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Autore: Colli58    18/01/2015    7 recensioni
Ryan sorrise e si voltò verso Esposito mormorando.
“Siamo patetici. Quasi mendichiamo per del cibo.”
Esposito non si fece abbindolare. “Ehi, siamo al lavoro da ore. Un amico se è tale porta cibo per tutti… non solo per…”
“Bada a come parli Espo.” Lo richiamò Kate sorridendo. Gli fece l’occhiolino divertita e finalmente sazia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Richard Castle, Victoria Gates | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Una sola luce accesa in cucina illuminava la stanza semibuia. L’altra fonte di luce era la fiamma gentile del caminetto. Era stata l’ennesima serata lunga ed impegnativa.
Qualche anno prima avrebbe gioito di un caso così complicato, dello stare fino a notte fonda al distretto per stanare l’assassino. Per molti versi era ancora eccitante la caccia, ma alla lunga toglieva qualcosa alla loro vita insieme. Castle divenne ancora più consapevole del cambiamento radicale che chiedeva lo stato delle cose. La preoccupazione per lei e per il bambino rendevano meno sfavillante quel mondo ai suoi occhi.
Castle osservava Kate, sdraiata sul divano del soggiorno. Era entrata in casa e si era stesa li. Le forze prosciugate, il suo silenzio sintomo che era arrivata al limite. Castle l’aveva lasciata fare e lei si era giusto tolta le scarpe e aveva buttato giacca e borsa sul divano prima di sprofondarcisi. Aveva chiuso gli occhi con una espressione dolorante e si era addormentata. Avrebbe dovuto prenderla in braccio e portarla a letto, ma stava dormendo così profondamente che Castle non ebbe cuore di svegliarla. Le aveva messo una coperta addosso, spostandole solo la testa in modo che stesse più comoda. E poi l’aveva guardata dormire seduto al bancone della cucina. Rimuginò sull’accaduto di quella giornata.
Erano arrivati al dunque con Denver. Lui era stato mandato da qualcuno che non amava i risultati del capitano Gates per dare fastidio. Il discorso che Kate aveva avuto con il capitano era stato illuminante.
Kate poi aveva discusso molto seriamente con il capitano in merito alle scelte su come muoversi con il caso Keeler. Era una patata bollente che poteva rivelarsi un’altra bomba politica. Purtroppo le indagini avevano portato a scoprire che Frederick aveva contattato Bass nelle ultime due settimane. Aveva chiamato il suo ufficio e il cellulare privato. Freddy aveva fatto il passo più lungo della gamba cercando di ricattare il politico per poter avere la liquidità necessaria a sparire da quella città.
Dopo lungo lavoro, una quantità smodata di filmati visionati e un'interessante chiacchierata col taxista che aveva raccolto Frederick all'uscita del Suprema, la targa della macchina scura era stata trovata e il risultato era piuttosto interessante. La berlina aveva raccolto Frederick dopo che il taxista l'aveva fatto scendere all'incrocio tra la decima est e Zzold Plaza, un posto tutt'altro che rincuorante. Il taxista aveva preso tempo prima di ripartire, preoccupandosi per una manciata in più di secondi dall'aver lasciato un cliente in un posto davvero schifoso nel cuore della notte newyorkese. Con molta probabilità, chiunque fosse l'autista di quella maledetta macchina, aveva visto Frederick Keeler vivo per l'ultima volta. Nessun video purtroppo era venuto loro in aiuto a sostegno delle parole del taxista, ma non c'erano ragioni per dubitare della sua testimonianza. La berlina apparteneva ad un vecchio amico di Zed Orvak, venuto anche lui dell’est in cerca di fortuna, Dimitri Molnhar, di origini ungheresi.
Non sapevano molto sul suo contro. Dovevano trovarlo e interrogarlo. La connivenza quindi tra i due individui poteva essere più diretta, Orvak poteva aver informato Molhnar della posizione di Freddy. Il resto lo poteva aver portato avanti anche da sé. Dovevano trovare e analizzare l’auto alla ricerca del dna del ragazzo. Restava sempre l’incognita del trasporto fino al canale della centrale. Ma su questo avevano deciso di battere la pista del cantiere. Qualcuno aveva trovato Freddy morto e aveva spostato il cadavere per non avere problemi.
Nella ricostruzione che avevano fatto questa ipotesi era l’unica ad avere un senso.
La piccola e fragile Judith era stata aiutata e protetta. Nessuno avrebbe saputo della sua rivelazione perché Beckett aveva ottenuto dal capitano Gates il benestare per lasciare il suo nome fuori dalle indagini.
Il capitano Gates era una donna molto acuta. Memore di quanto era successo a Kate durante le ultime fasi della loro guerra a Bracken, non aveva avuto remore ad acconsentire alle richieste della sua miglior detective.
La pista era aperta. Dovevano accumulare prove certe per muovere accuse fondate, Judith era stata di fondamentale importanza ma non poteva rischiare.
Alla fine di quella lunga giornata la Gates era stata umana e aveva permesso a tutti qualche ora di riposo.
Meno felice invece era stato il suo colloquio con l’agente Brady, che aveva un po’ furbescamente cercato di incontrare a porte chiuse. Le sue poche battute con l’uomo erano state cordiali, ma era chiaro che lui non voleva in alcun modo svelare i suoi pensieri ed il suo incarico sembrava non essere ancora terminato. Però riuscì a percepire la sua comprensione. Gli aveva solo gentilmente chiesto di stare al suo posto, che quell’indagine di polizia interna non lo riguardava da vicino.
Ma allora perché Kate aveva detto quelle cose sullo stare a casa a badare al loro piccolo…
Certo che era pronto a lasciare il distretto per il loro fagiolino, ma perché Kate ne era così preoccupata?
Espirò guardandosi intorno. L’appartamento era in ordine e a lui sembrò di non esserci stato per giorni e non solo ore. Osservò la grossa cesta di vestiti puliti e biancheria che la loro colf aveva preparato accanto alla camera da letto. Doveva sistemare il tutto nell’armadio. Svuotare il cesto di quella sporca e portarlo in lavanderia. Si alzò e cercò di sbrigare quella semplice faccenda in modo più silenzioso possibile. Si diresse verso la cabina armadio e accese le luci. Mise a posto tutto il bucato smistandolo nei vari scomparti e poi tornò con la cesta piena di panni sporchi verso la cucina. Kate dormiva ancora con il viso corrucciato.
Le aveva chiesto di poter parlare di loro nell’intimità della loro casa, ma era crollata. Si avvicinò e le diede una carezza leggera tra i capelli. Si sentiva stanco, gli bruciavano gli occhi dal sonno, eppure una parte di lui l’avrebbe voluta tenere stretta a sé per tutta la notte parlando a bassa voce delle idee e delle speranze per il loro futuro, gestire in due tutte le loro insorgenti insicurezze.
Si ricordò di non aver chiamato Gina. Si mosse verso l’ufficio e prese il proprio pad per leggere la sua posta.
C’era una mail di Gina, come aveva immaginato. Era un cronoprogramma per la fiera del libro di Montreal.
Lo lesse velocemente senza risponderle. Da mercoledì a sabato mattina. Incontri, orari, persone.
Efficiente freddezza, ecco cosa traspariva da quella mail. Cosa che al momento non riusciva a percepire come un fattore positivo, solo un fastidio di fondo. Significava allontanarsi per tre giorni da Kate, andare in un’altra
città e raccontare storie come lui sapeva fare. Un altro viaggio senza di lei. Non gli piaceva l’idea. Continuava a non piacergli ma si sforzava di andare oltre la fragilità emotiva che ancora provava a tratti, soprattutto quando si sentiva vulnerabile come in quel momento.
Sedette sul divano con lentezza e delicatezza per non svegliarla. La guardò dormire.
L’amava così tanto. Sospirò con il cuore ricolmo di una sensazione di pace nel vederla così tranquilla.
I pensieri grigi dovevano sparire. Non c’era più motivo di essere tesi. Erano a casa, stavano entrambi bene e non sarebbe accaduto nulla di male. Quei leggeri stati di panico ogni tanto comparivano ed erano veramente fastidiosi da gestire.
Forse Kate aveva ragione, avevano bisogno di parlarne un po’. I cambiamenti che si prospettavano all’orizzonte li avrebbero messi nuovamente alla prova e lui non voleva trovarsi impreparato.
Si massaggiò il fianco e sorrise dolcemente alla sua donna, osservando le sue labbra muoversi lentamente nel sonno. Sembrava mormorasse qualcosa, magari una frase in un sogno.
Il loro bambino poteva avere la stessa espressione nel dormire. Immaginò un bambino di pochi mesi, accoccolato tra le sue braccia. Il visino appoggiato al suo petto mentre dorme e fa piccole smorfiette con la bocca ed il naso. Era un’ottima ragione per accettare di perdere sonno, anche se confidava nei suoi geni di uomo pigro. Sapeva di esserlo, di essere un uomo che aveva sempre preferito gli agi e la comodità ad avventure vere, almeno fino a che non si era buttato a seguire Kate. Con lei aveva messo da parte la sua difficoltà mattutina ad alzarsi dal letto.
Se il piccolo avesse preso l’iperattività di Kate? Oh quello sì che sarebbe stato un bel guaio!
La chiave girò nella serratura distraendolo da suoi pensieri così vividi e osservò sua madre entrare lentamente per non far rumore. Castle la salutò con un sussurro e Martha si bloccò osservando la situazione.
“Sta poco bene tesoro?” Chiese preoccupata, vedendo la nuora addormentata sul divano.
“E’ soltanto molto stanca.” Replicò Castle a bassa voce. La donna lo raggiunse e lo abbracciò. “Sei stanco anche tu, hai una faccia…” Lui sorrise divertito. “Grazie mamma.”
“Non dovresti lasciarla dormire così sul divano, le farà male la schiena, kiddo.” Lo riprese dolcemente Martha. Lui annuì consapevole della cosa. “Ora la porto a letto. Tu come stai?” Martha sorrise.
“Ho molto da fare, mi sento vivace e… ho ottenuto la parte!” Alzò le mani in un gesti trionfale e Castle le sorrise divertito. “Sei sempre al Top!” le disse facendole l’occhiolino, ma regalandole uno sguardo pieno di orgoglio. Abbracciò di nuovo suo madre. “Andrai alla grande mamma.” La sostenne.
“E voi?” Castle intuì che quella domanda non si riferiva solo al momento in sé, ma alla situazione in generale.
“L’ho vista un po’ scossa stamane. Però non ti preoccupare, vedrai, anche lei come tutte le donne saprà gestire questi momenti.” Rispose Martha con calore.
Castle sorrise, grato delle sue parole. “Sai, con lei voglio fare le cose in modo diverso…”
Martha sì era diretta al bancone della cucina cercando una bottiglia di vino già aperta. Si versò due dita di rosso. “Non ho dubbi. Katherine non è Meredith, tesoro…” Osservò con uno sguardo di ovvietà.
Certo sua madre aveva ragione, ma non era solo la volontà di avere un bambino a fare la differenza, c’era anche la voglia di fare di più. Se lo poteva permettere più che allora.
“Voglio fare dei cambiamenti in casa, mamma. Creare spazi per il bambino e per Kate. Creare una vita nuova.” Martha sorrise compiaciuta. “Mi sembra un’ottima idea caro.” Si guardò attorno.
“Intendi avvalerti di un professionista?”
Castle annuì. “Non voglio rinunciare ad alcune cose che abbiamo. Anche Kate è d’accordo. Ma c’è bisogno di trovare spazi senza perdere luce e vivibilità. Voglio che rimangano gli spazi per voi, la stanza di Alexis non deve cambiare. Ma Kate avrà bisogno di un ufficio oltre al fatto che il piccolo ha bisogno di una cameretta e… Beh…” Allargò le mani verso la zona notte. “L’unica possibilità era la saletta cinema al mezzanino, ma Kate non vuole rinunciare a quello spazio in cui rilassarci tutti insieme, in famiglia o con gli amici. Non so…”
Martha lo ascoltò con attenzione.
“Non prenderò queste decisioni da solo.” Mormorò avvicinandosi alla madre.
Martha passò una mano sulla spalla del figlio. Scosse il capo sorridendo. “Lo so tesoro. Lei ci sarà. Ne sono certa.”
“E poi occuparci del piccolo insieme. Una cosa che mi è mancata… quando è nata Alexis… è stato il condividere i momenti belli e quelli difficili. Occuparci di lui quando ha fame, ma anche quando non starà bene e piangerà. E ci farà ammattire pensando a cosa potrà avere. Kate non se ne tornerà a dormire lasciandomi solo ad impazzire perché poi a lei vengono le occhiaie…”
Martha sorrise annuendo.
In quel momento Kate si mosse. Si girò sulla schiena e allungò i piedi che andarono a toccare il bordo del divano. Si spinse indietro e trovò un cuscino. Si rigirò sulla schiena fino ad aprire lentamente gli occhi stanchi.
Prestò attenzione ai rumori ma non riuscì a tenere gli occhi aperti. Le palpebre le sembravano pesantissime.
Ascoltò Castle parlare con voce bassa e con un velo di enfasi che conosceva bene. Non capì cosa stesse dicendo ma il tono era rassicurante così si assopì nuovamente. Quando si risvegliò, pochi minuti dopo, si fece forza e aprì gli occhi. Cercò con lo sguardo attorno a sé finendo col vedere Castle e Martha osservarla con dolcezza.
“Da quanto tempo sono qui?” Chiese con la bocca ancora impastata dal sonno.
“Più o meno un’ora.” Rispose Castle raggiungendola e aiutandola a raddrizzarsi. “Sei crollata appena messo piede in casa.” Aggiunse.
“E dovresti andartene a letto senza indugi. Dormire sul divano non è certo un toccasana per la schiena, bambina!” Esclamò Martha con un sorriso.
Kate mosse le spalle e fece una smorfia. “Eh sì…”
Si sollevò lentamente con un braccio e poi si appoggiò a Castle con un sorriso.
“Allora come è andato il provino Martha?” Chiese incuriosita dall’ora tarda e vedendo la donna su di giri.
Martha si abbassò e mostrò i pollici all’insù. “Ho avuto la parte!” Rispose allegra. “Sarò questa donna speciale, evanescente. Una clochard di classe e con una visione del mondo tutta sua.”
“Grande!” Replicò Kate mettendoci tutta la verve che vi riuscì. Sua suocera era sempre una buona fonte di ottimismo. Era gioviale e sapeva godersi la vita.
“Domani sarà una grande giornata e dovrò iniziare le prove. Un sonno ristoratore mi aspetta. E aspetta anche voi cari.” Li indicò prima di abbassarsi verso di lei e accarezzare il viso della nuora ancora seduta sul divano accanto a Castle.
“Notte Martha.” La salutò mentre Castle le sorrideva gentilmente. “Buonanotte mamma.”  Aggiunse lui.
Kate sprofondò di nuovo nel divano giocherellando con i bottoni della camicia di Castle.
“Sarà bene che andiamo a letto anche noi…” Disse chiudendo gli occhi e respirando a fondo sentendo le dita di lei muoversi sul suo torace.
“Restiamo ancora un po’, hai acceso il caminetto...” Indicò la fiamma che riscaldava l’ambiente.
“Cadiamo a pezzi dal sonno…” Aggiunse Castle espirando e lasciando cadere la testa all’indietro.
Kate si morse le labbra e si passò una mano tra i capelli spettinati.
“Vuoi parlare?” Castle si sistemò meglio e tirò Kate a sé.
“Se andiamo a letto poi ci addormentiamo subito.” Non voleva dormire, voleva parlargli di cosa provava e che fossero gli ormoni o lei stessa, voleva poter esternare quei pensieri.
“Beh…” Castle annuì comprensivo.
Si mise su un fianco e lasciò che le gambe di lei scavalcassero le sue. “Sono giorni che non riusciamo a parlare un po’… questo caso ti sta turbando molto.”
“Non voglio parlare del caso. Sì, mi irrita e mi ricorda il passato, ma non voglio parlare del caso.” Kate si mosse appoggiandosi al torace di Castle lasciando lui nel totale sgomento. Si stropicciò gli occhi stanchi. Strinse le labbra assumendo un’espressione corrucciata e un po’ infantile. Appoggiò la testa al petto di Castle e mugugnò una frase incomprensibile. Alzò la testa e trovò gli occhi curiosi di suo marito.
“Posso essere solo tua moglie per qualche minuto?”  Chiese con uno sguardo stanco ma carico di una dolcezza che fece fare una capriola inattesa al cuore di Castle.
“Sempre piccola…” Rispose al suo sguardo con altrettanta tenerezza.
“Cosa ti preoccupa? Quel discorso di oggi sul fatto di essere in due a crescere il nostro bambino. Che cosa è successo stamattina con Brady?”
“Ho avuto l’impressione che non fosse lì per l’indagine su Denver. Quando gliel’ho fatto notare ha ammesso che non era quello l’obbiettivo. Comunque vadano le cose… Rick… non desidero che tu possa sentirti escluso.” Mormorò parlando a bassa voce.
Castle si umettò le labbra un po’ sorpreso.
“Vogliono proprio mandarmi via? Sai se scelgo io di andarmene è una cosa, ma essere cacciato… beh il mio amor proprio ha qualcosa da dire in proposito.” Kate rise.
“Lo immagino.” Esclamò con uno sbuffo. “E’ solo un’ipotesi dopotutto ma…”
Kate giocherellò con in bottoni della camicia di Castle. Ne slacciò un paio e si prese qualche minuto per accarezzare la sua pelle calda.
Kate buttò fuori una frase del tutto inattesa. “Ci sono volte in cui è difficile essere neutri. Insomma… non amo dover sempre fingere che quello che ti accade non mi tocca da vicino perché così vuole il protocollo.”
“Kate…” mormorò Castle turbato.
“Tu sei mio marito, pretendono che io non ti difenda? Che io non sia preoccupata per te? Nel caso contro Denver tu avevi ragione. Hai agito nel modo sbagliato, ma avevi ragione. Ed io, per evitare l’accusa di fraternizzazione devo sempre mediare ciò che provo. Non intendo mentire, oppure andare contro le regole. Ma per dio… sei mio marito…” Si alzò a sedere.
Castle incrociò lo sguardo di Kate.
“Hai dato molto al distretto.” Disse posando una mano sulla bocca di lui, prima che il suo ego andasse oltre. Ma Castle non ribadì nulla né tentò di farlo. La stava guardando seriamente. Preoccupato forse.
“Lo ammetto, sai essere rumoroso, a volte imbarazzante, logorroico…”
“Oh, grazie!” Replicò debolmente.
“Lasciami finire!” Aggiunse Kate con impeto.
“Sei anche geniale per molti versi, sei attento ai dettagli, curioso e sai andare a fondo nelle cose. Sei… un bravo detective.” Kate sorrise mesta accarezzando la sua spalla con un gesto lento. Scese con la mano lungo il braccio fino ad afferrare la mano sinistra Rick. La strinse e passò il polpastrello sulla fede che aveva all’anulare. Castle attese in silenzio.
“Hai fatto molto in questi otto anni, ma in certi ambiti il tuo aiuto non se lo ricorda nessuno. Appena fai un errore ogni scusa è buona per metterti in croce. Io sono fiera di te, dei casi risolti insieme, di essere tua moglie. Molte volte sono obbligata a mediare, ma non è sempre ciò che voglio in realtà.”
Il groppo che gli si era formato in gola costrinse gli occhi di Castle a inumidirsi.
“Voglio che tu lo sappia… Poteva andare bene anni fa, quando non stavamo insieme. Ma ora non so...” disse chiudendo gli occhi e ascoltando il respiro di Rick che prese ad accarezzare il suo viso con lentezza. Era la prima volta che lei affrontava quell’argomento e si sentì travolto dalla commozione. Kate era fiera di lui e detestava negarlo. La sua infallibile, fiera e rigida detective lo avrebbe difeso a spada tratta se avesse potuto.
“So chi sei, di cosa sei capace. Il tuo essere estroso e a volte un po’ pazzo è parte di te. L’imbarazzo passa, la ragione resta. In molte situazioni sei stato determinante ed io penso che ti debba essere riconosciuto.” Disse con serietà.
Castle espirò. “Che cosa ti hanno detto?”
“Nulla di diretto, solo quelle mezze frasi… quelle domande dove era evidente che tu eri l’argomento. Brady mi ha chiesto se tu avevi creato problemi in passato, se Montgomery e la Gates ti hanno approvato. A me? Lo chiedono a me?” I suoi occhi spalancati in uno sguardo di sconforto.
“Per sentirsi dire cosa? La verità è che sei un ottimo elemento. Ma soprattutto sei il mio uomo, il mio partner. Avrei mai potuto amarti e sposarti se non fossi stato onesto? Solo che la mia verità potrebbe essere considerata di parte. Ma gliel’ho detto che non potevo dargli un giudizio equo. Gli ho detto che ero tua moglie ed ero di parte.” Sospirò.
Castle si avvicinò a lei e la baciò con tenerezza.
“Ti amo…” disse sulle sua labbra.
“Ti amo anche io ed è per questo che non riesco sempre ad essere neutrale.” Mormorò contrita.
Castle la strinse a sé dolcemente. “Quando arriverà il nostro bambino, tutto questo non conterà più. Non ti crucciare.” Spiegò per cercare di far scemare la sua apprensione.
“Adoro lavorare con te, testone…” Kate sorrise e scompigliò con una mano i capelli di Castle che sorrise.
“Vedremo di far funzionare le cose. Comunque vada… io sono qui per te. Ok?” La vide annuire.
“Secondo me hai dato un’ottima risposta. Sei stata onesta, vorrà pur dire qualcosa. Se davvero era un test per metterci alla prova lo capiranno.”
Kate sprofondò nell’abbraccio di Castle senza aggiungere altro. Chiuse gli occhi e ascoltò il suo cuore battere all’impazzata, come il proprio. Per tutto il pomeriggio si era tenuta dentro quel sentimento sordo, quel pensiero così importante che aveva desiderato condividere con lui.
Per quanto l’incontro con Brady gli era sembrato strano, alla luce del discorso fatto dalla Gates sulla possibilità che Denver fosse stato inviato per screditare il dodicesimo ed il comando del capitano, tutto aveva preso una piega nuova. Per prima cosa la Gates gli aveva chiesto di essere poco di parte ma non era del tutto sicura del risultato. E poi perché? Aveva sposato Castle per amore e negarlo sarebbe stata una grande menzogna anche nei confronti di Brady e di un’eventuale indagine per saggiare la sua situazione. Non era uno sprovveduto, avrebbe visto comunque la loro interazione. Si era chiesta quanto potesse contare per la sua carriera aver sposato Castle. Non era certo un limite. Ok, aveva amicizie strane, spesso scomode, però era a posto. Molto più pulito di tanti uomini di cui erano popolati i palazzi della politica.
C’era un vecchio adagio che diceva: chi non sa fingere non sa regnare. Ma lei non lo condivideva al cento per cento. In seconda sede perché era arrivata alla conclusione che anche la Gates poteva avere nell’aria una possibilità di promozione e a qualcuno evidentemente stava dando fastidio.
“Kate...” la richiamò Castle. “Non ti devi preoccupare, saprò stare al mio posto. Vedrai…”
Si allontanò dal suo petto e incrociò il suo sguardo.
“Non era una critica, Castle…” Sorrise debolmente pensando per una frazione di secondo che lui avesse frainteso. “Voglio…” Espirò senza finire il pensiero.
“Non ti creerò comunque problemi. Se dovrò andarmene lo farò. Per il tuo bene, per la tua carriera. Anche da oggi.” Fece l’occhiolino mentre Kate si mordeva il labbro concentrata su di lui.
“Non voglio che tu debba rinunciare al distretto solo per la mia carriera… capisci?”
Castle sorrise e la fece stendere. La baciò in fronte e poi in testa.
“Invece è una buona ragione per rinunciarvi, ma non sarà la sola.” Replicò l’uomo con voce bassa.
L’accarezzo valutando cosa dirle con calma.
“Voglio che tu abbia una promozione, perché te la meriti. Perché sei in gamba e so che sarai grandiosa. Ma anche perché smetterai di rincorrere assassini in strada, di rischiare la tua vita. Per quanto tutto questo sia eccitante…” Allungò una mano facendola scorrere sul suo collo. Lei chiuse gli occhi espirando profondamente. “Il nostro futuro insieme è più importante.” Sottolineò.
“Tu sarai sempre la mia splendida paladina della giustizia, la poliziotta sexy evolverà in un capitano sexy… e chissà, magari davvero in una senatrice sexy!”
Kate rise rilassandosi a suo tocco. “Potrei avere sessant’anni per allora. Anche di più…”
Castle fece una smorfia. “Per me sarai sempre sexy.”
Gli occhi di lui si fecero furbi e divertiti.
“Potresti essere il marito di una senatrice. Chissà che guai potresti combinare ficcanasando.”
“Potrei vincere il premio Pulitzer con un tuo caso!”
Kate sbuffò sentendo le labbra di Rick raggiungere il suo collo.
“Beh, la mia presenza ti ha sempre movimentato la giornata, non trovi?” La guardò e lei gli mise il dito indice sul naso.
“Vanesio.”
“Ma è vero!”
“Lo devo ammettere.” Kate sorrise. “A te non preoccupa?” Chiese quindi facendosi seria.
Castle annuì e si prese il tempo di un lungo respiro per pensare.
“Ammetto che lasciarti sola un po’ mi turba. Ora soprattutto. Non posso essere lì per proteggerti. Però mi potrai trovare a casa… Ballerò Jump for my love sculettando come Hugh Grant, scendendo le scale mentre rincasi. Sarò così affascinante che ci trascineremo famelici senza ritegno in camera da letto.” Lei rise di nuovo e gli diede un colpo sul petto con la mano. Il suo humor era micidiale.
“Lasciare il tuo fianco mi dispiacerà, non lo nego…” Kate annuì.
“Ma ci sarà la nostra piccola creatura. Avrà bisogno di entrambi.”
“Esatto! Di entrambi.” Sottolineò abbassando il tono della voce e addolcendolo.
Kate sospirò chiudendo gli occhi. La città sembrava silenziosa in quell’angolo di paradiso che era in quel momento per lei la loro casa. Il fuoco nel caminetto crepitava ed era un suono cullante. Si sentiva bene tutto sommato. Stanca ma serena grazie alla sua comprensione e a quel momento di sfogo. Amava Rick e la loro vita. Voleva che lui lo sapesse e che il lavoro non avrebbe mai cancellato quel sentimento. C’era un’altra cosa però di cui aveva bisogno di parlare. Una cosa che doveva sapere di lui, della sua precedente esperienza come padre, perché voleva capire a fondo la sua apprensione, il suo modo di essere presente con lei e con le sue attenzioni.
“Rick?” Mormorò richiamandolo. “Vorrei che tu mi raccontassi alcune cose… su di te e Meredith… quando aspettavate Alexis.
“Perché?” Castle era stupito.
“So che lei ti ha ferito ed io non voglio commettere gli stessi errori.”
“Difficile. Che tu possa arrivare ad essere così meschina… Non lo credo possibile.” Valutò Castle.
“Ma” Iniziò a dire e lui la fece tacere con un bacio.
Castle le fece posto e lei si sdraiò supina. Lui rimase in equilibrio sul bordo del divano, ma si puntellò sopra di lei con un braccio. Le baciò il petto e con la mano libera le slacciò i bottoni della camicia. Alzò delicatamente la maglia sotto di essa e le baciò dolcemente il ventre. Sentì Kate rilassarsi grazie alle sue attenzioni.
“Non stasera. L’unica cosa che voglio è che tu non mi lasci da parte. Che viviamo tutto insieme. Voglio starti accanto, aiutarti. Coccolarti e rendere questi mesi meno faticosi. Questo posso fare…”
Kate sorrise compiaciuta. Di Sere come quelle ce ne sarebbero state altre. Quelle confidenze erano uno splendido modo per parlare d’amore. Quasi due anni di matrimonio e nulla era cambiato da quei voti nuziali così sentiti tra loro. E riuscivano ancora a parlare d’amore a modo loro.
“Contaci…” Rispose seria ascoltando le sue labbra muoversi sul suo ventre. Era rilassante, ma allo stesso tempo il suo tocco le metteva i brividi.
Castle Indugiò con le labbra sulla pelle morbida e fece scorrere la punta della lingua fino alla sua anca. Il respiro di Kate accelerò con un piccolo fremito del suo corpo. Lei si mosse agevolandolo.
Castle scostò la cintura dei jeans di Kate, facendo scivolare verso il basso le sue labbra. Kate sorrise e lo lasciò fare. Il bottone venne slacciato, la zip abbassata lentamente, il tessuto leggero di cotone dei suoi slip leggermente scostato.
Kate ansimò sicura di quello che stava per accadere. 
“Senatrice sexy.” Ribadì Castle.
“Rick…” Mormorò Kate con gentilezza allungando la mano e accarezzando la testa di lui intenta a vezzeggiare la pelle delicata nell’incavo della sua gamba. Così vicino.
“Non vuoi?” Castle alzò la testa per incrociare il suo sguardo stanco ma eccitato.
Lei si morse le labbra e poi aprì la bocca in un sospiro. “Non qui…”
Castle non se lo fece ripetere. Si alzò e la prese in braccio.
“Posso ancora camminare...” Ribadì lei con un sorriso aperto lasciando però che tutto accadesse. Avvolse le braccia strette intorno al collo del suo uomo. Era così dolce, persino il modo in cui lui voleva darle piacere senza ricevere nulla in cambio. Lui annuì. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Le avrebbe regalato la gioia della passione, si sarebbe rilassato accanto a lei dopo aver assaporato il suo corpo, e le avrebbe fatto dimenticare quei pensieri cupi fino al mattino. Le nausee avrebbero bussato allo stomaco di Kate e l’avrebbero nuovamente messa ko. Ma per quel brandello di notte da passare ancora insieme era un frammento di vita da afferrare e vivere con intensità, l’avrebbe fatta sentire amata come lei aveva appena fatto con lui, esprimendo quei pensieri tormentati che non aveva nemmeno idea esistessero. Lo aveva riempito d’orgoglio, e l’amore già sconfinato per quella creatura non poteva che aumentare.


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Un capitolo di zucchero!
So che arrivo sempre tardi ma sto passando un brutto periodo di difficoltà lavorative che sono davvero deprimenti. Dire che vorrei andarmene è il minimo. Ma ci sono delle priorità purtroppo.
Un abbraccio a tutti e un sentito grazie a coloro che continuano a seguirmi!

  
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