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Autore: EmmaLake    23/01/2015    0 recensioni
Emma, è giovane e spregiudicata. Ha sogni e fa scelte discutibili, ma sono sue, e sulla base di queste decide di insinuarsi in un percorso tortuoso fatto di sentimenti e situazioni delicate. Ma dovrà pagare lo scotto delle sue scelte anche quando penserà che non la riguarda e scoprirà il doppio volto del Carpe diem...
La storia di un complicato triangolo che prende inizio da.... Leggete per scoprirlo!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Universitario
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“Non ci posso credere”, continuavo a pensare che ero impazzita o che avevo letteralmente dato i numeri, stavo preparando la valigia, e se avessi potuto, mi ci sarei ficcata dentro e mi sarei spedita su qualche aereo con destinazione sconosciuta.
Cercavo allo stesso tempo di ripetere a me stessa che ciò che stava accadendo non era poi tanto male, e che Jason aveva detto che “Sì perché no?”. Perché no?!
Avevo gettato l’amo e lui non solo si ci era aggrappato ma proprio era entrato da solo nel retino, come il piu’ stupido dei pesci.
Jason, il mio ragazzo, da ormai 7 mesi, lunghi e felici, era il ragazzo piu’ bello che i miei occhi avessero mai adocchiato, ma…c’era un ma.
Non capivo perché le cose non andassero come nella maggior parte delle coppie. Jason era parte del corpo sportivo del campus universitario, praticava uno sport dietro l’altro, il che gli garantiva una splendida tartaruga, degna del marchio “Beni dell’Unesco”.
Questa grande unione, faceva di me “la fidanzata del fusto”. Io beh, non ero esattamente la “fusta”. Penso fossi, normale, una tipa che vestiva decentemente con cose normali. Insomma non ero da borsetta firmata e unghia finte, ma sapevo anche io come ci si atteggia, solo che planavo basso.
Il mio problema? Non avevamo ancora portato la nostra storia a quello che si definisce il livello piu’ alto, quello che sancisce ogni unione. Sentivo che la cosa si doveva evolvere, Jason mi aveva confessato di voler fare le cose con una certa calma perché per lui era una cosa importante. Quindi ironia della sorte stavo studiando come farmi portare a letto. E lo so, è squallido e sicuramente poco decente, ma alla mia età avevo già superato largamente il limite di tempo consentito per non aver fatto questa “evoluzione di coppia”  e dovevo infrangere il muro.
Perciò ecco perché stavo preparando le valigie per il campo dell’amore. L’ultimo giorno di lezioni, Kate mi aveva portato un volantino con le iscrizioni per il “Campo del Guru delle coppie”, tipo un campo per insegnare le cose sull’amore ai fidanzati, si partiva il venerdì e si ritornava la domenica. Un weekend intensivo per parlare con gli esperti e ritrovarsi nella natura!
Pensavo che proporre a Jason di andare avrebbe sollevato il fatto che pensavo ci fosse un problema, e che lui si accorgesse del problema, mi chiedesse che problema ci fosse. Insomma volevo far uscire la discussione. Ma non volevo andarci davvero a questa cosa. Invece, la presentazione del volantino aveva fatto scaturire un breve scambio di battute in cui lui mi diceva “Ma sì bella idea! Ci farà bene e conosceremo tanta gente nuova”. Non gli importava fosse a milioni di milioni di chilometri di distanza, l’idea del campeggio e della libertà lo aveva immensamente allettato. E io speravo lo allettasse disperatamente anche l’idea di ciò che potevamo fare noi a quel campus!
Guardavo ancora la valigia, vuota dopo mezza mattinata passata a cercare di riempirla con tutto ciò che avevo opportunamente già ritirato fuori. Presi il telefono e dall’altra parte la voce squillante di Samantha iniziò a fluire “Dovresti portare con te poca roba, ma tanta, non so se mi hai capito, Emma” “Sì ti ho capita, effettivamente era quello che nei miei innumerevoli tentativi ho cercato disperatamente di fare”, “Dovresti chiedere a tua madre, lei meglio di chiunque altro può aiutarti, comunque finisco la manicure e ti richiamo a smalto asciutto, baci baci” il mio “Ciao a dopo” si era perso nel vuoto della cornetta riattaccata.
Pur di non chiedere a mia madre avrei iniziato a mettere qualcosa nella valigia, e l’avrei lasciato dentro senza tirarlo nuovamente fuori, era mezza stagione, avrebbe fatto caldo di giorno e freddo di notte, perciò iniziai a comporre un guardaroba degno del weekend che mi aspettava. Un colpo alla porta e un tonfo sul letto, mia madre era felice e raggiante, sbatteva le lunghe ciglia ricoperte di mascara e mi guardava elettrizzata, avevamo già discusso sul “non puoi mettere le mani in valigia”, quando non sentendola parlare alzai lo sguardo per fissarla, vidi che teneva una pochette azzurra tra le mani.
“Che c’è?” era una di quelle domande inizia-discorso che aprivano un lungo dibattito sulla vita dei vestiti, degli arredi e delle frivolezze del mondo.
“Nulla, pensavo fossi entrata per dirmi qualcosa”, “Ed infatti, dato che non mi permetti di aiutarti con la valigia, ho pensato di prepararti qualcosa da metterti in valigia senza che tu inizi a dire sì o no, ti servirà fidati” mi lasciò la pochette sul letto e scomparve  dalla stanza. Il poco tatto e la scarsa considerazione che aveva per ciò che concerne l’intimità erano davvero ammirabili. Mia madre, era una lunga storia cercare di fare un sunto per descriverla, era rimasta delusa dall’amore e pensava che l’unica cosa che importasse fosse essere sicuri che quando vuoi fare qualcosa, la devi fare. Non era il consiglio di una mamma responsabile, ma lei era rimasta avvinghiata in una sua personale visione di Gilmore girls e pensava che la parte di una mamma per amica le stesse a pennello, però dimenticandosi che ero sua figlia. Ma davvero mi importava poco, eravamo noi e il nostro rapporto e me lo tenevo così com’era e nel bene e nel male avevo fatto suo il motto del “Carpe diem” piu’ spietato. Qualcuno come la mia migliore amica Samantha, non esattamente la ragazza dolce ed innocente della porta accanto, mi definiva un po’ troppo sprezzante verso tutte quelle che erano le nozioni di regole e tabu’, ma non facevano parte di me come non lo facevano di mia madre, e non me ne preoccupavo molto. Forse per questo sentivo il bisogno impellente di portare la mia relazione ad un gradino superiore, volevo senza mezzi termini che la mia prima volta fosse con il ragazzo che mi ritrovavo accanto, non sapevo se tra qualche anno incontrandolo per strada non lo avrei nemmeno salutato, ma ora in quel momento in quella situazione, sì, lui era il mio principe tutto muscoli e addominali e allora Carpe Diem.
Alle tre avevo messo la valigia alla porta e stavo sistemando il fard sulle guance, sentii mia mamma esordire con un “Ragazzi vi divertirete, queste esperienze fanno crescere e poi insomma una riserva naturale, il posto migliore per ritrovare se stessi”. Non avevo fatto mistero dei veri motivi che stavano dietro quel campus, e mia mamma di buon grado mi aveva solo raccomandato prudenza e protezione.
Era in un certo modo felicissima del fatto che tra noi ci fosse questo rapporto di confidenza, ma a volte sentivo come se i ruoli si invertissero e mi toccasse essere io l’adulta e lei l’adolescente da consigliare. Avevo indosso un paio di jeans sbiaditi, delle sneakers bianche e una camicia a scacchi verde, capelli raccolti in una coda e un make up ben fatto ma non troppo vistoso. Essere semplice sì ma dovevo rispettare degli standard per le uscite con Jason. Lui era davanti la porta intento a discutere con mia madre, i suoi occhioni verdi mi fecero sciogliere, aveva dei bermuda blu scuro e una maglia attillata bianca, stretta al punto tale da far pressione a contatto con i muscoli. Era così, semplice nella sua bellezza. “Ciao bambolina! Ho già caricato la valigia nella macchina, saluta e partiamo”. Gli andai accanto per posargli un bacio sulla guancia, mi girai verso mia madre mentre lui dopo averla salutata stava uscendo dalla porta “C’è bisogno che io ti chieda di non chiamarmi se non per buoni motivi?” “ Ma certo che no, ogni 24h dammi notizie di vita e vedrai che attenderò il tuo ritorno per i dettagli” “Ok ciao mamma, mi raccomando a te” “Ciao tesoro, mi hai rubato le parole di bocca!” .
Un veloce abbraccio e mi fiondai sullo sportello del passeggero della macchina, ma sul sedile … trovai Trevor. Uno sguardo dietro e vidi Melissa, nel suo prendi sole fucsia che si passava il gloss sulle labbra. “Questo lungo viaggio sarà all’insegna della compagnia!”. Questo lungo viaggio sarebbe stato ufficialmente una merda. Sperai con tutta me stessa che la premessa non fosse di cattivo auspicio. Salutai e mio malgrado mi sedetti dietro con Melissa, sempre intenta a mettere gloss, come se dovesse necessariamente finire tutto il tubetto, che mi salutò con un grugnito per non giungere le labbra verniciate fresche. “Direzione Paradiso” Jason e Travor si scambiarono un’occhiata e io sprofondai nel sedile, questo viaggio sarebbe stato un Inferno. Recuperai il cellulare dalla borsa per chiamare Samantha, che rispose al primo squillo “Telepatia stavo per chiamarti”, “Wow che bellezza!” esordii con un tono eccessivamente concitato, “Capisco, sei già in macchina e non puoi parlare, allora vediamo di impostare questa conversazione in modo da farci uscire una qualche forma di comunicazione, sei in compagnia di gente simpatica?” come avrei mai fatto senza di lei, sapevamo gestire la cosa “No, ma figurati” risposi con un sorriso spontaneo perché la cosa poteva trasformarsi in un gioco davvero esilarante, “Oh benissimo, ti attende un viaggio di merda come quelli che piacciono a te!”. Risi perché sapevo che era vero, ero specializzata nei viaggi non felici, con Jason e i suoi amici, ma solitamente cercavo di portare qualcuno anche io, per controbilanciare la cosa, ma il mio unico asso nella manica era Samantha e purtroppo in questa occasione non avevo potuto averla accanto, le toccava rimanere a casa per via di un virus intestinale, che aveva contratto pochi giorni prima, e il campeggio non era il posto migliore in cui vivere questo malore.
“Inutile dirti che mi dispiace, quando arrivi e ti sistemi avvisami subito e fai un casino di foto che mi manderai non appena ritorna la connessione, baci baci Em, il virus mi chiama” “Certo Samy sarà fatto…baci”. Chiamata troppo breve. Avevo due ore di viaggio davanti ed erano passati solo i primi 10 minuti.
Un dannato motivetto di un remix rombava implacato in macchina, Melissa aveva iniziato a passarsi lo smalto nelle unghie dei piedi e la conversazione era iniziata e conclusa con un “Che ne pensi di questo colore?” “Davvero bello” “Sì il mio preferito”. Conciso e breve. Jason canticchiava le poche parole che ogni tanto saltavano emergevano dalla “canzone” e si confrontava su ciò che aveva portato nella valigia con Trevor. L’alcol amico/nemico di ogni campus era parte della comitiva! Iniziavo a pentirmi davvero di quello che avevo creato. Insomma l’idea era essere soli affinchè lui si concentrasse su noi…invece sarebbe stata l’ennesima occasione di baldoria e casino, di cui da sette mesi ero davvero satura.
Presi le cuffie e mi lasciai trasportare da qualcosa di piu’ calmo che mi desse modo di dormire e svegliarmi all’arrivo.
Dopo un’ora e mezza fatta di dormiveglia, Jason mi aprì la portiera sussurrandomi “Principessa ecco il tuo campus dell’amore”.
Non potevo crederci eravamo in un bosco, sperduto. Un bosco con un’infinita quantità di tende da campeggio e qualche tendone piu’ grande dove qualcuno faceva già yoga e qualcun altro assumeva strane posizioni da stretching facciale. Alcuni cartelli davano indicazioni su dei luoghi lì vicini, tipo il falò, i bagni e la spiaggia. Per il resto non c’era nulla.
Non mi aspettavo nulla, ma trovarlo così chiaramente, mi mandò in uno strano sconforto. “Avanti non sei contenta?” “Sì, sarà molto intimo”. Intimo, avevo detto intimo? Con la bocca impastata di sonno, fu il meglio che riuscii a dire. Mentre mi avvicinavo ad un tavolo con delle targhette per la registrazione, ebbi modo di vedere un due o tre facce che conoscevo, gente che avevo visto all’università o che stavano nella mia zona.
“Salve” dissi ad una tizia con dei splendidi capelli biondi mi guardò felicissima, come se fossi la sua migliore amica “Salve a voi, cuori palpitanti, datemi i vostri cognomi e vi indicherò le vostre tende dell’amore”. Iniziai ad elencare la mia stramba comitiva, quando finendo lasciai che lady cuore-felice mi desse indicazioni “Allora vedo che avete prenotato tutti come single”. Cosa? “Scusi siamo due coppie, controlli” “Sì le prenotazioni sono avvenute lo stesso giorno, ma non avete specificato che prendevate tende comuni. “Questo cosa significa?” “Significa che ognuno di voi avrà una tenda differente ma che comunque non dovrete temere è solo una formalità”. Ero in trance. Odiavo il campeggio, da questo stesso momento. Innanzitutto non capivo perché non potessi avere la mia tenda con il mio ragazzo, nel posto che volevo, e invece, dovevo usare tende di gente che non sapevo che diavolo vi avesse fatto dentro. La cosa mi stava iniziando a dare sui nervi, guardai Jason che aveva lo sguardo in perlustrazione “E adesso?” “Niente piccola, non ti preoccupare alla fine vedrai che si sistemerà ogni cosa” non ero sicura avesse capito il problema ma non me la sentivo di replicare. Guardai malamente Travis a cui diedi una gomitata “Hai prenotato tu per caso?” “Nemmeno per sogno ha prenotato Jason”. Ebbi un colpo. Credevo che quando mi aveva detto “ Tranquilla siamo in lista” fosse tutto perfetto … invece no e sinceramente mi sfuggiva il momento in cui non aveva intuito che andassero specificate le coppie per tenda. Bene non so cosa mi attendeva, ma sapevo che sarebbe stato un lungo problematico finesettimana.
   
 
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