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Autore: FiveOneTen    18/01/2015    0 recensioni
Nulla salverà le voci del Natale, se non la morte del freddo mondo annegato nei rumori e nelle luci di una plastica gioia. L'occhio di un personaggio sprofondato nell'apatia di una droga potente descriverà ciò che siamo diventati.
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Natale di Vetro
                                                                                                                Per il mio Bertu e la sua Robi,
vi voglio tanto bene e sentivo di dovervelo dimostrare
                                                                                                             con un po’ di catastrofismo (come son solito fare)
 

 
“Caro Babbo Natale,…” anche quest’anno il venticinque si apre con questa frase. Il mondo è in coma, nutrito tramite le macchine, con flebo piene di egoismo. Il consumismo ci ha mutati, pensa tra sé l’uomo, il consumismo ha cambiato tutto. Nel gelo della notte del ventiquattro, un Natale come un altro sta morendo in una tempesta di superficialità. Quando la gente ha smesso di vederlo sotto la giusta luce? Quando questo giorno è diventato solo un pretesto per entrare in un negozio, aprire il portafoglio, estrarre la valuta del diavolo e incartare una delle tante merde commerciali?
Si chiude bene nel cappotto, sperando che l’aria inquinata non si infiltri tra gli strati della sua personalità marcia e consumata. Ficca con poca attenzione la mano nella tasca, frugando violentemente. Suoni, tintinnii, fiale già rotte che gli feriscono la mano e poi, finalmente, trova quanto sta cercando.
Rumori lontani: bambini che corrono senza rispettare i flash colorati dei semafori gridando a tutto andare, genitori premurosi che si preoccupano rincorrendoli per la via principale, altoparlanti di negozi e affiliati che cercano di far fuori gli ultimi prodotti in saldo e clacson fastidiosi di ansiosi in preda al panico per il solito cenone. Lui è lontano da tutto ciò, soffocato in uno stretto cunicolo ai lati della strada, colmo di spazzatura e di tutto ciò che è stato dimenticato dallo stesso universo. Sacchi della spazzatura, cassonetti, vecchi pezzi di legno e cartastraccia costituiscono il suo letto, dove si prepara per la prossima dose. Si infila per bene nel vicolo cieco, sperando che questo, lo stesso forse da cui è nato, possa riportarlo indietro, ingoiarlo nel buio della prenascita e farlo scomparire nell’oblio da cui si proviene. Troppo buio forse, ma sicuramente meglio di questo mondo che è, al contrario, troppo luminescente, dove la stessa luce è frutto fittizio di lampade al neon, lucine colorate, addobbi e soldi, soldi che imputridiscono l’animo splendendo sul trono, seduti alla destra del Padre, al posto del legittimo Figlio.
Si controlla in giro con sguardo vacuo, occhi dal colore della plastica, essenza stessa dell’inespressività in cui si sta uccidendo. Forse è meglio adesso, dice stringendo tra le mani deboli la siringa e rigettando lo sguardo ai tempi andati. Eppure si sente male, disgustato dalla sua esistenza odierna, soffocato nell’eterno dubbio di ciò che sta facendo e di ciò che ormai fa da tanto, non per sentirsi felice, non per sentirsi vivo, ma per non sentire e basta.
Lontana, quasi come se si trovi dietro alla tela di un museo, vede una giovane coppia sulla strada che incrocia col vicolo. I capelli di entrambi sono di un biondo chiaro, reso splendido dalla luce del lampione. Il ragazzo presenta una chioma da leone repressa sotto un cappello grigio con sopra il simpatico disegno di una maschera da sci mentre la ragazza ha lunghi capelli fini come lame di rasoi e un volto singolare, scavato nei lati dolci della notte. Sembrano tanto spensierati, in quell’entropia di personaggi senza una storia e di storie senza un personaggio. Si tengono per mano, si parlano sotto le luci del ormai quasi giunto Natale e si guardano negli occhi senza dover nascondere i loro pensieri dietro al sorriso forzato o alla cortesia di chi ama. Sono ciò che l’uomo deve essere senza eccessivo sfarzo o eccessivo amore, sono il sentimento puro, salvatosi da quella cascata di oggettività del mondo che o ti cataloga o ti uccide, come un prodotto buono o uno marcio.
Li guarda con tanta invidia, ma alla fine si decide a piantare l’ago capendo che quei momenti a lui non spettano di diritto: la coppia svanisce, come se fosse frutto degli effetti di un’altra sostanza, quella che si respira in un mondo a cui nessuno di noi appartiene.
Prima vede i colori, quelli che si riappropriano delle cose e delle persone, degli animali e delle piante, della notte e del giorno: colori ovunque, non più statici neutri a riempire i quadri che compongono questa nostra Terra. Poi sono i suoni, i suoni del silenzio a riempire le sue orecchie, quelli che noi non sentiamo più da tanto tempo, offuscati dai rumori e dalle vicende che non ci appartengono, urlate a gran voce nelle cornette dei cellulari. Infine è il respiro a cangiare, divenendo lieto, sentendo l’aria alleggerirsi di tutti quei pensieri cupi che altro non sono se non l’immagine di un Natale privo della sua sostanza originale, macchiato da quella coltre che ormai definiamo vita senza sapere cosa vita sia davvero.
E nella piazza, quella lontana, quella dove c’erano il lampione e la coppia, quella vicina al vicolo dove lui riposa, quella dove al centro, sulla statua col grasso cavallo, si erge fiero un tal Emanuele Filiberto, vede apparire tra le allucinazioni di spiriti lieti e danzanti senza più valigette, giornali, cravatte e tacchi a spillo, un lucente albero dalla figura tagliente e aguzza, con frammenti del passato che fu a comporre le radici e luce del futuro che sarà a formare i rami.
Nello splendore dell’albero di vetro si vede fiorire una gioia incolta, quasi lasciata lì a smaturare e marcire dove le persone non possano più trovarla, forse perché indaffarate a cercare l’ultimo modello di portatile o la luccicante borsetta delle marche più in voga. E così sull’albero crescono quei frutti, i frutti di una speranza che nessuno vuol cogliere, di un mondo che può essere davvero migliore, di un luogo in cui il Natale può davvero essere tale, se solo l’uomo avesse voluto. Ma la felicità è qualcosa di troppo nella vita odierna, una futilità che non può rientrare tra le nostre commissioni, visto che ormai siamo già tanto occupati a cercare il regalo che di certo non piacerà, ma per lo meno riuscirà a strappare quel raro “grazie”, quello privo di un qualsiasi significato.
Questa sera è quindi lui che vediamo, un lui che può  essere un pezzente come può essere Dio, che può essere Babbo Natale come può essere Lucifero in persona, un lui con le vene piene di una sostanza che faccia vedere le luci di una gloria che non sarà mai, un lui che otterrà finalmente le chiavi per un mondo migliore che possa sfociare in quel buon Natale, in quel Natale di Vetro, forse un 
po’ più freddo, ma forse un po’ più vero. Quel lui, nell’illusione di una felicità irraggiungibile e nel freddo di una realtà ben più reale, morirà sul giungere dell’alba del venticinque mattina, con l’arrivo di Gesù bambino, quello che l’odierno Ateismo ha falciato via dalla culla dove, in teoria, dovrebbe apparire.
Buon Natale Lui, buon  Natale di Vetro.    
                                                                                                                              


NOTE DELL'AUTORE: Ciao ragazzi, sono di nuovo qua! In questo periodo sto rispolverando i vari racconti che trovo in giro per i vari Hard Disk sparsi per casa e a quanto pare ho ritrovato questo (leggermente in ritardo per il periodo natalizio, ma sono dettagli ^^'). Era dedicato al mio migliore amico e alla sua ragazza (i due biondini desritti a metà racconto) e in teoria sarebbe dovuto rimanere a marcire nel vecchio e polveroso computer e nei bellissimi pacchetti regalo a cui erano annessi, ma anche questi, sono dettagli. Comunque, come potrete immaginare, l'idea è nata dal disegno che avevo fatto più di due anni fa, lo avevo amato troppo per non costruircci attorno una storia:) Nella speranza quindi che quei due non trovino mai il mio account su EFP, vi auguro un pelo in ritardo un Buon Natale e rinnovo degli speciali ringraziamenti per SemplicementeSanguinosaSuper-recensoreSamanta per aver in primis analizzato e successivamente commentato il racconto prima di tutti gli altri.
Alla prossima,

Vix
  
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