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Autore: BlazerhiX    23/01/2015    1 recensioni
Dopo tre anni di pellegrinaggio, la nostra protagonista deve affrontare le tanto temute 10 prove.. E solo così potrà diventare a tutti gli effetti chi desidera essere fin dall'infanzia.
Ma questo percorso verrà ostacolato più e più volte.. Da chi? E perché?
Questo sta a voi, cari lettori, scoprirlo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dolore,freddo...ormai non riesco a pensare ad altro. Sento ancora le voci in lontananza dei miei genitori. Stavano litigando, per un motivo poco precisato che non ricordo neanche. Mi giro e mi trafigge un dolore lancinante al fianco e alla coscia destra. Buio intorno a me, non distinguo alcuna forma nell'oscurità, a parte quella del mio corpo sdraiato sul pavimento duro e freddo come il ghiaccio. Sollevo una mano e me la porto a qualche centimetro dal naso, riesco a vedere un cerchio rosso sanguinolento intorno al polso, la carne viva esposta. Probabilmente ero incatenata a qualcosa. Non ricordo come sono arrivata qui, né dove mi trovo. L'unico ricordo che ho è del volto di mia madre sfigurato dalla rabbia e delle sue urla infuriate rivolte verso mio padre. No,... Questo è un ricordo troppo lontano. Avevo ancora 18 anni quando è successo l'ultima volta,credo. Dunque 3 anni fa. 
Cerco di sollevare un piede ma mi accorgo che una grossa catena di metallo grigio scuro lo inchioda al pavimento. Sono in trappola e senza via di fuga. Indosso una maglietta grigia, o così mi pare attraverso la coltre d'oscurità che pervade ciò che immagino essere la mia cella. Chissà da quanto tempo sono qui. Probabilmente molto, a giudicare dal tessuto consunto dei miei jeans logori. La tasca sinistra è leggermente rigonfia, per cui infilo la mano per vedere cosa c'è dentro, facendo attenzione alla ferita dolorante. Le mie dita sfiorano una superficie liscia come di metallo a forma di piccolo cilindro con un anellino apposto ad un'estremità.
Lo tiro fuori e lo osservo più vicino agli occhi. Una chiave! Mi metto seduta lentamente, sperando di non avere altre ferite sul corpo. Osservo per bene la chiave davanti al viso e contemporaneamente avvicino il piede incatenato. Provo subito ad infilare la chiave nella piccola serratura della fascetta metallica che mi circonda la caviglia. La chiave gira e rimbomba nella stanza un sonoro "clack". Esulto nella mente per questa piccola vittoria ma mi sfugge un grugnito, subito dopo, quando una fitta di dolore mi percorre la gamba e dal piede arriva al cervello in mezzo secondo,un battito di ciglia e sono costretta dal dolore a premere le mani sul pavimento, stringendo i pugni fino a far diventare le nocche bianche. Sotto la fascetta sanguino troppo, quindi strappo un lembo bello lungo di cotone dalla mia maglietta e fascio per bene la caviglia. Un dolore insopportabile mi fa pulsare la pelle e la testa mi gira come  se stessi per svenire. Ma non posso permettermelo. Dopo qualche secondo a stringermi la gamba inerte fissando il soffitto, mi alzo malferma sulle gambe traballanti e piano piano mi addentro nel buio alla ricerca di un muro e soprattutto di una porta. Quasi sbatto la testa contro la parete ruvida e, facendo scorrere le dita leggermente verso il basso, trovo quello che può sembrare un interruttore. Lo premo, sperando che mi aiuti un po'. Le mie speranze non sono vane, infatti, dopo qualche ticchettio insolito e una leggera puzza di bruciato, una luce neon bluastra permea la stanza, che si rivela essere una specie di terrificante camera delle torture. Armi e attrezzi vari, tra cui pinze e fruste di vario genere, sono appese per tutto il perimetro della piccola stanza quadrata. Spaventata da quella vista, mi cola un lacrima lungo la guancia e mi chiedo come diavolo sono finita in un posto del genere. 
Mi accorgo che alcuni degli arnesi sono ancora macchiati di sangue, e un getto di bile mi sale in gola dallo shock. Sulla parete alla mia destra sono appese catene di ogni misura, vedo quella a terra, a cui ero incatenata poco prima, e vengo sommersa dal sollievo al pensiero di non essere più bloccata sul pavimento, come una bestiola acchiappata dal cacciatore. 
Non riesco a ricordare ancora nulla di prima del mio risveglio.
Sto tremando al pensiero di ciò che può essermi capitato nel tempo che sono stata trattenuta in un posto così orribile e spaventoso e non posso fare a meno di ringraziare il fatto di non ricordare assolutamente nulla.
Individuo l'unica porta della stanza e mi ci fiondo senza pensarci un secondo. È una di quelle grandi porte di metallo scuro un po' arrugginite che si trovano nelle celle delle prigioni. C'è addirittura una piccola finestrella scorrevole poco più in alto del mio naso. 
Al posto della maniglia c'è una serratura grande quanto il mio pugno. In preda al panico e alla claustrofobia corro da una parete all'altra della camera cercando qualcosa che possa andare bene per aprire l'enorme porta. Controllo in ogni angolo, guardo sotto un tappeto grigio topo, mi arrampico su un attrezzo composto da due aste sottili ma resistenti, provviste di varie cinghie, per raggiungere l'unica mensola della stanza, che si trova troppo in alto perché la potessi anche solo sfiorare da terra... Ma niente, è tutto inutile, mi trovo in una stanza pressoché vuota. La mia pazienza esaurisce ogni secondo più velocemente. 
Sono ormai senza speranze quando, ispezionando vari fori nel muro, probabilmente fatti da gente che era stata rinchiusa li prima di me, trovo una specie di pinza e dei bastoncini di misure diverse di metallo color argento lucido, che riconosco come dei grimaldelli. Entusiasta, dapprima provo con la pinza, ma con scarsissimi risultati. Poi cerco di imitare ciò che ho visto fare nei film quando le superspie scassinavano le serrature di enormi alberghi di lusso con solo una molletta e un'elastico. So di aver perso in partenza ma tanto vale provarci. Infilo i pezzi di metallo, scivolosi nelle mie mani sudate, nella toppa e inizio a muoverli, per lo più a caso. Passo così il mio primo quarto d'ora da sveglia nella prigione. Mi scosto i capelli appiccicati sulla fronte umidiccia e ci riprovo, per niente scoraggiata. O quasi. Dopo un'altra mezz'ora buona inizio a sentirmi stremata e ormai ho perso tutte le speranze che mi erano rimaste. Sto per accasciarmi a terra, dichiarandomi sconfitta, quando la mia mente viene come illuminata. All'improvviso tutti i pensieri si schiariscono e sento la testa leggera come fosse piena d'aria compressa. Penso subito che mi sto per addormentare per via della stanchezza o che peggio mi sta prendendo uno di quei attacchi di cuore post isterismo che non sono neanche sicura esistano nelle persone giovani come me.
Chiudo gli occhi e un cono di luce bianca mi perfora il cervello, un po' come quando nei cartoni animati i personaggi vengono colpiti da un'idea e una lampadina si accende sopra la loro testa. Le mie mani prendono a muoversi da sole, quasi fossero abituate a farlo da sempre, con la scioltezza di un vecchio ricordo soppresso e ricomparso nella mente. Come se l'avessi sempre saputo fare, ma semplicemente non me ne ricordavo. Diversi suoni di serrature che cedono e in qualche minuto il gioco è fatto. Una minuscola speranza si riaccende nel mio cuore e con un ultimo "click" la porta che celava il mio destino si spalanca. 
All'improvviso la mia mente viene sommersa dai ricordi. Ma certo, tutto  ciò era una prova. In quei 3 anni, da quando me ne ero andata di casa, mi ero allenata a combattere, e adesso mi ero unita ad una Setta. Una di quelle cospirazioni che girano per il mondo svolgendo i lavori più ardui e coraggiosi della storia. Come avevo potuto dimenticare?  
Ma appena mi pongo la domanda la risposta mi giunge subito alla mente. Era a causa del siero. Quello che veniva somministrato ad ogni nuovo membro che dovesse sottoporsi all'iniziazione. L'iniziazione... Quella era solo la prima prova. La prima di 10 terribili prove. Ero rimasta li dentro ad agonizzare per giorni, e adesso avevo trovato il modo di uscirne. Sia la chiave che i grimaldelli erano miei, e li avevo messi li apposta per l'esame. Sapevo che sarei riuscita a ricordare almeno quello che mi aveva insegnato il maestro. Non avrei mai potuto dimenticarlo così facilmente.
"Iniziata Seven, prego. Esca pure dalla stanza della simulazione. Entro poche ore le saranno comunicati i risultati." Sento chiamare il mio nome dall'interfono, dopo un breve ronzio di disturbo audio, ed esco dalla camera delle torture, pensando alle prove future che mi aspettano.

Fine prima prova.
  
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