta,” mormorò tetro. “Non girare il coltello nella piaga.”
“Era la mia torta.”
“Nessuna torta merita quella fine.”
Castiel lo guardò e non riuscì più a trattenere il sorriso. “Sei incredibile.”
“Lo so,” annuì Dean. “Ora, ti decidi a dirmi cosa stiamo cercando?”
“Un impermeabile.”
Castiel riprese a frugare tra i cappotti, deciso a ignorarlo. 
“Un che cosa?”
Dean lo raggiunse, il capo leggermente inclinato. “Puoi ripetere?”
“Hai sentito benissimo.”
“Non credo. Giurerei di aver sentito impermeabile, ma non posso credere che qualcuno sia davvero venuto a una festa con un presunto impermeabile.”
“C’è forse qualche legge che lo vieta?”
“Sì,” annuì serio Dean. “Si chiama ‘buon gusto’.”
“Sta piovendo,” sospirò Castiel. “Perché mai non avrei dovuto mettere un impermeabile per riparami dalla pioggia?”
“Esistono gli ombrelli.”
“Gli impermeabili sono più belli.”
Dean scoppiò a ridere, la fronte premuta sulla sua spalla. 
“Oh, caspita,” singhiozzò. “Non vuoi sapere cosa sto pensando in questo momento.”
“Non me lo dire, allora.”
 Castiel sentì le dita di Dean stringergli il fianco e serrò le labbra. Diamine, bisognava sul serio insegnargli il rispetto per gli spazi altrui. Non poteva certo continuare così a toccare tutti e, e... chiuse gli occhi, la sua risata che pian piano andava affievolendosi. 
“Dean, ti dispiacerebbe lasciarmi andare?”
“Okay, dato che insisti tanto ti dirò a cosa stavo pensando.”
Fece ruotare Castiel su se stesso e arricciò le labbra, schiarendosi la gola. 
“Non lo voglio sapere.”
“Fa nulla, te lo dico lo stesso.”
Castiel sospirò e incrociò le braccia al petto. “Sei impossibile.”
“Riguarda l’impermeabile,” cominciò Dean. “Sai cosa mi viene in mente quando ne immagino uno?”
“No, ma sono fondamentalmente sicuro che dovresti tenere per te quel pensiero.”
“Penso al gioco del Vedo non vedo.
Castiel arretrò di un passo. “Non credo di conoscerlo.”
“Mettiamola così,” sussurrò Dean, un sorriso malizioso a piegargli le labbra. “Quando le ragazze vogliono fare una sorpresa ai ragazzi, alle volte, indossano un impermeabile.”
“E perché Vedo non vedo?”
“Perché sotto l’impermeabile sono completamente nude.”
Castiel sgranò gli occhi e schiaffeggiò Dean sulla spalla. 
“Ehi!” scattò Dean. “Perché?”
“Non lo so!”
“Mi hai colpito tu e non sai nemmeno il perché?”
“Tu hai cominciato a parlare di ragazze nude!”
“Colpa tua e del tuo impermeabile,” fece spallucce Dean. “Il pensiero va lì, fidati.”
“Il mio impermeabile si sta offendendo.”
“Ne intuisco che tu non lo hai mai fatto?” ammiccò Dean. “Il giochino, intendo.”
Castiel gli diede le spalle e passò alla successiva fila di cappotti. 
“Chi tace acconsente?” chiese Dean. “Oh, aspetta. Se stai acconsentendo... è un ‘sì, non l’ho mai fatto’ o un ‘sì, l’ho fatto’? Sono confuso.”
“Non dovevi aiutarmi a cercare la giacca?”
“Se lo trovo prima io vuoi che ti faccia vedere come funziona il gioco?”
Castiel si fermò con le mani su una pelliccia zebrata e cercò con tutte le sue forze di non pensare a quell’immagine: di non immaginarsi Dean, Dean e le sue lunghissime ciglia, con indosso il suo impermeabile. Con indosso solo quello. 
Una mano gli si poggiò sulla spalla e per poco non gli venne un infarto. 
“Ehi, ho esagerato?” gli domandò Dean. “Scusa, non volevo. Scherzavo, lo sai.”
“Certo,” annuì Castiel, scostandosi in un lampo. “Certo.”
“Tutto bene?”
“Con chi è che sei qui?” domandò senza pensarci due volte. “La tua ragazza?”
“Oh, no. Niente del genere,” sorrise Dean, provando un lungo cappotto rosa. “Come mi sta?”
“Ragazzo, allora?”
Dean fece una giravolta e lo guardò di sottecchi. “Sì. Uno spilungone so-tutto-io che mi segue di continuo. Ti piacerebbe, sai?”
Castiel trattenne un sospiro e cercò di sorridere. “Ah, sì?”
“Ne sono sicuro,” cambiò il cappotto rosa con uno giallo canarino. “E’ l’idiota a cui stavo portando la torta.”
“Forse dovresti tornare da lui,” mugugnò Castiel, più duramente di quanto avesse voluto. 
Dean sollevò lo sguardo su di lui e, inspiegabilmente, sorrise. 
“Sei geloso, Cas?” gli chiese, radioso. 
“Non chiamarmi così,” ringhiò Castiel. “E il giallo ti sbatte.”
Dean si liberò velocemente del cappotto e lo raggiunse saltellando. “Non hai negato di essere geloso, però.”
“Perché è ovvio che non lo sono.”
“Ho un rapporto molto intimo con le torte,” mormorò Dean, la bocca vicina al suo orecchio. Troppo, decisamente troppo, vicina.
“Che cosa c’entrano adesso le torte?” sbottò Castiel mettendogli una mano sul petto per costringerlo ad arretrare. 
“Ho mentito,” spiegò Dean, lo sguardo fisso sulla sua mano. “Quella fetta era per me. Poi ho visto te. Mi sei sembrato triste e ho pensato che un po’ di dolce potesse aiutare.”
“Oh,” fece Castiel, non sicuro di star capendo. “Grazie?”
Dean sospirò. “Non capisci l’importanza del gesto.”
“Mi hai solo dato una fetta di...”
“Dean!” 
Si girarono in contemporanea, presi alla sprovvista. 
“Sam?”
“Non sapevo più dove cercarti! Che ci fai nel guardaroba?”
“Oh, ecco,” sorrise Dean, carezzandosi il collo. 
Era in imbarazzo, pensò Castiel. Perché lo spilungone idiota di cui parlava lo aveva trovato, anzi li aveva trovati e perché... miseria nera, aveva ancora la mano sul suo petto! 
Castiel arretrò di colpo, l’espressione atterrita. A cosa stava pensando?
Dean lo fissò, tornando improvvisamente serio. “Cas.”
“Posso continuare da solo, davvero.”
“Cas, hai frainteso,” scosse il capo Dean, facendo per avvicinarlo. 
“No,” lo fermò lui. “No, davvero, vai. E grazie di tutto.”
“Ho forse scelto il momento sbagliato per trovarti?” bisbigliò lo spilungone, una smorfia a piegargli le labbra. 
“Shh,” lo zittì Dean, senza guardarlo. “Cas, è mio fratello.”
Castiel sollevò il viso, concedendosi finalmente di incrociarne lo sguardo. “Cosa?”
“Sam,” annuì lui. “Sam è il mio fratellino.”
“Oh,” mormorò Castiel, accogliendo il sollievo che gli scaldò il cuore. “Non è poi così ino.” 
Si girò per lanciare un’occhiata allo spilungone. “Ciao.”
“Ciao,” gli sorrise Sam. “Mio fratello ti sta infastidendo?”
“No, lui... mi ha dato una fetta di torta.”
Sam smise di sorridere. “Che cosa ha fatto?”
“Ecco,” annuì Dean, indicandolo. “Lui capisce l’importanza del gesto.”
“Era solo un dolce,” sospirò Castiel, spintonandolo appena. “Smettila.”
Sam sbuffò, ancora incredulo. “Cosa avresti fatto?” domandò a Dean, inarcando le sopracciglia. 
“Perché sei ancora qui?” rispose lui, facendogli segno di sparire. 
“Bobby ha fame,” spiegò Sam. “Abbiamo pensato di fare un salto alla tavola calda.”
“Sicuro,” approvò Dean. “Ci vediamo all’ingresso fra dieci minuti?”
Sam annuì e salutò con la mano. “E’ stato un piacere.”
Castiel ricambiò il saluto, riuscendo persino ad accennare un sorriso. 
“Ancora grazie,” mormorò poi, rivolgendosi a Dean. “E’ stato un piacere.”
Dean guardò la mano che Castiel gli stava porgendo e assunse un’espressione corrucciata. 
“Hai appena citato Sammy,” borbottò. “E come se non bastasse mi dai il benservito?”
“Credevo che,” balbettò Castiel. “Non devi andare via?”
“Sì, tra dieci minuti.”
Castiel abbassò la mano. “Quindi?”
“Quindi abbiamo nove minuti per trovare il tuo impermeabile e un minuto per raggiungere l’ingresso,” sogghignò Dean. 
“Stai usando il plurale.”
“Lo so.”
“Nel senso che,” si bloccò. “In che senso, Dean?”
Dean roteò gli occhi. “Non rendi le cose facili tu, eh?” sospirò. “Vuoi venire con me alla tavola calda all’angolo, Cas?”
Castiel si avvicinò di un passo. Abbassò leggermente la testa e lo fissò negli occhi. 
“Vuoi che venga con te alla tavola calda?”
“Stai ripetendo la domanda per prendere tempo?”
“Perché? Perché vuoi che venga?”
Dean lo afferrò per le spalle e Castiel sentì un brivido lungo la schiena. Diavolo. Si avvicinò anche lui di un passo e poggiò le labbra vicino al suo orecchio. Doppio diavolo. 
“Perché mi devi una fetta di torta,” sussurrò Dean. 
Castiel sentì quelle labbra piegarsi in un sorriso e chiuse gli occhi. Di questo passo, pensò, rischiava di morire troppo presto. 
“In realtà credo sia tu a essere in debito,” mormorò in risposta. 
Dean ridacchiò e si sforzò ad arretrare. “Significa che accetti?”
“Non fare domande stupide,” lo rimbrottò Castiel. “Certo che accetto.”
“Allora dobbiamo sbrigarci a trovare quel maledetto impermeabile,” sorrise Dean. Un altro sorriso ancora, diverso dai precedenti. Sollevato, quasi. 
“Oh, sì,” fece Castiel, tornando verso la fila di cappotti che aveva già esaminato. “Eccolo.”
Dean fissò l’impermeabile, basito. “Lo avevi già trovato?”
“No.”
“Stai negando l’ovvio.”
“Lo vedo ora per la prima volta,” fece spallucce Castiel. 
“Ma che bugiardo,” sghignazzò Dean, strappandoglielo di mano. “Sei andato a colpo sicuro, ecco la verità! Il che significa che stavi solo aspettando...” si bloccò, incerto. “Che cosa stavi aspettando, Cas?”
Castiel si riappropriò dell’impermeabile e cercò di assumere un’espressione seria. 
“Ovvio, no?” chiese, indossando la giacca. “Aspettavo il momento migliore per chiederti di giocare a Vedo non vedo.”
Dean deglutì, serrando la mascella. “Stai bluffando.”
Castiel restò impassibile. “Sicuro?”
Sam si schiarì la gola. 
“Dean?” giunse il richiamo di Bobby. “Dove diamine è l’uscita?!”
Dean chiuse gli occhi, afferrò Castiel per il gomito e gemette. 
“Voialtri avete un pessimo, pessimo tempismo.”

 

 

§

 


 

E se questa scemenza ha raggiunto una conclusione è tutto merito di Alley
Santa donna. u.u
Ancora non so se sia il caso di ringraziarla o incolparla di ciò, ma il merito, in ogni caso, è unicamente suo. <3




 

 

 

   
 
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