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Autore: dreamoutloud    22/01/2015    3 recensioni
Non ho mai avuto un colore preferito, ma la mia vita è sempre stata contraddistinta dal blu. Blu come le pareti carta da zucchero della casa dove sono nata. Blu come il camice da infermiera di mia madre; esattamente uguale al colore dei nastri che usava per legarmi le trecce fino a quando, a 16 anni, non erano più solo i nastri a rendere i miei capelli color del mare. Mare che amo, sarà perché il mio nome è un tributo a una nave? Forse. Volete saperlo, vero? Il mio nome, intendo. Non abbiate fretta, lo scoprirete presto e mi odierete. Oh si che mi odierete. Quindi perché rivelarvelo adesso. Avrete tutto il tempo per detestarmi. Dunque, dov'eravamo? Il Blu, già.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ho mai avuto un colore preferito, ma la mia vita è sempre stata contraddistinta dal blu. Blu come le pareti carta da zucchero della casa dove sono nata. Blu come il camice da infermiera di mia madre; esattamente uguale al colore dei nastri che usava per legarmi le trecce fino a quando, a 16 anni, non erano più solo i nastri a rendere i miei capelli color del mare. Mare che amo, sarà perché il mio nome è un tributo a una nave? Forse. Volete saperlo, vero? Il mio nome, intendo. Non abbiate fretta, lo scoprirete presto e mi odierete. Oh si che mi odierete. Quindi perché rivelarvelo adesso. Avrete tutto il tempo per detestarmi. Dunque, dov'eravamo? Il Blu, già.
Come ho detto la tinta cobalto ha contraddistinto la mia infanzia, per poi dipingermi l'adolescenza, ma in un modo diverso. Il blu si era trasformato. Non era più intriso nei soprammobili, nelle tende o nelle pareti. Non era più sullo sfondo a contornare la mia vita. Era con me e non intendo solo sui capelli, ma qualcosa di più; mi era entrato dentro, connotava il mio animo. Cupa, mi definivano alcuni solo per i miei silenzi e la mia riservatezza, ma io non lo ero affatto. Io ero e sono sempre stata un colore primario, un tono che mischiato a quello giusto sapeva schiudersi rivelando la sua vera natura fatta di mille gradazioni e sfaccettature.
Io. Ero. Essenziale. Dovevo solo trovare il mio colore opposto. Il mio complementare, così che entrambi avessimo potuto esaltare e rafforzare l'uno la luminosità dell'altro.
E lo trovai. Eccome se lo trovai. Ricordo fin troppo nitidamente il momento in cui loro entrarono a far parte della mia vita. Catturarono la mia attenzione come fossi una falena attirata dalla luce nel buio.
Bastò un video. Una canzone. Tre volti. Le luci blu del palco squarciate da un’ intensa luce gialla e mi ritrovai a casa in un modo che non avevo mai sperimentato. Era fatta. Senza volerlo ci ero entrata dentro a piedi pari e non ne sarei più uscita. O almeno, non né sarei più uscita indenne. Lo avevo trovato. Loro erano il mio esatto complementare. Loro, che avevano fatto del pianeta rosso una casa, erano i soli capaci di farmi rinascere, brillare, di farmi saturare.
E poi c'era lui. I suoi occhi erano il blu più intenso e profondo dentro un mondo fatto di sfumature capaci di racchiudere un intero tramonto di colori, dal violetto fino all'arancio più infuocato.
Dovevo vederli dal vivo. Niente di più facile. Bastava prendere un biglietto per uno dei loro concerti. Ed è quello che feci. Il biglietto in questione fu per lo spettacolo all'Hollywood Bowl del 15/05/2010. Si, sono di Los Angeles, se ve lo state chiedendo e no, non esco di casa e incontro persone famose come se piovesse, o almeno non a quell'epoca. Sapete, mi fa sorridere usare il termine “epoca” in fondo sono passati solo....quattro?. Si, esattamente quattro anni da quando li ho visti per la prima volta e un solo anno da quando......
Ma torniamo a noi. L'Hollywood Bowl: ricorderò quella notte per sempre; non solo perché mi ha fatto vivere emozioni di cui ignoravo persino l'esistenza, ma soprattutto perché non avrei mai pensato o anche solo immaginato, tutto quello che accadde in seguito.
Potrei definirlo un gigantesco scherzo del destino. Io non credo al destino. “I believe in nothing” citava una sua canzone. Ecco, si, direi proprio che io non credo in nulla, ma penso e di questo sono profondamente convinta, che tutta questa storia sia accaduta per un motivo, e diamine se ci deve essere! Volete chiamarlo Fato? Destino? Va bene, non importa, ma per favore, se dopo quello che racconterò, vi verrà in mente una ragione, una qualsiasi per cui l'universo è così sballato, confuso e perfido allora questo sarebbe il momento giusto per dirmelo perché io ho bisogno di una risposta, di una fottuta risposta che mi faccia capire il motivo per il quale sono stata trasportata in un mondo fatto di luci brillanti e atmosfere impalpabili, dove il semplice sognare diventava reale. Un mondo in cui al mio fianco avevo il cielo più limpido e puro, un paradiso declinato in tutte le sue sfumature. Avevo tutto. Ma forse era troppo. Forse il mio cielo era troppo blu? Non so rispondere, so solo che sono caduta. Sono caduta in quella sfumatura indefinita che era sempre stata con me. Avevo rinunciato volontariamente al blu cobalto per immergermi in un colore diverso, ma che in sé aveva sempre conservato il mio amato blu espresso, questa volta, in un azzurro luccicante e brillante in grado di farmi provare qualcosa di troppo grande anche solo per essere pensato: l'infinito.
Quindi ora ditemi voi, se assaggiaste un pezzo di infinità, e vi assicuro che ha un sapore buonissimo, non né vorreste ancora?. Io credo di si. Se invece vi dicessi che l'infinito è proibito, è sbagliato. L'infinito non è per i mortali, crea ferite nel cuore. Continuereste a toccarlo, ad assaggiarlo, a riempirvi di lui?
Allora? Nessuna risposta? Ve lo dico io, lo allontanereste anche se questo può danneggiare la vostra sopravvivenza, reprimereste il desiderio anche se equivale ad una lesione fisica. Perché? Perché è giusto così. Ma adesso rispondete a questo: Come si fa a fingere di non averlo mai vissuto?.

Forse tutto ciò che ho detto fino ad ora vi sarà sembrato astratto e difficile da comprendere, o forse... avete tutto chiaro? In questo caso, tanto di cappello siete perspicaci. Beh, direi che sto blaterando e divagando. Ok, è giunto il momento di raccontarvi la mia storia. Dunque, da dove cominciare?


 

Lui è stato il grande amore della mia vita e io sono stata il suo. Non lo dico con presunzione o supponenza. Lo dico perché è la verità.
Ci siamo amati, oh se ci siamo amati. Uno di quegli amori che definirei, passatemi il termine, “da film”. Aspettate a storcere il naso, non mi riferivo ad un amore sdolcinato e tutto rosa. Assolutamente no. Non è da me e non sarà mai da lui. Ma se con amore da film vi viene in mente un amore intenso, vibrante, un amore capace di farvi ridere come dei bambini e nello stesso tempo capace di farvi provare una passione travolgente dove le mani si cercano e le menti si trovano. Un amore pieno, vissuto assaporando ogni momento con la convinzione che entrambi vi appartenete indissolubilmente; un amore dove l'uno capisce l'altro con uno sguardo, non perché siete simili ma, perché avete imparato a conoscervi, ad apprezzare i difetti e fare proprie le vostre differenze. Un amore complice. Ecco, è stato questo il nostro amore. Non eravamo simili, no di certo, anzi eravamo agli antipodi. Lui estremamente logorroico, esibizionista, nel senso buono del termine, simpatico, affascinante, eclettico, e non dimentichiamo l'aggettivo “bellissimo”, quello non può certo mancare. Io…beh si, sono carina, ma non mi ci sento. Sono sempre stata schiva, insicura, silenziosa, portata a tenermi tutto dentro, la tipica persona che non ama essere al centro dell'attenzione e che se, agli eventi mondani può mimetizzarsi con la tappezzeria ne è più che felice. Con questo non voglio dire di essere timida, anzi, ma diciamo che il mio lato vero lo conoscono in pochi e comunque non è niente di entusiasmante.
Sono una ragazza. Carina, riservata, aggiungiamoci pure simpatica qualche volta, ma in fondo niente di che se paragonata a lui. Sicuramente vi starete chiedendo che caspita ci trovasse in me e capperi! Me lo chiedo anche io, quindi mi dispiace deludervi, ma rimarrà un dubbio irrisolto esattamente come voi rimarrete ignari di tutto ciò che amavo di lui. Guardate che vi ho sentito! Frenate i bollenti spiriti. Tutto quello che amavo e che amo tutt'ora, non ha niente a che fare con la sua fisionomia; riguarda qualcosa di più profondo, delle qualità e degli aspetti che esulano dalla “star mondiale”, appartengono solo a “lui”. Lui come l'ho conosciuto io e diciamo che non mi va di rivelarveli. Capitemi, solo il fatto di dover raccontare questa storia mi ferisce, figuratevi dover ripensare ai momenti più intimi e alle sensazioni più belle passate insieme. No. Non posso assolutamente ripercorrerle. E' per questo motivo che non vi racconterò quando ci siamo incontrati e nemmeno quando ci siamo innamorati, è fin troppo doloroso; vi basta sapere che si, eravamo diversi, per quanto riguarda le cose più disparate. Volete degli esempi? Uhm, fatemi pensare; l'alimentazione! Esempio emblematico: Lui vegano convinto, io carnivora inossidabile; lui capace di spostarsi in tre città diverse nello stesso giorno, io profondamente radicata nella mia L.A. con una fottuta paura degli aerei; lui sportivo e amante della bici, ci ha fatto pure un video, io beh, sono giovane, ci pensa il metabolismo no?. Insomma due binari opposti che però, su un cosa, e direi di fondamentale importanza, riuscivano a congiungersi, ad essere uguali, a pensarla nello stesso identico modo: la libertà. La libertà di scegliere, di inseguire i sogni, di combattere per quello in cui si crede. Niente vincoli, c'è lo ripetevamo sempre. Era una sorta di filosofia che impregnava tutto ciò che facevamo, compresa la nostra relazione. Con questo non intendo dire che eravamo una coppia aperta, certo che no, troppo gelosi l'uno dell'altra; “niente vincoli” era per noi una certezza riferita a tutte quelle cose di una vita a due, che entrambi giudicavamo assolutamente inutili: niente annunci al pubblico, nessuno a saputo di noi per molto tempo. Niente stampa e soprattutto niente figli, assolutamente no! Io ero troppo giovane e lui è palese che sarebbe stato un papà fantastico, capperi! Le foto quando ha in braccio un bambino parlano da sole, ma lui era il mio Peter Pan e mi andava benissimo così. Inoltre niente promesse ufficiali, a che sarebbero servite? Ci amavamo, lo sapevamo io e lui. E questo bastava; nessun Dio o chi per lui ci avrebbe fatto cambiare idea. Mi scuso se con queste parole sto offendendo la sensibilità di qualcuno, non è mia intenzione, semplicemente la vedevamo così, non credevamo in nulla se non nel battito del nostro cuore. Era perfetto, azzarderei persino romantico.
Quindi ripeto, non vi racconterò la nostra storia d'amore, ma vi racconterò di quel preciso, fottuto momento in cui tutto quello che credevo vero, tutto quello in cui avevo riposto le mie certezze, è svanito, scoppiato come una bolla di sapone. Puff! Vi è mai capitato? Un attimo prima sei saldo come una roccia e l'attimo dopo non lo sei più. Eravate pronti? Avevate ciò che serviva per superare la tempesta? Beh...io no, perché non ci si può preparare a un impatto improvviso, quando la terra cede e tutto il tuo mondo crolla, non puoi aggrapparti a qualcosa, l'impatto ti colpisce e basta, dal nulla, esattamente come un fulmine.


 

Hollywood Bowl 12 /10/ 2013

Stare dietro le quinte ad ascoltarlo cantare mi ha sempre fatto sentire al sicuro. Non so spiegarne il motivo, forse è perché nonostante il mio immenso amore per i concerti l'essere circondata da troppa gente mi ha sempre messo in uno stato di allarme per la paura di essere travolta. No, non è vero. Ridefiniamo la cosa: da quando lui mi ha baciato appassionatamente in una caffetteria, ci hanno paparazzato e tutto il mondo ha scoperto la nostra storia tenuta sapientemente nascosta da quasi un anno: l'essere circondata da troppa gente mi ha sempre messo in uno stato di allarme, per la paura di essere riconosciuta e linciata dal gentil sesso. Si, così suona molto meglio.
In realtà credo che la ragione più probabile per cui mi sentissi rassicurata, fosse perché quando si voltava a guardarmi tra i colori e i bagliori delle luci, capivo di essere nell'unico posto in cui sarei voluta essere. Ed era esattamente così che mi sentivo quella notte e in particolare in quel momento, quando durante le note di Do or Die il suo sguardo cercò il mio e nostri occhi si sorrisero. Accadde più di una volta durante la stessa canzone; non che questo mi stupisse, da quando il mondo sapeva di noi capitava spesso che si voltasse anche per un breve secondo verso le quinte, e io sapevo che quegli occhi erano per me.
Quella sera, però, c'era qualcosa di diverso; i suoi sguardi, erano diversi. Prolungati, concentrati, era come se si soffermasse a studiarmi. E' strano come adesso saprei definire esattamente ciò che provava, ma in quell'istante me ne stavo li ad ascoltarlo incantata intonare la canzone dei sogni, a guardarlo volteggiare e a tenere alta quella bandiera bianca con la triade azzurra che tanto amo, e niente ma proprio niente, mi avrebbe fatto pensare a quello che sarebbe accaduto da li a pochi minuti.
E accadde. Più veloce della velocità della luce, o forse è solo la mia memoria che lo vuole ricordare così.
Come ho detto me ne stavo li, seduta nel mio angolino poco lontano dalla postazione di Shan, il mio posto sicuro; Do or Die era appena finita, avevo sentito la sua voce ringraziare il pubblico. Era il momento della sessione acustica, non mi ero accorta però, che aveva continuato a parlare, ero stata distratta da qualcosa...oh si! Ora ricordo, da Shan che roteava le bacchette per aria. Mi ero ritrovata a sorridere pensando a quanto ci avesse messo per decidere che maglietta indossare, di solito non era certo lui a fare i capricci, metteva su quello che capitava, ma quella sera, a detta sua, doveva essere impeccabile perché sarebbe stata una serata speciale e già la cosa mi doveva far drizzare le antenne, ma pensai semplicemente che fosse felice di essere nella sua L.A. o che dovesse fare qualche conquista delle sue. Così senza pensarci troppo gli avevo lanciato quella canotta bianca aperta ai lati che in quel momento, per la gioia del pubblico femminile, gli ricopriva malamente la schiena.
-Con il bianco sei un gran figo! Farai colpo sicuro!- gli avevo detto strizzandogli l'occhio. In fondo era il mio migliore amico, dovevo pur aiutarlo nel momento del bisogno. Purtroppo ero totalmente ignara del fatto che, quella ad essere nel momento del bisogno....fossi solo Io.
Arrivò come un uragano. Non posso definirlo diversamente; perché quando sei nel tuo posto sicuro, il tuo piccolo bozzolo capace di farti sentire talmente senza pensieri da poter quasi fantasticare ad occhi aperti e qualcuno, anche se è l'amore della tua vita, irrompe scoperchiandolo bruscamente facendo entrare tanta luce a cui i tuoi occhi non sono ancora abituati, non si può che definire tale, no?. Senza avere il tempo di realizzare cosa stesse per fare mi prese per mano e in un solo attimo abbandonai il mio “rifugio”, attraversai il breve corridoio pieno di cavi e casse e mi ritrovai sul Palco.
Non so descrivere la sensazione che provai, non ero mai stata su un palco davanti a tanta gente, o meglio non lo ero mai stata in qualità di protagonista. Si, perché non appena la punta del mio piede sbucò da quelle tende tutti gli occhi puntarono su di me come fossi diventata una calamita.
Ho un ricordo leggermente sfocato di quell'istante, eccetto due cose: la luce abbagliante che mi colpì in piena faccia, il colore intenso dei palloni gonfiabili che venivano lanciati da ogni parte, le urla assordanti della gente e migliaia di mani puntate verso l'alto. Questa è la prima cosa; la seconda è che la mia mente iniziò a produrre pensieri a raffica, le cose più disparate: pensai che quella mattina mi ero alzata in ritardo perché Shan mi aveva fatto bere una tazza di caffè alle 23.00 che, testuali parole “mi sarebbe servita”, caffè che non prendo mai e che mi aveva lasciato gli occhi spalancati fino alle cinque del mattino; questo mi fece pensare che dovevo appuntarmi mentalmente di non farmi più abbindolare dalle sue idee malsane. Pensai che la giornata oltre ad essere iniziata male, era continuata anche peggio, essendo stata capace di rovesciarmi l'intera bottiglietta di eyeliner sopra l'unica maglia meno sgualcita che ero riuscita a trovare nel mucchio “Maglie Decenti” che per giunta, era Blu. Si, sono quel che si dice diversamente ordinata, avete qualcosa in contrario?
Per questo, e per non aver avuto il coraggio di addentrarmi nel tenebroso mondo delle “Maglie da Casa”, dovetti uscire con una camicia azzurra alquanto stropicciata, tentando con pochi risultati di stirarla col calore delle mani. Risultato: per fortuna o sfortuna giudicate voi, arrivò in mio soccorso Chloe, che mi tirò a lucido neanche fossi stata una vettura da corsa; ovviamente sempre in “stile concerto” che nel suo linguaggio voleva dire: capelli sciolti e arruffati a caso, top nero striminzito che mi scopriva l'addome senza lasciare spazio all'immaginazione, leggings neri bucati, o come li definiva lei “tagliati sapientemente” in ogni dove e, unica nota sobria, una larga blusa blu elettrico. Colore mi ricordava tanto i tempi d'oro della “cresta pom”, che la “dolce” Chloe mi aveva gentilmente lasciato per pietà, dopo averla supplicata in aramaico di non farmi uscire così.
Già, uscire, perché la mia unica preoccupazione era che, forse, potessi essere intravista da qualcuno mentre mi addentravo nel backstage e no di certo essere quella, la cui immagine stava venendo trasmessa in mondo visione su Vyrt. Ma ormai il danno era fatto, ero li, con una mano avvinghiata alla sua e l'altra che si asciugava il sudore strisciando nervosamente sui pantaloni.
Ero li, e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare, oltre a tutte le precedenti associazioni mentali, era che il palco su cui mi trovavo era il “nostro”, quello che mi doveva fare vivere solo l'emozione di una notte e invece mi aveva fatto trovare l'Amore; a me, la ragazza che aveva sempre detto di poter essere felice da sola. Stare con qualcuno per sempre? Da più problemi che vantaggi. Invece, guardate un po', ero li, con la persona che era diventata la più importante della mia vita.
Fu questa consapevolezza a farmi aprire gli occhi. Ricordo che dopo essere stata istanti ad osservare imbambolata quel pubblico di cui facevo parte anche io, mi girai verso di Lui. Sorrideva e Dio solo sa le mille emozioni che mi attraversarono, ma quel che era certo è che la paura, il timore che mi paralizzavano svanirono, portati via dal sul sguardo, da quella presa salda che non lasciava la mia mano e che per un attimo mi fece pensare, che si, la mia giornata era iniziata male, che ora mi trovavo su un palco davanti a milioni di persone, ma lui era con me. Quindi non so cosa mi passo per la testa in quel momento, ma decisi che qualunque pazzia avesse intenzione di attuare io sarei stata con lui. Voleva farmi cantare davanti a tutti pur sapendo che avevo una voce da gallina strozzata? Perfetto l'avrei fatto, voleva che mi presentassi? Non ne vedevo il motivo, ma ok, voleva fare un selfie di gruppo? Nessun problema, l'insicurezza sarebbe andata via in un secondo.
Peccato che queste fossero solo supposizioni elaborate dalla mia mente per gestire l'ansia, perché in realtà il non sapere cosa sarebbe successo mi terrorizzava immensamente. Ma la cosa peggiore è che non ero affatto sicura, che avrei accettato qualsiasi cosa la sua mente stesse macchinando.
Mi veniva da ridere, segno indiscutibile di disagio, avevo le mani appiccicose e mi girava un tantino la testa, ma nonostante ciò indossai la mia grande faccia di bronzo cercando di mantenere un’ espressione seria e tranquilla in attesa che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa. Passarono ore? Minuti? Forse un'eternità, ma finalmente con un gesto lento portò l'indice della mano libera sulle labbra intimando un silenzio che venne accolto immediatamente dalla sua grande famiglia. In pochi secondi ogni cosa intorno a noi tacque. Niente più risa trattenute, niente più applausi, niente più grida. Solo e soltanto silenzio. Amo il silenzio, ma non se equivale al fatto che l'attenzione di tutti è concentrata sulla sottoscritta e non in un momento in cui avrei desiderato solo parole che mi aiutassero a capire cosa stava accadendo. Mi guardai intorno spaesata, anche Christine era muta, ma vidi distintamente Shannon sorridermi e farmi strani segni di incoraggiamento, stessa cosa Tomo, mi guardava con aria dolce e direi quasi emozionata. Non capivo assolutamente cosa volessero comunicarmi. Ricordo che la mia espressione era totalmente interrogativa mentre Lui mi guardava sorridente, non smetteva di farlo e questo mi agitava ancora di più, volevo parlare, chiedere, togliermi da quella situazione, ma niente. Non mi usciva assolutamente niente .
-Ciao- fu la sua risposta alle mie domande interiori. Bastò quel semplice saluto per scatenare le grida della folla, mentre io rimanevo ancora più confusa e priva di parole. Stringevo la sua mano come fosse l'unica cosa capace di spiegarmi quella situazione che stava diventando leggermente strana. Pausa. Silenzio. Possibile che mi avesse fatto arrivare fin li, solo per dirmi Ciao? Si, in effetti da lui potevo aspettarmi anche questo, ma sentivo che non era finita li. Infatti, quando ormai stavo per scoppiare a ridere istericamente dall'imbarazzo, le sua voce esplose rompendo quel silenzio che tanto temevo.
-Eravamo esattamente qui quando ci siamo incontrati per la prima volta...-
Quella frase buttata li, come se fosse la cosa più normale del mondo, mi stupì non poco. Ricordo che lo guardai con un'espressione se è possibile, ancora più confusa di quella che avevo. Quelle parole mi avevano riportato nel mondo dei ricordi, mi avevano riportato a quella notte, quella magica, indimenticabile notte di cui non intendo raccontare nulla, ma di cui lui ha fatto pienamente parte. Sorrisi. Fu un riflesso automatico richiamato da quelle immagini.
-Direi più scontrati visto che sono inciampata durante Kings & Queens e ti sono finita letteralmente addosso.- Era fatta, senza volerlo avevo rotto il ghiaccio con quella grande distesa di mani, cuori e visi che ora rideva con noi. Mi rilassai tanto da riuscire persino a voltarmi verso il pubblico distogliendo lo sguardo dai suoi occhi, occhi che mi fissavano sinceramente divertiti.
-Sai, la prima cosa che ho pensato è stata: Ma chi cazzo è questa pazza!- esclamò spalancando lo sguardo. Immediatamente la risata di Tomo irruppe nell'aria accompagnata dal riso di tutti i presenti. Risi anch'io, senza pensare, senza prestare attenzione al fatto che in un certo senso aveva rivelato al mondo un particolare che riguardava solo noi, “intimo”. Non era certo da lui rivelare aspetti della sua vita privata, ma in fondo non era niente di che e in quel momento non ci badai troppo. Poi il suo sguardo ritornò serio e tutti, come fossero richiamati dalle sue parole inespresse, lentamente tornarono quieti. Silenziosi. In attesa.
-Quella è la transenna dove ti ho rivista per la seconda volta- lo avevo guardato indicare il punto che con fatica mi ero conquistata per rivederlo, per rivederli ancora, e niente, solo altri ricordi mi affollarono la mente:
The Kill. Le mani degli echelon. Le mie mani. Il suo corpo che mi sfiora il viso. La sua presa accompagnata da quello sguardo che per un attimo interminabile condivise quel minuto con me, minuto che diventò un'eternità non appena le mie dita strinsero con più forza quella maglia che recitava “too much pressure” e che, come fosse stata tesa da troppa pressione venne via strappandosi sotto il mio sguardo incredulo, mentre lui a petto nudo di fronte a me rideva divertito.
Ora, immaginate di aver accidentalmente levato di dosso la maglia all'uomo che non è solo il vostro cantante preferito, ma è anche la vostra guida, la vostra famiglia e molto di più. Ecco, credo che possiate immaginare come mi sentissi. Ok, che quelle maglie sono fatte apposta per venire tolte facilmente, ma di solito capita che vengano levate nel tumulto generale e non che qualcuno, la sottoscritta, la tenga a mezz'aria con l'espressione più colpevole del mondo rivolta a una rockstar, che oltretutto ti guarda con il sorriso più sornione capace di sfoderare. Stesso sorriso che gli dipingeva il volto anche in quel momento. Non c'era bisogno di aggiungere altro, ci guardavamo divertiti lasciando che le nostre menti rivivessero quel ricordo. In silenzio. Sottovoce, attraverso quei pensieri capaci di urlare al mondo tutto quello che avevamo dentro. Anche il calore degli echelon ci circondava quieto, come a voler lasciare spazio a quella piccola finestra sui ricordi che io e lui stavamo guardando l'uno attraverso gli occhi dell'altra. Niente di più magico.
In quel momento mi sentivo stranamente in pace, ero serena, anche quando la sua mano mi tirò leggermente conducendomi verso un lato del palco che conoscevo molto bene.
-Ti ho baciata dietro quella quinta- esordì. Un'altra frase scandita con estrema chiarezza, capace di aprire una vita di immagini. Piacevoli immagini. Ricordo di essermi morsa un labbro sospirando, mentre il pubblico, fino a quel momento in religioso silenzio, era esploso in gridolini e applausi, incitandoci ad unire le nostre labbra. Ero stranamente divertita da tutta quella situazione anche se era veramente strana e non ne capivo il motivo. Oggi a distanza di tempo, l'estremo significato di ogni sua parola mi avrebbe dovuto far comprendere che c'era in ballo qualcosa di importante o meglio, qualcosa che per lui; era diventato importante.
Era come se stesse ripetendo un discorso preparato attentamente, non calcolò nemmeno le grida del pubblico che urlava il suo nome cercando la sua attenzione, ma continuò serio e concentrato.
-Qui abbiamo affrontato insieme le lunghe prove pre-concerto. Ogni timore, ogni paura, tu sei sempre stata al mio fianco. Anche quando pensavo di non farcela, tu eri li a sostenermi. Perché se c'è una crisi tu non ti blocchi, tu vai avanti, e fai andare avanti anche tutti noi. Tu fai andare avanti me stesso.-

Boom. Quella era stata la prima botta. Silenzio. Nessuno parlava e la mia mente era....Lui mi aveva...Stordita, si stordita è il termine giusto. Ero abituata a ricevere le sue attenzioni anzi non gli era difficile essere estremamente persuasivo e farmi girare la testa in pochi secondi. Ma questo non era un tentativo di farmi arrossire, era qualcosa di estremamente profondo, potrei azzardare che forse era la prima volta che esprimeva i suoi sentimenti in pubblico senza censure. Senza vincoli. E' ironico come quella sorta di motto che imprimeva la mia esistenza con lui descrivesse perfettamente la piena sincerità che gli vedevo dipinta sul viso in quel momento e che senza volerlo mi fece provare una sensazione del tutto diversa dalla felicità che, invece, mi avrebbe dovuto invadere.
Sentivo una sorta di inquietudine, di agitazione; la salivazione era azzerata e una leggera lacrima mi rigò il viso. Cavoli! Che stava succedendo, di punto in bianco aveva deciso di mandare a quel paese la sua rinomata riservatezza e decidere di parlare di sentimenti a tutto il mondo? Voleva farmi piangere? Bene, ci era riuscito in pieno.
Mille interrogativi mi affollavano la mente, sentivo distintamente il cuore accelerare i battiti, ma come se questo fosse solo un assaggio, si allontanò un passo da me e sussurrò:
-Questo palco è stato il testimone silenzioso della nostra storia. Ci ha fatto incontrare, conoscere. Innamorare.-
Lui che usava il termine “innamorare” davanti a milioni di persone. No, qua c'era qualcosa che non andava. Inspirai profondamente.
-Forse non tutti i presenti conoscono Edward Eslin Cummings.-
Boom. Secondo colpo, e questa volta non ero per niente stordita. Bastò quel nome a riportarmi indietro di mesi, su quel divano rosso troppo grande, avvinghiati a mangiare pop-corn e caramelle gommose, mentre lo schermo trasmetteva “Candy”, quel film che avevo tanto insistito a rivedere, e l'immagine di Heath Ledger che steso su un letto, leggeva una poesia, una poesia che quella sera aveva acquisito un significato particolare. Significato che stava prendendo forma sotto i miei occhi proprio in quel momento e che mi fece vedere ogni cosa distintamente limpida.
Rimasi immobile, una stretta al cuore che mi pervase. Cuore che aveva intuito cosa stava per accadere. Cuore felice, batteva forte, in attesa, non se lo aspettava e forse non se ne rende conto neanche ora, ma i miei occhi non provavano lo stesso, guardavano frenetici il pubblico, Shan, Tomo, guardavano Lui. Impauriti, attanagliati, senza via di scampo. All'improvviso mi ritrovai dentro un turbinio di emozioni che andava troppo veloce, ero ferma e tutto continuava e girare. Ricordo solo il suo sguardo intenso, serio, le voci degli echelon, le luci che puntavano su di me, abbaglianti, accecanti, la mente annebbiata, i battiti accelerati, le gambe tremanti.
Scossi la testa sperando di fargli capire che non era il momento. Ti devi fermare, pensavo, ti prego non lo fare perché non potrei mai rinunciare a te, non in questo modo; ti amo più di ogni altra cosa al mondo, se lo fai rovinerai tutto.
Non era possibile. Stava succedendo davvero e tutto troppo veloce. Lo guardavo incredula. Io non posso. Lo sai, ti amo ma certe cose non sono per me. Parole urlate solamente nella mia testa, lui non poteva sentirle, non poteva sentire tutto il tumulto che avevo dentro. Lui sorrideva, era felice, non aveva paura, era sicuro, così sicuro che lo stava facendo davanti a milioni di persone e tutto quello che riuscivo a pensare era che questo non era da lui, ma lo stava facendo e io non potevo fermarlo, perché se lo avessi fatto gli avrei spezzato il cuore...e avrei spezzato il mio.

-Mhm dalle vostre espressioni non mi sembra che Edward Cummings sia molto conosciuto. Ma se vi dicessi: Il tuo cuore lo porto con me, lo porto nel mio.- Disse l'ultima frase in un modo....Oddio! Per un secondo dimenticai il panico imminente, ma durò troppo poco perché potessi calmarmi. Il pubblico diventò eccitato, segno che quella poesia la conosceva bene. Le bacchette di Shan picchiettarono sui bassi, l'atmosfera era elettrica. Sospirai nervosa.
-Una persona una volta mi ha detto che questa poesia riassume la “matematica dell'amore....”- mi guardò, la mia faccia doveva essere una maschera di incredulità.
-….la somma di due persone equivale ad un unico individuo, perché l'amore completa, è ospitare in sé l'altro e nello stesso tempo esserne parte.-
Ok, tutto ciò stava diventando assurdo.
-Sapete non ho mai avuto simpatie per la matematica, ma una cosa la so....-


Non ricordo molto di ciò che successe in seguito, ho solo dei flash sbiaditi: si avvicinò, mi prese una mano tra le sue e lentamente, così lentamente tanto da farmi credere che la mia intera realtà stesse procedendo a rallentatore, lo vidi inginocchiarsi davanti a me.
Immediatamente grida, urli, pianti e applausi esplosero intorno a noi, sembrava tutto perfetto, tutto facile. Sapete, avrei voluto essere così. Facile, come lo stava facendo sembrare lui, ma perché l'unica cosa che sentivo era un peso che si faceva strada come una voragine dentro di me?.
Sospirai, aspettando che le sue parole uscissero a sentenziare ogni cosa. Perché non l'ho fermato state chiedendo? Perché il suo sguardo era così sinceramente emozionato e felice e perché in fondo sono una codarda. Non né ho avuto il coraggio e così...è successo.
La sua voce mi colpì come uno schiaffo al cuore. Uno schiaffo per quello che stavo pensando, uno schiaffo perché a differenza di quello che aveva detto, io non vado avanti, io mi blocco. Uno schiaffo perché forse il mio amore non era così forte come credevo, non era così forte come lo era il suo.
-Forse ci saranno tempi duri. Forse a un certo punto uno di noi o magari entrambi vorremmo mollare e farla finita-
Iniziò così il suo discorso, come se avesse capito tutto il tumulto che mi portavo dentro, come se stesse esprimendo tutte le mie paure.
-Ma garantisco, che se non ti chiedo di essere mia lo rimpiangerò per tutta la vita, perché sento che tu mi rendi completo ragazzina.-
Cosa ricordo? Lacrime. Lacrime di una vigliacca, lacrime di una “ragazzina”. Sentivo distintamente che dovevo fermarlo, ma ormai era troppo tardi, il pubblico applaudiva caloroso, urlava il suo nome. Lui li guardò sorridendo e chiedendo ancora una volta un attimo di silenzio. Un silenzio per quello che stava per fare, per quello che stava per accadere.
Chiusi gli occhi non appena lo vidi infilare la mano in tasca e tirarne fuori una piccola scatola di velluto blu. Aspettai sospirando forte. Non volevo vedere, perché non me lo meritavo, perché l'unica cosa a cui stavo pensando era che lo amavo più di me stessa, ma non ero pronta a tutto quello. Poi quando l'attesa diventò insostenibile, mi costrinsi a guardarlo, ed ecco che le parole tanto temute mi circondarono accompagnate dal suo sorriso luminoso.

-Arizona Riley Adams Vuoi Sposarmi?-

Cinque parole. Quelle parole. Parole che una qualsiasi ragazza di 22 anni immagina di sentire pronunciare solo nei sogni o nei film e magari da un principe azzurro in ginocchio in un luogo magico. Ma io non sono come le altre.
Io il mio principe lo avevo. Era bello. Era tutto. Ed era li, sul palco dell' Hollywood Bowl davanti a milioni di persone, con un anello fottutamente luminoso capace di riflettere tutte le mie peggiori insicurezze. Un si e sarei stata per sempre con l'uomo che amavo più di me stessa, un no e tutto sarebbe finito per sempre. Per sempre, è ironico come questa parola possa trasformare il significato di una frase, rendendolo completamente diverso. Diverso, ma ugualmente terrificante. .


 


 

.Un attimo prima sei saldo come una roccia e l'attimo dopo non lo sei più. Eravate pronti? Avevate ciò che serviva per superare la tempesta?

.Quando ti colpisce una scarica elettrica di 30.000 ampere, la senti. Può farti dimenticare chi sei, può ustionarti, accecarti, fermarti il cuore e causare gravissime lesioni interne. Ma, sebbene sia una cosa che accade in un millesimo di secondo, può cambiare la tua vita per sempre.



Mi chiamo Arizona Riley Adams e questa è la mia storia. Vi avevo detto che mi avreste odiato no? Lo state già facendo? Comprensibile, ma vi devo avvertire....non è questo il motivo che vi porterà a detestarmi con tutti voi stessi. Sicuri di voler continuare?


 


 


Ecco il segreto più profondo dove tutti si perdono. Ecco la radice delle radici, il nocciolo dei noccioli, l'azzurro più azzurro di un albero chiamato vita, che cresce alto più di quanto l'anima possa sperare o la mente nascondere. È questo il meraviglioso senso che divide le stelle. Io porto il tuo cuore. Lo porto nel mio cuore.
Vuoi Sposarmi?

-Adoro questa scena!-
-Non la facevo così sentimentale signorina Adams-
-Mr Cubbins! Cosa va a pensare! Mi riferivo a Ledger mezzo nudo ovviamente...- Le sue dita mi pizzicarono un fianco.
-Ahi!-
“Ripetilo se hai il coraggio!”
“Heath uhm...Ledger...uhm...rimavvà sempve talentuvo e um gram Fivo!”
Mi guardò divertito trattenendo una risata.
-Disse quella con la bocca piena di orsetti gommosi-
Guardai attentamente all'interno del barattolo che tenevo tra le mani.
-Ti sbagli! Non ci sono solo orsetti gommosi, dispongo anche di delfini, cuori, coccodrilli, liquirizie e queste cose morbidose blu di cui non so il nome ma che sono buonissime.-
-Stai mangiando coloranti ti rendi conto?-
-Certo! E' per questo che ti ho comprato il tuo “mangime” e non dire che non ti penso mangiatore di becchime scoppiato.- presi il sacchetto di pop-corn facendone volare alcuni fiocchi. Risi guardando il suo sguardo contrariato.
-Sorvolerò sul termine becchime, ma devo ammettere che mi sento onorato, insomma nessuna mi aveva mia preso i pop- corn.- sorrise sghembo.
-Ehi Leto sfotti?-
-Assolutamente no, mia....amata.- sottolineò la parola carezzandomi il viso. Sospirai.
-Non temo il fato- disse solleticandomi l'incavo del collo con la punta del naso. Un brivido mi percorse la schiena.
-Perché il mio fato sei tu- mi leccò l'orecchio. Oddio!!
-Non voglio il mondo perché il mio, il più vero sei tu- mi spostò una ciocca di capelli e i nostri occhi si scontrarono eccitati.
-Il tuo cuore lo porto nel mio cuore.- Detto questo incollò le labbra alle mie in un bacio che non aveva niente di casto; mi morse il labbro vorace.
-Mhm...- gemetti. -Vedo che..- un altro bacio – usi...Edw..- le nostre lingue schioccarono -...ard Cummings....per sedurre.....le donne- riuscii a dire sospirando.
-Signorina Adams....- scese sul mio collo.
-lo uso solo con lei....- Inarcai la schiena. Mi sollevò la maglia
-...e con tutte quelle che se lo meritano.- Alzai la testa di scatto per vederlo sorridere divertito sopra il mio seno.
-Scemo!- gli tirai un cuscino in faccia, sciogliendomi dalla sua presa. Risi osservando i capelli scuri, leggermente lunghi, scompigliati. Mi accoccolai sul suo petto tornando a guardare il film che era andato avanti senza di noi. Ascoltai il respiro regolare, forse un po' accelerato dal contatto precedente.
-Adoro quella scena, perché quei versi hanno un profondo significato.-
-Perchè Danny chiede a Candy di sposarlo?.- Mi guardò dritto negli occhi, la sua voce si era fatta un sussurro.
-A-anche...- distolsi lo sguardo -Ma soprattutto perché quella poesia riassume la matematica dell'amore. L
a somma di due persone equivale ad un unico individuo, perché l'amore completa, è ospitare in sé l'altro e nello stesso tempo esserne parte. Altrimenti sono solo discorsi vuoti come gusci di conchiglie e no di certo la meraviglia che dovrebbe essere; che l'amore è.-
Tenni lo sguardo fisso sulla tv per tutto il tempo. Sentivo i suoi occhi addosso. Era silenzioso e io ero decisamente imbarazzata. Che cavolo mi era venuto in mente!. Mi girai su me stessa.
-Su coraggio spara! Non la facevo così romantica Adams- lo scimmiottai. Lui per tutta risposta scosse la testa, alzò gli occhi al cielo e allungò una mano verso di me.
-Ehi Leto non vorrai rispondermi con il sesso!..anche se devo ammettere che non mi dispiacerebbe..- sorrisi timida.
-Come devo fare con te- mi scostò appena per afferrare il barattolo di caramelle ormai sepolto tra i cuscini del divano.
-OH! Sacrilegio! Leto sta infilando le mani in una trappola di coloranti. Qualcuno lo salvi!-
-Vuoi fare silenzio!- sguardo -non ammetto repliche- mod on.
-Ok- dissi sistemandomi meglio a sedere.
Mise in pausa il film.
-Ehi, ma..!-
-Shhh-
-Uff-
Fece tutto con molta lentezza. Aprì il barattolo, poggiò il coperchio sul bracciolo del divano e osservò attentamente il conenuto. Era così concentrato che per un attimo temetti si fosse incantato; ma prima che potessi parlare infilò una mano affusolata all'interno e ne tirò fuori una caramella.
Era un cuore. Poco più grande di una chiave. Rosso come il fuoco.
-Questo è il mio cuore.-
-Si e io sono un pop-corn- dissi trattenendo una risata.
Sospirò avvicinandosi di più. La distanza era azzerata.
-Raily Adams...te lo ripeterò solo questa volta...- deglutiii. Era serio cazzo.
-Questo è il mio cuore....e lo sto donando a te- poggiò la caramella nel palmo della mia mano, mi chiuse le dita. Sentivo la consistenza morbida a contatto con la pelle. Era bello. Era....mio.
-W-Wow. Ahm...non so cosa dire...- avevo decisamente esaurito le parole sensate.
-Non devi dire nulla- , fece ripartire il film.
-Prometto che nè avrò cura.- La mia voce doveva essere un sussurro. Lui sorrise.
-Rilassati Adams....non ti ho mica chiesto di diventare mia moglie.-
-C-Cosa? Io...ahahaahah- deglutiii. -Già...- avevo uno strano formicolio in tutto il corpo. Mi grattai la testa.
Il suo sguardo era fin troppo serio, in pochi secondi fu sopra di me.
- Non ancora almeno. Nel frattempo....-
-Come hai det....- ma non ebbi il tempo di continuare perchè la sua bocca si appropiò della mia e di qualsiasi pensiero sensato.

Inspirai l'aria che sapeva di zucchero e fragola.


 

Abbandonai il mio corpo.

La mie mani tremarono e la mia presa diventò debole.

Lasciai cadere quel cuore.


 


 


 


 

Note:
Il titolo riprende l'omonimo film di Abdellatif Chechiche, titolo italiano: La vita di Adèle. La storia non ha a che fare con il film, ma è stato questo titolo ad ispirarla, e poi amo il blu.
Ho utilizzato qua e la alcune frasi tratte da Grey's Anatomy. Adoro quella serie e mi da tanta ispirazione.
“Bastò un video. Una canzone. Tre volti. Le luci blu del palco squarciate da un’ intensa luce gialla” : questa frase si riferisce al video di Closer to the edge, ho voluto inserire un riferimento personale, in quanto ho sempre conosciuto i mars, ma credo di essere diventata seriamente un'echelon con quella canzone. :)
So che in realtà il 15/02/2010 i Mars erano al Greek Theater di Los Angeles, ma hai fini della storia ho sostituito il Greek con l'Hollywood Bolw. Volevo creare un “loro” luogo. Spero non vi dispiaccia.
Il film Candy è del 2006 diretto da Neil Amfield con Abbie Cornish e Heath Ledger. Il titolo italiano è Paradiso + Inferno. Se non lo avete visto ve lo consiglio vivamente, lo considero una delle migliori interpretazioni di Ledger.
E' la prima volta che creo un banner in vita mia, ci ho messo una settimana :)) ok ora mi sto letteralmente vergognando
Che altro...mi sembra di aver detto tutto. È una ff senza troppe pretese ma spero vi piaccia, se c'è qualcosa che volete dirmi, dubbi, ipotesi, consigli etc scrivetemi pure e se vi va di lasciare un commento alla storia ne sarei molto felice.
Ah! Ultima cosa! Scusate eventuali errori di punteggiatura.
A presto.


 
   
 
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