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Autore: BrownRabbit    22/01/2015    1 recensioni
"Skinny love" viene usato per indicare un tipo di relazione fra due persone innamorate, o che hanno una cotta l'una per l'altra da tanto tempo, ma sono troppo imbarazzate per esprimere i propri sentimenti. La relazione è "skinny" perché devono ancora esternare e spiegare ciò che provano. Non vi è comunicazione, per questo non si può definire davvero come relazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Anthony Edward Stark era il classico stereotipo di ragazzino diciassettenne con un quoziente intellettivo superiore alla media ed un padre fondatore di una multinazionale. Se si fosse chiesto a qualcuno cosa pensavano di lui non sarebbero sicuramente uscite belle parole, anche perché allontanava coloro che provavano ad avvicinarsi con tutte le intenzioni del mondo tranne quella di conoscerlo per come lo conoscevano i suoi tre amici, quindi tutti. Vaneggiava di non aver punti deboli, tranne il non resistere a presentarsi in qualche bar, festa o discoteca di Venerdì e Sabato sera; ecco perché si stava premendo il cuscino sulle orecchie in modo da non sentire la sveglia -o almeno cercare di non sentirla.
Sapeva che promettere al padre di partecipare al pranzo con l’amica d’infanzia ritrovata non era stata una buona idea, l’aveva capito appena il Signor Stark disse l’orario al figlio. Alle undici di Domenica mattina, ma perché mai? Il suo cercare di essere il figlio che suo padre sognava da tempo si ritorceva sempre contro di lui.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Howard aveva inviato Edwin Jarvis a svegliare il giovane. Il maggiordomo si diresse verso le finestre senza dire una parola e spalancò le tende che impedivano ai raggi del Sole di irrompere nella stanza.
-Jarvis!- Tony protestò, immergendo il volto nel cuscino per il fastidio causato dalla luce.
-Coraggio, signorino Stark, ha meno di un’ora per prepararsi.- Edwin fece qualche passo fino al letto e con tutta calma spostò le coperte dal corpo del moro, il quale rabbrividì per il freddo improvviso sulle gambe e lanciò il cuscino verso il malfattore subito dopo. L’attacco del giovane ragazzo venne sventato da una presa magistrale dell’anziano signore, che sorrise soddisfatto nel vedere il moro alzarsi dal letto e dirigersi verso il bagno. -A più tardi, signorino.-
Come risposta ebbe una porta sbattuta con forze, cosa che lo fece ridere. Succedeva spesso anche nei primi periodi con Howard Stark, suo figlio aveva preso più da lui che da Maria, probabilmente era anche per questo che si comportava così duramente con quel povero ragazzo. Aveva commesso tanti errori da giovane, non voleva vedere suo figlio fare lo stesso percorso.
Tony era rispuntato in camera dopo dieci minuti, con le punte dei capelli ancora gocciolanti, e si fermò a guardare il completo giacca e cravatta che Jarvis aveva sistemato sul letto rifatto. Roteò gli occhi e sbuffo.
Non che odiasse vestirsi così, anzi non vedeva l’ora di partecipare alla vita lavorativa del padre solo per indossare quotidianamente quei vestiti, ma quella era un semplice pranzo e non vi era nessuno il quale mettersi in tiro, a quanto ne sapeva. “Ha un figlio della tua stessa età, mi sembra”; queste erano state le parole di Stark Senior e lui non era per niente rimasto entusiasta della notizia.
Aveva passato abbastanza tempo con i suoi coetanei per capire che i ragazzi erano soliti credersi più intelligenti di quanto realmente fossero, mettendosi in ridicolo attraverso sforzi inutili per arrivare alla sua portata.
Una giornata così non avrebbe potuto sopportarla, per questo aveva avvertito i suoi tre amici il giorno prima, chiedendo di tenere il telefono sotto controllo per un possibile S.O.S.
Al suono del campanello si sistemò la cravatta blu notte e fece un lungo sospiro prima di scendere le scale.

 
 
Dall’altra parte di New York, in uno di quei quartieri evitati più che volentieri, vi era la famiglia Rogers composta da un giovane ragazzo di diciassette anni e sua madre.
Si erano trasferiti lì da circa due anni, dopo che il padre era scomparso. Nessuno dei due si era preoccupato di chiamare la polizia per denunciarne la sparizione, al ragazzino stava bene così, suo padre non gli era mai piaciuto. Aveva ancora delle cicatrici lungo la schiena provocate da quel uomo tornato a casa a notte fonda.
Fino a quel 12 Luglio teneva lo sguardo fisso sull’orologio appeso nella sua vecchia camera da letto, aspettando e sperando di sentire la porta di casa aprirsi e chiudersi prima di mezzanotte. Quando questo non accadeva, scendeva in salotto da sua madre e si sistemava sul divano per farle compagnia.
-Perché non ce ne andiamo?- Disse una di quelle sere. Come risposta ottenne quel sorriso dolce che solo una madre sa fare ed una carezza sui capelli biondi.
A solo dieci non riuscì a capire perché veniva così difficile alla madre preparare un paio di bagagli e partire con suo figlio; a tredici capì che era per quello stesso figlio: suo padre non l’aveva mai colpito veramente, l’aveva solo spintonato e spedito in camera sua, ed era il Signor Rogers che portava a casa abbastanza stipendio per dare al piccolo un bel posto dove stare e dei regali per il compleanno e Natale.
Tutto crollò quando il padre scoprì che il suo unico figlio era attratto più dai ragazzi che dalle ragazze. Quella fu una notte che Steve rinchiuse in un cassetto della sua mente e non tirò mai più fuori. I segni sulla schiena se li era procurati in palestra, diceva, e poi cambiava discorso.
All’inizio non era stato facile, ma dopo un paio di mesi sua madre aveva trovato lavoro in un grande magazzino e riusciva a pagare la retta scolastica di Steve senza grandi problemi.
A distanza di due anni Steven e sua madre si stavano preparando per andare ad un pranzo da un vecchio amico di lei. Il biondo aveva dovuto rimandare i piani di quella giornata, ma per la felicità della donna avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Dopo una doccia veloce, si infilò un paio di jeans, una camicia ed un maglioncino. Non aveva giacche o farfallini nel suo guardaroba, e quel maglioncino beige era ciò che riservava per le grandi occasioni, sapeva che si sarebbe sentito totalmente fuori posto, ma era solo un pomeriggio, doveva resistere solo un pomeriggio.
-Mamma, ci sei?- Per tutta risposta, la donna giunse dal corridoio con indosso un abito rosso a tubino, l’ultimo regalo della nonna, e un cappotto nero. Ora si sentiva fuori posto pure nel suo stesso salotto, perfetto.
Inutile dire che davanti alla villa Stark il disagio aumentò. Era sicuro di non aver mai visto niente di più grande e poteva scommettere che quel giardino immenso continuasse dietro la struttura.
-Sei proprio sicura che devo venire anche io? Posso…posso tranquillamente tornare a casa con il pullman.-
-Tesoro, stai calmo, non sono cannibali.- Steve storse leggermente le labbra, seguendo poi la madre fuori dall’auto e verso l’entrata della casa.
Fece un respiro profondo e pregò che Bucky o Natasha fossero disponibili per una possibile fuga dell’amico. 








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Nota dell'autrice:  Buonsalve a te, mio caro lettore.
Per ora non ho molto da dire, se non la richiesta di esprimere il vostro pensiero -anche critico- e la speranza che questo primo capitolo abbia lasciato un po' di curiosità e la voglia di leggere il seguente.
Ho fatto questa nota principalmente per ringraziare una persona con una pazienza incredibile, che m'è stata vicina in questo periodi ed ha sopportato tutte le mie pare mentali: la mia PUPPY! Diavolo, non so come abbia fatto a non uccidermi. LOL Grazie, ciccina bella. <3

Ps: Mi scuso per eventuali errori di battitura.
   
 
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