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Autore: _Charlie_    23/01/2015    5 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1:

 

Madame Minuit

 

 

Le luci si riaccesero e i titoli di coda presero a sfilare sul grande schermo.
La sala era più gremita del solito, ma Arya era consapevole di essere stata l'unica ad aver apprezzato quello sceneggiato in lingua francese: la coppietta che le sedeva di fronte balzò in piedi nel momento stesso in cui apparve la parola “fine”, ed il signore che aveva accanto si risvegliò con il volto perso nel vuoto.

Persino Oliver sembrò essersi annoiato e, sgranchendosi le braccia, esordì con un sonoro: « Hallelujah! »
« A me è piaciuto! » Ammise Arya, sbuffando.
« Non ne avevo dubbi ».
Alzandosi dalle poltrone, s'indirizzarono verso l'uscita imponendosi un'andatura lenta e costante. Nessuno dei due stava fremendo all'idea di doversi gettare nuovamente per le strade gelide ed oscure di Rozendhel.
L'inverno era arrivato con qualche giorno d'anticipo, e la cittadina di periferia era precipitata in una piccola era glaciale.
« La dovrei smettere di costringerti a venire con me ».
« Già » proseguì il ragazzo: « non riuscirei a sopportare altri film francesi. Andiamo, la scena sulla Torre Eiffel era deprimente!»
Arya cercò di lanciargli l'occhiataccia più fulminante che avesse nel repertorio: il risultato fu solamente una buffa espressione di pura stoltezza.
« Sai, hanno aperto da poco un mercatino dell'usato vicino alla libreria! Ci passiamo? » Domandò Oliver, lo sguardo fisso sulle sue vecchie scarpe.
« Va bene, ma non facciamo troppo tardi... Mia zia ha una rivoltella nel comodino » rispose Arya, portandosi dietro l'orecchio sinistro una ciocca dei suoi lunghi capelli color rosso ciliegia.
Ella era una ragazza di sedici anni, dalla carnagione rosea e dagli occhi verdissimi – il più delle volte, essi si presentavano contornati da un pesante trucco nero.
Il fatto che arrivasse a stento al metro e sessanta, e che il suo petto fosse poco pronunciato, aveva portato il suo migliore amico ad affibbiarle il soprannome di “tappa-piatta”.
Conosceva Oliver Hopkins sin dalle elementari: erano divenuti amici nel momento stesso in cui il bambino le aveva offerto un succo di frutta all'ace. Erano trascorsi nove anni o poco più da allora, ed il loro rapporto si era trasformato in una vera e propria fratellanza.
« Sicuro che questa sia la strada giusta? » Non esisteva domanda più ovvia.
Oliver rispondeva perfettamente all'etichetta “topo da biblioteca”: trascorreva la maggior parte del suo tempo libero in quel quartiere, nella libreria più fornita della città.
« Seguimi! »
Arya lo rincorse lungo tutto un viale illuminato parzialmente da torce affisse ai muri.
Passarono di fronte alla libreria, svoltarono a destra ed infine si ritrovarono davanti ad un negozietto, il quale riportava sulla propria insegna le parole: “Madame Minuit”.
« Mi piace » sussurrò Arya, puntando sull'entrata: per via di quelle colonne corinzie poste ai lati estremi della porta, ebbe l'impressione di trovarsi all'ingresso di un tempio dell'Antica Grecia.
Entrarono a passo felpato. Il silenzio presente in quel negozio premeva esageratamente contro le loro orecchie: non vi era alcun suono o rumore.
Dal soffitto ciondolava un lampadario a forma di Sistema Solare, sulle pareti vi erano decine di antichi stendardi religiosi e macabri arazzi con scene di roghi, incendi e decapitazioni pubbliche.
Gran parte dello spazio era occupato da tre vasti scaffali colmi di amuleti e barattoli, il cui contenuto non faceva altro che roteare ed ammiccare ad intervalli regolari.
Mentre Oliver si avvicinava al piccolo reparto dedicato esclusivamente ai libri, Arya si soffermò ad osservare quelle collane appartenute, senza ombra di dubbio, a donne di una certa classe sociale.
Una in particolare attirò la sua attenzione: era una catenina dalla quale pendeva una bellissima chiave argentata.
Il prezzo le fece aggrottare le sopracciglia e arricciare le labbra sottili. Era tempo di saldi o quella chiave era semplicemente maledetta?
« Hai trovato qualcosa di interessante? » Le chiese Oliver quando si ritrovarono alla cassa.
Nessuno era in coda di fronte a loro; sembrava fossero gli unici clienti che quel posto avesse mai visto.
« Questa collana » Arya gliela mostrò: « e tu? »
Senza dire una parola, Oliver picchiettò l'indice della mano destra contro la copertina del libro che aveva intenzione di acquistare.
« “Rozendhel e lo sterminio degli Elfi”. Interessante ».
« Percepisco una certa nota di sarcasmo, signorina Mason! »
Arya non fece in tempo a rispondere che, dietro al bancone, si materializzò la figura di una vecchina: « Benvenuti! Avete preso qualcosa, miei cari? »
Il suo volto si aprì in un luminoso sorriso: aveva dei lunghi capelli argentei raccolti in uno chignon, occhi chiarissimi nascosti dalle rughe e, indosso, una veste grigia.
Oliver le porse il volume, serio.
« Lo sterminio degli Elfi... La considera storia o leggenda? »
Il ragazzo inarcò la fronte, l'espressione seccata dalla domanda che gli era stata appena posta: « Potrebbe essere entrambe le cose, non trova? »
La vecchina rise spontaneamente: « ragazzo saggio ed intelligente ».
Ci fu un rapido scambio di banconote e monete, poi Arya tirò fuori il suo portafogli e le fece vedere la collana che aveva preso.
« Oh... Ne sei sicura, mia cara? »
La ragazza annuì.
« Non vorresti vedere qualcos'altro? »
Arya scosse la testa: « Ne sono sicura, grazie ».
« D'accordo, allora. Ottima scelta » la vecchina sorrise ancora una volta, e la ragazza le scrutò il volto per qualche istante: aveva la folle impressione di essersi imbattuta in una di quelle entità immortali che tanto appassionavano il suo migliore amico.
« Qual è il suo nome? » La domanda evase spontanea dai suoi pensieri: « Voglio dire, ci siamo già incontrate prima? »
« Non credo » la donna continuò, sfiorando con le dita la sfera di cristallo posizionata alla sua sinistra: « ricorderei una bella ragazza come te ».
Tra le sopracciglia inarcate della sedicenne si disegnò un'evidente ruga verticale: era sempre più convinta che ci fosse qualcosa che non andasse nella proprietaria del Madame Minuit.
« Comunque, » proseguì quest'ultima: « il mio nome è Ismene. Torna a trovarmi quando vuoi ».
E ricevendo il resto, i due giovani furono congedati.
« Mi piace come posto, ma è abbastanza strano! » Esclamò Arya non appena varcarono l'uscita.
« Già » Oliver assunse quell'espressione meditabonda che lo aveva da sempre caratterizzato: « Quella donna non me la racconta giusta... Potrebbe trattarsi di una strega! »
« Non dire scemenze » lo rimproverò la ragazza dandogli un colpetto sulla schiena: « le streghe non esistono! »
Il giovane Hopkins era ossessionato dalle leggende di Rozendhel; era sicurissimo dell'esistenza di creature soprannaturali, ed aveva provato ripetutamente a convincere la sua migliore amica senza ottenere, però, grandi risultati.
S'incamminarono, dunque, verso casa: Oliver con il naso affilato immerso nelle pagine del libro e Arya con gli occhi fissi sulla collana che aveva appena infilato attorno al collo. Nella sua mente roteava un solo e buffo pensiero: cosa avrebbe potuto aprire quella chiave?
« Ci vediamo domani a scuola, tappa-piatta! »
« A domani! »
Di fronte alla villetta degli Hopkins, Arya salutò Oliver.
Il quartiere in cui abitavano si trovava all'estrema periferia di Rozendhel. Era il posto ideale per chi volesse trascorrere la propria vita alla larga da tutto quel baccano che contraddistingue il centro delle città. L'area geografica era occupata per lo più da villette, ed era in una di queste che Arya Mason viveva insieme a sua zia Sarah.
Devo sbrigarmi!
Avanzò velocemente oltre quei due isolati con la convinzione che sua zia l'avrebbe rimproverata fino alla fine dei tempi. Era veramente tardi, le lancette degli orologi avevano persino superato l'orario del coprifuoco.
Scivolando oltre la soglia della porta, Arya si rese conto di essere arrivata per prima: l'intera villetta era al buio. Tirò un sospiro di sollievo e accese le luci: il piano terra era composto da un elegante ingresso, un vasto salotto, una cucina abitabile ed un bagno di piccole dimensioni.
Quella sera, inoltre, la scala di legno bianco che conduceva al piano superiore era ricoperta da tante palline scure.
« Oh, no! » Esclamò la ragazza, affrettandosi a raccoglierle con una paletta.
Il responsabile la osservava con aria tronfia dal gradino più in alto: era un grazioso animale dal corpo arrotondato con lunghe e mobili orecchie candide.
« Signor Cavaliere » iniziò Arya, prendendo il coniglio tra le sue braccia: « soffri di incontinenza, per caso? »
Il secondo piano si apriva su uno stretto corridoio percorso da un lungo tappeto beige. Qui, era possibile accedere alle stanze da letto e ad un bagno più grande del precedente.
Bloccata nel traffico. Torno più tardi”.
Gettando il Signor Cavaliere ed il cellulare sul letto, Arya raggiunse la sua postazione prediletta: la scrivania di legno massello in cui era solita starsene con il computer portatile.
La sua camera era abbastanza spaziosa, ed era l'unico locale della casa in cui Sarah Mason non era riuscita a far penetrare il suo adorato stile classico.
Alle pareti erano state attaccate decine di fotografie; alcune ritraevano Oliver con buffe espressioni facciali, altre raffiguravano i paesaggi di Rozendhel illuminati dalla sfavillante luce del tramonto.
Arya era affascinata dalla fotografia, era la sua più grande passione.
Amava immortalare i momenti felici ed i volti contenti della gente, poiché nelle foto sapeva che nulla avrebbe potuto infrangere quell'equilibrio di gioia e spensieratezza. Ogni cosa sarebbe rimasta così, uguale per l'eternità. Lontana da ogni sorta di male.
Clunk.
All'improvviso, qualcosa attirò la sua attenzione. Dal piano sottostante proveniva un leggero rumore di passi.
Si voltò verso il Signor Cavaliere: sembrava che quest'ultimo non avesse percepito nulla.
Pura immaginazione.
Ma quando i gradini delle scale cominciarono a scricchiolare e le orecchie del coniglio si alzarono di colpo, Arya realizzò di non essere sola in casa.
Qualcuno stava salendo. Qualcuno stava per raggiungerla.
La ragazza si alzò dalla sedia e si armò del primo oggetto – una matita appuntita – che le capitò a tiro.
La maniglia della porta scese verso il basso.
Un brivido le percorse la schiena.
Un silenzio carico di tensione.
Una figura sulla soglia.
« Ti ho trovata ».
La matita precipitò sul parquet, tuonando come un temporale improvviso.
Il cuore della ragazza riprese a pompare sangue, gli arti si rilassarono.
Sull'uscio della porta, la figura massiccia sorrise: era un uomo di mezz'età con una folta barba canuta, i capelli brizzolati e con un vistoso braccialetto avvinghiato al polso.
« Diamine, Frank! » Esclamò Arya, una mano sulla fronte.
« Cosa c'è, topina? Ho portato la cena! »
« Non chiamarmi in quel modo! » Protestò la giovane: aveva completamente rimosso dalla sua memoria il momento in cui sua zia Sarah aveva concesso al suo compagno, Frank Johnson, di tenere una copia delle chiavi di casa.
Egli era un uomo dalla continua ed instancabile aria festosa. Non c'era nulla che potesse turbargli l'animo.
Nel suo volto vi era poca armonia di lineamenti: aveva il naso pronunciato, gli zigomi alti e piccolissimi occhi color caramello.
Arya trovava la sua presenza indifferente, e detestava ogni sua singola camicia a quadri.
« Ti piace la cucina cinese, no? » Frank la prese per un braccio e la spronò a seguirlo in cucina.
« Zia Sarah non è ancora tornata. Puoi andare, se vuoi ».
« Ma io sono venuto appositamente per te! Passeremo una bella serata, insieme! »
Scesero velocemente al piano inferiore, sino ad arrivare nell'ampia cucina di casa Mason.
Al centro esatto del locale vi era un'isola, sulla quale erano stati poggiati tre sacchetti di carta, e tutt'intorno ad essa prendevano luogo ripiani per le spezie, fornelli a gas, una vasta dispensa e cassetti colmi di stoviglie d'argento.
Frank avvicinò due sgabelli all'isola ed iniziò a rovistare rumorosamente nei sacchetti unti di olio; molto probabilmente, il pollo alle mandorle si era rovesciato inzuppando qualsiasi altro piatto ordinato al ristorante del signor Chang.
« Questo è per te! »
Arya afferrò al volo la scatolina di cartone e, non appena tirò via il coperchio, fu investita da un intenso ed inebriante odore di frittura.
« Mi stupisci, Frank » la ragazza continuò, afferrando due bacchette di legno: « conosci i miei gusti meglio di mia zia ».
« Voglio far breccia nel tuo cuore! » L'esclamazione dell'uomo venne accompagnata da un veloce e allegro occhiolino.
« Non dire scemenze! »
« È la pura verità, signorina topina! »
Arya mise in mostra i denti e decise che, per quella serata, Frank non le sarebbe andato di traverso.
Solitamente, non riusciva a creare un vero e proprio rapporto con gli uomini che portava a casa sua zia: molti di loro non facevano altro che spezzarle il cuore e gettarla, senza alcun ritegno, in una distruggi-documenti.
Non sapendo, dunque, che tipo di persona fosse in realtà Frank Johnson, Arya decise di non regalargli troppe ed incaute attenzioni. Tutto il contrario di sua zia, la quale credeva fermamente ai colpi di fulmine.
In fatto d'amore, Sarah Mason era la persona più ingenua che sua nipote avesse mai conosciuto. Aveva sempre la testa fra le nuvole, seppure fosse un'ottima e severa tutrice.
Fisicamente, si presentava come una donna alta, snella e dalla carnagione chiara. I suoi capelli erano una cascata di fiamme ed i suoi occhi erano due ossidiane.
Arya trovava inquietante la relazione tra sua zia e l'uomo che le sedeva di fronte; sembravano completarsi. Due vere e proprie anime gemelle: ciò che pensava l'una, lo pensava anche l'altro, e ciò che voleva dire l'uno, lo diceva l'altra.
« Bella collana! » Esclamò Frank, destandola dai suoi pensieri.
« Grazie » Arya continuò: « l'ho comprata poco fa, nel negozietto dell'usato vicino alla libreria ».
L'uomo ciancicò sonoramente e per bene il suo pollo prima di chiedere: « Ed è solo una chiave o una Chiave con la “C” maiuscola? »
Arya fece una smorfia, alzando un sopracciglio.
« Vedi » proseguì Frank: « una chiave può essere ornamentale o può aprire un qualcosa. Tu pensi che questa sia del primo o del secondo tipo? »
La ragazza lo fissò attentamente: non credeva possibile il fatto che stesse avendo un'autentica conversazione con quell'uomo.
« Non lo so ».
« Be', scoprilo! » Frank si avvicinò al rubinetto e attese una manciata di secondi prima di affondare il suo bicchiere di vetro sotto il flusso dell'acqua. « Magari, potrebbe aprire uno scrigno! E se trovassi dell'oro, dovresti spartirlo con me... Ti ho dato io l'idea, no? »
Arya sorrise ancora una volta: « Ho trovato questa chiave in un mercatino dell'usato! Penso che l'oro l'abbia già preso il suo custode precedente ».
« Mai dire mai! »
Al termine di quella frase, si udì dapprima un rumore di catenacci e, in seguito, la porta d'ingresso sbattere.
Guidata dalla luce proveniente dalla cucina, Sarah Mason li raggiunse con un'aria stravolta e addormentata.
« Tesoro! » Esclamò subito Frank.
« Tutto bene? » Chiese sua nipote, portandosi alla bocca gli ultimi residui di cibo.
« No » Sarah si tolse il cappotto beige e lo gettò, con noncuranza, sullo sgabello più vicino. « Sono uscita dall'ufficio alle sei, il traffico era assurdo! » Voltò lo sguardo verso l'orologio a pendolo del salotto e sbuffò: « E, adesso... Sono le nove ».
« Dai, vieni » Frank la raggiunse, e le consegnò un'altra scatolina di cartone: « i ravioli al vapore potrebbero sollevarti il morale? »
« Tu mi sollevi il morale! »
Arya si alzò dallo sgabello e, scostando lo sguardo, uscì dalla cucina.
« Dove vai? » Le chiese sua zia poco prima che potesse metter piede sui gradini delle scale.
« In camera mia ».
« D'accordo. Finisci tutti i compiti, mi raccomando! »
Arya tornò nella sua cameretta, senza destare il piccolo Cavaliere.
Afferrò la sua borsa di stoffa, tirò via il libro di narrativa e cominciò a leggere.
Un finale intrecciato era l'unico elemento che considerava essenziale in una storia: il “vissero per sempre felici e contenti” non le era mai piaciuto, lo riteneva troppo banale e scontato.
Quella sera, lesse un racconto ricco di personaggi quali cavalieri medievali, draghi e creature demoniache.
Il protagonista era stato vittima di un passato travagliato, e fu questo il motivo per il quale la ragazza ci si immedesimò così tanto.
« Arya, va' a dormire! » La zia Sarah bussò alla porta della sua cameretta: « 'Notte! »
« A domani ».
Arya lanciò un'occhiata all'orario: mancavano pochi minuti alla mezzanotte.
Strofinandosi gli occhi e scaraventando il libro nella borsa, si avvicinò alla finestra: il tempo stava cambiando, ed il cielo veniva continuamente scosso da tuoni e lampi.
S'infilò il pigiama, si buttò tra le lenzuola e si assopì.
Tutto normale.

 

***

 

L'insegna del negozio brillava come una piccola lucciola in un immenso oceano d'oscurità.
Era sola. Seduta vicino al bancone della cassa. Immobile.
Il suo polso accelerò nel momento stesso in cui si udì bussare alla porta d'ingresso.
Sapeva che prima o poi sarebbero arrivati. Lei sapeva sempre tutto.
« Ismene, che piacere vederti ».
La vecchina sorrise, rimanendo all'interno del Madame Minuit: « Salve, Nathaniel. E buona sera anche a te, Gregov! »
« Tu sai a cosa stiamo puntando, giusto? » Disse Nathaniel, senza perder tempo.
« Non posso aiutarvi » tagliò corto Ismene.
« Sta mentendo! » Esclamò Gregov a denti stretti.
« Vieni fuori, e ripetilo ».
La donna chiuse gli occhi, paziente: « Molte ragazze vengono qui a comprare gioielli. Non posso ricordarmi ogni singolo volto».
« Non percepisco la presenza della Chiave in questo tuo misero negozio » ammise Nathaniel: « Tu sapevi che saremmo venuti! Tu l'hai venduta a qualcuno prima ancora che noi potessimo fare qualcosa! »
Ismene non rispose.
« Vieni fuori, o distruggerò l'intera cittadina! »
« D'accordo. Come volete ».
Un passo oltre la soglia e la vecchia proprietaria fu alla mercé di quei due mostri.
Immediatamente, il più alto le afferrò la mano.
« La Chiave! L'ho vista! È stata comprata da una ragazza con i capelli corti, neri... Non abita qui in zona... »
« Hai finito? Se permetti... » Ismene tirò via la mano da quella stretta possente: « andate via di qui! Non voglio mai più vedervi! »
Nathaniel sorrise: « È stato piuttosto semplice. Se hai distorto i tuoi ricordi... La pagherai cara ».
« Vedremo ».
Un lampo di luce nera. Centinaia di frammenti vetrosi.
Era il tipico modo con cui i Demoni uscivano di scena.

 


ANGOLO DELL'AUTORE:

Se siete arrivati fin qui, grazie mille!
Spero che questi primi capitoli vi siano piaciuti!
Come vi sembra Arya? E Oliver? u.u
Fatemi sapere le vostre opinioni, risponderò a tutte le recensioni che manderete! 

Al prossimo capitolo! :)

_Charlie_


 

 

 

 

 

 

 

  
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