Ciao
a tutti^^
Questa
storiellina è un
esperimento, di solito non scrivo comico o d’ironia, ma
l’idea era troppo
divertente per essere scartata xD
Aspetto
commenti^^
Non
posso fare a meno di sorridere ogni volta che mi torna in mente
quell’assurda
situazione, talmente assurda che, parlandone con i miei amici, abbiamo
finito
per darle un nome. Tra di noi, ora, ciò che è mi
è successo quella volta è
indicato con il nome “La ragazza del lampione” e,
inevitabilmente, ogni volta
che si nomina “ragazza” o
“lampione” gli sguardi dei presenti si dirigono
verso
di me e qualche risolino beffardo nasce dai loro volti, immediatamente
nascosto
da una mano, un fazzoletto o un colpo di tosse.
Non
mi vergogno di raccontare quello a cui ho assistito, anche
perché io,
personalmente, non ho nulla di cui vergognarmi, ma lo ammetto,
è stato
difficile raccontarlo anche solo la prima volta, perché, si
sa, l’imbarazzo è
sempre presente quando si parla di ragazze che, la notte, aspettano
sole sotto
un lampione. E non sempre aspettano l’amica per andare al
bar, anzi, di solito
arriva qualcun altro e non per giocare a briscola o scopone
scientifico. Oddio,
“scopone scientifico” non è del tutto il
termine errato.
Parto
dal presupposto che ho 35 anni e sono in cerca di una fidanzata da
quando ne
avevo 14, ma finora niente all’orizzonte; per di
più, abito in una di quelle
località balneari che d’estate si riempiono di
ragazzini che girano per la
città in costume da bagno a qualsiasi ora del giorno e
d’inverno rimane
comunque vivace, i ragazzini ci sono lo stesso, ma vanno in giro che
sembrano
palombari.
La
mia storia risale alla metà di Ottobre, quando i giubbotti
non sono ancora
quelli da palombaro, ma il vento gelido che viene dal mare faceva
presupporre
l’imminente arrivo dell’inverno con la sua neve e
il suo ghiaccio; quella sera
era un sabato e in televisione davano uno di quei programmi talmente
noiosi
che, quasi alle dieci di sera, afferrai la mia sciarpa e mi fiondai
fuori casa,
a passeggiare per il lungomare.
Non
era la prima volta che mi succedeva e, anzi, mi faceva piacere
passeggiare da
solo sotto i lampioni ai bordi della spiaggia, ma, ahimè,
anche quella sera si
ripresentarono due situazioni a me ben conosciute: la prima era quella
della
presenza di una sfilza di ragazze che passeggiavano sotto le luci
seminude,
sfidando le prime ire dell’inverno e una serie di uomini soli
che, a differenza
di me, non vedevano la romantica poetica di una passeggiata sul
lungomare se
non tornare a casa mano nella mano con una di quelle poverette, a
discutere del
tariffario.
Alcune
erano lì da talmente tanti mesi, che ormai le salutavo; ce
n’era una,
addirittura, con la quale mi ero anche fermato spesso a parlare,
suscitando lo
sdegno generale dei passanti. Mi pare che quella ragazza si
chiamasse… si
chiamava… la vidi da lontano intenta a parlare con una
“collega” e, pur
vedendola bene in faccia, non mi ricordavo neppure l’iniziale
del suo nome.
Stavo
ancora rimuginando sull’identità della ragazza
quando una coppia mi passò
accanto, una coppia dell’alta borghesia cittadina, quelle
persone che non vanno
in vacanza d’estate per non mescolarsi con la gente normale,
ma che ci vanno in
inverno, per sfoggiare la pelliccia appena comprata in mezzo a una
folla che
dei loro poveri ermellini arrotolati addosso non si interessa. Ma
questi non
capiscono.
La
donna, una cinquantenne tutta avvolta nel suo pregiato ermellino,
stringeva il
marito sottobraccio e brontolava con quella voce acuta e fastidiosa che
hanno
solo le persone che vogliono farsi sentire a tutti i costi da chiunque:
“Guarda, Camillo, guarda!” appena
pronunciò il nome del marito, mi scappò una
risata: “Come si può? Come si
può?” strattonava l’uomo, incitandolo a
guardare
verso una ragazza appoggiata ad un lampione, poco distante da me.
Camillo, un
uomo di bassa statura dalla faccia antipatica si voltò verso
la ragazza
incriminata: “Terribile!” si spostarono
dall’altro lato della strada e io li
seguii, avevo come un’impressione che la cosa non sarebbe
finita con
quell’ultima parola pronunciata dal marito: “Che
spettacolo osceno!” continuò
la donna, fermandosi alla stessa altezza della ragazza, solo dieci
metri più in
là. E io mi fermai, fingendo di accendere una sigaretta:
“Guarda quella
svergognata come si mostra! Come possiamo sopportare una simile
vergogna?!” la
sua voce aveva attirato qualche passante che la guardava curiosamente:
“Bisognerebbe denunciarla! Ma cosa le succederà?
La rimanderanno qui
immediatamente e ti danno anche del bigotto!” a quel punto,
Camillo si staccò
dalla presa della moglie: “Non si può andare
avanti così!” esclamò,
accompagnato dal vociare entusiasta dei passanti che si erano fermati a
vedere
la scena. L’uomo iniziò a camminare verso la
ragazza e la moglie lo seguii per
qualche passo, affannata: “Amore, aspetta! Non innervosirti!
La tua
pressione!!” mi sembrava di essere in una di quelle finte
tragedie amorose che
mettono in scena i ragazzini degli oratori per divertirsi;
l’uomo la fermò:
“Stai lì! Non voglio che le tue orecchie sentano
quel che dirò!” lei si fermò
all’istante e qualche passante la circondò
divertito, mentre Camillo si
avvicinava alla ragazza che, ignara di tutto, continuava a fissare il
mare.
Vidi la donna con l’ermellino passarsi una mano sul volto e
sospirare: “Spero
non dimentichi di essere un gentiluomo” disse rivolta ad un
giovane che le
stava accanto. Tutti rimasero in silenzio a guardare Camillo che
sbraitava
contro la ragazza del lampione, perplessa e sconvolta da quel pazzo che
le si
era avventato contro; tutti in silenzio, tranne, ovviamente, la donna,
che
continuava a parlare: “Certo che è bravo, eh? Sta
gridando a quella donnaccia
ciò che si merita! Sicuramente le sta intimando di lasciare
questo posto dove
vive gente per bene” nessuno le dava retta, interessato
com’era a Camillo.
Anche le altre ragazze si staccarono dai loro rispettivi lampioni e
sbirciavano
incuriosite la scena.
Camillo
si girò e tornò, fiero e soddisfatto, verso la
folla che aveva circondato la
moglie e prese la consorte sotto braccio: “Andiamo a
casa!” disse, senza
neanche voltarsi: “Non voglio che i tuoi occhi vedano altra
depravazione”. Tra
le risate e qualche timido applauso, la coppia si allontanò
lungo il viale
principale e sparì dietro agli alberi; mi volsi per tornare
sulla mia
passeggiata, ridendo al pensiero di quella scena ridicola e
già immaginandomi
come potevo raccontarla, quando, avvicinandomi alla ragazza assalita da
Camillo, si avvicinò un’altra sua
“collega” con un’espressione mista tra lo
sconvolto e il divertito. Mi fermai a poca distanza, fingendo di
osservare il
mare, ma con le orecchie ben tese alle due giovani:
“Maddy!” chiamò la ragazza
che si stava avvicinando e l’assalita la guardò
sorridendo: “Maddy, perché si
sbracciava tanto quel tizio?” si volsero verso la direzione
in cui era sparita
la coppia: “Mah!” disse Maddy: “Quel
tizio è venuto a chiedermi un appuntamento
per domani pomeriggio, perché sua moglie sarà dal
parrucchiere…” mi spinsi in
avanti e mi appoggiai alla balaustra, trattenendo una sonora risata:
“Ma
gesticolava come un pazzo e si muoveva a scatti come un
indemoniato…” continuò
l’altra ragazza. A quel punto, Maddy scrollò le
spalle: “Che mondo, Amaya…
arrivano clienti sempre più strani”.