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Autore: Jenny Ramone    22/01/2015    12 recensioni
STORIA SOSPESA.
U.S.A, anni Sessanta.
Infuria la guerra nel Sud-Est asiatico,contemporaneamente alle proteste giovanili e il movimento Hippy.
Delilah è una ragazza ribelle e pacifista che combatte per i diritti civili, David è un giovane uomo molto "inquadrato", proviene da una famiglia della middle-class benestante con alle spalle una lunga tradizione militare, basata sul senso del dovere e l'amore per la patria.
I loro destini si incroceranno, in quegli anni unici, drammaticamente divisi tra gli U.S.A e il Vietnam.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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Ottobre 1964, New Jersey

“Delilah, dove stai andando?!”-la donna che urlava scandalizzata mentre scendeva di corsa le scale del portico per rincorrere una ragazza in giardino era circa sulla quarantina, magra, truccata in modo leggero, con un viso fine ma poco espressivo che la rendeva più simile ad una delle tante casalinghe che si trovavano a prendere il the al pomeriggio che ad una individualità, ben pettinata e vestita con un abito rosa antico a pois.
La ragazza che la precedeva invece era molto diversa dalla madre, per aspetto e per carattere, come dimostrava la decisione che aveva preso un po’ di giorni prima e che stava finalmente per mettere in pratica.
Delilah Taylor aveva diciotto anni, lunghi capelli biondi che amava mantenere lisci e liberi dalle acconciature che le ragazze perbene dell’epoca portavano, trascorrendo ore della parrucchiera finchè la loro capigliatura con aveva raggiunto il livello di riccio desiderato, adornandoli solamente di fiori e coroncine di corda o cuoio intrecciate.
Solitamente indossava abiti dai colori sgargianti, gonne lunghe fino ai piedi di tessuti leggeri e orientaleggianti e camicie ma anche dettagli in jeans e soprattutto vistosi bracciali, collane e orecchini, occhiali da sole tondi.
Il suo aspetto nell’insieme era molto diverso appunto da quello che avrebbe dovuto avere una ragazza di famiglia borghese come la sua e aveva contribuito a rendere il suo rapporto con i genitori e gran parte dei conoscenti molto difficile.
Il suo amore per la nuova musica, il Rock, il suo desiderio di sperimentare e il suo impegno per portare avanti ideologie nascenti, come quella pacifista che puntava a far concludere la guerra nel Vietnam, la rendevano ancora più motivo di scandalo ma Delilah era stufa, veramente stufa di dover sopportare le convenzioni che la società l’aveva costretta a seguire fino a quel momento e aveva deciso infine che fosse giunto il moment di distinguersi ed esprimere se stessa attraverso le proprie opinioni e uno stile di vita diverso da quello che molti ritenevano modello da seguire.
Per questo motivo aveva deciso di agire, aveva afferrato la propria chitarra, un a borsa con qualche abito, i propri risparmi ed era uscita con l’intento di dirigersi in autostop lontano dal New Jersey.
“Vado via, mamma, non sono più d’accordo con il pensiero tuo e di papà, come con quello della maggior parte del Paese. Ho diciotto anni ormai e sento il bisogno di oppormi, dando il mio contributo per fermare questa guerra! Non la guardi la tv? Non posso più accettare quello che sta succedendo in Vietnam,anche se è dall’altra parte del mondo. Addio"-così spiegava la ragazza alla propria madre, mentre questa tentava di dissuaderla dal suo proposito, fallendo.
Delilah ignorò le grida della donna e si incamminò sulla statale, in attesa di un passaggio per Washington, dove si sarebbe tenuta una manifestazione per la pace e i diritti civili.
Attese circa mezz’ora al freddo, in piedi al bordo della statale, i lunghi capelli biondi mossi dal vento così come il suo vestito colorato e lo sguardo felice di chi ha finalmente trovato la propria strada.
Una Cadillac blu lucente accostò in una piazzola di sosta e il guidatore le fece segno di salire:era un ragazzo di circa vent’anni, capelli quasi rasati, occhi scuri, vestito in con pantaloni grigi e una camicia bianca: nonostante fosse semplice, agli occhi di Delilah questo abbigliamento pareva elegante e nel complesso il giovane era molto diverso da quelli che Delilah era abituata a frequentare, sicuramente dall’auto che guidava e dall’aria altezzosa con cui l’aveva osservata mentre la feceva salire si sarebbe detto un appartenente ad una famiglia della borghesia più agiata.
“Cosa ci fa una ragazza come te a fare l’autostop?-chiese il giovane per iniziare la conversazione. “Dove sei diretta?”.
“A Washington ma se non puoi portarmi fin là non importa, mi arrangerò in qualche modo. Io mi chiamo Delilah”-disse lei,sorridente.
Lui si presentò: si chiamava David e spiegò che e stava andando nella capitale per arruolarsi. Quando aveva capito di aver a che fare con una di quelle strane ragazze pacifiste l’aveva guardata schifato: ”Come fai a tradire il tuo Paese? E’ questo che vuoi? Che ci invadano?”-aveva domandato senza distogliere lo sguardo dal volante.
“Siamo noi che stiamo andando ad occupare il loro territorio e combattiamo anche con mezzi illeciti, ti sembra giusto usare le armi chimiche e il Napalm? E’ tempo di cambiare, David.
 Lo ha scritto anche Bob Dylan ma immagino che tu non conosca quella canzone...
"The times they're a changin' ", ti dice qualcosa? E il cambiamento deve partire da noi giovani, non è possibile che ci sia ancora gente che crede che la guerra sia qualcosa di eroico e positivo! Vorrei veramente capire che piacere ci trovate ad andare in un Paese dall’altra parte del mondo a combattere contro persone innocenti, a farvi ammazzare o tornare a casa invalidi a vita per un nemico che voi stessi vi siete creati ma in realtà non esiste".
David scosse la testa, mormorò qualche imprecazione a mezza voce e si zittì per tutto il resto del tragitto: “Cominciamo bene”-pensò.
Proprio a lui doveva capitare un’hippy la prima volta che dava un passaggio a qualcuno.
Non capiva questo”movimento”, non ne capiva proprio l’utilità.
Per lui queste persone non erano altro che dei pazzi esaltati che combattevano per una causa irrealizzabile e passavano il loro tempo a drogarsi.
No, decisamente molto meglio la sua scelta,andare a combattere il nemico per proteggere l’America, quella era la strada giusta.
La cosa che gli dava fastidio era che lui ci sarebbe andato in Vietnam, questo si, però avrebbe combattuto anche per persone come loro, avrebbe rischiato la vita mentre gli Hippy stavano a fare l’amore nei prati.
Era questo ciò che davvero non riusciva a sopportare.
Osservò meglio la ragazza accanto a lui, intenta a giocherellare sovrappensiero con un ciondolo raffigurante il simbolo della pace:doveva ammettere che in fondo lo affascinava, nonostante le loro opinioni non combaciassero; non solo era molto bella, con gli occhi blu e lunghi capelli lisci ma aveva dimostrato dalla loro conversazione, di sapere il fatto suo e non lasciarsi mettere in crisi da opinioni diverse:  queste erano caratteristiche che il giovane uomo aveva sempre apprezzato nei propri interlocutori e, soprattutto, nei propri oppositori, rendevano le discussioni più alla pari, richiedevano delle buone argomentazioni per poter sostenere la propria tesi.
Lei nel frattempo guardava fuori dal finestrino e pensava: la sua vita stava per cambiare radicalmente, un mondo nuovo si apriva ai suoi occhi, un mondo senza costrizioni, senza discriminazioni, una vita di libertà e pace con il prossimo.
Arrivati a Washington si salutarono e Delilah si incamminò verso la Casa Bianca: l’area era piena di manifestanti guidati dalla sua cantante preferita, Joan Baez,con cartelli che denunciavano le atrocità compiute dagli americani e chiedevano di fermare i bombardamenti.
La ragazza si infilò tra la folla e tirò fuori un cartello colorato, con disegni floreali e simboli della pace  che si era preparata apposta prima di andarsene di casa.
Tutto sembrava svolgersi in modo abbastanza pacifico quando, circa un’ora dopo l’inizio della manifestazione, un gruppo di ragazzi che si erano posizionati sui gradini della fontana nel giardino della Casa Bianca, a pochi metri da lei,venne assalito da alcuni militari, reclute appena arruolate che, in attesa della chiamata alle armi, venivano impiegati per ostacolare i disordini in Patria.
Delilah suo malgrado si ritrovò coinvolta negli scontri, era decisa a difendere le sue idee, anche a costo di essere arrestata.
E fu proprio ciò che avvenne: i militari stavano picchiando alcuni manifestanti, il caos regnava ormai sovrano e la ragazza cercava di divincolarsi dal punto più affollato, salendo su una panchina e continuando a mostrare il suo cartello, assieme ad un altro gruppo di hippies quando una voce sovrastò le altre, diretta a lei:”Tu, brutta stronza, fermati, dove credi di andare?”-qualcuno l’aveva bloccata e adesso era intento a metterle le manette ai polsi.
La ragazza si voltò di scatto verso il militare  e lo guardò in viso:”David?”-urlò stupita.
“Tu?-esclamò lui di rimando: non riusciva a credere ai propri occhi.
 “Ti avevo detto che sbagliate a mettervi contro l’America.
 Sei in arresto, mi dispiace”-le sussurrò all’orecchio con un tono di disprezzo.
La ragazza lo guardò con aria di sfida:”Tanto per te sono solo una sporca comunista, vero?”-sibilò.

ANGOLO AUTRICE: La storia é SOSPESA, chiaro? NON LA AGGIORNO E NON LA AGGIORNERÒ MAI. Molti di voi avranno già letto questa storia e molti l’hanno messa tra le preferite, di questo vi ringrazio.

Jenny

  
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