Niente
Ci si
può lasciar andare ai rimpianti
quando ti rimane ancora qualcosa a ricordarti ciò che avevi.
Ma quando non hai
più nulla, dolore e rimpianto non esistono.
C’è solo il nulla. Niente, non sei
in grado di sentire niente, se non una remota rabbia dettata dalla
frustrazione,
e le lacrime che premono contro gli occhi senza uscire. E il nulla
è anche ciò
che si trova nelle espressioni e nel volto di chi ha perso tutto.
Il viso di
Richard III di York
era una fredda pietra scolpita nel dolore, che si sforzava di diventare
simile
a quella privo di vita della moglie, Anne, la sua regina, la sua forza,
il suo
amore, il suo cuore ora spezzato, composta dignitosamente sul catafalco
in
attesa della sepoltura, per poter riposare accanto a lei. Lontani da
quel mondo
che aveva avvelenato la loro vita come un cancro dell’anima.
Ma Richard
continuava a vivere anche se la sua Anne aveva smesso di respirare. E
tutto ciò
era ingiusto.
Non doveva
morire. Non ora che
aveva tutto il mondo contro di lui. Non quando aveva bisogno delle sue
braccia
attorno al capo e del calore del suo petto sul viso.
Niente gli
era stato risparmiato,
il suo buon nome, la sua possibilità di essere un buon re,
il suo unico figlio,
e ora anche sua moglie. Aveva ancora la sua vita ma a cosa serve averla
quando
sei ridotto ad un niente. Sarebbe vissuto come un re tiranno agli occhi
del
mondo, senza più un affetto sincero, da solo in mezzo a
intrighi e cospirazioni
e, sicuramente, col tempo sarebbe diventato veramente quel mostro che
già era
nelle ballate popolari.
Se
potessi rinascere, non vorrei mai essere regina.
“Anne,
quanto eri nel giusto” si
ritrovò a pensare Richard, mentre le sue dita accarezzavano
delicatamente gli
orli della gonna di Anne; nell’aria aleggiava ancora il suo
profumo “Se
avessimo una seconda possibilità…”
Ma le
seconde possibilità sono
per i peccatori e questa era la sua condanna finale: non essere
abbastanza
colpevole per essere redento, né abbastanza innocente da
poter ricevere la
grazia di una seconda possibilità. Fuori dal mondo e dai
vivi. Poter almeno
avere lei, ma il suo cuore aveva cessato di battere, il sangue le si
era
fermato nelle vene e il respiro era volato via assieme al vecchio sole
di York,
oscurato dagli astri.
Un lieve
fruscio alle sue spalle
lo riscosse dai suoi bui pensieri. Elizabeth di York, la principessa
dipinta,
la nobile senza titolo, era lì che si torceva le mani sul
nero abito a lutto,
come una bambina che cerca di mostrarsi seria e composta ma che, in
realtà, non
vede l’ora di uscire fuori a giocare. Sembrava in attesa di
una parola, di un
gesto che le permettesse di… cosa? Ah sì,
gettarsi tra le sue braccia. Perché
lei era “innamorata”. Richard si era del tutto
dimenticato di lei. Avrebbe
potuto tranquillamente odiarla; in fondo, anche lei aveva contribuito a
spezzare definitivamente il cuore di Anne. Ma sarebbe stata una
patetica
scappatoia dall’odio per se stesso, per aver anteposto un
intrigo politico a
sua moglie e a suo figlio.
Povera
sciocca, patetica vittima
senza colpe. Tutto adesso aveva perso di importanza.
- Mio
signore – mormorò la
fanciulla, tenendo basso il viso imporporato in maniera vezzosa
– Se posso
esservi di qualche consolazione…
- Se tra gli
incantesimi di
vostra madre non ne esiste qualcuno in grado di riportare in vita i
morti,
allora non potete fare nulla – la freddò Richard
lasciandola sconvolta dalla
risposta e dal tono con cui era stata data.
- Mio
signore – continuò,
imperterrita – Io sono ancora qui con voi e lo
sarò per sempre. Non siete solo.
Non aveva
più importanza.
- La vostra
presenza, come quella
di tanti altri, non conta abbastanza perché la mia
solitudine abbia fine –
rispose con un tono che rendeva le sue parole simili a pietre
frantumate.
Elizabeth
sentì il terreno
mancarle sotto i piedi, terrorizzata da ciò che stava
iniziando a comprendere.
- Ma io vi
amo e anche voi mi amate,
Richard! – scattò con la foga di chi non ha paura
di perdere tutto.
- Per il
legame di sangue che ci
unisce – scandì Richard, trattenendo la rabbia che
stava lasciando il posto al
fastidio, e calcando su ogni parola pronunciata volendo imprimerla
nella mente
di quella ragazzina, alla quale stava portando via
l’illusione del primo amore –
farò finta di non aver sentito quanto avete detto. E
farò un favore a voi,
milady, aprendovi gli occhi sulle illusioni alle quali vi siete
aggrappata fino
a questo momento. Non sperate di trovare l’amore in me
perché è morto assieme
al frutto dei miei lombi e alla donna che me lo ha donato.
-
Cosa… cosa state dicendo? –
Elizabeth non voleva credere a quanto sentiva.
- Se essere
regina è ancora tra i
vostri intenti, tenete a mente questa lezione: per mantenere il potere
e per
toglierne ai vostri nemici, dovrete rendere ogni sentimento
un’arma e annullare
la pietà verso coloro che possono essere i mezzi adatti ad
indebolirli. Nel mio
caso, Henry Tudor era il mio nemico e voi, milady, l’arma per
colpirlo.
- No, no,
non è vero – una lacrima
le scivolò lungo la guancia.
- Dovevo
togliere credibilità a
Henry Tudor e alla sua causa e lasciare che il mondo credesse che la
sua
promessa sposa si concedeva ad un corteggiamento incestuoso con il
proprio zio
nonché avversario del giovane Tudor, avrebbe minato alle
basi la sua “missione”
e indebolito la sua autorità.
- No!
– disse Elizabeth,
disperata – No, non vi credo. Voi mi amate, lo so. Quella
notte… quel bacio…
- Quello
è stato il momento di
debolezza di un uomo solo e disperato – Richard la
guardò con uno sguardo
talmente spento e vuoto da rendere credibili le sue parole –
Non vi amavo
allora, come non vi amo adesso. E come potrei, dal momento che
l’unica donna
che ho amato, che amo e che amerò anche quando
brucerò all’Inferno, è sempre
stata Anne Neville, la mia regina.
Per non
rischiare di cadere
svenuta ai piedi del catafalco, la ragazza incespicò
all’indietro, con la gonna
che le impacciava i movimenti, e andò ad appoggiarsi ad una
colonna; riusciva a
mormorare solo – Il mio onore… il mio
onore…
Richard non
fece nulla per
aiutarla o anche solo consolarla. Anni prima sarebbe stato mosso a
pietà, ma
ora i sentimenti umani erano un lontano ricordo; per la principessa
decaduta
non provava alcuna compassione – Essere sovrani impone molti
sacrifici e il
vostro onore è stata la cosa che meno mi ha pesato
sacrificare. Ma se penso ai
grandi sacrifici… Siate felice della vostra condizione; se
mai troverete l’amore,
saprete di essere amata per ciò che siete.
Lui era il
terzo fratello, quello
meno bello, quello con meno pretese. E Anne era la vedova bambina di un
traditore. Non potevano donarsi nulla se non un amore reciproco. E
quello era
bastato… poteva bastare.
- Ed ora,
milady, lasciateci –
usò il pluralis maiestatis per non lasciare dubbi di sorta
sul suo ordine –
Desideriamo restare da soli con nostra moglie.
Ricordandosi
della sua nobile
nascita, Elizabeth recuperò la sua compostezza e, ingoiando
le lacrime, uscì a
testa alta dalla cappella, lasciandosi alle spalle quell’uomo
a cui aveva
permesso di rubarle il cuore unicamente per spaccarlo in due e
svuotarlo di
tutto. Nessuno dei due se ne rese conto, troppo presi dalle loro
sconfitte, ma
non erano mai stati così simili e uniti come in quel
tramonto di illusioni.
E Richard
III, l’ultimo sole di
York, oscurato da un’eclisse senza più fine,
restò a vegliare le spoglie di
colei che aveva dato i battiti alla sua esistenza. Fece
chissà quante volte il
giro del catafalco senza che la sua mano lasciasse quel corpo tanto
amato e ad
ogni giro non mancò mai di soffermarsi sulle sue labbra
smorte e ancora
desiderate, ora più che mai.
Al momento
del commiato
definitivo, Richard baciò per l’ultima volta la
sua Anne, soffiandole sul viso
un’ultima promessa, carica di significato per entrambi, in
attesa di un
ricongiungimento.
“Niente”
Fine
Note
dell’autore:
Inizio col
dire, come faccio
sempre quando sbuco in qualche sezione e per evitare fraintendimenti,
che sono
un ragazzo.
Ho scoperto
da poco “The White
Queen” e l’ho visto tutto in due giorni. E senza
praticamente accorgermene, mi
sono ritrovato a struggermi per Richard e Anne, a gioire e a soffrire
per loro
che sono diventati i miei beniamini della corte degli York. E dopo il
colpo
finale che è stata l’ultima puntata, ho sentito il
bisogno incontenibile di
scrivere queste poche pagine, dando anche una mia personale versione
del dialogo
tra Richard e Elizabeth.
Non pretendo
di aver colto
appieno i sentimenti e il carattere di Richard all’alba della
morte di Anne, ma
mi sono basato su quello che mi hanno sempre ispirato insieme.
E non ho
resistito all’idea di
piazzare qui dentro piccole citazione che rimandano al
“Riccardo III” di
scespiriana memoria.
Per quanto
riguarda Elizabeth…
come per la madre, ho un rapporto di amore e odio con lei: apprezzo il
suo
carattere forte ma al contempo detesto il suo atteggiamento da gatta
morta. E
con il dialogo ho voluto togliermi lo sfizio di far cadere quelle che
erano,
alla fine, delle illusioni. E il bacio che si erano scambiati, come ho
scritto,
l’ho visto come un momento di debolezza di Richard in un
momento delicato.
Se volete
pormi qualche domanda,
lascio il mio indirizzo ask: http://ask.fm/LusioEFP
e la mia
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Grazie per
aver letto queste mie
due parole; fatemi sapere cosa ne avete pensato.
Ciao.
Lusio