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Autore: aturiel    22/01/2015    9 recensioni
"Caro amico,
Va bene, ho già iniziato male: è un modo sciocco per cominciare una lettera. Perché ho messo un “caro”? Perché ho racchiuso ciò che sento in quattro lettere e basta? Tu sei più di questo, tu non sei un “caro amico”, sei L'Amico."
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Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Caro amico,


Va bene, ho già iniziato male: è un modo sciocco per cominciare una lettera. Perché ho messo un “caro”? Perché ho racchiuso ciò che sento in quattro lettere e basta? Tu sei più di questo, tu non sei un “caro amico”, sei L'Amico.
Sì, quell'amico che ogni volta che lo nomino non ha mai il suo vero nome, ma mille altri; soprannomi, nomignoli, nomi generici per indicare una persona di carne e sangue, di due occhi e una bocca, di due mani e di due gambe; e di un cuore così lontano dal mio che probabilmente dovrei considerare un vero miracolo il fatto che riusciamo a rivolgerci la parola senza litigare.
Chissà poi perché preferisco usare “amico”, “compagno”, “fratello”, “Meri”, “Ric” piuttosto che il tuo nome. In fondo è così bello, così musicale.
Passerei ore a sillabare quelle lettere: “E-me-ric”.
Emeric. Un nome francese per qualcuno che il sapore del francese ce l'ha nelle ossa, nell'odore, nella postura. Tutto di te mi ricorda quel Paese che, anche se non l'ho mai visitato, mi fa tremare. È l'essenza della sensualità, la Francia.
Il suono di quella erre che, nonostante tutti questi anni passati qui, non riesci – e forse nemmeno vuoi - a cambiare. È dolce e aspro allo stesso tempo, pizzica l'orecchio come fa il succo dell'arancio con la lingua, e poi ti spinge a voltare lo sguardo, a inseguire quel suono, quasi fosse la melodia del Pifferaio Magico.
Ti ricordi, Emeric, quando abbiamo preso tutti i libri dai tuoi scaffali e ci siamo messi a copiarne di ognuno l'inizio? Ne abbiamo trovate, di belle frasi, ricordi?
Ami i libri, tu, li ami così tanto. Dicevi che esprimevano tutto ciò che con la voce non riuscivi a dire... che sciocco. Non capisci che le persone hanno bisogno della tua erre alla francese? Vogliamo sentire più spesso – io voglio sentire più spesso – la tua voce, chi se ne importa delle tue stupide poesie e dei tuoi stupidi romanzi, io voglio avere le tue lebbra sottili a tre centimetri dall'orecchio mentre mi sussurri qualcosa, che sia un suggerimento durante la verifica di scienze o una battuta su quell'oca di Beatrice. Non mi interessano i tuoi libri, lo capisci? Perché li hai lasciati a me? Potevi darli tutti a tua sorella, sono sicura che li avrebbe apprezzati di più. Se li avessi lasciati a lei, adesso non sarebbero sugli scaffali a prender polvere.
Sai - forse non te l'ho mai detto - io odio i tuoi libri del cazzo. Ti hanno sempre frenato, ti hanno sempre tenuto in un mondo diverso dal mio, ti hanno sempre allontanato da me. Perché hai preferito restartene chiuso in casa, quel giorno, a uscire con me? Sì, è vero, avevamo litigato, ma tanto lo facevamo in continuazione. Tu non dovevi essere in quella casa, tu dovevi essere al parco con me a fare le bolle di sapone che avevamo comprato insieme; e invece, solo perché ho dato della troia alla ragazza che ti piaceva, non sei voluto venire con me. Sei proprio uno stupido, Emeric.

Adesso non ho mai niente da fare il mercoledì pomeriggio, lo sai? E tu che dicevi che quel giorno era speciale perché era il nostro giorno... erano tutte stupidaggini. Mi hai mentito, dicevi che ci saremmo sempre incontrati in quella via vicino alla stazione, che ci saremmo sempre salutati e raccontati a vicenda ciò che era accaduto durante la settimana, anche se le nostre strade si fossero divise. E dicevi che ogni giorno avremmo preso un treno diverso e saremmo scesi alla fermata sbagliata, solo per passare qualche ora insieme in un posto che non conoscevamo. Così abbiamo visitato tantissime città, te lo ricordi? Siamo stati a Milano, a Roma, a Torino, a Verbania, a Sassari. E adesso invece tu, il mercoledì pomeriggio nella via vicino alla stazione, non ti fai più vedere.
Sono sempre in camera mia da quel giorno, non sono ancora uscita. I miei continuano a chiamarmi per la cena, ma alla fine me la portano sempre qui dentro: ormai si sono rassegnati. Renditi conto: loro che mi hanno sempre fatto un sacco di storie quando dovevo uscire con te o con qualcun altro, adesso continuano a chiedermi se voglio andare da qualche parte, a portarmi guide turistiche di posti lontanissimi, a propormi gite o settimane bianche.
Ma a me non piace viaggiare, non più.
All'inizio volevo solo stare affacciata alla finestra a guardare le persone salire e scendere dalle scale della metropolitana con borse, zaini, ombrelli, cappelli, guanti, sciarpe, stivali, occhiali, gonne, pantaloni, giacche, camicie, valigie, cravatte, ma una volta, mentre ero intentissima a seguire con lo sguardo una ragazza con una borsa a tracolla rossa piena di spille, mi è sembrato di vedere una testa piena di capelli blu scolorito con la ricrescita di tre dita color marrone topo. Mi è parso poi che quella testa colorata si voltasse e mi guardasse, inchiodandomi con gli occhi neri e facendomi sentire quel senso di disagio a me tanto familiare. Ti giuro che mi pareva di aver visto proprio qualcuno così, un ragazzo identico a te, tanto che per un momento ho pensato che fossi proprio tu. Ma poi quel ragazzo mi ha salutato e mi ha sorriso, e ho capito che non era chi pensavo fosse (tu non mi avresti mai salutato e sorriso, non lo fai mai). Appena l'ho compreso, quello è scomparso così, nel nulla.
Da quel giorno ho smesso di guardare fuori dalla finestra e ho iniziato a disegnare. All'inizio cercavo di copiare le illustrazioni delle copertine dei tuoi stupidi libri – i draghi, i cavalieri, gli elfi -, ma poi ho incominciato ad annoiarmi. Quindi ho preso una delle mie stilografiche – sì, una di quelle che tu non riesci a usare – e con un disco di vinile in sottofondo ho scarabocchiato una rosa con l'inchiostro rosso. È venuta davvero bella, lo sai? Non avevo mai provato a disegnare prima, quindi penso che dovrei ringraziarti: senza di te non avrei mai iniziato.
Ho abbozzato rose per vari giorni, poi quelle hanno cominciato ad allargarsi, a deformarsi e sono diventate macchie di sangue sui fogli, quindi ho lanciato la mia stilografica e la boccetta di inchiostro sulla parete. Hanno fatto tanto rumore rompendosi, e adesso ho il muro vicino al mio letto sporco di una rosa di sangue.

Non so se tu, laggiù, riesci ancora a ricordarti del mio volto, ma voglio che tu sappia che io, del tuo, mi ricordo molto bene. Mi ricordo perfettamente la tua postura dritta come un fuso, i tuoi fianchi stretti, le gambe eccessivamente lunghe, le dita sottili e freddissime anche d'estate. I tuoi occhi neri sono sempre stati pacati e tranquilli, le tue labbra non ridevano mai, al massimo si piegavano leggermente all'insù quando ti chiamavo Meri.
Ti piace quel diminutivo, hai sempre affermato il contrario, ma in realtà ti fa impazzire, lo so. Mi scaldava il cuore vedere quella tua faccia sempre fissa in una maschera d'indifferenza sciogliersi leggermente per quattro lettere e un'erre non alla francese, la mia erre non alla francese.
Sei sempre stato fin troppo tranquillo, fin troppo controllato, così imperturbabile; anche quando litigavamo, tu ti limitavi a stringere le mani in un pugno e a contrarre la mascella. Non hai mai urlato contro qualcuno, nemmeno contro di me che ce la mettevo proprio tutta per farti sfogare, nemmeno contro di lui quando ti ha portato via da me. Ma tu ti freni sempre, stupido bamboccio, come se avessi paura di non rientrare più nel tuo corpo dopo aver lasciato uscire la tua anima.
Eppure tu hai questi occhi così caldi, Emeric, così caldi... e io adoro i tuoi occhi, amico mio. Li preferisco addirittura alla tua testa mezza blu e mezza castana, alla tua bocca piegata all'insù, a tutto di te. Li preferisco perché mostrano il caldo francese che nascondi sempre, quella sensualità intrinseca che solo tu hai, ma di cui nemmeno ti accorgi.

Ci sarebbero così tante cose che vorrei scriverti, così tante che vorrei ricordare con te o, al massimo, ricordarti; però prima di tutto c'è bisogno che io chiarisca alcune cose, perché non vorrei che tu, adesso, pensi che io abbia un'opinione negativa di te. Vedi, quel giorno, quando ho dato della troia a Cass, lo stavo dicendo perché non volevo che tu andassi via da me, perché solo io posso proteggerti, solo io posso capirti davvero. Tutti gli altri non capiscono, non comprendono proprio cosa i tuoi occhi bollenti cercano di dire ogni volta che si alzano, non comprendono le frasi dei libri che scrivi ripetutamente sui tuoi quaderni, non comprendono perché tu non rida mai. Io sì, io lo capisco, lo sai. Perché allora ti sei impuntato su quella ragazza? Lo so che io e te non potremo mai stare insieme – stare insieme come una coppia, intendo -, però dovresti trovarne una migliore, una in gamba, magari con gli occhi bollenti come i tuoi o, al massimo, gelati come l'inverno. Non ti può bastare una liceale del genere! Ride in continuazione, cammina con quel modo un po' strascicato che adesso usano un po' tutti, si trucca tutte le mattine alla perfezione... cioè, come accidenti fa a svegliarsi alle sei e a arrivare a scuola esattamente come tutti si aspettano che arrivi? Io la trovo inquietante.
Non puoi uscire davvero con una così: lo sai cosa penso dei ragazzi della mia – e della tua – età, che sono tutti come degli animali da circo: belli, ammaestrati e perfetti. E devono esserlo, altrimenti il domatore li punisce. Ed è proprio per questo che tu non puoi stare con Cass: quella è una tigre bellissima perfettamente ammaestrata che non ha niente a che fare con te. Inizierebbe a invidiarti per la tua libertà, a odiarti per la tua diversità, a non sopportare il tuo silenzio. E tu rimarresti ferito, capisci? E tu non puoi volere davvero questo. Sei già stato abbastanza ferito perché hai deciso di fuggire dalle catene, dalle regole e dalle imposizioni, non puoi rientrarci solo perché desideri una “ragazza normale” al tuo fianco! Sei uno stupido a pensarlo: tu non sarai mai come lei, i tuoi occhi me lo dicono tutte le volte che li incontro, che non riusciresti a soppravvivere un secondo come bestia ammaestrata.

Sai, adesso sono di fronte al camino della sala e sto pensando a te, a tutto ciò che abbiamo fatto insieme. A quella volta in cui ho deciso di saltare scuola per andare in quella bottega d'antiquariato lontanissima da casa mia solo perché sapevo che, se non te l'avessi proposto io, tu non ci saresti mai entrato. Per fortuna, mentre eravamo seduti in metropolitana, ti sei almeno degnato di sussurrarmi un “grazie” con quella tua voce roca. Me lo ricordo ancora il tuo fiato sull'orecchio, i capelli dalle punte blu che mi solleticavano la fronte e il tuo odore pungente. Non penso me ne scorderò mai.
E ripenso anche a quella volta in cui abbiamo passato mezza giornata a cercare l'asso di fiori del mazzo per giocare a scala quaranta, al modo in cui ti chinavi leggermente per sbirciare sotto il tavolo, mentre io mi sono infilata sotto il letto per nascondermi da te e mi sono addormentata. Certo che sei stato proprio scemo: è ovvio che se pieghi solo un poco la testa fin sotto il letto non ci vedi! Ci credo che hai impiegato venti minuti buoni a trovarmi, non te ne saresti dovuto lamentare. Mi ricordo però che alla fine nemmeno tu hai disdegnato quel posticino, visto che, quando mi sono svegliata, c'eri anche tu sotto il letto a dormire, con la bocca semiaperta e le ciglia nere che proiettavano una lunga ombra sulle tue guance.
Ci sono tantissime cose in realtà che ricordo di te, così tante che a volte mi spavento di quanto fondamentale tu sia per me, nonostante adesso tu sia così lontano. Non ho mai capito bene cosa tu sia per me: forse il mio vero amore, forse il migliore amico, forse la mia anima gemella, forse un fratello. Ma in fondo non importa quello che provo per te, quanto piuttosto quello che non provo per nessuno oltre te, capisci? Chiunque tu sia, sei unico nel mio mondo: lo eri prima quando stavi vicino a me, lo sei adesso che ti stai allontanando piano e lo sarai, lo sarai quando diverrai un mero ricordo.

Quanto avrei voluto parlare più con te, lo sa solo il cielo. Quel cielo che ogni pomeriggio guardavo per tornare a casa ha sentito tanti di quei sospiri, tanti di quei brontolii da parte mia perché, nemmeno quel giorno, ero riuscita a farti o urlare o piangere o ridere. Quanto avrei voluto esserci riuscita almeno una volta, e invece tutte le volte ne uscivo sconfitta. Per quanto parlassimo, litigassimo, scherzassimo, tu non hai mai ceduto, manco per un attimo. E ti odio per questo, Emeric, ti odio.
E ti odio perché non hai urlato quel giorno, perché non mi hai preso il polso e fatto male, perché ti sei limitato a stringere le mani in due pugni e a far scricchiolare i denti, perché non mi hai spiegato cosa provavi veramente per Cass, perché la volevi così tanto. 
E odio me stessa perché non ti ho compreso, perché non ti ho fermato quando mi hai voltato le spalle e te ne sei andato, perché non ti ho implorato di venire al parco con me, perché sono stata troppo presa dalla mia sfida personale per capire che, per quella volta, l'unica cosa che volevi era confidarti un po', perché ho avuto paura che lei ti portasse via da me, perché sono stata egoista.
Se solo non avessi fatto una qualsiasi di queste cose, non sarei rinchiusa in camera e mi piacerebbe ancora viaggiare, non mi avresti salutato e sorriso fra le persone davanti alla metropolitana e ti saresti limitato a venirmi incontro in silenzio, le rose sarebbero rimaste rose e non si sarebbero trasformate in chiazze di sangue e tu non saresti così lontano da me.
Se fossimo andati al parco, quel dannato giorno, tu non saresti morto e io non starei impazzendo.
Non leggerò mai i tuoi stupidi libri, non voglio nemmeno sapere cosa provavi quel giorno, cosa si cela a pagine duecentocinquantadue di quel romanzo che stavi leggendo, non voglio conoscere niente di tutto ciò... voglio solo ricordarti, e sperare che anche tu, laggiù, ti ricordi di me.
Ti odio, Emeric, eppure mi manchi, mi manchi talmente tanto da sentirmi cadere.


A presto,

Un'amica.

 

 

 

   
 
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