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Autore: TheNother6    19/01/2015    2 recensioni
ATTENZIONE:
Questa storia non ha morale e non è stata scritta per dare alcun tipo d’insegnamento.In realtà questa storia in alcune delle sue parti manca anche di un vero e proprio senso logico quindi limitatevi a leggerla astenendovi da qualsiasi tipo di interpretazione.
"L'uomo esiste solo in virtù delle passioni ,senza queste egli non esisterebbe. Un uomo che non sente nulla coi sensi non è diverso da un morto per questo bisogna ricercare il piacere . Nella mia ricerca ho trovato due sentimenti massimi l'amore e il dolore . Entrambi si combattono e generano altri sentimenti . Ora però iniziò a pensare che l'amore non esista essendo così raro e puro che dubito che qualcuno possa trovarlo nel solo arco di una vita(anche se pochi affermano di esserci riusciti). Il dolore invece non ci lascia mai e per questo l'ho reso il mio migliore amico ...e ora ho finalmente imparato a sentirlo"
La trama di questa prima storia parla del mago Pain e della magrissima Clay ed è interamente ambientata in Italia. Il paesaggio di questa fa da sfondo a una strana e bizzarra avventura che mettere a dura prova la sanità mentale del lettore .
Genere: Demenziale, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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1.Lontano da casa

 

 

Era una bellissima giornata di sole in un importantissima città del nord Italia nonostante l’inverno fosse già incominciato da un pezzo. Ciò era intuibile dai gruppi di ragazzini zaino-muniti che si affrettavano lungo le strade della città per raggiungere la scuola più vicina, tutti con la stessa espressione assonata e malinconica appiccicata sul volto. Alcuni di questi però avevano la fortuna, nella sfortuna di andare a scuola, di essere accompagnati dai loro genitori in macchine più o meno costose. Tra queste spiccava una di color nero guidata da un certo Franco Leoni.

 Quest’uomo a differenza dei bambini era molto sorridente e quel giorno stava accompagnando sua figlia che stava smanettando con l’ultimo modello di Iphone, naturalmente di color rosa, regalatole dal padre per il suo decimo compleanno. Il padre arrivato davanti alla scuola fermò la sua costosissima macchina e fece scendere la bambina raccomandandole di chiamarlo all’uscita e si diresse verso un costosissimo ristorante, dove lo aspettavano due uomini in costosissimi vestiti. Franco con calma, si era seduto, si era tolto la sua costosissima giacca e aveva ordinato un costosissimo spumante (l’uomo era troppo contento e aveva un bisogno morboso di festeggiare quindi avrebbe brindato con qualsiasi cosa, in qualsiasi posto, in qualsiasi momento della giornata). Come poteva permettersi la sua costosissima vita? Semplice, era il boss della famiglia dei Leoni e come ogni boss di soldi ne aveva abbastanza da potersi permettere diverse costosissime azioni durante la sua routine giornaliera.

 Il boss era seduto coi suoi più fidati collaboratori, suo fratello Andrea e il suo braccio destro Alfonso Ferruccini e discutevano animatamente dell’ultimo affare.

-Le donne hanno un fiuto per gli affari impeccabile …be' forse non tutte, alcune hanno il fiuto solo per capire quando stanno bruciando il caffè ma quella è meglio di quei cagnoni antidroga che si porta appresso la pula- affermava Andrea.

-Mio cugino è stato preso da uno di quei cosi si è fatto 20 anni e quando è uscito gli hanno piazzato un proiettile in testa per un debito a carte, ah pover'uomo –rispose Alfonso che era conosciuto da tutti come “Ferro” poiché aveva un’incredibile incapacità nell’uso delle armi da fuoco e qualche volta anche nell’uso del cervello.

- Io l’ho capito da quando l’ho vista la prima volta – disse Franco –una che lascia il marito deve avere per forza un talento del genere, nessuno di questi tempi divorzia c’è troppa crisi, ehehehe -.

-Secondo me a quei cani viene data da mangiare una sonda, sai quelle cose super tecnologiche, poi vengono portati a spasso e quando la sonda rileva della droga emette un segnale che fa incazzare il cane e gli fa attaccare lo spacciatore se no come si spiega il fatto che questi individuano la droga? I cani sono stupidi per natura- dedusse Alfonso.

Franco ignorava quello che diceva Alfonso infatti, nonostante questi fosse uno degli uomini più fidati e vitali per la banda, mostrava sempre un’incresciosa stupidità che impediva qualsiasi tipo di conversazione realmente sensata.

-Ma arriva o no sto cazzo di spumante? Quanto ci mette quell’idiota! -esclamò Franco guardandosi intorno in cerca del ragazzo che aveva preso la sua ordinazione.

 

Carlo era un bravo ragazzo andava al secondo anno d’ingegneria e a causa della precaria situazione economica dei genitori era costretto a fare l’ingrato e faticoso lavoro del cameriere per pagarsi i libri e la retta scolastica.

Nel lavoro del cameriere le mance sono TUTTO poiché potevano alzare vertiginosamente i ricavi e Carlo sapeva che Don Franco in quanto a mance era molto generoso e quel giorno era anche particolarmente allegro. L’ultima volta aveva infilato nel suo taschino cinque banconote da 100 euro cosa che l’aveva fatto tornare a casa con un bel sorrisetto ebete stampato in faccia.

Quindi, quando sentì il Don urlare e lamentarsi Carlo cercò di affrettarsi ma il problema era che il vino ordinato dal boss, un costosissimo e pregiatissimo Franciacorta, era finito. La cosa era molto strana poiché l’ultima volta che aveva controllato era sicuro di avere più di 50 bottiglie di quel tipo. Carlo non si perse d’animo e continuò a cercare quando ad un tratto notò una cassa buttata in un angolo. Quando il cameriere aprì la cassa la sua gioia fu immensa nel trovare una bottiglia di Franciacorta che si affrettò subito a portare al Don.

Come abbiamo già detto Carlo era un bravo ragazzo, aveva fumato un po’ d’erba quando frequentava il liceo e da piccolo alle elementari usava le matite del suo compagno di banco per non rovinare le sue ma era un ragazzo puro e semplice anche un po’ tonto .Forse, per questo non si accorse  che il liquido contenuto all’interno della bottiglia era di un nero intenso e non del solito bianco-giallognolo e non si accorse nemmeno che la sostanza al suo interno non si comportava come un liquido ma come un gas che si dibatteva impetuoso in quella prigione di vetro.

Carlo quindi posò la bottiglia sul tavolo incurante (Franco apriva da se le bottiglie che gli venivano portate per paura che qualcuno potesse metterci sostanze chimiche per danneggiare lui o il gusto del vino) intascò la mancia, una viscosa sputata nell’ occhio, e se ne ritornò a preparare il locale per l’apertura incredibilmente deluso.

 I tre gentil’uomini si alzarono e si misero a pregare. Ogni mafioso italiano che si rispetta pregava prima di mangiare o bere; anche quando dovevano prendersi una mentina questi si alzavano, alzavano le mani al cielo e recitavano un ave o’ Maria, un padre nostro e ringraziavano del cibo offertogli. Alcuni, come lo stesso Franco pregavano anche prima di dormire e la mattina appena alzati.

Finito quindi di ringraziare, Franco stappò la bottiglia e riempi i tre bicchieri. Poi i tre alzarono i calici pieni di liquido bianco-giallognolo e bevvero. Quando però Franco fece per parlare, cercando di dire la sua sugli ultimi acquisti del Milan, si accorse che non riusciva più ad aprire la bocca.

 Gli altri due capirono che c’era qualcosa che non andava e Andrea domandò –Don, tutto bene? Che c’è ti è andato di traverso? -.

Franco si sforzò con tutta la volontà che aveva di aprire la bocca e questa volta ci riuscì…solo che sputò un liquido nero e appiccicoso e un paio di denti. Poi il braccio si sollevò meccanicamente e i due vice notarono che impugnava la costosissima e personalizzatissima pistola color verde pisello con un incisione d’oro sul lato destro, pistola di cui il boss andava fierissimo, dalla quale esplosero due colpi che colpirono Alfonso e Andrea alla testa uccidendoli sul colpo. Dopo Franco si alzò (anche se dire che Franco si alzò è sbagliato poiché questo non aveva più il controllo del suo corpo) e con ancora la pistola puntata davanti che faceva fuoco e il liquido nero che gli usciva per bocca, si mise a correre, ruppe la vetrata del ristorante e si ritrovò in strada.

 Qui sparò un ultimo colpo contro un cassonetto vicino al quale c’era un gatto nero appisolato che svegliatosi iniziò una folle corsa nella direzione opposta del Don il quale adesso fissava inebetito la pistola scarica. Poi il braccio di Franco esplose e da questo fuoriuscì una sostanza nera che iniziò ad avvolgere il suo corpo. Era terrorizzato ed iniziò a dimenarsi cercando di liberarsi dal liquido nero ma fu tutto inutile. Poi quando la sostanza nera lo avvolse completamente smise di muoversi e per un attimo sembrò che il tempo si fosse fermato. Si chiese se tutto quello stava realmente accadendo o era tutto frutto di un allucinazione causata dallo spumante scaduto.

 Si udì un “BLUFF”, la sostanza nera prese fuoco e una fiamma viola avvolse il corpo del Don che iniziò a provare un dolore anticò e abissale, un dolore inimmaginabile che non colpiva solo il suo corpo e la sua anima ma anche le sue emozioni. I suoi ricordi, i suoi affetti, il suo essere stesso bruciava e gli provocava un dolore intangibile e infinito quanto l’universo. Fu allora che Franco iniziò ad urlare, urla straziate ed emanate con tutta la forza vitale rimastagli. Poi calo un piacevole silenzio e di lui non rimase che una pozzanghera nera ed indistinta.

 

Il gatto nero correva come non aveva mai corso in vita sua e continuò a correre per un bel po’ finché incontrò quell’uomo.

Aveva due occhi verdi e portava un ciuffo vertiginoso da far invidia al principe del rock. Indossava un cappotto viola lungo e sotto portava una maglietta rossa con sopra un teschio bianco. Portava dei jeans strettissimi sotto i quali sbucavano dei mocassini a scacchi verdi e bianchi. L’uomo aveva un fisico perfetto, anche se non seguiva strane religioni, non era un fanatico della palestra e non usava sostanze chimiche che ti ingrandivano il muscolo fino a fartelo scoppiare, però non era un bel ragazzo. C’era qualcosa infatti nel suo sguardo, nei suoi lineamenti, nelle sue movenze, nel modo in qui parlava e respirava che suggerivano qualcosa di diabolico. Forse per questo non era mai stato fortunato con le ragazze che l’avevano rifiutato in modi via via più fantasiosi e le poche relazioni che aveva avuto erano state brevi ed infelici. Questa situazione era andata avanti fino a un anno fa, circa, quando aveva incontrato Clay della quale si era innamorato dal primo momento e con la quale stava portando avanti una relazione già da sei mesi.

Quando il gatto incontrò l’uomo questo stava fumando una black devil (sigaretta che fa schifo a tutti, quindi anche all’uomo stesso, ma dona un’aria da figo essendo completamente nera) appoggiato ad una macchina d’epoca rossa senza tettuccio sulla fiancata della quale c’era scritto a lettere nere “Unicorno della Morte “. Appena l’uomo si accorse del gatto nero che stava lì tremante ad osservarlo emise un sonoro “MIAO” (anche se quel verso non era ricollegabile ad un gatto anzi, non era ricollegabile a nessuna creatura del mondo animale) che fece spaventare l’animale che riprese la sua corsa nella direzione da cui era venuto. L’uomo sorrise alla vista della bestiaccia in fuga e si sforzò di convincersi che quegli ultimi giorni non erano completamente da buttare…però non ci riuscì e fece un altro tiro di sigaretta.

”Devi partire Pain, devi sistemare degli affari nel nord Italia Pain, e io non posso venire perché devo passare il weekend con Marta in Sicilia e sai che ultimamente con lei non sta andando bene, e sai che mi devi un favore ,e sai che sono un brutto culone con dei capelli incontrollabili che lascia agli amici le commissioni più noiose…maledetto -Gideon !-urlò attirandosi l’attenzione di una vecchietta di passaggio che lo guardò torva e sembrava sul punto di iniziare una predica quando vide Pain montare in macchina e puntare dritto su di lei per metterla sotto.

Per fortuna, o per sfortuna dal punto di vista di Pain, questa scattò di lato schivando la macchina che si avviava a tavoletta verso l edificio più alto di tutta la città, “LA SEDE DEL MAGNICOSTRO”.

 

Qualche anno fa in una cittadina isolata e poco importante del nord Italia nacque una bambina dagli occhi azzurri a dai capelli neri corvino. Questa aveva vissuto la sua infanzia e la sua adolescenza allegramente in quel luogo semplice e puro finché al compimento del suo diciottesimo compleanno, un po’ come Aurora la principessa, conobbe Carlo Withman (lo so è strano che abbia il nome del cameriere di prima ma di certo non può esserci un solo Carlo in tutt’Italia).

Carlo era di origini italiane da parte della madre e americano dalle parte del padre e il nome “Carlo” era stato scelto dalla madre poiché aveva posseduto in tenera età un carlino caduto dal balcone di casa per aver tentato di scacciare un gatto appollaiato sul balcone dei vicini al piano di sotto. Carlo era molto amato dai suoi genitori un po’ perché era il primogenito e un po’ perché era l’unico figlio che avevano e quindi questi l’avevano cresciuto come un piccolo borghesino perfettino e viziato. Ciò era reso possibile dal patrimonio familiare costruito attorno alla vendita di saponette, profumi e asciugamani da bagno (attività che aveva registrato un notevole picco di vendite negli ultimi anni).

Quindi Carlo essendo uomo colto e piacente, capo di un’attività emergente e con un potenziale infinito poteva vantare di avere una quantità di spasimanti pari al numero di saponette vendute dalla sua famiglia nel corso delle generazioni. Infatti quando questo arrivò in quella isolata cittadina, Barbara rimase incredibilmente affascinata da quell’uomo misterioso ed esuberante e cerco in tutti i modi di conquistarlo. La cosa fu abbastanza semplice poiché anche Barbara era molto piacente e quindi i due si sposarono. Passarono gli anni, anni felici e anni tristi si alternarono finché Barbara non conobbe Azzurra. Il loro incontro avvenne in un motel decadente e fu proprio Carlo a presentarle solo che Barbara si mostrò molto contraria a stringere un amicizia con Azzurra, l’amante di suo marito, preferendo di stringerle attorno al collo il lenzuolo del letto. Il divorzio fu veloce e indolore e Barbara riuscì a conquistare un eloquente quota mensile da parte del marito e un pezzo della sua società, ovvero una piccola azienda in una grande e importante città del nord Italia.

 Barbara però non capiva niente di prodotti da bagno così decise di investire il suo piccolo capitale nel campo edile e in poco tempo riuscì a mettere insieme la più grande ditta di costruzioni di tutt’Europa il “MAGNICOSTRO”.

 

 -OLE- esclamò Federico aprendo la bottiglia di un costoso Franciacorta che produsse un sonoro TUM che rimbombò nella stanza semi vuota dove i due dipendenti e il loro capo stavano festeggiando la riuscita dell’ultimo affare. Federico riempì il bicchiere del boss poi quello di Mafalda la segreteria di questa che, borbottò qualcosa sul bere spumante a quell’ora del giorno, e infine riempì il suo di bicchiere.

Fatto ciò i tre alzarono i bicchieri molto teatralmente, esclamarono in coro-SALUTE- e poi bevvero. Federico alzò gli occhi e guardò Barbara, il suo boss, che se ne stava seduta sulla scrivania, alle spalle della quale c’era una vetrata di vetro scorrevole che dava su un balcone che si affacciava su tutta la città, a sorseggiare lo spumante. Federico aveva visto molte volte Barbara ma quella volta c’era qualcosa di diverso poiché in quasi dieci anni di lavoro non aveva mai visto il suo capo con quell’aria così allegra e rilassata. Se era per questo in dieci anni di lavoro questa era anche la prima volta che i tre brindavano ad un affare andato in porto.

Però quel giorno c’era qualcosa di speciale nell’aria qualcosa di strano e magico che riusciva a far sorridere anche la Gelida Regina Di Ghiaccio. Finito di brindare Barbara rimandò i due dipendenti alle rispettive postazioni congratulandosi ancora per il lavoro svolto (anche questa cosa era del tutto nuova a Federico) e uscì fuori sul balcone del suo ufficio per prendere una boccata d’aria.

 

-Lo sa, avrei utilizzato una magia di contenimento ed espansione anche su questo spumante solo che a me non piace fare la stessa cosa due volte. Diventa noioso e ci manca solo che questa commissione diventi ancora più noiosa –disse Pain che se ne stava in piedi sulla ringhiera accanto a Barbara rigirandosi il Franciacorta tra le mani che fino ad un attimo prima stava sulla scrivania dell’ufficio.

-Chi sei?- disse Barbara arretrando spaventata da quell’uomo misterioso –Io sono il DOLORE. Però mi faccio chiamare PAIN perché essendo l’inglese la lingua internazionale voglio che tutti capiscano come mi chiamo- rispose questo.

Barbara non capiva chi fosse quell’uomo ne perché fosse lì e neanche come avesse fatto ad entrare nel MAGNICOSTRO essendo questo controllato dai migliori agenti delle forze speciali italiane.

-Sa, a me non piace colpire le donne e quindi non mi piace ucciderle quindi la faremo semplice: lei deve saltare-e così dicendo indicò verso il basso.

Barbara sorrise –Ma che cazzo dici? Non so come tu abbia fatto ad entrare o chi tu sia ma io non salto giù-.

Pain allora sorrise, un sorriso malvagio che mostrò la sua dentatura perfetta, poi scattò verso Barbara bloccandola in un passionale abbraccio e le avvicinò la bocca all’orecchio-Zio Peppino- le sussurrò e finalmente Barbara capì.

-Oddio ma Franco mi aveva assicurato che non avremmo disturbato nessuno, che l’affare era sicuro e avrebbe fatto guadagnare tutti …aspetta quindi sei tu il killer di cui si parla, quello che ha ucciso i fratelli Marotta? -.

Pain sorrise ed annuì quella era stata una delle sue migliori operazioni seconda solo all’omicidio dell’ex sindaco Borretti molto bella ma anche sporca.

-La prego signor Pain, posso pagarla, io sparirò ho dei contatti in America non sentirà più parlare di me né della mia agenzia, la prego signor Pain- singhiozzava Barbara.

Pain non rispose si limito a indicare nuovamente il basso –NO!!! Non puoi finire così la pagherò per uccidere Zio Peppino deve esserci un modo per uscirne la prego entriamo dentro e parliamone-propose Barbara.

-Ci sono due modi –disse Pain-il primo è semplice lei salta si fa qualche secondo di caduta e la cosa finisce o…le farò provare qualcosa che nessun altro le farà mai provare in questo mondo – e dicendo questo sulla punta delle sue dita si accesero cinque fiammette violette. Barbara aveva gli occhi sbarrati dalla paura –Ha già ucciso gli altri vero? -Pain annuì-Loro non hanno avuto la possibilità che le sto dando – disse e si accese una sigaretta col dito indice grazie alla fiamma su questo.

Barbara allora salì sulla ringhiera e pensò a cosa sarebbe successo se non avesse mai incontrato Carlo se fosse rimasta quella ragazza pura e bella che tutti desideravano poi saltò e poco dopo i suoi pensieri si sparsero sulla strada sottostante insieme alla sua materia celebrale.

 

 

 

Notucce personali :)

Salve ragazzi questa è la prima storia che scrivo e quindi la prima storia che pubblico su efp ...sono un verginello :). Vi prego siate buoni con le recensioni XD farò uscire il prossimo capitolo il prima possibile.

   
 
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