Salve a
tutti!!! :D spero che questa Oneshot vi piaccia!!!
Grazie a tutti quelli che leggono silenziosamente e chi invece lascia una
recensione! Un bacio ;*
Era arrivata
la Primavera, gli alberi stavano fiorendo, il sole diventava più caldo ogni
giorno di più. Il suo giardino profumava di Gelsomino la notte e di Rosa il
giorno. C’erano anche un albero di Mandarino, qualche Melo, qualche Ciliegio,
un Fico, poco più distante dalla casetta in cui abitava si trovava una piccola
vigna.
Abitava da
solo in quella casetta in campagna, ormai aveva passato la cinquantina. Però ogni
giorno puntuali arrivavano le due figlie dei vicini, gli adiacenti alla sua
casa erano persone simpatiche, educate, gentili e mandavano sempre le loro bambine
da lui per non farle stare sempre in casa. A lui non dispiaceva affatto, anzi
gli regalavano piccoli attimi di gioia, che avrebbe conservato per sempre nella
sua memoria e nel suo cuore.
Quando loro arrivavano
la più piccola, Nimueh che aveva sei anni, dal
vialetto si fiondava letteralmente tra le braccia dell’anziano con un sorriso
genuino. Lui si chinava e apriva le braccia per accoglierla. La più grande
invece, Morgause di anni dodici, arrivava camminando
ma neanche lei gli risparmiava sorrisi sinceri. Lui abbracciava anche lei e poi
entravano dentro, il camino era già acceso e la merenda era già pronta, una
torta al cioccolato e una crostata alle more e un buon succo di frutta. Dopodiché
l’anziano si sedeva nella sua vecchia poltrona rossa di velluto e Nimueh e Morgause si sedevano
sulle sue gambe.
Dopo aver
giocherellato un poco con loro a farsi il solletico la bimba più piccola gli
tirò un po’ la barba, lo faceva sempre quando era pronta ad ascoltare
incuriosita le sue storie, e sorrise – Avanti nonnino, raccontami un’altra
storia. Una bella e.. – stava pensando e l’altra sorella aggiunse - .. piena d’amore
e amicizia! – gli brillavano gli occhi, non potè
resistere a quella richiesta.
- Una storia
piena d’amore e amicizia, ne ho una, una storia bellissima– sorrise ma i suoi
occhi non lo fecero. Il vecchio si mise comodo e le bambine erano attentissime –
Allora, da dove incomincio? Ah sì.. – e iniziò
la sua storia.
Era un
pomeriggio come tanti altri in una noiosa e appena iniziata estate, a quell’epoca
era solo un bambino. Abitava in una casa di campagna e un giorno accanto alla
sua casa venne ad abitare una famiglia, che era un po’ come la sua. Nel senso
che a loro mancava una mamma e a lui un papà, e mentre lui aveva sempre abitato
lì, l’altro bambino veniva dalla città. Si erano trasferiti perché la madre era
morta e il padre del bambino non voleva stare più in centro, ma faceva sali e
scendi dalla campagna al capoluogo per lavoro. Gestiva un’azienda e un giorno
sarebbe stata del figlio.
Il bambino
che viveva accanto a lui era biondo come il grano che cresceva lì nelle
vicinanze e i suoi occhi erano azzurri come quel cielo d’estate, gli piaceva
così tanto stare in compagnia di quel bimbo, anche se all’inizio non fu facile
stargli accanto. Era capriccioso , voleva vincere sempre lui, avere i ruoli più
importanti, come quella volta che giocarono al principe e al servo. Ovviamente il
servo spettava al campagnolo – Merlino sei
abituato a fare il servitore! – gli aveva
detto il biondo, e l’altro buono per com’era non se la prendeva, si imbronciava un po’ per quell’aria viziata
che il principino aveva, ma passava tutto quando l’altro storceva la bocca e sedeva
accanto dividendo la merenda.
I bambini
hanno l’anima innocente e pura, anche quando vogliono avere i ruoli più rilevanti.
Merlino questo lo sapeva, e pensava che Artù volesse essere sempre così in alto
e importante perché non aveva una mamma
che lo faceva sentire così. Suo padre, Uther, era
sempre scontroso e autoritario e non c’era simpatia tra padre e figlio, e
neanche con il vicinato.
Artù non era
facile, ma una volta disse a Merlino una frase – Mi piace il nero dei tuoi capelli,
mi ricorda tanto la notte, il momento in cui posso vedere la mia mamma in cielo
– e gli sorrise donandogli metà della merenda. Fu quello il momento che Merlino
capì che erano diventati amici, e lui un amico non l’aveva mai avuto e fu una
sensazione così bella che gli si strinse il cuore.
Passarono
gli anni ed erano ancora affezionati. Erano più grandi, si sentivano uomini
fatti, quando anche loro in un piccolo angolino del loro cuore pensavano e
sapevano di dover ancora crescere. Avevano solo 17anni e si sentivano i padroni
del mondo, erano dei bei ragazzi e non passavano di certo inosservati alle
ragazze, ma Merlino rispetto all’amico era un po’ più timido ed impacciato, e
diciamolo non gli piacevano molto le ragazze ma questo Artù non lo sapeva. Se c’era
una cosa che avevano stabilito come base solida della loro amicizia era “ Ci spalleggeremo a vicenda e nessuno
abbandonerà l’altro. ” poi avevano sputato nella mano e se l’ erano stretta.
Ne avevano
passate tante insieme, come quella volta che Artù lo difese da dei ragazzini
che lo volevano picchiare, ed erano finiti entrambi con un occhio nero ma anche
gli altri teppisti non erano messi bene. Oppure come quella volta che Merlino
aveva accompagnato l’amico al bar del paesino di Eldor
per adescare qualche ragazza e c’era riuscito, la ragazza l’aveva addirittura
invitato sul retro del bar. Artù guardò l’amico e l’altro non poté che
guardarlo con quegli occhioni – Vai pure! – sussurrò in un sorriso che svanì
quando lo vide allontanarsi con quella, il biondo lo ringraziò e si avviò con
la ragazza, ma dopo pochi secondi tornò prese l’amico e andarono via. Merlino
lo guardò confuso – ma come così in fretta? – il biondo sorrise – non sapeva
baciare granché – e scrollò le spalle, invece non era vero. Morgana sapeva
baciare benissimo ma non avrebbe potuto mai lasciare il suo amico seduto da
solo al tavolo, specialmente non dopo che aveva immaginato di baciare Merlino e
non la ragazza, ma questo non glielo disse mai.
Tornati nel vialetto
di casa, si sedettero sotto un Pino, annusarono a pieni polmoni l’aria. Artù lo
guardò e l’altro si voltò di scatto, il moro sorrise – Cosa c’è Artù? – l’altro
sorrise di sbieco - Rimarremo amici per
sempre non è vero? – sussurrò, Merlino gli diede una lieve spinta con la spalla
– Per sempre. –
- E poi? E
poi cos’è successo nonnino? – gli tuonò una voce che gli tirava la barba – sono
rimasti amici per sempre? – Il vecchietto guardò Nimueh
e le sorrise dolcemente – Certo bambina mia – e continuò con la storia.
Passarono
diversi tempi, e ai ventuno anni di Artù il padre decise di trasferirsi e non
volle sentire ragione, lo trascinò dietro e lo caricò in macchina. Nonostante tutto
riuscivano a vedersi spesso, fino a quando Uther
impose al figlio di prendere in mano l’azienda di famiglia. Anche se non si
potevano vedere sempre, si scrivevano. Per Artù non c’era nessuno che potesse
eguagliare l’amico, nessuno così dolce, imbranato e saggio al tempo stesso. Appoggiato
alla finestra della casa in città si ricordò di quando lui uscì arrabbiato
piangendo per la rabbia e corse lontano da casa fermandosi sotto un salice ,
Merlino l’aveva seguito e si fermò solo a pochi metri di distanza. Aspettando in
silenzio, e quando lui l’aveva chiamato in un sussurrò l’amico si apprestò a
rispondere – Sono qui! – e l’abbraccio. Fu un abbraccio caldo e il suo cuore
perse un battito.
Chissà quando
aveva iniziato ad amarlo silenziosamente e segretamente. Ma suo padre di certo
non avrebbe approvato, gli aveva rifilato anche una fidanzata e presto futura
sposa. Era una bella ragazza, scura con i capelli ricci che le ricadevano sulle
spalle, Gwen, una ragazza ricca ma umile d’animo.
Ovviamente per Merlino avrebbe lasciato tutto, azienda e ricchezze, ma Uther avrebbe trovato sempre il modo di danneggiare, se non
il proprio figlio, il proprio compagno.
A Merlino
mancava la compagnia di Artù, qualche volta era andato a trovarlo ma non sapeva
stare in città, Camelot era davvero troppo diversa
dalla silenziosa campagna. Era stato
anche al matrimonio dell’amico, aveva conosciuto gli amici e colleghi più
vicini a lui, Gwein, Leon, Parcival
ed Elyan, amico e cognato. In seguito era tornato a casa.
Poi non
arrivarono più neanche le lettere, ma si perdonavano silenziosamente. Un giorno
inaspettatamente ne arrivò una, ormai avevano entrambi una quarantina d’anni,
ma non erano buone notizie poiché il mittente era Gwen.
La lettera diceva solo di andare a casa loro perché Artù era morto, un infarto,
e voleva che ricevesse degli oggetti.
Così scese
in città, rese le sue condoglianze, lo guardò per l’ultima volta nella bara,
prese lo scatolo e andò via quasi volando. Una volta tornato a casa aprì quello
scatolo e trovò alcuni oggetti significativi per loro: Una spada, una corona e un fazzoletto rosso,
di quando giocavano al Re e al servo;
una vecchia foto dove Artù aveva un braccio appoggiato sulla sua spalla
e sorridevano; un accendino con il quale avevano acceso la loro prima
sigaretta. Fino a quel momento si era trattenuta dal piangere, poi trovò una
lettera.
“ Non ho mai
avuto il coraggio di dirtelo o di scrivertelo. So anche che sto male, problemi
al cuore, ma non voglio dirtelo. I medici non è capiscono nulla, dicono che non
funziona bene e che devo aspettare un trapianto e nel mentre non devo
affaticarlo con lo stress. In verità l’unico peso che il mio cuore regge è uno
solo Merlino. So che adesso è tardi e spero che non l’avrai con me, ma credo di
essermi innamorato di te. Spero potrai perdonarmi un giorno e semmai quel
giorno arriverà vorrà dire che io non ci sarò più. Il nostro doveva essere un per sempre, e per me lo è stato, perché ti
ho amato fino al giorno della mia morte. Non dimenticarmi mai amico mio ”
E’ lì che il
suo cuore si incrinò fino a spezzarsi e quel giorno morì un poco anche lui. Per
questo decise di abitare in campagna, per poterlo avere ancora con lui,
piantare il gelsomino perché era bianco come la sua anima e aveva lo stesso
profumo della sua pelle. Coltivare le rose rosse, per ricordarsi sempre del
loro amore, piantare l’albero di mele perché era la merenda che dividevano
sempre.
Ogni cosa
sapeva di lui.
Ogni cosa
gli ricordava lui.
Ogni cosa
era lui.
Ma non
raccontò questa versione alle bambine disse semplicemente – e poi quei due
amici vissero ancora tante avventure, si dice che abbiano trovato un altro
mondo e vivano lì – disse con entusiasmo. Le bambine risero e poi le accompagnò
a casa come ogni giorno.
Rientrato in
casa cenò, poi si sedette sul letto e riprese in mano quella lettera – Anche io
ti ho sempre amato e non te l’ho mai detto. – sussurrò, poi spense la luce e si
addormentò.