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Autore: AlexisRendell    21/01/2015    1 recensioni
Piccola Oneshot su una delle mie coppie preferite, Meta Knight (da Kirby, in versione umana) x Lucina Lowell. ( da FE:A)
Semplicemente un racconto di loro due in una notte in cui lei non riesce a prendere sonno, e chiede al suo compagno di raccontargli una storia per farla calmare e tornare finalmente a dormire.
Lui deciderà di raccontarle una leggenda, sul perché la Luna è solita sparire di tanto in tanto, incentrata sul romanticismo e sull'amore impossibile che un piccolo Usignolo prova per lei.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucina
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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-Meta...-
Aprii gli occhi, incontrando i due zaffiri che mi scrutavano, fulgidi e bellissimi, d'un azzurro appena distinguibile nel soffuso colore della notte.
La mia amata si strinse a me, poggiando la testa al mio petto, contenta di trovarmi ancora reattivo nonostante l'ora fosse ormai tarda.
-Non riesco a dormire.-
Le accarezzai i capelli, poggiando le labbra alla testa di lei, lasciandoci un soffice bacio.
"Lo vedo."
Scostò il viso dal mio petto, per potermi osservare negli occhi.
-Raccontami una storia...-
La voce di lei appariva così morbida, quasi ovattata nel torpore del sonno.
"Che genere di storia?"
-Quella che preferisci. Qualcosa di dolce. Niente battaglie...-
"Mh..."
Si avvolse di più nelle coperte.
-Te ne prego.-
La strinsi a me, cominciando a mormorare.
"Vi racconterò di una leggenda che spiega il perché la Luna sente il bisogno di sparire, ogni tanto, e far calare l'oscurità della notte senza illuminarci e dare aiuto ai viandanti del crepuscolo..."
-Va bene..-
Si predispose all'ascolto, poggiando la schiena al mio petto e lasciando che io la abbracciassi, facendo scorrere le braccia sul ventre lievemente rigonfio che nascondeva in sé il nostro piccolo miracolo.
"Si narra di un tempo in cui la Luna era la regina indiscussa delle tenebre, la sola che nel cielo notturno osasse ardire tanto da sfidare l'oscurità e sconfiggerla con il suo freddo splendore.
In molti guardavano ad essa come un irraggiungibile e bellissimo premio, e fra coloro che la ammiravano ogni notte si potevano annoverare anche i piú disparati animali.
Al sicuro fra i boschi, vi era un semplice ed anonimo uccellino, piccolo e color delle foglie secche. Questo uccellino non aveva l'eleganza del Lupo, la forza del Leone, o l'astuzia della Volpe, ma gli dei stessi avevano ad esso donato una voce in grado di comporre le più dolci e cristalline note, con le quali allietava i rami delle querce e degli olmi, che in quei giorni sembravano risvegliarsi dal lungo sonno dell'inverno e prepararsi a far sbocciare, nuovamente, la vita.
Non vi era niente di più sacro a questo uccellino dell'accompagnare con il suo umile e tuttavia bellissimo canto lo sbocciare dei fiori, il germogliare delle prime foglie, e chiunque passasse di li non poteva fare altro che fermarsi in ascolto, estasiato.
"Di cosa canti, giovane uccellino?"
chiedevano gli Alberi, meravigliati e semplici di pensiero.
"Canto dell'amore" rispondeva lui.
"Come puoi cantare di qualcosa che non conosci?" Chiedeva la Lepre, che si credeva tanto furba.
"Perché così, quando lo consocerò, il mio canto diverrà più intenso e profondo, e potrò rendere un giusto omaggio a questo sentimento che molti decantano, ma che in pochi hanno ardito di conoscere veramente."
Rispondeva lui, senza scomporsi alle prese in giro.
E così, venne la primavera.
L'uccellino solitario cantava, cantava e celebrava l'amore con il suo solitario cinguettio, e sulle note della sua dolce musica molte coppie conobbero quel sentimento. L'uccellino si sentiva sempre più solo, e sempre più desideroso di conoscere anche lui la musa invisibile di cui tanto amava parlare.."
-Mh...- Mi fermò lei. - Avrebbe potuto cercare di conoscere qualche uccellina, invece di cantare e basta, magari così avrebbe risolto i suoi problemi.-
Sorrise, e così feci anche io. Amavo quel suo umorismo così pungente e quasi sempre fuori luogo, che però riusciva ogni volta a strapparmi una risata.
"Quando racconterai tu la storia, la racconterai così, allora."
-Mh-mh. Non sono brava quanto te a raccontare...-
Mi sfiorò le labbra con le proprie, incitandomi a continuare il racconto. Le rubai tuttavia un esile bacio prima di proseguire.
"Fu per caso, che giunto un tramonto, l'uccellino, invece di coricarsi presto come era solito fare, per poter così incominciare la giornata, rimase sveglio, in silenzio, ad ascoltare lui per una volta i rumori della foresta. Conobbe così l'ululato del Lupo, e volando raggiunse la belva, posandosi su un ramo basso.
"Di cosa canti, fratello Lupo?"
Chiese, incuriosito dalla tristezza del canto.
"Canto dell'amore" rispose quello.
"Anche io canto dell'amore, ma il tuo canto è triste." Obiettò il giovane uccellino.
"L'amore di cui canto, è un amore impossibile, amo qualcosa che non può essere raggiunto." E così dicendo, rincominciò ad ululare.
L'uccellino volò via, avvicinandosi ad un ruscello e fermandosi a bere, bagnando il sottile becco nelle acque trasparenti. Conobbe così il gorgogliante canto delle acque.
"Di cosa canti, fratello fiume?"
Chiese, curioso.
"Canto dell'amore", rispose il Fiume.
"Anche io canto dell'amore, ma il tuo canto, come quello del Lupo, è triste."
"Canto di qualcosa che ogni notte si riflette fra le mie acque, ma che non posso ardire di toccare." E così dicendo, ricominciò con il suo cupo mormorio.
L'uccellino tornò al suo ramo, posandovisi a riflettere su cosa potesse mai far soffrire per amore, il più puro e bello dei sentimenti.
Alzò lo sguardo al cielo, e solo allora la vide, bella e splendente nel cielo, così luminosa e tuttavia fredda.
Il suo cuore ne fu immediatamente rapito, e con ali non di piume ma di vento volò da lei, sfiorandone l'irregolare superficie e cercando di scorgere in essa un segno di vita.
"Che cosa è?" Chiese l'uccellino.
"È l'amore che non raggiungerò mai" rispose il Lupo.
"È l'amore che ti sfiora ma che mai potrà essere tuo" rispose il Fiume.
"È la luna" rispose la Lepre, che come altri era sveglia ad ammirare il cielo. "È il sole della notte."
"Il sole della notte" ripeté l'uccellino, meravigliato da quella bellezza.
"In molti cantiamo per lei, ma non otteniamo mai risposta" asserì il Lupo.
"Deve essere mia" rispose l'Usignolo.
"Chi inizia ad amarla, mani ne uscirà, e quella che sembrava una dolce ricompensa muterà nella tua causa di morte." Lo ammonì il Fiume.
"Deve essere mia." Ripeté il coraggioso uccellino. "Mai più canterò le mie canzoni, se non per lei."
Ed iniziò a cantare.
Un canto che aveva in esso la lugubre tristezza del Lupo, la cristallina purezza del Fiume, il semplice frusciare degli Alberi e il caldo richiamo della Primavera. Mai una simile bellezza canora aveva sfiorato i cieli, ed i venti portarono le note fino a lei, alla proibita e gelida Luna, che, inizialmente indifferente, brillò sempre più candida, ammaliata da una tale maestria.
Il pallore dell'astro e la sua lontananza, tuttavia, non permisero agli animali della terra di percepire un sì flebile mutamento, facendo stringere i loro cuori e riempiendoli di pena verso il giovane e canterino amante.
Ma l'Usignolo non desistette.
Cantò e cantò, componendo le più belle poesie e i più splendidi versi per la Musa amata, cantò fino a sentire il fuoco bruciare nel suo piccolo corpo, e l'alba lo vide cadere dal ramo, esanime.
Gli animali osservarono quella scena con tristezza, l'amore che tanto aveva ricercato, alla fine, aveva spezzato la sua fragile vita."
- È morto? Per amore?-
Mi chiese lei, turbata.
"L'amore, a volte, può essere più sfiancate della più ardua battaglia."
Le accarezzai i capelli con dolcezza, reprimendo uno sbadiglio.
-Ne parli come fossi esperto...-
La lieve gelosia che infuse in quelle parole mi fece sorridere.
"Sto solo raccontando una storia."
-Continuala...-
Mi appoggiò le labbra al viso, depositando un lieve bacio sulla mia guancia.
"L'alba lasciò il posto al giorno, che scorse nel più cupo silenzio. Niente più canti ad alleviare le fatiche della giornata, niente più dolci gorgheggi ad accompagnare le effusioni degli amanti.
Così giunse il tramonto, e la Luna nuovamente fece capolino nei cieli, così oscuri e silenziosi, cercando con occhi invisibili la figura del suo amante, per poter ascoltare il suo canto.
"Dove si trova il mio nobile cantautore?" Chiese al Ruscello.
"L'Usignolo ha dedicato a voi la sua ultima canzone, prima di spirare." Rispose quello.
"Ora è celato sotto terra, lontano da ogni dolore." Disse il Lupo.
La luna divenne improvvisamente triste. Rimase in cielo, silenziosa, si, ma non più fulgida e brillante come un tempo. Iniziò lentamente a morire, lasciando cadere pezzi di sé a vagare nel cielo.
Il Sole se ne accorse ben presto.
"Cosa vi strugge, mia argentea compagna?" Le chiese, con tono caldo e affabile.
"Non sentirò più il canto dell'Usignolo, a causa della mia freddezza." Sussurrò lei.
Il Sole di dispiacque, ma non c'era cosa che potesse fare per lei.
Così, notte dopo notte, la luce della Luna si affievoliva sempre più, finché una notte gli animali si trovarono nel buio, avvolti in un mondo dove le forze del chaos potevano finalmente avere il sopravvento.
"Luna! Luna!" Chiamò la Lepre, senza ottenere risposta.
"Luna! Luna!" Brontolò il Ruscello.
"Luna! Luna!" Ululò il Lupo.
Ma nessuna di queste suppliche sortì l'effetto diseredato, fino a che un canto squarciò il tessuto del Cielo, un canto forte e sicuro, dolce e armonioso.
"Luna, perché ti nascondi?" Chiese l'Usignolo, volando etereo accanto ad essa, nascosta nel buio dell'universo.
"Per causa della mia freddezza, mai più ti ascolterò cantare" rispose contrita.
"Gli dèi mi hanno mandato a te con un messaggio, oh Luna."
Lei lo osservò, in ascolto.
"Dicono che, se davvero mi ami, io potrò volare fino a te quattro volte ogni stagione, così da allietarti con la mia voce."
"Si" disse lei. "Lo desidererei tanto."
L'Usignolo, allora, cominciò a cantare. Un canto che durò per giorni, colmo d'amore e che la luna ascoltò con meraviglia, fuoriuscendo dal l'oscurità per tornare a brillare radiosa.
Tuttavia, per quanto il canto potesse essere bello e lungo, volse al termine.
"Il mio tempo è finito" sospirò l'uccellino. "Mi mancherete."
"Anche voi." Sospirò lei, guardandolo svanire, portato via dal Carro Minore. E, nuovamente, cominciò a scomparire.
Ma la speranza che il suo amato avrebbe fatto ritorno la rese forte e così, dopo aver lasciato solo il cielo per una notte, in segno di lutto, tornò nuovamente a crescere, fino a che il culmine del suo splendore non guidò nuovamente l'uccellino da lei, ed insieme cantarono."
-Meta...-
"Si?"
Mi guardò negli occhi.
-L'hai inventata tu, non è vero?-
Annuii.
-È una storia bellissima.-
Sbadigliò, le labbra lambite da un tenue sorriso, e si appoggiò a me, la mano posata sul mio petto e la testa alla mia spalla.
-Quell'uccellino, tuttavia, era davvero stupido...-
Sorrisi.
"Si, lo era."
-Perché non ha smesso di cantare, nel vedere che la Luna non reagiva?-
"Perché, dentro di sé, sapeva che l'avrebbe amata per sempre."
Sembrò pensierosa, poi ridacchiò.
-Allora era doppiamente stupido..-
"Mh.." Cercai le labbra di lei con le mie, sorridendo. "O forse era solo pazzo. Pazzo d'amore per la sua Luna."
Lei mi baciò, stringendosi a me, come fosse bisognosa di protezione, che non mancai di dargli, stringendola a mia volta.
-Forse. O forse era solo stupido.-
Insisté. Amavo la sua tenacia.
"Probabilmente hai ragione. Chi sarebbe mai così stupido da innamorarsi di qualcosa così freddo e irraggiungibile?"
Sorrisi nuovamente, accompagnandola nel mondo dei sogni con un bacio sulla fronte.
"Dormi, ora. Sarà una lunga giornata."
Lei annuì, già stretta nell'abbraccio di Morfeo.
-Buonanotte, Meta..-
Ascoltai i suoi respiri sentendoli sempre più calmi e regolari.
"Buonanotte, mia Luna."
  
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