Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: Simonbelmont92    21/01/2015    2 recensioni
"Siamo amici da molto tempo, io e Luc, ma ultimamente viene a farmi visita un po' troppo spesso".
Le amicizie, in particolare quelle di lunga data, possono a volte risultare ingombranti. Specie se l'amico in questione è un tipo eccentrico e...particolare.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa è una storiella nata da un progetto proposto su una pagina Facebook di autori, in cui l'admin ci chiedeva di inventare una breve storia sulla base di alcune premesse: due amici discutono in un ambiente pieno di vegetazione, e uno dei due si lamenta a causa della sua allergia alle suddette piante.
Questa è stata la mia interpretazione, spero vi piaccia! :D
Un particolare ringraziamento ad Alies, perché senza i suoi saggi consigli non andrei mai da nessuna parte! XD 



È quasi l'alba.
Fa un caldo tremendo in casa, sto male, così esco in cortile in pigiama, sudato fradicio.
Il tavolo e le sedie sono umidi, ma non importa, mi siedo.
Mi passo una mano fra capelli per tirarli indietro e mi accendo una sigaretta. Molto meglio.
Chiudo gli occhi e respiro affondo l'aria fresca del primo mattino, mista all'aroma dei fiori e delle piante che mi circondano, che in questi anni ho accumulato fino a riempire ogni angolo. Non sono uno fissato col giardinaggio, solo che mi piace il verde. Mi rilassa. Il cortile è la mia oasi privata.
Mi godo il silenzio.
"Quella roba ti ucciderà, lo sai?".
Per poco non cado dalla sedia. La sigaretta mi cade sul pavimento di piastrelle umido e si spegne.
Mi giro, incazzato.
"Amico, sei fuori di testa? Sbaglio o ti avevo chiesto di smetterla?".
Luc, seduto sulla sedia dall'altra parte del tavolo, ride.
"Scusa, ma è più forte di me", sghignazza. "Ti ho visto così assorto e non ho resistito".
Io sospiro. "Questa cosa di saltar fuori all'improvviso non puoi proprio evitarla, eh? Merda, ogni volta mi fai venire un colpo".
Mi accendo un'altra sigaretta e mi ripasso una mano fra i capelli, mentre Luc continua a ridacchiare soddisfatto. Siamo amici da molto tempo, io e Luc, ma ultimamente viene a farmi visita un po' troppo spesso.
Lo osservo. Il ragazzo è pallido come sempre, ma sugli occhi ha un trucco pesante che a malapena gli copre le occhiale e le unghie smaltate di nero, coi jeans attillati e il giubbotto di pelle. I capelli neri sempre schiacciati sotto il cappuccio.
"Sei tutto in tiro", constato. "Dov'eri?".
"Ad un rave", mi risponde lui. È contrariato, si gratta il naso.
"E com'era? Ti sei divertito?".
"Mah. Ho visto di meglio", mi fa, torturandosi ancora il naso. "Però ho rubato questa".
Si sfila dal giubbotto una bottiglia di gin scadente e la fa scivolare sul tavolo.
"Che bravo. Ma non è un po' troppo presto per bere?".
"In realtà per me è tardi", mi dice. "E poi non lamentarti, un regalo è pur sempre un regal...e...e...ETCIÙ!".
Il suo starnuto mi fa sorridere.
"Salute", gli dico. "Sbaglio o la tua allergia è peggiorata?".
Mi guarda male. "Odio questo posto. Ma sbaglio o hai aggiunto altre piante?"
"In effetti sì. Non ti sfugge niente".
Gli indico un’aiuola alla sua destra, e spiego: “Quella parte è tutta nuova. I fiori grandi e bianchi sono gigli di Sant’Antonio, mentre l’alberello affianco è una Boswellia sacra. È la pianta dalla cui resina…”.
“…si ricava l’incenso, lo so. Ha un odore nauseante”.
Luc starnutisce ancora, e cerca di grattarsi gli occhi arrossati senza sporcarsi col trucco nero.
"Uno di questi giorni do fuoco a tutto, lo giuro".
A questa sua affermazione non so se ridere o essere terrorizzato. Luc sa essere davvero un fottuto psicopatico a volte, potrebbe davvero decidere di darmi fuoco al giardino.
"Mi piacciono le piante", protesto io. "E poi questa è casa mia, ci faccio quello che voglio nel mio cortile. Se non ti sta bene puoi sempre andartene".
Lui ride. "Sai che non posso farlo".
"Già", sospiro io, e faccio un altro tiro di sigaretta.
Osservo la bottiglia abbandonata sul tavolo.
“Niente bicchieri?”.
Sorride. “Da quando sei diventato schizzinoso?”.
Alzo un sopracciglio, scettico. “Sei serio? Quella bottiglia viene da un rave”.
“È chiusa, amico. Oltre che schizzinoso stai diventando anche ipocondriaco?”.
Ci penso, ma alla fine mi arrendo. “Avanti”.
Contento, Luc apre la bottiglia e me la porge. Corrompermi lo delizia.
La prima sorsata mi fa bruciare la gola. Gli passo la bottiglia, mentre lui lotta per trattenere un altro starnuto.
Un po’ mi diverte vederlo così, devo ammetterlo. È sempre così spavaldo, così fiero, così figo che qualche volta fa piacere vederlo vulnerabile, in difficoltà. Uno dei motivi per cui ho importato dal Medio Oriente una maledetta Boswellia sacra è perché so che l’odore dell’incenso lo fa diventare pazzo. Mi sento meschino.
Inspiro ancora dalla sigaretta, ma tossisco. Questa maledetta tosse ce l’ho da un po’ e a volte non mi fa dormire, ma anche se so che fumare non mi aiuta non riesco a smettere. Se fumi da quando hai quindici anni è così.
Luc mi sta fissando. So cosa vorrebbe dirmi, ma non lo fa.
“Allora, come va?”, gli chiedo.
“Male. Il tuo stupido giardino mi sta uccidendo”.
Cerco di non ridere alla sua voce nasale e agli occhi arrossati. “A parte quello?”.
“Sempre meglio, ultimamente ho molto lavoro. La gente al giorno d’oggi è incredibilmente ambiziosa, concludo molti contratti. E tu?”.
“Sempre uguale”, sbadiglio in risposta. “Sto pensando di prendermi una macchina nuova. O forse una barca”.
Il mio amico alza gli occhi al cielo. “Gli affari ti vanno bene, eh? Non sai più come buttare i tuoi soldi. Cos’è, una specie di crisi di mezza età?”.
Lo guardo storto. Sa che sono suscettibile sulla mia età. “Non ho neanche trent’anni”.
“Ne hai ventotto, ci sei quasi”.
“Senti chi parla. Ricordati che anche se hai quella faccia da ragazzino sei più vecchio di me. E poi non lo so, ultimamente sono annoiato”.
"Sai bene che una soluzione a questo ci sarebbe", mi dice Luc, prendendomi la bottiglia e bevendo a sua volta.
Sbuffo. “Ancora questa storia? Un viaggio di sola andata è l’unica soluzione che sai consigliare?”.
“È l’unica risolutiva".
Si sporge sul tavolo e mi guarda negli occhi. "Se non hai più niente da fare qui, perché restare?".
"Non è così semplice".
"Sei tu che la fai complicata. E poi mica partiresti da solo, verresti con me".
"Che consolazione".
Ridiamo, ma so che lui è serio. Non lascerà cadere l'argomento così facilmente.
Parliamo di questo viaggio da tanto e ultimamente Luc non perde occasione per ricordarmelo. Ma nonostante sia in debito con lui, non è ancora il momento di lasciare tutto e partire. Non sono ancora pronto.
"Te l'ho già detto, ho troppe cose in sospeso e ancora molti affari da sistemare. Non posso mica mollare tutto e andarmene così".
"Dici sempre le stesse cose", mi rimprovera lui.
"Lo so, ma..."
"Abbiamo fatto un patto anni fa", mi ricorda lui. Nella voce ha un pizzico di risentimento.
Distolgo lo sguardo. "Non l'ho dimenticato. Ti devo molto".
"Ci stai ripensando?", insiste.
"Certo che no".
"Anche perché non potresti neanche volendo, lo sai".
"Lo so!", sbotto.
Restiamo in silenzio, mentre bevo ancora dalla bottiglia. "Questo gin fa schifo".
Luc non mi risponde e non mi guarda. È arrabbiato.
Sospiro. "Senti, non ci ho ripensato e non invento scuse. Dico solo che se dobbiamo fare questa cosa voglio assicurarmi di non aver lasciato niente in sospeso, mi capisci? Non voglio avere nessun rimpianto".
Lui inizialmente non parla, continua a guardare avanti. Poi mi strappa la bottiglia di mano e mi risponde: "Ok, come vuoi. Anche se non capisco che rimpianti possa avere uno come te. Hai avuto tutto dalla vita".
Mi giro a guardarlo, sorridendo, e gli dico: "Ma io sono avido, voglio ancora di più. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro, è per questo che siamo amici".
Anche lui mi sorride e scuote la testa, rassegnato.
Sto per inspirare un'altra boccata di fumo ma tossisco ancora, questa volta più forte.
Luc si toglie un fazzoletto di seta bianca dalla tasca interna del giubbotto e me lo porge.
Solo lui può conciarsi in quel modo e poi avere un fazzoletto del genere in tasca.
Me lo premo sulla bocca. La tosse mi scuote ancora, ma smette presto.
"Va meglio?", chiede il mio amico, preoccupato.
"Sì", rispondo io, ansante. Riprendo fiato, poi gli dico: "Grazie mille, Luc".
Questa volta il suo tono è duro, e lo sguardo di ghiaccio. "Sai che non mi piace essere chiamato in quel modo".
"È solo un diminutivo", tento di protestare io, stanco e sudato, ma lui non vuole darmela vinta.
"Non è il mio nome, e non mi piace".
Sospiro ancora. "D'accordo, Lucifer. Contento?".
La bocca fine si allarga in un sorriso spaventoso, da cui spuntano i denti appuntiti. "Così va meglio".
La luce del giorno inizia a colorare il cielo e un raggio di sole filtra nel cortile, colpendo Luc in pieno volto. Si sposta con un movimento fulmineo all’ombra, ma questo gli fa cadere il cappuccio. Intravedo le orecchie a punta fra i capelli spettinati e il bagliore rossastro delle sue pupille sotto le palpebre nere.
Sfila dalla tasca un paio di occhiali da Sole larghi e scuri, li indossa e mi dice: "Ormai è giorno, devo andarmene".
"Ok. Allora a stanotte?", gli chiedo.
"A stanotte", mi sorride lui.
Il tempo di sbattere le palpebre ed è sparito.
Riguardo il fazzoletto che mi ha dato, sporco di sangue. Del mio sangue.
Spengo la sigaretta.
Luc ha ragione. Tra poco non potrò più temporeggiare, dovrò partire con lui.
Mi stiracchio.
Il gin inizia a fare effetto e ho ancora qualche ora prima della sveglia, torno a dormire.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Simonbelmont92