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Autore: FRAMAR    20/01/2015    39 recensioni
Marco non era più lui, da quando Simone lo aveva lasciato per Enzo, si sentiva solo e triste e non riusciva a togliersi dalla testa Simone: quello che era stato l'amore della sua vita.
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Dedicato a Mara che mi sostiene e mi sopporta.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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IO SONO VIVO


 

Marco non era più lui, da quando Simone lo aveva lasciato per Enzo, si sentiva solo e triste e non riusciva a togliersi dalla testa Simone, quello che era stato l’amore della sua vita. Tutte le volte che andava a Roma, ritornava ad alloggiare sempre nello stesso Hotel dove insieme a Simone avevano alloggiato e passato ore indimenticabili. Sperava di incontrarlo, si sarebbe accontentato di poterlo ammirare anche da lontano. Non lo aveva più incontrato. Anzi non lo aveva neppure più visto.

Ora, vedere Simone, lì a due passi, dopo tanto tempo, procurò a Marco un’emozione profonda. Gli tornarono alla memoria le cento cose piccole e grandi degli anni vissuti insieme e l’acuta nostalgia di quei giorni lontani gli fece battere il cuore all’impazzata. Avrebbe voluto chiamare Simone, corrergli incontro: provò l’impulso di gettarsi tra le sue braccia, di gridargli il suo amore. Comprese allora che i frequenti viaggi a Roma erano stati un pretesto per rivederlo. Si avvicinò al bureau cercando di dominare quella nuova emozione. In quell’attimo Simone si volse, lo vide, gli andò incontro, lo salutò gentilmente, quasi con affetto. Aveva un’espressione serena, ma il suo volto era segnato da rughe che Marco non ricordava. Improvvisamente pensò al proprio aspetto dimesso, al vestito fuori moda che indossava, ai capelli lunghi e disordinati. Gli sembrò di leggere nello sguardo di Simone la compassione, gli parve di sentire nella mano di lui, che ancora tratteneva la sua, pietà.

Marco si irrigidì. Non erano quelli i sentimenti che avrebbe voluto che Simone provasse. Lo ascoltò appena mentre gli accennava al suo lavoro, non lo trattenne quando gli disse di un impegno urgente che lo chiamava in centro. Come un sonnambulo raggiunse la stanza che gli era stata riservata, scivolò sul letto e pianse.

Dovette addormentarsi senza rendersi conto perché si ritrovò di colpo sveglio, nel cuore della notte, ancora completamente vestito. Lo risvegliarono uno strano, pungente odore e delle grida concitate in lontananza. Uno squillo di campanello, ritmato come un segnale d’allarme, lo fece balzare dal letto. Premette il pulsante della lampada sul comodino, ma non successe niente. Il chiarore proveniente dalle insegna luminose sulla strada gli permise di raggiungere la porta. L’aprì. Nel salottino l’odore era ancora acre, più intenso. Sentì un rumore sordo, come un rombo, provenire dal corridoio; si lanciò verso la porta d’uscita, inciampando. La spalancò e un fumo denso gli chiuse la gola.

Alla debole luce di qualche lampada di emergenza Marco vide delle persone correre verso le scale e sentì distintamente urlare: “il fuoco, il fuoco!”. Terrorizzato, corse verso la scalinata, ma ben presto si fermò: una marea di gente cercava di scendere dai piani superiori e le scale erano completamente ostruite. Alcune erano rotolati a terra e nessuno si curava di loro.

Marco pensò a Simone. Dov’era? Gridò il suo nome, ma subito si rese conto dell’assurdità: l’hotel era enorme e chissà dove era la sua stanza. Alzò lo sguardo verso la tromba delle scale e vide le fiamme: correvano, guizzavano scendendo dai piani superiore ad una velocità vertiginosa. La scalinata era ormai un unico fiume di fuoco: in pochi attimi esso avrebbe raggiunto il ballatoio in cui si trovava. Si sentì morire dalla paura.

Gridò di nuovo il nome di Simone, pensando che se fosse stato accanto a lui, se si fossero trovati insieme in quel momento terribile avrebbero potuto fare qualche cosa per salvarsi. Il desiderio di vederlo almeno per un attimo, di parlargli un’ultima volta ancora, divenne spasmodico. Fermo accanto al muro Marco chiuse gli occhi per non vedere le fiamme sempre più vicine, con le mani si coprì le orecchie: non voleva più sentire le urla di disperazione.

Improvvisamente si sentì afferrare da due braccia forti; si volse di scatto: Simone era accanto a lui. Quasi di peso egli lo trascinò verso una porta aperta, di corsa si avvicinò alla finestra, la spalancò, si sporse un poco; poi gli disse:


“Marco, salta, su senza paura”.


Marco guardò sotto di se e vide un vuoto senza fine. Un brivido di terrore percorse il suo corpo, un nodo gli serrò la gola. Non sarebbe mai riuscito a saltare. Sulla strada non vedeva altro che piccoli punti luminosi: probabilmente provenienti dalle macchine ferme dei vigili del fuoco. Si sentiva preda del terrore.
Le sirene delle ambulanze suonavano disperatamente, getti schiumogeni raggiungevano i piani inferiori, grappoli di persone erano alle finestre. La porta della loro stanza era chiusa, ma già la gente disperata cercava di forzarla. Marco udì di nuovo la voce di Simone.


“Salta, Marco, o ci faranno precipitare a forza”.


Guardò di nuovo il fondo di quel baratro e gli parve di vedere dei teloni tesi: sembravano fazzoletti. Proprio in quell’istante si sentì afferrare alla vita. Simone si lanciò nel vuoto con lui.

Per Marco fu un attimo ed un’eternità: rivisse in quegli istanti tutta la sua vita. All’improvviso avvertì un colpo terribile, come una bastonata. Lanciò un urlo mentre si rovesciava verso il bordo del telone, e subito molte braccia si tesero verso di lui.


“Simone, dov’è Simone?”, disse.


Accanto a se vide un’ambulanza ferma: due uomini in camice bianco stavano sistemando un uomo all’interno. Marco si sollevò e gli corse accanto. Era lui.

Il suo viso era pallido, quasi terreo, gli occhi chiusi.


“Simone, Simone mio, ti amo”, gridò e si lasciò andare sul selciato.


Marco si risvegliò in un letto d’ospedale; non gli era successo niente. Simone invece aveva riportato una seria frattura e si trovava in sala operatoria. Trascorse ore di ansia  e di tormento, poi finalmente l’attesa ebbe termine; l’intervento aveva avuto esito felice. Il giorno dopo gli fu permesso di vederlo.

Si era preparato a quell’incontro durante la notte, ma quando si trovò di fronte alla porta della stanza di Simone le parole gli si gelarono sulle labbra. Un giovane, biondo, lasciava in quel momento la sua camera, si trattava di Enzo, il ragazzo che nella vita di Simone aveva preso il suo posto.

Marco si sentì stringere il petto da un morso di gelosia, pensò di fuggire, ma il desiderio di rivedere Simone fu più forte. Entrò, Simone gli sorrise, lo invitò a sedere accanto al suo letto, gli chiese come stava, gli parlò dell’intervento. Marco sedeva rigido vicino a lui, lo ascoltava, non riusciva a dire una parola, non faceva che guardarlo. Anche Simone tacque e lo fissò intensamente. Rimasero così per un tempo che a Marco parve un’eternità. Poi la voce fredda e gentile di un’infermiera lì avvertì che la visita doveva aver termine.

Marco si alzò lentamente e per un attimo ebbe la sensazione che la sua vita stesse per terminare lì, in quell’ospedale. Certo, questo era l’addio definitivo. Un altro uomo aveva preso per sempre il suo posto e a lui non rimaneva che prendere atto e accettare quest’ultima prova della sua sconfitta.

Con gli occhi pieni di lacrime cercò di avviarsi verso la porta che l’infermiera aveva già spalancato. Ad un tratto la voce di Simone disse, con fermezza:


“Scusi infermiera, lui può restare. E’ il mio compagno”.


Marco si voltò di scatto e vide la mano di Simone tesa verso di lui e con un sussurro gli disse “ti amo”.

“Anch’io” rispose con le lacrime agli occhi Marco e poi aggiunse: “Enzo?”.

“Enzo non c’è più nella mia vita. È venuto a trovarmi da semplice amico: è te che amo. Ho sbagliato una volta, ma ora ho deciso, non voglio lasciarti mai più. Scusami per il male che ti ho fatto.


In quel momento i due si abbracciarono dandosi un lungo bacio, mentre Marco pensava “Io sono vivo grazie a Simone che mi ha salvato la vita, ma io sono vivo anche dentro perché ho ritrovato l’amore della mia vita. Ora la mia vita ha veramente uno scopo: vivere per sempre con Simone”.

 

 

 

 

 

 


 

   
 
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