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Autore: BehindInfinity    25/11/2008    1 recensioni
Una normale serata di metà Ottobre quando una tranquillissima passeggiata solitari sul lungomare può diventare il palcoscenico di una situazione tra il comico e l'assurdo e una donna della buona borghesia commenta sdegnata una ragazza che "aspetta" sotto un lampione...
Genere: Comico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti^^

Questa storiellina è un esperimento, di solito non scrivo comico o d’ironia, ma l’idea era troppo divertente per essere scartata xD

Aspetto commenti^^

Non posso fare a meno di sorridere ogni volta che mi torna in mente quell’assurda situazione, talmente assurda che, parlandone con i miei amici, abbiamo finito per darle un nome. Tra di noi, ora, ciò che è mi è successo quella volta è indicato con il nome “La ragazza del lampione” e, inevitabilmente, ogni volta che si nomina “ragazza” o “lampione” gli sguardi dei presenti si dirigono verso di me e qualche risolino beffardo nasce dai loro volti, immediatamente nascosto da una mano, un fazzoletto o un colpo di tosse.

Non mi vergogno di raccontare quello a cui ho assistito, anche perché io, personalmente, non ho nulla di cui vergognarmi, ma lo ammetto, è stato difficile raccontarlo anche solo la prima volta, perché, si sa, l’imbarazzo è sempre presente quando si parla di ragazze che, la notte, aspettano sole sotto un lampione. E non sempre aspettano l’amica per andare al bar, anzi, di solito arriva qualcun altro e non per giocare a briscola o scopone scientifico. Oddio, “scopone scientifico” non è del tutto il termine errato.

Parto dal presupposto che ho 35 anni e sono in cerca di una fidanzata da quando ne avevo 14, ma finora niente all’orizzonte; per di più, abito in una di quelle località balneari che d’estate si riempiono di ragazzini che girano per la città in costume da bagno a qualsiasi ora del giorno e d’inverno rimane comunque vivace, i ragazzini ci sono lo stesso, ma vanno in giro che sembrano palombari.

La mia storia risale alla metà di Ottobre, quando i giubbotti non sono ancora quelli da palombaro, ma il vento gelido che viene dal mare faceva presupporre l’imminente arrivo dell’inverno con la sua neve e il suo ghiaccio; quella sera era un sabato e in televisione davano uno di quei programmi talmente noiosi che, quasi alle dieci di sera, afferrai la mia sciarpa e mi fiondai fuori casa, a passeggiare per il lungomare.

Non era la prima volta che mi succedeva e, anzi, mi faceva piacere passeggiare da solo sotto i lampioni ai bordi della spiaggia, ma, ahimè, anche quella sera si ripresentarono due situazioni a me ben conosciute: la prima era quella della presenza di una sfilza di ragazze che passeggiavano sotto le luci seminude, sfidando le prime ire dell’inverno e una serie di uomini soli che, a differenza di me, non vedevano la romantica poetica di una passeggiata sul lungomare se non tornare a casa mano nella mano con una di quelle poverette, a discutere del tariffario.

Alcune erano lì da talmente tanti mesi, che ormai le salutavo; ce n’era una, addirittura, con la quale mi ero anche fermato spesso a parlare, suscitando lo sdegno generale dei passanti. Mi pare che quella ragazza si chiamasse… si chiamava… la vidi da lontano intenta a parlare con una “collega” e, pur vedendola bene in faccia, non mi ricordavo neppure l’iniziale del suo nome.

Stavo ancora rimuginando sull’identità della ragazza quando una coppia mi passò accanto, una coppia dell’alta borghesia cittadina, quelle persone che non vanno in vacanza d’estate per non mescolarsi con la gente normale, ma che ci vanno in inverno, per sfoggiare la pelliccia appena comprata in mezzo a una folla che dei loro poveri ermellini arrotolati addosso non si interessa. Ma questi non capiscono.

La donna, una cinquantenne tutta avvolta nel suo pregiato ermellino, stringeva il marito sottobraccio e brontolava con quella voce acuta e fastidiosa che hanno solo le persone che vogliono farsi sentire a tutti i costi da chiunque: “Guarda, Camillo, guarda!” appena pronunciò il nome del marito, mi scappò una risata: “Come si può? Come si può?” strattonava l’uomo, incitandolo a guardare verso una ragazza appoggiata ad un lampione, poco distante da me. Camillo, un uomo di bassa statura dalla faccia antipatica si voltò verso la ragazza incriminata: “Terribile!” si spostarono dall’altro lato della strada e io li seguii, avevo come un’impressione che la cosa non sarebbe finita con quell’ultima parola pronunciata dal marito: “Che spettacolo osceno!” continuò la donna, fermandosi alla stessa altezza della ragazza, solo dieci metri più in là. E io mi fermai, fingendo di accendere una sigaretta: “Guarda quella svergognata come si mostra! Come possiamo sopportare una simile vergogna?!” la sua voce aveva attirato qualche passante che la guardava curiosamente: “Bisognerebbe denunciarla! Ma cosa le succederà? La rimanderanno qui immediatamente e ti danno anche del bigotto!” a quel punto, Camillo si staccò dalla presa della moglie: “Non si può andare avanti così!” esclamò, accompagnato dal vociare entusiasta dei passanti che si erano fermati a vedere la scena. L’uomo iniziò a camminare verso la ragazza e la moglie lo seguii per qualche passo, affannata: “Amore, aspetta! Non innervosirti! La tua pressione!!” mi sembrava di essere in una di quelle finte tragedie amorose che mettono in scena i ragazzini degli oratori per divertirsi; l’uomo la fermò: “Stai lì! Non voglio che le tue orecchie sentano quel che dirò!” lei si fermò all’istante e qualche passante la circondò divertito, mentre Camillo si avvicinava alla ragazza che, ignara di tutto, continuava a fissare il mare. Vidi la donna con l’ermellino passarsi una mano sul volto e sospirare: “Spero non dimentichi di essere un gentiluomo” disse rivolta ad un giovane che le stava accanto. Tutti rimasero in silenzio a guardare Camillo che sbraitava contro la ragazza del lampione, perplessa e sconvolta da quel pazzo che le si era avventato contro; tutti in silenzio, tranne, ovviamente, la donna, che continuava a parlare: “Certo che è bravo, eh? Sta gridando a quella donnaccia ciò che si merita! Sicuramente le sta intimando di lasciare questo posto dove vive gente per bene” nessuno le dava retta, interessato com’era a Camillo. Anche le altre ragazze si staccarono dai loro rispettivi lampioni e sbirciavano incuriosite la scena.

Camillo si girò e tornò, fiero e soddisfatto, verso la folla che aveva circondato la moglie e prese la consorte sotto braccio: “Andiamo a casa!” disse, senza neanche voltarsi: “Non voglio che i tuoi occhi vedano altra depravazione”. Tra le risate e qualche timido applauso, la coppia si allontanò lungo il viale principale e sparì dietro agli alberi; mi volsi per tornare sulla mia passeggiata, ridendo al pensiero di quella scena ridicola e già immaginandomi come potevo raccontarla, quando, avvicinandomi alla ragazza assalita da Camillo, si avvicinò un’altra sua “collega” con un’espressione mista tra lo sconvolto e il divertito. Mi fermai a poca distanza, fingendo di osservare il mare, ma con le orecchie ben tese alle due giovani: “Maddy!” chiamò la ragazza che si stava avvicinando e l’assalita la guardò sorridendo: “Maddy, perché si sbracciava tanto quel tizio?” si volsero verso la direzione in cui era sparita la coppia: “Mah!” disse Maddy: “Quel tizio è venuto a chiedermi un appuntamento per domani pomeriggio, perché sua moglie sarà dal parrucchiere…” mi spinsi in avanti e mi appoggiai alla balaustra, trattenendo una sonora risata: “Ma gesticolava come un pazzo e si muoveva a scatti come un indemoniato…” continuò l’altra ragazza. A quel punto, Maddy scrollò le spalle: “Che mondo, Amaya… arrivano clienti sempre più strani”.

  
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