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Autore: The_red_Quinn_of_Darkness    23/01/2015    0 recensioni
[Five finger death punch]
[Five finger death punch][...era molto meglio avere l’acqua alla gola, piuttosto che una pistola puntata alla testa…]
"Questa è la storia di una ragazza, tormentata da un passato infernale, che grazie ad un'inaspettata offerta di lavoro e ad un volo diretto verso l'America (e forse, anche grazie al volere del destino?), troverà davanti a sé la possibilità di rifarsi una nuova vita.
Ma verrà anche travolta da un gruppo di cicloni iperattivi che, oltre ad aiutarla, le faranno vivere una miriade di emozioni facendola sentire di nuovo viva...
Ma ci sono anche due occhi di ghiaccio che la osservano... la studiano...e la rapiscono."
Ho trovato il coraggio, finalmente, di pubblicare una storia su efp e per iniziare, ho voluto mettere quella scritta più di recente.
Questa storia ha serie infinita di sfaccettature,come quella comica, quella delicata, quella triste, quella più pazza...
Spero che piaccia e che vi catturi almeno un pò! :)
Mamma mia... che timida e stretta presentazione... non sapevo cosa scrivere! XD
Ora, non mi resta altro che lasciarvi alla fanfiction in questione, ed augurarvi una buona lettura :)
The_red_Quinn_of_Darkness
Genere: Commedia, Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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°HERE I AM, LOS ANGELES!°
 
Eccomi qua… in prima classe.
Stavo viaggiando in prima classe… e mi sentivo totalmente fuori luogo.
Erano tutti così… così….
Vediamo… come posso definirli?
Snob.
Perfetto, snob moltiplicato per 3000.
Belle donne in tailleur, collane di perle, anelli enormi, tacchi alti, capelli per la maggior parte biondi o castani raccolti in acconciature praticamente impossibili, ciglia finte, rossetti cangianti e soprattutto… pochette brillantinose fino all’orlo.
Poi, ci sono uomini profumati più di una puttana, camicie che ti sparavano via 24 diotrie solo per il bianco, cravatte rigorosamente nere, quelle proprio da uomini d’affari, scarpe nere lucide, pantaloni di tela dello stesso colore della giacca, valigetta da lavoro e Rolex ovunque…
E poi, ci sono io, con a fianco un cane enorme di 35 chili con uno zainetto sulla schiena, che se la dormiva beatamente sbattendosi la minchia di tutti gli sguardi interrogativi che le arrivavano, ma soprattutto, che arrivavano a me.
Eh certo! Come poteva una ragazzina strana come me essere in prima classe?
La prima classe! Stiamo parlando di Champagne servito in bicchieri di cristallo, toilette costantemente linde e disinfettate, sedili di velluto, minibar e televisore!
In pratica, ero finita in un covo di ricconi e uomini d’affari che puzzavano di marcio e di superficialità da diecimila chilometri di distanza, nonostante la quintalata di profumo pregiato che si erano spruzzati addosso prima di uscire di casa.
Mi schiacciai nel sedile in modo da non aver la tentazione di mandare a fanculo il prossimo che vedevo che mi guardava e commentava con l’amichetto riccone nel sedile a fianco.
Ormai ero diventata parte materiale del sedile… ero un tutt’uno con lui!
Ivy alzò il testone e sbadigliò sonoramente.
Gli animali in prima classe si potevano portare, erano serviti e riveriti e soprattutto controllati se accusavano di qualche malore… ma il personale, secondo me, non aveva mai avuto a che fare con un cane di quelle dimensioni prima d’ora.
Dagli sguardi allucinati che lanciavano ad Ivy quando passavano nel corridoio o, semplicemente, quando arrivavano per darle da bere, deducevo solo quella conclusione.
Quando un signore o una signora si alzava per andare in bagno o al mini bar, Ivy alzava la testa e guardava, in modo da cercare un po’ di coccole in giro; ma nel momento in cui appena muoveva una zampa, chi passava scattava in alto come una molla, poi la guardava e poi guardava me… e solo allora mi facevano un sorrisetto falso dicendo “Non l’avevo visto!” oppure “Accidenti, ho preso paura!” e se ne andavano ridendo in modo molto… snob.
Ok…gli animali erano ammessi e tollerati per il personale, ma non per i passeggieri di quel tipo, a quanto pare.
Una donna bionda con un tailleur viola che ritornava a sedere col compagno (secondo me, più che compagno, era l’amante visto che lei aveva la fede nuziale al dito e lui…no.) dopo essere andata al minibar, non si accorse di Ivy.
Appena la vide fece un salto all’indietro e guardò la cagnona con uno sguardo paurosissimo.
Io masticando rudemente una cicca, la guardai da capo a piedi e la fissai fino a che lei non mi guardò e fece per dire qualcosa.
-Non morde. – mi limitai a dire mettendo a tacere la donna.
Lei fece una smorfietta acida e passò col suo leccapiedi al seguito.
-Troia… - sibilai mimetizzando l’insulto facendo rumore con la cicca.
Thomas se ne stava tranquillamente appollaiato di fianco a me scrutando l’orizzonte fuori dal finestrino.
Maledetta me e quando gli ho detto “Tranquillo! Siedi pure tu vicino al finestrino non ci sono problemi!” … una bella merda non ci sono problemi…
Il ragazzo mi grattò la testa.
-Tutto bene?
Io scrollai le spalle.
-Si si certo, è che c’è solo tanta snobbaggine qui sopra! – dissi accarezzando la testa ad Ivy.
Thomas si mise a ridere.
-Nemmeno io ci sono abituato, ma vedo di non badarci più di quel tanto!
-Io non ce la faccio… litigherei con tutti qua sopra… - gracchiai.
Thomas mi guardò un attimo e mi sorrise.
-Assomigli tanto ad una mia vecchia amica… solo che tu sei molto più carina di lei.
Non riuscii a spiccicare parola…
Mi limitai a fare un mezzo sorriso e a guardarmi le unghie lunghe smaltate di nero.
-Io vado al minibar… vuoi venire? – chiese Thomas sganciandosi la cintura.
-Oh… no grazie devo tenere Ivy, non vorrei stia male…
-Allora ti porto qualcosa!
Stavo per dire “no grazie” quando il mio stomaco protestò sonoramente.
In effetti erano già 6 ore e mezzo di viaggio e io avevo fatto colazione con solo un cappuccino e uno snack ai cereali.
-Va bene, grazie mille…
-Figurati! Tanto fra una mezz’oretta dovremmo atterrare a Los Angeles, non starai male te l’assicuro!
 
Appena scendemmo all’aeroporto, corsi nella toilette più vicina e mi cacciai due dita in gola.
Buttai via poco, praticamente solo la birra che mi aveva preso Thomas al mini bar.
E la birra mi crea acidità quando ho lo stomaco vuoto.
Non lo sopporto.
Ma perché una cazzo di birra?!?!
Non avrei vomitato scesa dall’aereo… ma sarei praticamente stata ubriaca solo alle 14.30 di pomeriggio.
E non sapendo quando mi sarei dovuta presentare alla band nè come era il programma, decisi che arrivare ubriaca al “colloquio” di lavoro, non mi avrebbe aiutata affatto.
Quindi, meglio vomitare ora che dopo.
Mi diedi una rinfrescata con l’acqua e mi lavai la bocca, poi uscii e fulminai con lo sguardo Thomas, che faceva la guardia alle valigie e ad Ivy.
-Perdonami, scusami, non avevo pensato che eri a stomaco vuoto…- disse il ragazzo flebilmente.
Presi il guinzaglio di Ivy e le valigie.
-Tranquillo, non c’è di che…- dissi quasi isterica.
Con la testa che girava e lo stomaco che era più vuoto di prima, mi diressi alla cieca verso il bar dell’aeroporto.
Si postò davanti al bancone una cassiera coi capelli castani raccolti dentro un cappellino a righe azzurro e bianco, con la pelle abbronzatissima e un sorriso abbagliante che per un attimo mi accecò.
-Hello! Can I help you? Would you like something?
La guardai con un’espressione aliena.
-CHE?!
La cassiera mi guardò stranita e ripetè paziente.
-Wolud you like something?
La fissai un po’, poi mi ricordai di essere appena arrivata in America.
Alzai gli occhi al cielo e mi passai una mano sul volto.
-Yes, i’d like a sandwich and a bottle of water please… - dissi arrancando sul bancone.
La cassiera pigiò i tasti sulla cassa e poi, sempre sorridendo, mi guardò.
-Can I offer a coffee to you?
Sapendo che non poteva capirmi, sorrisi, annuii con la testa e le dissi: -Si si, caffè caffè…
La guardai allontanarsi per andare a preparare il caffè con un sorriso assatanato in faccia.
Sibilai una bestemmia a denti stretti e mi massaggiai la pancia.
-Vado a prendere posto Herie, tanto ci aspetta una macchina alle 21.30 davanti al parcheggio…
-Perfetto… - sibilai.
Era… davvero un buon inizio.
Mal di stomaco a bomba, per colpa di una cosa che io amo, ma bevuta fuori orario…
-Ecco a lei. – disse la cameriera porgendomi un vassoio con su il panino, l’acqua e il caffè.
La guardai un secondo sorpresa.
-Lei…parla italiano?
La cameriera sorrise.
-È una lingua poco usata qui in California, ma può essere sempre d’aiuto impararla.
Io arrossii.
-Mi…mi dispiace per prima davvero… è che è stato un atterraggio ecco… sofferto?
Lei rise.
-Tranquilla, l’ho capito subito!
-Bene, meglio così! – dissi sorridendo.
-Quant’è? – chiesi bella come il sole prendendo fuori il portafoglio.
- 3 dollari… - disse la cameriera facendosi scappare una mezza risata.
-Cos…dollari? – ripetei io a pappagallo.
Merda… il cambio di valuta…
Guardai la cameriera con un aria dispiaciutissima.
-Ho ancora gli euro…
Lei rise sonoramente e mi fece cenno di andare.
-Non c’è problema! Offro io! Benvenuta a Los Angeles!
Mi stavo mettendo a piangere per l’esasperazione quando arrivai al tavolino.
Infilai il guinzaglio sotto al piede della sedia e mi misi le mani nei capelli.
-Dimmi che questa giornata ha una fine ti prego…
-Beh, contando che l’ora di cena è già passata…
Guardai Thomas con gli occhi sgranati e poi guardai il cellulare.
-Ma cosa dici? Sono le 14.40!!
Thomas mi fissò un attimo indeciso se dirmi o meno la triste verità, poi indicò un orologio sopra al bar.
-Vedi? Si chiama jet lag.
Nel sentire quelle parole, sentii i brividi scorrermi sulla schiena.
Mi girai e lessi 21.05 sull’orologio.
E non contento, Thomas mi indicò fuori dalla finestra.
-E…non so se hai guardato fuori…
Girai lentamente la testa e notai il buio più totale della notte calata su Los Angeles, illuminata solo dalle luci dell’aeroporto.
Appena scesa dall’aereo, non mi ero nemmeno accorta che è sera.
Ero troppo impegnata a cercare una toilette.
Guardai Ivy che guaì piegando la testa di lato, poi guardai Thomas, che mi fissava con le sopracciglia alzate e le mani chiuse a pugno sulla bocca.
E si vedeva lontano un miglio che mi stava per scoppiare a ridere nei denti.
Al che, una lacrimuccia di disperazione mi scappò.
DOVE STRA CAZZO SONO FINITA?!?!?!?!
 
 
Poco dopo aver mangiato al volo, uscimmo nel parcheggio con me mezza morta e psicologicamente turbata ad aspettare i tizi che dovevano arrivare a prenderci.
Mi sedetti in terra e mi accesi immediatamente una sigaretta.
-Stai meglio? – chiese Thomas accucciandosi di fianco a me e ad Ivy.
-No… - risposi secca.
Offrii una paglia a Thomas, che ne prese una maliziosamente.
-Grazie Herie.
-Nulla…- dissi porgendogli l’accendino.
Rimanemmo lì in silenzio per alcuni minuti.
-In pratica tu saresti il mio segretario? – saltai su così, guardandolo.
Lui rimase un attimo di stucco e poi si grattò la testa.
-Beh… in un certo senso…
-Ti ha scelto Gian o sei voluto venire tu di tua spontanea volontà con me?
-Mah, in realtà ti conoscevo di nome e di vista fino a qualche ora fa… ma ho accettato io di fare questo viaggio con te.
Lo guardai negli occhi color cioccolato, ringraziandolo con un sorriso.
Poi tornai a guardarmi in giro.
-Davvero scusa per prima… pensavo di farti chissà che… e invece ti ho fatta stare male...
-Non c’è problema tranquillo! Ora sto bene!
Balle, avevo un bruciore di stomaco da far spavento…
Una Land Rover rossa si fermò davanti a noi.
Thomas si alzò e si sistemò la giacca.
Dall’auto scesero due tizi alti e grossi, uno castano e l’altro di colore.
Thomas si presentò e poi presentò me, che ero in terra che li guardavo con la faccia da pesce lesso.
Dopo di che, caricammo le valigie.
Io andai nel sedile posteriore con Ivy e Thomas mi seguì a ruota.
L’uomo di colore, al volante, sistemò lo specchietto retrovisore.
-Mettetevi comodi, ci vorrà una mezz’oretta per arrivare a destinazione.
Io mi accoccolai su Ivy, che mi leccò il viso dolcemente.
Thomas mi guardava di sottecchi.
Ero una ragazza strana… molto strana… ma simpatica.
Gli piacevo.
Non era dispiaciuto della scelta che aveva fatto.
Sapeva che saremmo diventati buoni amici.
Io guardavo la luminosa città con gli occhi socchiusi, vedendo tutto sfrecciare via veloce.
Avevo troppa sonno…
Strinsi Ivy e chiusi gli occhi…
Lentamente.
Sentivo solo il rombo della macchina che si allontanava, le voci dei ragazzi sembravano metalliche…
E poi delle luci rimase solo un flebile ricordo nella mia testa, sfocato.
Poi, per me, ci fu solo buio.


Riccomi alla carica ragazzi! Finalmente Herie è arrivata a destinazione!
Viaggetto poco simpatico, vero?
Benissimo, preparatevi... da qui parte la storia vera e propria! (e, ribadisco, il delirio XD)
Recensite e commentate, spero vi piaccia! :)
Ce la sto mettendo tutta x3
Un bacio e un abbraccio!
The_red_Quinn_of_Darkness
   
 
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