Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Ortensia_    21/01/2015    2 recensioni
«Ricordi sbiaditi, luci soffuse, amori spezzati e ombre evanescenti. Il tempo si porta via tutto: anche le nostre storie.» — Dal Capitolo IV
Sono passati alcuni mesi dalla fine delle scuole superiori, e ogni membro dell'ex Generazione dei Miracoli ha ormai intrapreso una strada diversa.
Kuroko è rimasto solo, non fa altro che pensare ai chilometri di distanza fra lui e Kagami, tornato negli Stati Uniti.
Tuttavia, incontrato uno dei suoi vecchi compagni di squadra della Teiko, Kuroko comincia una crociata per poter ripristinare la vecchia Gerazione dei Miracoli, con l'aggiunta di nuovi membri, scoprendo, attraverso un lungo e tortuoso percorso, realtà diverse e impensabili.
«La Zone era uno spazio riservato solo ai giocatori più portentosi e agli amanti più sinceri del basket, era, in poche parole, la Hall of Fame dei Miracoli.» — Dal Capitolo VII
[Coppie: KagaKuro; AoKise; MuraHimu; MidoTaka; NijiAka; MomoRiko; forse se ne aggiungeranno altre nel corso della fanfiction.
Accenni: AkaKuro; KiseKuro; MiyaTaka; KiMomo; KuroMomo; KagaHimu.
Il rating potrebbe salire.]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Ryouta Kise, Satsuki Momoi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hall of Fame'
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Capitolo XXXIII





L'ombra della sera inghiottisce le ultime luci del giorno.

«Atsushi, adesso basta! Ti ho già spiegato il motivo!» la voce di Himuro riecheggiò nella cucina e fu ben udibile anche al di là della porta, tanto che Aomine si voltò immediatamente a controllare che non vi fosse qualche cliente.
«Che figura ci facciamo, se entra qualcuno adesso?» schioccò la lingua contro il palato e Matsuda distolse la propria attenzione dalla porta chiusa per seguire il suo sguardo, mordendosi il labbro inferiore e supplicando mentalmente che nessuno dei passanti fermi di fronte alle vetrine entrasse nel locale.
«Non fanno altro che litigare, ultimamente.» Miya affondò l'unghia del pollice nel labbro inferiore e sospirò profondamente, impaziente di tornare in cucina a lavorare - il fatto che l'avessero costretta ad abbandonare l'impasto dei macaron e quindi a lasciare il lavoro a metà le dava sui nervi -.
Kagami non disse nulla e si limitò a sospirare rassegnato, affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e allontanandosi dalla porta con qualche passo lento e irregolare: possibile che continuassero a litigare per lo stesso motivo che li aveva già spinti a scontrarsi nei giorni addietro? Possibile che fosse lui la causa di tutte quelle divergenze? Provocare tanti problemi non era sua intenzione, oltretutto si sentiva di giorno in giorno sempre più in colpa nei confronti di Himuro che, pur non avendo fatto nulla di male, continuava a subire la furia e la gelosia infantile di Murasakibara.
«Vorrei prenderlo a pugni.» ringhiò sommessamente, tese le braccia lungo i fianchi e serrò le dita in pugni stretti, cercando di immettere più aria possibile nei polmoni.
Aomine seguì il continuo andirivieni di Kagami e cercò di immaginare chi fra lui e Murasakibara avesse più probabilità di vittoria in uno scontro fisico, ma in pochi istanti abbandonò le sue congetture e smise di scommettere con se stesso, infastidito dal movimento ansioso e costante dell'altro.
«Ohi, siediti e smettila di fare avanti e indietro, consumi il tappeto.» brontolò e tornò a sedersi in cassa; Kagami, dal canto suo, si fermò solo un istante per dare un'occhiata al tappeto, poi lo fulminò con lo sguardo e riprese a passeggiare.
Era palese che Kagami fosse dispiaciuto - e infastidito - nei confronti di quella situazione, ma Aomine giudicava senza senso il suo continuo assumersi la colpa, dopotutto lui non aveva fatto altro che scambiare qualche parola con un amico che considerava addirittura un fratello, tanto era prezioso.
La porta di cucina si spalancò all'improvviso e i quattro seguirono con lo sguardo il movimento rapido di Himuro, che con passo estremamente pesante e irregolare, probabilmente a causa del nervoso, transitò fra Matsuda e Miya e giunse di fronte alla porta.
«Tatsuya?» non appena lo vide afferrare la maniglia fra le dita, Kagami lo chiamò, ma la voce suonò bassa e spezzata: nonostante gli ultimi giorni non facessero altro che litigare, Himuro non aveva mai lasciato il locale prima della chiusura, quindi il fatto che stesse per uscire significava che doveva essere grave.
«Dove vai?» Kagami sperò che volesse prendere solo un po' d'aria.
Himuro rafforzò la stretta delle dita attorno alla maniglia e guardò oltre la porta di vetro.
«Oggi vado via prima.» continuò a guardare oltre la porta e schiuse le labbra per catturare una grande boccata d'aria: non aveva idea se lasciare il locale fosse la cosa giusta da fare, ma ciò di cui era certo era che lì dentro non poteva resistere un minuto di più.
«Se vuoi puoi venire anche tu, hai il mio permesso.» Tatsuya scandì l'ultima parte della frase e Taiga spalancò gli occhi, colto completamente alla sprovvista da quelle parole.
«Ah? Ehi, non è giusto!» Aomine brontolò immediatamente, ma sia Kagami che Himuro lo ignorarono e quest'ultimo si decise ad aprire la porta.
«Allora, Taiga?» Himuro restò fermo sulla soglia e si voltò verso di lui, forzando un sorriso: forse lasciare il locale con Kagami, che era la causa delle sue dispute con Murasakibara, non era la decisione più saggia, ma era un buon modo per vendicarsi dell'altro e per cercare di distrarsi, dimenticare almeno momentaneamente quella situazione.
«A-arrivo!» Kagami mormorò e sentì le gambe terribilmente pesanti, per un istante credette di non riuscire a staccare i piedi dal pavimento, ma non appena compì il primo passo si affrettò a raggiungere l'altro e varcò la soglia appena dopo di lui.


«Mhn?» Murasakibara aggrottò la fronte e si chiuse la porta della cucina alle spalle, indugiando appena «Mine-chin, come mai sei ancora qui?»
Aomine si voltò verso di lui e trasse un sospiro di sollievo: finalmente il locale chiudeva e lui sarebbe tornato a casa.
«Visto che se ne sono andati via tutti e non avevo niente di meglio da fare, ho pensato di restare.» borbottò e si alzò dallo sgabello, dirigendosi a passo rapido verso l'uscita del locale per raggiungere l'attaccapanni e indossare il piumino.
Murasakibara restò imbambolato a guardarlo, poi fece marcia indietro e tornò in cucina.
«Ohi, che fai?» Aomine sbuffò e restò a fissare la porta chiusa con sguardo indispettito, serrando la zip del piumino soltanto quando l'altro fece ritorno dalla cucina.
«Allora aiutami a portare fuori la spazzatura.» Murasakibara parlò con estrema calma e sollevò appena le braccia, mostrandogli quattro grossi sacchetti bianchi.
«A saperlo me ne sarei andato prima.» Daiki schioccò la lingua contro il palato e tese un braccio «avanti.»
Murasakibara lo raggiunse e gli porse due sacchetti, adagiò i suoi a terra e li risollevò senza il minimo sforzo non appena ebbe indossato il cappotto.
Aomine si strinse nel piumino e affondò il viso oltre il bavero, infastidito dall'evidente differenza di temperatura fra il locale e l'ambiente esterno, mentre Murasakibara continuò a camminare dietro di lui senza dire o fare niente di particolare, come se l'aria fredda e pungente della sera non lo sfiorasse nemmeno.
Daiki si chiese se non fosse meglio chiedergli qualcosa, magari se Himuro lo aveva chiamato o, più semplicemente, come stava, ma non aveva alcuna intenzione di diventare un ficcanaso come Kise - aveva già dato abbastanza nelle “indagini” riguardo Satsuki e Riko -, e poi aveva già fatto tanto nel restare al locale perché Murasakibara non si ritrovasse a gestire cassa e cucina completamente da solo.
Dopo essersi fermati un istante per buttare la spazzatura, ripresero a camminare in silenzio e Aomine lasciò scivolare le mani nelle tasche del piumino, sospirando nervosamente: forse si era abituato così tanto alla voce petulante e lagnosa di Kise che il silenzio cominciava ad infastidirlo più del dovuto.
«Mine-chin?»
Aomine schiuse le labbra, intento a dire qualcosa, ma le serrò non appena Murasakibara lo chiamò e gli mostrò qualcosa con l'indice.
Daiki assottigliò lo sguardo e cercò di mettere a fuoco la sagoma che l'altro gli stava indicando tanto animatamente.
«Quello non è …?» Atsushi sussurrò e si fermò accanto a lui.
Quando Aomine riuscì a scindere il volto di colui che Murasakibara gli stava indicando dal buio, schiuse le labbra in un sospiro di sorpresa che prese immediatamente le sembianze di un ringhio nervoso.
«Andiamo.» non aveva voglia di sporcarsi le mani un'altra volta, quindi riprese immediatamente a camminare.
«Ma allora è proprio lui?» Murasakibara lo seguì senza riuscire a distogliere la propria attenzione dall'altro.
«Sì, è Haizaki.» Aomine rispose a denti stretti e accelerò il passo: se li avesse visti, avrebbe sicuramente cominciato a provocarli, e di conseguenza sarebbero venuti alle mani - non che gli dispiacesse l'idea di dargli un altro pugno in faccia, ma non aveva voglia di far aspettare ancora Kise per colpa di un idiota simile -.
«Mine-chin, credo ci sia qualcosa che non va.» Atsushi gli afferrò la manica del piumino e lo strattonò appena, fermandosi nuovamente.
«Ohi!» Aomine ringhiò, ma notando lo sguardo perso di Murasakibara decise di voltarsi in direzione di Haizaki.
Quando Haizaki li guardò, Aomine sentì i muscoli delle braccia e delle gambe contrarsi, come quelli di una pantera pronta a balzare sulla preda, ma si rilassarono non appena lo sguardo dell'altro tornò a rivolgersi altrove.
Possibile che non li avesse riconosciuti? Possibile che non fosse Haizaki? No, a pensarci bene c'era qualcos'altro nel suo sguardo, e Aomine non era stato il solo a notare il rossore delle cornee e gli occhi vuoti e inespressivi.
«Mine-chin, è fatto?»
Aomine rimase a guardarlo ancora per qualche istante e liberò il braccio dalla stretta di Murasakibara.
«È fatto.» fece eco e riprese a camminare, questa volta deciso a non assecondare più la curiosità infantile di Murasakibara.


«Aominecchi!»
Aomine digrignò i denti e fu tentato di tapparsi le orecchie, estremamente irritato dallo strepitio esagitato di Kise.
«È tutta la sera che ti aspetto!»
«Te l'avevo detto che avrei fatto tardi.»
«Non così tardi!» Kise gonfiò le guance e mise il broncio.
«Qual è il problema?»
«Avevo preparato la cena ...»
«Oh, beh, l'avrai bruciata un'altra volta.»
Kise buttò fuori tutta l'aria che aveva raccolto nelle guance e gli diede una piccola spinta.
«Aominecchi!»
Aomine lo ignorò e si sedette ai piedi del letto, sfilandosi le scarpe con estrema lentezza.
«Come mai ti sei trattenuto così tanto?» Kise smise di lagnarsi e si sedette accanto a lui.
«Himuro e Kagami sono andati via prima e io sono rimasto.» si strinse nelle spalle e guardò un punto impreciso davanti a sé.
«Hanno litigato di nuovo?» Ryouta chiese a voce bassa, come se avesse avuto paura di essere sentito da qualcuno.
«Già.»
«Forse dovrei chiamare Himurocchi.»
Aomine grugnì e Kise sbuffò sommessamente, rivolgendo il proprio sguardo altrove: non doveva essere geloso, non c'era motivo. Himuro lo aveva aiutato a fare chiarezza sui suoi sentimenti e lui, in qualche modo, voleva ricambiare il favore.
«Oh, a proposito.»
Kise tornò a guardarlo e restò in silenzio.
«Abbiamo incontrato Haizaki. Fatto. Completamente.»
Kise aggrottò la fronte e sbatté le palpebre un paio di volte, boccheggiando appena.
«Fatto? In quel senso, Aominecchi?»
«In quel senso.» Aomine ghignò vagamente divertito e Kise si lasciò scappare un sorriso che scomparve non appena lo stomaco dell'altro brontolò.
Aomine inarcò appena la schiena e si portò una mano allo stomaco.
«Aominecchi, se hai fame c'è la cena in frigo, anche se non ho idea di come siano freddi.»
«Cos'hai preparato?»
«Ho provato a fare i fish burger.»
«Potevi dirlo subito!» gli occhi di Aomine parvero illuminarsi e si alzò immediatamente in piedi «dammi dieci minuti.»
«No, no, Aominecchi! Vengo con te in cucina!»
«Eh? Ma dobbiamo fare tutto insieme come le donne?»
Kise gli sorrise e gli afferrò il braccio con la mano, fermandolo sulla soglia della camera per dargli un piccolo bacio sulle labbra.
«Devo sapere cosa ne pensi, e poi non ci siamo visti per tutto il giorno!»


Kuroko si sistemò sulle gambe incrociate di Kagami e gli circondò la vita con le proprie e le spalle con le braccia, restando a guardarlo con le labbra increspate in un sorriso quasi impercettibile.
Kagami gli afferrò i fianchi e chinò il viso per baciargli il collo un paio di volte, e Kuroko si lasciò scappare una risata sommessa.
«Taiga ...»
Kagami sfiatò contro il suo collo e arrossì improvvisamente: ormai Kuroko lo chiamava così nei momenti di intimità, e per quanto gli facesse piacere sentiva di non essersi ancora abituato - forse non si sarebbe mai abituato -.
Kagami si lasciò scivolare sulla schiena e trascinò l'altro con sé; Kuroko, dal canto suo, ampliò il sorriso e adagiò la fronte contro la sua, chiudendo gli occhi e inspirando il suo profumo per qualche istante.
«Sei pronto per il paintball?» scacciato l'imbarazzo, Kagami parlò, ma a voce estremamente bassa, come erano soliti fare ogni qualvolta si trovassero soli, abbracciati nella penombra della camera da letto.
«Pronto.» Kuroko scostò la fronte dalla sua e lo guardò «Kagami-kun, qualunque cosa succeda, sappi che ti amo.»
Kagami incrinò le labbra in una smorfia di puro imbarazzo e guardò altrove.
«Non andiamo mica in guerra, Kuroko. Non è il caso di dire certe cose.»
Kuroko sorrise e lo baciò piano, per poi sussurrargli sulle labbra.
«Penso che dovremmo fare l'amore per dirci addio.»
«Kuroko!» Kagami strepitò, ormai in balia dell'imbarazzo: Kuroko aveva intenzione di continuare quella messa in scena e aveva già insinuato le dita oltre l'elastico dei suoi boxer.
Kagami lasciò sprofondare il capo al centro del cuscino e si arrese quasi immediatamente ai tocchi rapidi e delicati dell'altro; Kuroko sospirò contro il suo collo e lo baciò un paio di volte, stuzzicando il timido inizio di erezione con tocchi decisi della mano destra.
Kagami intrecciò le dita ai suoi capelli e protese il viso per baciarlo, prima piano, poi con più energia, divaricando appena le gambe perché l'altro potesse liberarlo dall'impiccio dei boxer il più velocemente possibile.
Kagami portò le mani alle anche di Kuroko e gli sfilò gli slip, poi si mise a sedere e si ritrovarono di nuovo nella posizione di prima, con la sola differenza delle labbra incollate e delle erezioni a contatto.
Taiga chinò di nuovo il viso per stuzzicare il collo dell'altro con una serie di baci rapidi e Tetsuya si strinse un poco di più a lui, lasciandosi scappare un sospiro tremante e cominciando a muovere il bacino, deciso a stimolare ulteriormente la sua erezione e quella dell'altro.
Le mani di Kagami percorsero rapide la schiena magra dell'altro, accarezzarono la pelle liscia e seguendo la linea tracciata dalle vertebre, giungendo fino alle natiche sode; Kuroko, dal canto suo, continuò a muovere il bacino e gli afferrò il viso fra le mani, cercando i suoi occhi per un breve istante e poi tornando a baciarlo e a lasciarsi baciare.
Le dita di Kagami si insinuarono fra le natiche di Kuroko e non appena questo sollevò il bacino lo penetrò con l'indice e, dopo qualche movimento, anche con il medio, cercando di prepararlo il più velocemente possibile - dopotutto, ormai, c'era una certa confidenza e Tetsuya si era abituato all'improvvisa fretta che molto spesso faceva agire l'altro più come un animale che come un essere umano -.
Quando Kagami tornò ad arpionargli le anche e insinuò il membro fra le sue natiche, Kuroko si lasciò sfuggire un altro sospiro accaldato e intrecciò le dita ai suoi capelli, tendendo il capo all'indietro per esporre ulteriormente il collo e dare modo all'altro di baciarlo ancora, più volte e con molta più foga rispetto a prima.
Non appena Kagami lo penetrò, Kuroko cominciò a muoversi, baciandogli il lobo dell'orecchio destro con estrema lentezza. Taiga affondò le dita nelle sue natiche e sospirò di piacere, adagiando la fronte alla sua spalla e cominciando a sollevare e abbassare il bacino con movimenti lenti.
Le gambe di Kuroko rafforzarono la stretta attorno alla vita dell'altro e le mani cercarono sostegno sulle spalle, il movimento dei bacini cominciò ad accelerare e a divenire più fluido e Kagami sentì l'esigenza di un appoggio, quindi adagiò entrambe le mani al materasso e inarcò appena la schiena, ricambiando con foga i baci dell'altro.
Da quando avevano cominciato ad acquisire più dimestichezza col sesso e più confidenza l'uno con il corpo dell'altro, era diventato tutto molto più facile e intenso, era una sensazione sublime e appagante che stancava i corpi ma lasciava nelle anime una felicità imperturbabile. Quando facevano l'amore erano nel loro mondo e nessuno poteva disturbarli, nessuno poteva entrare.
Dopo aver fatto l'amore due o tre volte, era diventato improvvisamente facile scacciare via ogni inibizione - Kuroko dava l'idea di essere completamente a suo agio anche le prime volte, ma in verità era teso quanto Kagami -, era come se si conoscessero e si amassero da una vita - ma a pensarci bene, loro si amavano da una vita -.
Le dita di Kuroko arrancarono lungo le scapole di Kagami, che sollevò un poco di più il bacino e aumentò i movimenti, ormai prossimo all'amplesso che, a causa del seme caldo dell'altro attorno al suo ombelico e del suo gemito leggermente più forte dei precedenti, non si fece attendere.
Kagami gemette sommessamente e una volta svuotatosi dentro l'altro si coricò sulla schiena e sospirò affannosamente; Kuroko, dal canto suo, si stese su di lui ancora ansante e gli afferrò il viso fra le mani, accarezzandogli lentamente le guance e baciandogli le labbra con estrema gentilezza.


Il fatto che Aida avesse interrotto immediatamente il suo idillio riguardo al trovarsi in una squadra di paintball con Aomine, non piaceva affatto a Kise. Non avrebbe avuto problemi a comporre una squadra con Nijimura, Akashi, Kagami o Kuroko, ma era palese che preferisse giocare quella bizzarra partita insieme al suo fidanzato; il colmo era che Aomine sembrava aver completamente ignorato l'ammonimento di Aida e aveva cominciato sciorinare una strategia di squadra piuttosto aggressiva, senza neppure prendere in considerazione l'idea che avrebbero potuto dividerli.
«Non vincerai mai contro di noi, Bakagami!» Aomine aveva cominciato ad inveire contro Kagami, che senza farselo ripetere due volte aveva deciso di rispondere alla provocazione.
«Io e Kuroko faremo molto meglio di voi!» ringhiò e Kuroko lo guardò, poi si avvicinò un poco di più a lui e gli tirò la manica della felpa.
«Kagami-kun, non credo che saremo in squadra insieme.»
«Beh, che tu sia in squadra con Tetsu o meno, io ti troverò e ti ucciderò.» Aomine ghignò e Kagami arricciò il naso in tutta risposta, pronto a ribattere con un altro ringhio.
«Aomine-kun, non esagerare: non è una guerra, questa.»
«Eh-?!» Kagami incenerì Kuroko con lo sguardo: non era divertente che ripetesse le parole pronunciate proprio da lui la sera prima, parole che non erano servite a niente, visto che l'altro lo aveva ignorato e usando la scusa della “guerra” lo aveva costretto a fare l'amore - non che “costretto” fosse il termine più adatto, visto che Kagami non aveva fatto nulla per sfuggire dalle sue grinfie gentili, ma nel suo immaginario era stato circuito, persuaso, era solo colpa di Kuroko se la sera prima avevano fatto sesso -.
«Daiki, non dovresti prendere alla leggera i tuoi avversari.» Akashi accennò un sorriso e si avvicinò al gruppo con estrema lentezza.
«Ah?» Aomine, dal canto suo, inarcò un sopracciglio e gli rivolse un'occhiata confusa: difendeva Kagami?
«Mi sbaglio o mi hai lasciato da parte?»
Aomine si rilassò: ovviamente con avversari intendeva se stesso, non Kagami.
«Mi dispiace, Daiki, ma sarà la mia squadra a vincere.»
Aomine serrò le labbra e le contorse, desideroso di sfuggire allo sguardo tagliente e imperturbabile di Akashi.
«Siete qui da tanto?! Scusateci!» per fortuna la voce squillante di Momoi attirò l'attenzione di Akashi, e Aomine poté ricominciare a respirare - ma fu un respiro molto breve, perché la voce di Satsuki era molto più alta del solito e il suo sorriso più grande, e ciò insinuò nuovi dubbi in lui -.
«Kise?» Daiki sussurrò.
«Uhm? Che c'è, Aominecchi?»
«Ti odio.» brontolò e gli punzecchiò il braccio: era solo colpa sua se ogni volta che vedeva Momoi cominciava a porsi domande imbarazzanti e ipotizzare accadimenti al limite dell'assurdo.
«Aominecchi! Perché?!» Kise si lagnò come un bambino e gli afferrò la manica della felpa, scuotendola con energia, ma il piagnisteo finì non appena la voce di Aida riecheggiò nell'area circostante.
«Buongiorno, soldati!»
«Eh?» Kagami la guardò allibito, esattamente come Kuroko.
«L'ha presa sul serio, eh?» Nijimura, invece, protese appena le labbra e Akashi sorrise vagamente divertito.
«Riko-chan, stai benissimo vestita così!» Momoi batté le mani e sorrise, e allora capirono tutti che la bombetta, i pantaloncini e la camicetta in stile militare erano ad opera della più piccola.
«Momoi, smettila.» Aida sbatté le palpebre un paio di volte e cercò di non badare al bruciore che le pizzicava le guance.
«È un incubo ...» Aomine mormorò a denti stretti e Kise, che sembrava essersi già ripreso dalla frase che gli aveva rivolto prima, lo guardò e sorrise divertito.
«Bene.» Riko si schiarì la voce e cercò di tornare seria «fra poco vi assegneremo i fucili e le munizioni, che saranno di un colore diverso per ogni squadra.»
Nijimura inspirò profondamente e si avvicinò un poco di più ad Akashi, completamente concentrato su Aida.
«Io e Momoi abbia pensato a specifiche squadre per aiutarvi a sviluppare una certa confidenza e collaborazione.»
Nijimura strinse i denti: ciò significava che lui e Akashi, che avrebbero potuto lavorare in squadra con molta più sintonia rispetto ad altri, sarebbero stati divisi.
«La prima squadra avrà le munizioni blu e sarà composta da Aomine-kun e Nijimura-san.»
La possibilità di capitare con Akashi era già svanita, ma il fatto che gli avessero assegnato Aomine lo rese abbastanza euforico, tanto che a Nijimura venne istintivo scrocchiarsi le dita delle mani: sarebbe riuscito a gestirlo, lo avrebbe fatto rigare dritto come faceva ai tempi del Teikou.
«Aominecchi ...» il lamento di Kise sembrò quello di un cucciolo in cerca della madre, così Aida accennò un sorriso e si rivolse a lui.
«Kise-kun, tu sei con Kuroko-kun. Le vostre munizioni sono gialle.»
«S-sono con Kurokocchi?!» a Kise non sembrava vero e strepitò entusiasta.
«Calmati, Kise-kun.»
«Ma siamo insieme, Kurokocchi!» continuò a strepitare e cercò di abbracciarlo, ma Aomine lo afferrò per il colletto e lo strattonò bruscamente.
«Ohi, lascia in pace Tetsu, idiota!»
«La terza squadra … beh ...» Aida forzò un sorriso nervoso nel notare che Akashi e Kagami avevano già capito tutto e si stavano scambiando un'occhiata per niente amichevole: non serviva fare nomi né specificare quale fosse il colore delle loro munizioni.


Quando Midorima gli aveva accennato del paintball e gli aveva detto che aveva declinato l'invito, Takao aveva avuto la sensazione che l'avesse fatto per lui e aveva insistito perché richiamasse Akashi e gli dicesse che sarebbero venuto insieme a lui - non che Kazunari fosse nella condizione migliore per partecipare ad un gioco simile, ma il paintball era uno di quegli sport che lo aveva sempre incuriosito e che avrebbe voluto provare -.
Con grande sorpresa di Takao, Midorima aveva rifiutato di nuovo e gli aveva chiesto di lasciar perdere, aveva tagliato il discorso dicendo che si sarebbero visti sabato pomeriggio e lo aveva salutato in tutta fretta.
«Shin-chan, dimmi una cosa.» forse la spiegazione era più semplice di quanto credesse, forse a Shintarou non piaceva il paintball e preferiva una passeggiata tranquilla al parco.
«C'è un motivo particolare per cui hai rifiutato l'invito di Akashi-kun?» non a caso, Takao aveva pronunciato il nome di Akashi. Era stato proprio l'ex capitano della Generazione dei Miracoli a chiedere a Midorima di partecipare, e lui gli era parso immediatamente riluttante all'idea, come se fosse infastidito dalla sola presenza dell'altro, ma Takao non sapeva spiegarsi se fosse solo una sua sensazione o se quella riluttanza fosse dovuta ad un motivo che non conosceva o non sapeva immaginare.
«Perché non ne avevo voglia.» Midorima sbottò e si affrettò ad insinuare la chiave nella serratura della porta, come se aprirla potesse permettergli di sfuggire alle domande inopportune dell'altro.
«Sei sicuro, Shin-chan?»
«Sicuro.» Midorima spalancò la porta e varcò la soglia, seguito a ruota da Takao.
«Non avrete litigato, vero?»
«Takao, va tutto bene.»
Takao sbuffò sommessamente e gonfiò appena le guance.
«A me non sarebbe dispiaciuto giocare a paintball con te, Shin-chan ...»
«Un giorno giocheremo a paintball insieme.» ad essere sincero, Midorima era stato tentato dall'idea di giocare a paintball, ma aveva rifiutato per un semplice motivo: non voleva condividere il tempo di Takao anche con gli altri, non dopo una settimana passata chiuso in casa a studiare senza poterlo vedere neppure per una misera ora. Era incredibile quanto potesse mancargli Takao in una sola settimana di tempo.
«Oggi volevo ...» Shintarou indugiò, le parole gli morirono in gola, ma riemersero rapide e confuse non appena l'altro si affiancò a lui e gli rivolse un'occhiata interrogativa.
«Hai passato la settimana ad aiutare i tuoi genitori e questo è l'unico giorno che abbiamo a disposizione.»
«Appunto, Shin-chan! Potevamo andare a giocare a paintball con gli altri!»
«No, io vorrei ...» Midorima si guardò i piedi e sentì le guance pizzicare violentemente «vorrei restare da solo con te.»
Takao rimase a guardarlo e increspò le labbra in un sorriso vagamente intenerito; Midorima, dal canto suo, deglutì e poi riprese fiato.
«E poi, Takao, non credo che tu sia ancora nelle condizioni per giocare ad uno sport simile.»
Kazunari non rispose e si limitò ad ampliare un poco il sorriso, stringendo affettuosamente le proprie dita attorno al suo avambraccio.
«Shin-chan, che ne dici di scrivere una lista?»
«Una lista?»
«Una lista di cose da fare insieme una volta che mi sarò ripreso completamente.»
Midorima non mutò espressione e finalmente trovò la forza di guardarlo, ma distolse lo sguardo non appena vide il suo sorriso.
«Penso che si possa fare.»
«Ho già in mente la prima della lista, e a pensarci bene la possiamo già depennare.»
«E quale sarebbe?» Midorima lo guardò di nuovo, aggrottando la fronte confuso.
Le labbra di Takao fremettero appena, le mani si mossero in direzione del viso di Midorima, che si sentì privare completamente del respiro.
Shintarou si irrigidì e lo guardò avvicinarsi senza riuscire a dire nulla, focalizzò la propria attenzione sulle mani fredde di Kazunari sulle sue guance e da queste si lasciò trascinare verso la sua bocca.
Non appena le loro labbra si sfiorarono, una delle mani di Takao si posò sulla nuca di Midorima, quasi a pregarlo di non scappare via, come a chiedergli di provare un'altra volta.
Midorima sfiatò sommessamente e chiuse gli occhi, ricambiò il bacio dell'altro con estrema calma e si staccò dalle sue labbra con un piccolo schiocco.
«Shin-chan ...» Kazunari portò di nuovo la mano sulla sua guancia, lo guardò con il volto lievemente arrossato e sorrise «io ti amo, e sono pronto per stare insieme a te.»
Il cuore di Midorima saltò un battito, il volto andò in fiamme, ma nonostante la vergogna non riuscì a smettere di guardarlo o a respingerlo con qualche brontolio nervoso come faceva di solito: la felicità era più grande di qualsiasi altra cosa, non gli importava di non riuscire più ad incanalare aria, non gli importava del soffocante groviglio di rovi germogliato in fondo alla sua gola o di quel fastidioso nodo allo stomaco che, più che fare male, lo faceva sentire estremamente appagato e curioso. Appagato del nulla e curioso nei riguardi di un futuro ancora lontano: lui e Takao erano ancora a metà del tunnel, ancora al buio, ma un primo raggio di luce aveva ferito i loro occhi ed era questo ciò che contava più di ogni altra cosa.
Shintarou non parlò, ma continuò a guardarlo e gli prese il viso fra le mani con estrema gentilezza, per poi chinare il capo e baciarlo di nuovo.
Takao chiuse gli occhi e si strinse immediatamente a lui, come se per tutta la sua vita non avesse aspettato altro, come se dopo mesi di straziante cecità fosse sorto un nuovo sole sulle macerie della sua anima distrutta.

La luce del mattino dissipa le ombre di una notte di sofferenze.




Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia.




L'angolino invisibile dell'autrice:

Lo so che sono in terribile ritardo, ma ho avuto qualche contrattempo.
Tralasciando i primi due esami della sessione (e me ne mancano ancora quattro, ahah-- -tic-), mi è venuta l'influenza, quindi nei giorni di malattia ho scritto molto poco a causa del mal di testa assurdo. E poi ho dovuto scrivere anche lo spin-off, quindi ci ho messo molto più tempo (a questo proposito, se non volete perdervi il paintball: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2995386)
Come avevo detto nello scorso capitolo, questo non è certo uno dei più lunghi, ma ci sono un bel po' di avvenimenti!
Tralasciando il fatto che di capitolo in capitolo sto distruggendo la MuraHimu /I beg you pardon, ma anche no (?)/, ho deciso di dedicare un “cameo” ad Haizaki. Era una cosa già decisa da tempo, quindi niente a che vedere con la sua comparsa nell'anime o con la breve discussione avuta con mughetto nella neve che si chiedeva come mai lo disegnassero come un “fattone” (per questo non ho potuto controbattere a ciò che hai detto, perché io stessa lo vedo come un possibile “fattone”! D: )
Non è per fargli del male (un po' sì, dai), ma devo rammentarvi che Hall of Fame tratta dell'imprevedibilità (e in certi casi della prevedibilità) del destino, di come le cose possano cambiare, magari in meglio se hai avuto un brutto passato, magari in peggio se prima eri invincibile (qualsiasi riferimento ad Akashi Seijuurou è puramente casuale) o possano rimanere uguali.
Oltre a ciò, visto che ultimamente Kagami e Kuroko sono stati tagliati fuori, ho pensato di proporvi un po' di porn, dopotutto mancavano anche a me, ugh.
La scena del paintball l'ho scritta quando avevo la febbre e immagino si capisca benissimo dal delirio. L'idea del paintball è nata un bel po' di tempo fa, mentre facevo la doccia /quando mi chiudo nella doccia faccio viaggi mentali che manco Haizaki drogato/ e ho deciso di scriverlo per un semplice motivo: Akashi e Kagami in squadra insieme.
Per quanto riguarda l'ultima parte, mie care fan della MidoTaka, potete trarre un sospiro di sollievo. Takao e Midorima riescono sempre a farmi emozionare con poche righe e poche parole (a Takao è bastato dire: “Io ti amo” per farmi piangere, vabbé) e sono molto soddisfatta di come ho concluso questo capitolo ;u;
Lascio un piccolo P.S. che spero non farà soffrire nessuno (?): ultimamente, ma anche in passato, mi è stato chiesto di inserire nella storia qualcosa in più sulla passata relazione fra Akashi e Kuroko, ma sono costretta a declinare la richiesta e spiego subito i motivi: ormai la relazione fra Kuroko e Kagami è ben consolidata e Kuroko non prova più nulla per Akashi, quindi, a meno che non sia Kagami a chiederglielo (cosa che ritengo impossibile), Kuroko non gli racconterà mai di quando era fidanzato con Akashi (non fa mai piacere quando il fidanzato/la fidanzata parla dell'ex, quindi non farebbe piacere neppure a Kagami!); sono ricordi che Kuroko stesso, in parte, vorrebbe dimenticare, perché quella che ha avuto con Akashi è stata una relazione breve e che, oltretutto, è stata stroncata all'improvviso e nel peggiore dei modi, quando è venuto a galla l'Akashi “cattivo”. Siccome però non mi piace vedere i lettori scontenti e scrivo principalmente per fare felice qualcuno (?), penso proprio che cercherò di inserire qualcosa su Akashi e Kuroko in questo album di curiosità dedicato a questa fanfiction: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.674523922656821.1073741832.416393978469818&type=3, ergo: pazientate e vedrò di trovare un modo diverso per accontentare la vostra curiosità!
Alla prossima!
   
 
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