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Autore: ellephedre    18/01/2015    7 recensioni
Makoto Kino è innamorata. Gen Masashi la segue a ruota.
Con una relazione nata nella battaglia, non hanno più segreti tra loro, eppure hanno ancora molto da scoprire l'uno sull'altro. E non vedono l'ora di farlo.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makoto/Morea, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga'
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corrente naturale 8

 

 

 

Corrente naturale

di ellephedre

 

 

 

Aprile 1997 - Questione di prospettiva

 

Per gran parte della sua vita Makoto aveva pensato che le sue mani fossero troppo grandi. Le dita avevano qualche centimetro di troppo sulla punta per essere davvero belle e sul dorso spuntavano delle venuzze. Le giunture erano allungate, snelle. Erano mani allenate da combattente.

Lei le guardava e pensava, 'Se solo...' Sognava mani piccole dalle linee morbide, come quelle di una ragazza carina e dolce che tutti gli uomini volevano proteggere.

Ma io non voglio essere protetta.

Rifletteva in continuazione su quella contraddizione. Voleva sentirsi come una principessa delle favole - adorata, amata, con qualcuno che provasse il bisogno di tenerla lontano da tutti i mali del mondo. Al contempo, desiderava il ruolo di cavaliere. Nella sua testa la fiaba perfetta era quella in cui contribuiva al proprio salvataggio al fianco dell'eroe senza paura, alla pari con lui.

Perché io non sono indifesa. Sarebbe bello curarci l'uno dell'altra insieme.

Quel sogno ogni tanto la deprimeva. Viveva in un mondo in cui non suscitava quel tipo di sentimento nei ragazzi, solo a causa dell'aspetto con cui era nata.

Io non sono brutta.

Non in viso - per quanto non fosse neppure bellissima - ma era il suo corpo il problema. Era nata nel paese sbagliato, forse nel mondo sbagliato. Del sesso sbagliato? No, a lei piaceva molto essere una ragazza, ma il suo fisico... Qualunque pregio potesse avere, i ragazzi vedevano solo che lei era troppo grande e grossa, con caratteristiche maschili persino nella posa - spalle dritte e decise, mai piegate. La ragazza perfetta era piccolina, gracile e fine, una bambolina. Non era previsto che fosse attraente essere alte, avere muscoli visibili e arti importanti, tutt'altro che delicati.

Lei avrebbe potuto smettere di allenarsi, ma a cosa sarebbe servito? Sarebbe rimasta sempre alta. Aveva le spalle larghe come alcuni uomini - le sue erano persino più definite della media maschile. I suoi polsi non erano sottili e gentili, avevano una circonferenza che era... be', erano normali e proporzionati al resto di lei. Quindi erano grandi, proprio come le sue ginocchia o i suoi piedi. Tolti seno e fianchi, avrebbe potuto tranquillamente essere scambiata per un uomo. 

Non riusciva a vivere pensandoci in continuazione. D'altronde - si ripeteva - il suo aspetto era un problema solo quando pensava a una storia d'amore. Per il resto del tempo, il suo corpo le piaceva molto.

Non me ne vergogno. Essere alta e grande le permetteva di fare cose impossibili per una ragazza comune. Picchiava bulli a mani nude. Batteva anche quelli più grossi di lei - era facile, erano così lenti.

Le piaceva svettare sopra le folle. Voi siete bassi e io no, non conoscerete mai il mio vantaggio.

Adorava essere più veloce degli altri nella corsa. Le ragazze non potevano competere con la lunghezza delle sue gambe e la maggior parte dei maschi aveva meno muscoli di lei nelle cosce. Per questo in fondo lei li compativa. Come potete essere meno forti di me?

Essere agile era parte del suo essere, la galvanizzava. Non avrebbe saputo esistere nei panni di una ragazzina goffa che aveva continuamente bisogno dell'aiuto di un maschio quando capitava di menare un po' le mani.

Era combattuta.

Poi aveva conosciuto Usagi e le altre.

     

"Mako-chan, tu sei molto carina!"

Erano state le prime a farla sentire tanto femminile.

"Che seno!" aveva commentato Minako.

Makoto si era vergognata. "È troppo grosso, vero?" Sgraziato e fuori luogo in una ragazzona come lei.

Minako aveva riso. "Per gli uomini non esiste un seno troppo grande!"

Makoto aveva sorriso al complimento, ma in cuor suo aveva saputo diversamente. Per i ragazzi c'erano caratteristiche che, per quanto buone, potevano passare in secondo piano se una donna non si adeguava a canoni di bellezza standard - irraggiungibili per una come lei. 

Una volta era andata a fare compere con Ami. In due erano state impacciate ed esistanti nello scegliere i vestiti, in attesa dell'arrivo delle altre. Vedendola guardare giacche e pantaloni, Ami aveva commentato innocentemente, "Ti piace stare comoda."

Makoto aveva scrollato le spalle. "Non penso che mi stiano bene abiti troppo femminili."

"Perché no?"

Non aveva saputo come rispondere alla domanda, perché Ami pretendeva risposte serie e articolate. Quella volta Makoto si era resa conto che in testa aveva solo tante scuse. Si era buttata: aveva provato un top aderente e una gonna lunga - abbastanza coprenti per farla sentire a suo agio, pur essendo capi che sottolineavano le sue forme.

Allo specchio si era piaciuta molto.

Ami le aveva fatto i complimenti. "Stai benissimo."

Anche Rei aveva contribuito alla sua autostima. "Perché porti sempre i pantaloncini invece di una minigonna?"

"Mi muovo meglio."

"Dài, non devi sempre prepararti a combattere mentre sei con noi. Una minigonna ti starebbe bene, ti ho vista col costume Sailor."

"... non so se è adatta a me."

"Guarda che fai vedere le gambe come con quei pantaloncini. Su, provane una delle mie!"

"No! La tua taglia è troppo piccola!"

"Esagerata, parli come se fossi enorme rispetto a me. Ti starà giusto un po' cortina, ma tanto siamo tra amiche."

Anche le altre l'avevano incoraggiata e così Makoto aveva scoperto di non essere tanto più grossa delle sue amiche - piuttosto, si vestiva come se lo fosse. La minigonna di Rei le cadeva sulle cosce tre o quattro centimetri troppo in alto per essere decente, ma per il resto... "Mi piace." 

Con un pollice bene in alto, Rei aveva annuito. "Hai visto? Rendi giustizia a quella mini!"

     

Da allora Makoto aveva iniziato a valutare con più benevolenza il proprio corpo. Era alta, ma aveva le sue buone qualità. Anche lei poteva indossare abiti molto femminili, per valorizzare la bella rientranza dei fianchi, il sedere alto - merito dell'allenamento - e tutto il resto: braccia e cosce sode, arti forti, ginocchia ben formate. Non era brutta: era solo... grande.

Vivo in un mondo di uomini troppo piccoli, è questo il problema.

Ogni tanto si godeva un po' di sport in tv, ma come una sciocca aveva sempre ritenuto che i giganti di certe discipline fossero scherzi della natura, un po' come lei.

Siamo fuori dalla norma, ma non è una cosa negativa. Abbiamo una 'nostra' norma. Rispetto a certi nuotatori, professionisti dell'atletica o boxeador, lei era persino piccola. Era un peccato che la maggior parte di quegli uomini vivessero in paesi lontani.

Non si era scoraggiata. A differenza degli uomini giapponesi, in fondo lei non dava tanta importanza all'altezza.

Non voleva un ragazzo che fosse a tutti i costi più alto di lei: riusciva a immaginare senza problemi di abbassarsi per un bacio o un abbraccio. Non trovava svilente l'idea di camminare fianco a fianco con un uomo che fosse più basso - anche se avere qualcuno alto almeno quanto lei era il suo ideale. In realtà le bastava una persona che la apprezzasse per quello che era e che non la facesse mai sentire male per le dimensioni del suo fisico.

Se possibile, voleva di più. Se solo avesse incontrato qualcuno che avesse trovato bello il fatto che le sue gambe fossero lunghe e le sue braccia forti. Qualcuno che non dovesse passare oltre quelle caratteristiche, ma che ne fosse attratto.

Era un bel sogno.

Nel tempo si era invaghita di diversi ragazzi che l'avevano snobbata, ma aveva imparato a smettere di sentirsi male a causa loro. Era fastidioso e lei viveva meglio quando si sentiva forte, carina e felice di essere nel proprio corpo. Se un ragazzo non la guardava con lo stesso interesse, scrollava le spalle e lo dimenticava subito. Minako aveva insistito su quel punto, convincendola: non valeva la pena di struggersi per qualcuno che, evidentemente, non era la persona che l'avrebbe fatta felice.

Lui era là fuori, da qualche parte.

Non importa se non mi considererai minuta, ma considerami giusta, desiderabile.

Si era attesa di aspettare molti e molti anni per avere qualcosa di lontanamente simile.

Era stata più fortunata. 

 


 

«Stai facendo qualcosa di strano.»

Makoto ridacchiò in silenzio, la guancia appoggiata contro la tovaglia che lei e Gen avevano steso sull'erba del parco. «Cosa intendi?»

Sdraiato, lui aprì un occhio. «Stai confrontando la misura delle nostre mani?»

Lei tenne l'avambraccio incrociato con quello di lui, i loro palmi appoggiati l'uno contro l'altro, le dita aperte.

«Sì.»

Lui non disse niente e Makoto non provò a spiegargli. Era un discorso lungo, che si era trascinato per anni.

Era guarita dalla sua bassa autostima prima di incontrarlo, ma con lui aveva scoperto un piacere nuovo, banalissimo. «Mi piace essere più piccola di te.»

Se ne beava: la stazza di Gen le ricordava in continuazione che non era sola nell'essere più grande e alta della gente comune. La loro era una meravigliosa differenza in cui lui le faceva compagnia. Inoltre... Non ne avrebbe avuto bisogno, ma era un di più sentirsi minuta accanto a un altro essere umano. Rafforzava l'idea che lei non fosse mai stata veramente troppo alta, ma che si fosse solo paragonata alle persone sbagliate.

«Un giorno potremmo andare in Europa del Nord. O in Russia. Ami mi ha detto che lì le persone sono tutte molto alte.» Loro si sarebbero sentiti normalissimi in quei paesi.

Gen si divertì. «È questo il problema? Ti senti troppo grande?»

Non più. «Mi sento normale. Ma quando mi conviene, mi piace essere più grossa del prossimo.» A spalle dritte e braccia incrociate intimidiva ancora la maggior parte dei prepotenti che incontrava sul proprio cammino, bassi o alti che fossero.

Gen stava ridendo tra sé. «Non sei grossa.»

«Non sono piccola.»

«Per fortuna.»

Makoto si incuriosì. «In che senso?»

«Quando mi abbasso a baciarti non mi viene il torcicollo.»

Ah. «Sono felice di essere una scelta conveniente.»

Lui glissò sul discorso. «Come fai a definirti grossa?»

Makoto sospirò. «Rispetto alle altre ragazze.»

«Hm. Io ne ho conosciute tante. Non c'è molta differenza di dimensioni tra te e loro.»

Lui aveva una prospettiva tutta sua. «È più l'idea che per essere davvero carina bisogna essere piccoline e fragili.»

«Quelli sono gli standard della massa di uomini bassi e privi di muscoli. Si vergognano a confrontare le loro braccia scheletriche con quelle di una persona in forma.»

Makoto esplose in una risata. Solo con Gen poteva fare quel tipo di discorsi.

Lui si girò su un fianco, per circondarla con un braccio. «Se tu fossi minuta e fragile, mi vengono in mente tante cose che non potremmo fare insieme...»

«Lottare?»

«Diciamo così.»

Makoto affondò con la testa nella sua spalla. «Che perverso che sei!»

Risero insieme, cercando di non attirare troppo l'attenzione.

Lei gli diede un bacio sulla guancia, spingendolo a tornare sdraiato. Gli salì sopra con metà del corpo e sospirò di gioia, tornando a rilassarsi.

Dopo un bel pic-nic all'aperto era bello riposare.

«Tra te e una ragazza piccolina e delicata, avrei scelto mille volte te, solo per l'aspetto.»

Questo la rendeva molto felice. «Grazie.»

«Non devi ringraziarmi. Piuttosto, sai una cosa? Anche se essere così alto mi ha fatto sbattere con tante porte, e certe stanze sono claustrofobiche, sono contento di non essere basso. Ti avrei voluta lo stesso, ma sarebbe stato più difficile attirarti.»

Quante sciocchezze. «Ci saremmo scelti lo stesso, a vicenda.» Lo abbracciò forte. «Ora basta parlare di dimensioni. Coccoliamoci.»

Lo sentì ridere per il termine, ma sulla sostanza Gen non protestò.

Con me non lo fai mai.

Contenta, Makoto appoggiò la testa sul petto di lui.

 

 

Aprile 1997 - Questione di prospettiva - FINE


NdA: questa storia è nata dopo un mio piccolo studio sui canoni di bellezza giapponesi (ho letto diversi articoli e alcune testimonianze dirette). I loro canoni sono molto diversi da quelli occidentali. Qui considereremmo un'amazzone come Makoto una ragazza molto bella, mentre invece per occhi giapponesi la bellezza femminile sta nell'avere occhi grandi, un corpo piccolo (se formoso meglio, ma che sia delicato e infantile nelle dimensioni è il top), una pelle lattea. Una ragazza che esce da questi canoni non sarà apprezzata per la sua diversità - almeno non generalmente. Non è previsto.

Qui in Occidente ci sono limiti su cose diverse - potremmo definirli canoni meno stringenti, ma in fondo non è vero.

La bellezza è una questione di prospettiva, naturalmente. La contraddizione per me stava nel fatto che una persona che qui giudicheremmo bella - come Makoto - in un altro paese potesse sentirsi brutta proprio per le caratteristiche per cui altrove sarebbe apprezzata. Un po' in tutte le versioni di Sailor Moon si indicava che lei aveva problemi col suo fisico, ma non ne ho capito la portata - credevo che stesse esagerando - finché non ho approfondito la questione. Ne ho parlato in Verso l'alba, se non sbaglio - i concetti di base non mi erano nuovi, li avevo già. Suppongo che sia stato leggere le testimonianze che mi abbia fatto dare vedere la questione secondo un approccio più personale e sentito. Quindi ho voluto scriverne.

In ogni dove, alla fine, il gioco è imparare ad apprezzare se stessi, quindi ho voluto dedicare un piccolo pezzo a questo percorso in Makoto. Ricordo vagamente che nella prima serie vestiva abbastanza maschile, ma non ci metterei la mano sul fuoco. Mi piace immaginare che le sue amiche abbiano avuto su di lei l'influenza che ho descritto.

Poi, appunto, non penso che Gen abbia risolto tutti i suoi problemi. Lui è un 'di più', per una ragazza che era già contenta di se stessa. Ma naturalmente è sempre bello veder soddisfatti piccoli desideri che uno credeva irrealizzabili. A Makoto ho voluto dare questo da molto tempo :)

Spero che la storia vi sia piaciuta.

Elle

   
 
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