Che discorsi inutili, sospirò tra se il comandante Antonino Carbo, la vita era semplicemente un gioco tra i tanti con cui gli dei decidevano di trastullarsi, divertendosi a far soffrire gli uomini, ingannandoli, distruggendoli attraverso il dolore o la vecchiaia.
Mentre il cavallo lo conduceva placido tra sassi e cadaveri, si accorse di desiderare ardentemente di non invecchiare mai “meglio morire subito, adesso…” e sconsideratamente chiuse gli occhi quasi sperando che qualcuno gli staccasse la testa dal corpo con una daga: finalmente la fine.
Non si andava nel regno di Ade dopo la morte, non c’era nessuna vita dopo la vita ma solo il buio e l’oblio.
Una risata gli fece tirare le redini scoordinando il cavallo che nitrì.
La daga la sfoderò lui, il corpo già pronto alla difesa.
“Chi ride, chi sei?”
Il sole si trovava già sulla linea dell’orizzonte, un sole freddo tipico della terra dei Bagaudi gli sciocchi ribelli appena sconfitti.
“Assurdo” pensò tra se, la metà era morta in battaglia e lui ci stava camminando sopra mentre le donne e i bambini erano già diventati schiavi.
“Chi sei?” La sua voce tuonò in mezzo alla campagna gelida, mossa da bave di vento.
“