È una piccola, tenera, graziosa one-shot
scritta ieri sera. Ero al pc
completamente raffreddata ed influenzata e, come se non bastasse, mio
padre mi stava impedendo di vedere Bones. Inaudito!
Rassegnata ho aperto word e ho iniziato a
scrivere.
I hope you enjoy it!
Mela aka Donnina FrustrataTM
· Remind me in
the summer time ·
“Ramen!” esclamò Kushina con una strana luce negl’occhi.
“Anzi no, no!” si corresse. “Forse è meglio un’okonomiyaki con gamberi, seppie, cetrioli e…. ananas!”.
Oltre i vetri dell’ampia finestra
il sole stava calando, proiettando luci aranciate sulla parete dietro di
loro; le tende erano mosse dall’ultima brezza estiva che entrava dall’anta
socchiusa, segno dell’avvicinarsi di settembre, e frusciavano come un silenzioso
sottofondo alla discussione appena nata.
“…ananas?”
domandò l’uomo di fronte a lei, perplesso. “Sei sicura di non preferire il ramen?”
“Minato, hai il coraggio di contraddire una donna
incinta?” ribatté Kushina con un ampio sorriso,
giocando la sua carta migliore. “Ti ricordo che porto in grembo tuo figlio e
per questo avrò delle tremende smagliature finché campo. Ho diritto ad una
misera Okomiyaki con ananas, no?”.
Minato scosse la testa, alzando le mani in segno di
resa.
“Hai vinto, hai vinto”.
Kushina gli si
avvicinò con tutta l’agilità che il pancione al termine dell’ottavo mese di
gravidanza le permetteva, appoggiando la testa nell’incavo del suo collo.
Tecnicamente sarebbe dovuta stare a letto, ma era
anche vero che tecnicamente avrebbe dovuto mangiare cibi ben più sani e
nutrienti. Se solo Tsunade-sama l’avesse
scoperto… no, non ci voleva pensare.
“Ti amo” mormorò. “Sarai il padre migliore di
Konoha. Anzi, della terra del Fuoco. Anzi, di tutto il mondo”.
“Ruffiana” decretò Minato roteando gli occhi e
passandole una mano tra i capelli. “Lo dici solo per l’okonomiyaki”.
Kushina
scoppiò in una fragorosa.
“Ma come puoi pensare una
cosa simile di me? Mi offendi” cinguettò. “Lo dico anche perché ci farai mettere degli
adorabili pezzetti di ananas. E
degli zuccherini! Ecco, degli zuccherini verdi
a forma di lama”.
“C-come?”.
“…oppure a forma di orsetto?”
continuò la giovane donna, parlando quasi da sola. “E
se prendessi anche delle rondelle di liquirizia? Ma
sull’okonomiyaki o no?”.
“No, meglio di no” consigliò l’uomo, sempre più
perplesso.
“Minato?”
“Si?”.
“Secondo te il ramen è
meglio a parte o assieme agli zuccherini? Quelli li potrei
aggiungere in un secondo momento” ragionò Kushina,
valutando attentamente il contrasto di sapori.
“Sono certo che sarà delizioso comunque”
commentò Minato trattenendo una risata.
La donna tornò a sdraiarsi sul letto, con aria
meditabonda. Nella sua mente vorticavano una miriade di parole: con o senza?
Zuccherini a forma di lama o a forma di orso? Ramen od okonomiyaki?
Troppe domande per una persona sola, ma anche per due, visto che Minato non le era minimamente d’aiuto.
“Ok, ho deciso” annunciò
risoluta.
Minato sorrise.
“Incredibile” la prese in giro. “Sei sicura di non
volerne discutere ancora un po’?”.
“Non tentarmi, Namikaze. Potrei intrattenerti tutta la serata con un’avvincente
conversazione sugli zuccherini verdi” lo minaccio Kushina,
puntandogli un dito contro. “Non sottovalutare la tenacia di una donna
incinta”.
“Non ti sottovaluto affatto”
ribatté lui. “Forza, dimmi cosa vuoi per cena”.
“Ramen!” esclamò la donna
allegramente. “E quei biscotti a forma di panda che
vendono al negozio all’angolo”.
“Li… vuoi mangiare nel ramen?” domandò Minato scettico,
sollevando un sopracciglio.
“No, certo che no!” esclamò Kushina
indignata. “Biscotti nel ramen, che idea bizzarra!”
borbotto “Zuccherini al massimo, ma non biscotti”.
Minato sospirò profondamente, scuotendo la testa.
Armato di buona volontà prese le chiavi di casa ed uscì, alla ricerca di ramen e biscottini a forma di panda.
“Mi sa che i biscottini li mangerò domattina”
decretò la donna, appoggiando sul comodino la porzione di ramen
istantaneo. “Avrei dovuto prendere le rondelle di liquirizia, accidenti”.
“Quelle le avresti intinte nel brodo?” domandò
Minato sedendosi accanto a lei e passandole un braccio attorno alle spalle.
“Sì, è probabile” si sentì rispondere. “E poi le avrei fatte assaggiare anche a te, per nulla al
mondo ti avrei privato di un simile piacere”.
“Troppo buona” commentò. “E
troppo generosa, non me lo merito”.
“Ma io ti amo… voglio
condividere tutto con te” aggiunse Kushina appoggiandosi a lui. La sua voce voleva suonare
ironica, ma la stanchezza non glielo permise.
Rimasero entrambi in silenzio, mentre la tenda a
pochi metri da loro continuava a frusciare mossa dal vento. Un rumore lento e
cadenzato, quasi ipnotico. Quei mesi erano stati caldi, ma erano iniziati
presto e terminati ancor prima, come a voler risvegliare tutti da quel torpore
dorato. E dopo l’estate sarebbe arrivato l’autunno, ed insieme a lui loro figlio, Naruto.
Ma l’estate era destinata a finire.
“…troppo bello” mormorò Kushina
rompendo il silenzio.
“Chi, io?” chiese Minato con una breve risata. “Lo
so amore, non serve che lo ripeti in continuazione” aggiunse ironico.
“No, idiota, non parlavo di te: parlavo
di tutto” Kushina gli diede un piccolo pugno sulla
spalla, piegando le labbra in un sorriso malinconico. “A volte mi sembra che la
vita qui a Konoha sia troppo bella per essere vera. Prima i poi dovrà finire”.
Gli occhi azzurri di Minato vagarono per la stanza,
scrutò le varie scatole di dolci che durante quella settimana la compagna l’aveva costretto ad acquistare, spesso anche costringendolo
ad uscire di casa in piena notte, osservò le varie foto riposte sulla
cassettiera e i quadri appesi ai muri. Ebbe l’impulso di sorridere, ma il
pesante e gelido macigno che gli gravava sul petto glielo impedì.
“Non dovresti fasciarti la testa prima di
rompertela” si limitò a redarguirla gentilmente, senza esternare il proprio -immotivato- disagio.
“Lo so Minato, solo che…” la giovane donna si morse
le labbra, in cerca delle parole adatte. “Non credo possa esistere un per sempre felici e contenti, ecco” concluse malinconica.
L’uomo annuì.
“Forse non è per
sempre” disse dopo un breve silenzio. “Ma si può
essere felici e contenti anche solo
per un attimo, e non sarà la sua brevità a renderlo meno perfetto. Un attimo e
tutto acquisterà senso in funzione di quel solo, fuggevole istante”.
“…ma comunque avrà fine”.
“È inevitabile, Kushina”.
“Lo so”.