Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: bloop    20/01/2015    1 recensioni
"Dopo quello che hai fatto, Tommaso, non dovresti nemmeno pensare a me". Ma tu ci pensi, perché non potresti mai farne a meno. La ami e non hai mai smesso di farlo, nemmeno per un secondo, nemmeno mentre eri ubriaco fradicio e stavi facendo sesso con quella sconosciuta nel bagno del pub, nemmeno quando lei ti ha lasciato e tu, furioso come mai in vita tua, ti sei rifugiato a casa del tuo migliore amico e hai pianto.
[Autrice: Yvaine0]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sara


Capisci che c'è qualcosa di terribilmente sbagliato nella tua vita, quando ti trovi nel vostro posto e lei è lì, ma per te non c'è posto al suo tavolo.

La guardi, ti guarda, tu ti siedi il più vicino possibile e lei sbuffa silenziosamente. Quello era il vostro tavolo una volta, le ricordi. Non hai il diritto di dire nulla, secondo lei; non puoi lamentarti, non dovresti nemmeno guardarla.

"Dopo quello che hai fatto, Tommaso, non dovresti nemmeno pensare a me". Ma tu ci pensi, perché non potresti mai farne a meno. La ami e non hai mai smesso di farlo, nemmeno per un secondo, nemmeno mentre eri ubriaco fradicio e stavi facendo sesso con quella sconosciuta nel bagno del pub, nemmeno quando lei ti ha lasciato e tu, furioso come mai in vita tua, ti sei rifugiato a casa del tuo migliore amico e hai pianto.

Sara è tutto ciò che per te conta davvero.

"Lo ero, Tommaso. Ora non ho più niente a che fare con te. Dimenticami."

Ma non puoi dimenticarla. Ci hai provato, ma non ci riesci. È la persona per cui ti alzavi presto la mattina per preparare il caffè, nonostante ti lamentassi sempre che dovesse essere lei a farlo per te, perché eri tu il re della casa. È la ragazza per cui hai declinato ben due inviti di Sebastiano a vedere una partita all'Olimpico – ben due fottute volte, Sara, lo capisci?

“Sei un bambino, Tommaso. Non crescerai mai”.

La verità è che sei cresciuto troppo in fretta, ma questo non glielo dici, perché significherebbe esporti. Non hai bisogno di ricordarglielo, comunque, Sara lo sa benissimo. È l'unica persona a cui in vita tua tu abbia interamente aperto il tuo cuore. Le hai mostrato ogni sfaccettatura del tuo carattere, le tue cicatrici, le tue fragilità e hai lasciato che lei le carezzasse per lenire il dolore. Le hai raccontato ogni cosa di te, con l'aiuto di qualche bicchiere di vino, hai persino pianto davanti a lei – tu, che per orgoglio non parli con tuo padre da anni, nonostante ti manchi da morire; tu, che non hai mai detto a tua sorella o al tuo migliore amico che anche se sono così coglioni e incasinati vuoi loro bene lo stesso; tu, che hai passato la vita a mentire a te stesso ogni singolo giorno, perché troppo orgoglioso per ammettere di sentirsi un fallito.

“Siamo stati solo un gioco per te, non è vero? È tutto un gioco per te.”

Solo un gioco? Nemmeno sei riuscito a risponderle quando ti ha detto quelle parole. Lo sconcerto ti ha tappato la bocca e non sei sicuro che qualcuno ci sia mai riuscito prima di lei. Solo un gioco. Hai riso e hai scosso il capo, incredulo. Solo un gioco – l'hai ripetuto di nuovo ad alta voce.

“È un sì?”

È un vaffanculo, Sara – ecco come hai risposto. È un enorme vaffanculo, tutta la tua vita è un enorme vaffanculo. Non dormi da giorni, se non dopo aver bevuto tanto da stramazzare sul divano. Tutto ciò che riesci a fare è biasimarti per ciò che le hai fatto. Per lei, solo per lei, l'orgoglio l'hai messo da parte. Perché si tratta di Sara e per lei hai chiesto scusa, continui a farlo; ti sei letteralmente messo in ginocchio, hai implorato il suo perdono.

Ma Sara è più orgogliosa e testarda di te. “Per questo ti piacevo no?”

No, le hai risposto: per questo ti amo.

E lì, l'hai visto, lei ha vacillato. Qualcosa nel suo sguardo s'è smosso, gli occhi sono diventati lucidi, ma poi ha scosso il capo. “Ora smettila, sei ubriaco”.

Certo che sei ubriaco – le dici, in ginocchio sul pavimento del bar, gli avambracci posati su quello che era il vostro tavolino, ma a cui ora con Sara è seduta Elena, che non sa bene se tirarti un calcio o darti il suo appoggio. Sei sempre ubriaco, da quando non c'è più lei – un po' di tristezza e un po' d'alcol. Non sai che fare, non sai come farlo. A casa ci sono ancora le sue cose in bagno, non ha il coraggio di toglierle.

“Magari dalle a tua sorella, io non le rivoglio”. Non vuole niente che le ricordi te; nemmeno il rossetto con cui ti imbrattava la pelle, nemmeno il profumo che le hai regalato per il compleanno.

Tu invece non puoi fare a meno di tutto ciò che ti ricorda i vostri momenti. E glielo dici, come ogni volta, che ti manca. Ti manca vederla al tuo fianco la mattina quando ti svegli, ti manca manca baciare quelle labbra rosse, ti mancano i suoi occhi piccoli e brillanti, che ti scrutavano dentro, ti mancano le discussioni a causa dello scarico della doccia intasato dai suoi capelli, ti manca il ripiano della cucina ricoperto di polvere di caffè, perché proprio non ci riusciva a non sporcare. Scommetti che lo fa ancora.

Elena ridacchia, tu la ignori, troppo occupato a fissare Sara e a cercare segni di cedimento nella sua espressione dura. Ma non ce ne sono, Sara non molla.

Però sospira e tu senti il cuore perdere un battito: forse ce la fai, forse è la volta buona. Per un attimo ti illumini di speranza.

Lei scuote il capo, socchiude gli occhi, poi fissa lo sguardo nel tuo. “Non avrei voluto dirtelo così, ma...”, sospira di nuovo; “ho un altro, Tommaso”. Un istante stai riflettendo su come suoni bene il tuo nome pronunciato da quella voce e quello dopo ti si gela il sangue nelle vene.

Che cosa? Un altro? Come sarebbe? Da quando? Chi è lui? Vorresti metterti ad urlare, ma è l'orgoglio a fermarti – un orgoglio che ti ha sempre contraddistinto in tutte le occasioni e che nemmeno l'alcol riesce ad inibire, a quanto pare. Solo Sara ci è riuscita.

Non dici niente, quindi, e lei continua a guardarti in attesa di una risposta che non arriva. Quindi sbuffa e incrocia le braccia. “Faresti meglio a lasciarmi perdere. Fatti una vita, okay?”

E vaffanculo, Sara – lo dici di nuovo: tu una vita ce l'avevi, ma lei se l'è portata via.

“No, Tommaso: te la sei fottuta in uno squallido cesso pubblico” ti ricorda e tu ti senti morire.

La vuole sapere una cosa? Il cesso era quello di questo stesso pub, il vostro pub. E glielo dici anche se non è vero, perché vuoi ferirla come lei sta ferendo te. Lo sai, lo sai che la colpa non è che tua, se tutto ciò sta succedendo; lo sai e per questo ti fai schifo. Ma lei non può averla vinta, non riesci ad accettarlo: non è possibile che tu stia così male per lei, mentre Sara ti guarda dall'altro e ti sputa addosso certe frasi, infierendo sulla tua dolorosa vergogna. Glielo dici in tono freddo e distaccato, con una tranquillità che al momento non ti appartiene per nulla.

Il suo sguardo si indurisce, si sta arrabbiando; invece di risponderti a tono si alza e va a pagare, poi fa un cenno del capo alla sua amica e se ne va, lanciandoti un ultimo sguardo di compassione.

Tu allora di accasci di nuovo al tuo tavolo, ordini dell'altro vino e sbuffi, pensando a quanto una persona possa cadere in basso. Non solo l'hai tradita, non solo hai stracciato il tuo orgoglio pur di avere il suo perdono, ma non l'hai ottenuto e ora, persino, cerchi di ferirla bersagliandola con crudeli falsità. Non se lo merita, Sara, e lo sai benissimo. Non vuoi che soffra, ecco perché un attimo dopo le stai già scrivendo un SMS, le assicuri che non è vero, l'hai detto solo per vendicarti del male che ti hanno fatto le sue parole.

Resti ad aspettare una risposta a lungo, ogni tanto invii un nuovo SMS, aggiungi frasi, parole, scuse. Non ti giustifichi più, perché sai di averlo fatto abbastanza durante i primi giorni di separazione. Ma lei ti manca e tu, glielo scrivi, faresti qualunque cose pur di ottenere la sua fiducia.

Sì, sì, lo sai: avresti dovuto pensarci prima. L'hai fatto. Le hai raccontato ogni cosa successa quella notte nei dettagli – non che fosse successo molto, comunque: la ragazza ha fatto quasi tutto da sola e tu, troppo arrabbiato e ubriaco per protestare, non l'hai impedito. Non te la ricordi nemmeno più, quella ragazza. Non ti ricordi nemmeno il luogo, ma di certo non è il vostro pub, tu tieni troppo a quel posto. Ed eri così arrabbiato con Sara quella notte che sei scappato il più lontano possibile da lei e da qualunque cosa te la ricordasse. Lei lo sa, gliel'hai detto.

Vorresti che ti perdonasse. Non è possibile che mesi e mesi di relazione vengano spazzati via da un quarto d'ora sbronzo in un cesso pubblico, no? Elia ha perdonato Elisabetta milioni di volte, perché Sara non può perdonarti?

Ma la risposta a questa domanda la conosci: Sara non è Elia. Sara ha le palle, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, men che meno da te. È per questo che ti è piaciuta fin dal primo momento: somiglia a tua sorella, ma al contrario suo non è una stronza. Sara è energia pura, è uno sguardo di sfida, una partita di calcio giocata fino all'ultimo minuto e vinta a trenta secondi dalla fine. Sara è Italia-Germania ai Mondiali del 2006, vinta ai rigori dopo aver sudato sette camicie. E Sara è valsa tutta la fatica fatta per conquistarla, ogni goccia di sudore versata.

Vorresti non aver rovinato tutto. Tornando indietro non lo rifaresti; potendo tornare indietro quella sera non saresti nemmeno uscito, ma l'avresti intontita di parole e poi ci avresti fatto l'amore per fare pace, come tante altre volte, e una appena finito, con il respiro affannato e le mani ancora a stringere le tue spalle, lei ti avrebbe detto: “Vaffanculo, Tommaso”. Tu avresti riso, sapendo che tutto era risolto, perché le cose tra voi vanno così. Andavano così.

Chiudi gli occhi e ti accasci contro al tavolo. Lei ti manca, ti manca come non ti è mai mancato nessuno, nemmeno tuo padre quando ha piantato mamma e se ne è andato di casa. Allora eri piccolo, forse, ma non gliel'hai mai perdonato. E ora, se potessi riscrivere il passato, preferiresti farti abbandonare da tuo padre mille volte, piuttosto che perdere Sara di nuovo.

Passi la notte al bar, fissando il telefono in attesa di una risposta. Le scrivi che la ami, mentre esci e barcolli lentamente fino a casa. Le scrivi che ti manca e le chiedi scusa un'altra volta, anche se sai che non sarà mai abbastanza. Non sai nemmeno più chi sei senza di lei – e lei riconoscerà che è vero, perché ti conosce meglio di chiunque altro.

Sara era tutto ciò che di giusto tu abbia mai fatto per te stesso. Lei era un motivo valido per continuare gli studi di Scienze Farmaceutiche, nonostante quella facoltà per te fosse solo un ripiego; Sara era l'unica motivazione in grado di farti puntare la sveglia alle sei, sebbene potessi svegliarti alle sette, per preparare la colazione e svegliarla a suon di baci e carezze; Sara era un ottimo motivo per far tardi a lezione e, una volta arrivati, farsi guardare in tralice dal professore di turno a causa dell'evidente succhiotto sul collo, le labbra troppo rosse e i capelli ancora scompigliati. Sara è l'unica ragazza che hai portato a casa e presentato a tua madre, perché, anche se sei sempre stato troppo cinico per dirlo ad alta voce, Sara era quella giusta. E l'hai lasciata fuggire via dalla tua vita a causa di uno stupido incidente di percorso. L'errore più grave che tu abbia mai commesso e forse l'unico che non ti perdonerai mai, nemmeno dopo averla riconquistata – perché ce la farai, ne sei sicuro, non puoi permetterti di non farcela. Tu hai bisogno di Sara, non c'è niente che può impedirti di non riaverla. A parte, forse, lei stessa.

Non sai cosa daresti in questo momento per vederla sorridere. Sei steso sul tappeto del salotto nel piccolo appartamento che fino a qualche tempo fa condividevate; lei se ne è andata subito dopo averti lasciato, portandosi via la metà delle cose che le appartengono. C'è ancora un calzino in camera, lo custodisci gelosamente tra i tuoi, sperando che prima o poi troverà il suo compagno: è un po' come te, quel calzino, senza Sara: inutile. Le scrivi anche questo, anche se ormai sai che non risponderà ai tuoi messaggi. Anzi, sei certo che ogni volta che gliene arriva uno arricci il naso e sbuffi leggermente dalle narici, come è solita fare quando qualcosa la irrita. Continui a scriverle un po' per dispetto e un po' perché ti aggrappi alle parole nelle nuvolette verdi sullo schermo come se quelle fossero la tua unica salvezza. Forse lo sono. Non hai il coraggio di sperarci, ma ci provi.

Ti addormenti mentre ad occhi chiusi stai digitando l'ennesimo messaggio; “Sara, per favo” c'è scritto nella casella bianca quando il giorno dopo, alle due del pomeriggio, ti svegli.

Hai la schiena a pezzi, le tempie che pulsano, lo stomaco che brucia e una sete che ti arde la gola, ma il dolore più grande è causato dal messaggio comparso sulla colonna di sinistra nella schermata degli SMS: “Addio, Tommaso”.




---
Eeeehm. No, non lo so da quando sono così stronza con i personaggi che preferisco, chiedo venia (a loro, porelli). Se avete domande su Sara... temo di non avere risposte. Caratterialmente l'ho creata per essere la compagna giusta per una persona come Tommaso, ma della sua storia per il momento non so niente, c'è ancora un po' da lavorare se vogliamo darle una forma e vederla in altri frangenti. 
Se mi chiedete quando si colloca questa storia rispetto alla storia principale (non sapevi ci fosse una storia principale? Non è un problema, se vuoi al trovi sul nostro profilo -- perché sì, questo è un profilo condiviso ♥), direi... qualche anno dopo. Circa tre anni dopo, ma non è molto importante, temo. 
Chiedo scusa alla mia compare se per caso sta piangendo (è che piange spesso quando scrivo questo genere di cose, ma spero di no), tvb honey.
E niente, spero che qualcuno abbia apprezzato. 
Ho scritto due volte (in corsivo, credo) che Tommaso ha pianto (non nel presente, al pub, ma nel passato: una volta con il suo migliore amico, per la sensazione di aver perso tutto, e una volta con Sara, dopo essersi scavato dentro come non aveva mai fatto prima). Considerato il suo temperamento estremamente orgoglioso e tendenzialmente distaccato, it's really a big deal. È il genere di uomo che non piange, mai, se non per la sofferenza più profonda. In genere sono contro i personaggi maschili che piangono spesso, li trovo poco realistici, quindi mi preme molto giustificare il pianto di Tommaso. In caso questa affermazione vi crei qualche perplessità, perché so che può succedere, o per qualunque domanda di ogni genere, i miei contatti sono QUI
Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui! :D

Mich

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: bloop