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Autore: riccardoIII    24/01/2015    3 recensioni
Sugli spalti per la partita Grifondoro-Tassorosso c'è uno spettatore particolare, un cane che Harry avvista prima dell'ingresso dei Dissennatori sul terreno di gioco. Sotto la tempesta, Sirius guarda Harry volare e pensa.
I personaggi appartengono a J.K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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L’aria era gelida, la pioggia sferzava ogni cosa. Sentiva le urla della folla e alle sue orecchie arrivava il commento delle azioni che si svolgevano in campo, ma non ascoltava veramente. Tutta la sua attenzione era concentrata su un punto nel cielo, su un ragazzo a cavallo di una scopa che si librava nel cielo.
 
Aveva la sensazione che due universi si fossero sovrapposti. Era lì a guardare una scena che aveva visto già tante volte, una vita fa, e perfino il protagonista sembrava lo stesso: un ragazzino magro con capelli neri in balia del vento che volava come se fosse nato solo per fare quello, incurante della potenza delle raffiche e dell’acqua che non sembrava voler smettere di venire giù.
 
Era maledettamente bravo.
 
Per un attimo ebbe quasi la certezza che se si fosse voltato avrebbe trovato al suo fianco i suoi amici: alla sua destra un ragazzo smilzo con gli abiti consunti, il viso segnato e gli occhi che avrebbero seguito ogni movimento del giocatore in volo con leggera apprensione sforzandosi di restare impassibile, abituato com’era a controllarsi in ogni occasione; alla sua sinistra, più basso e paffuto, rannicchiato contro il sedile per l’ansia, un ragazzetto biondiccio avrebbe squittito ansioso a una manovra un po’ troppo brusca del suo eroe, mangiandosi le unghie.
 
E lui? Lui avrebbe tifato per il suo migliore amico, suo fratello, spronandolo a fare di più, il timore che gli accadesse qualcosa mascherato dietro agli incitamenti urlati, come sempre. Si sarebbe lamentato perché la partita stava durando troppo e i suoi splendidi capelli sarebbero stati rovinati dall’acquazzone, fingendo che questo fosse davvero importante.
 
Fu riportato alla realtà del presente quando notò che tutti i giocatori scendevano verso terra. Il tempo pessimo metteva a dura prova le squadre che si fronteggiavano e tuttavia l’unico modo per porre fine alla partita sarebbe stato prendere il Boccino, cosa alquanto complessa data la difficoltà di distinguere le mazze dei Battitori dalla Pluffa nella tempesta. Fece vagare gli occhi sugli spalti per un attimo nel tentativo di riconoscere qualche viso familiare, eppure non riusciva a vedere proprio nulla; riportò allora l’attenzione sui giocatori che provavano a riprendere il volo scalciando il fango che sembrava avere tutta l’intenzione di avvilupparli e sommergerli, e infine le scope riuscirono ad avere la meglio. Ritrovò allora nel mucchio di ragazzi in divisa rossa il centro delle sue attenzioni e non lo perse più di vista mentre sfrecciava lungo il campo alla disperata ricerca di un baluginio dorato. Aveva capito che era lui il Cercatore, l’unica differenza nei due universi che tentavano ancora di accavallarsi dentro la sua testa.
 
Un lampo folgorò il cielo proprio quando lui gli passò davanti a lui puntandogli gli occhi addosso, e proprio in questo momento il suo cuore si fermò. Ecco una seconda, la più grande differenza tra il ricordo e la realtà. Nell’attimo in cui la luce illuminò gli spalti e i loro occhi si incatenarono il verde che le lenti degli occhiali non riuscirono a nascondergli spazzò via il nocciola che riportava alla vita il suo passato come nemmeno quel vento sarebbe stato in grado di fare, Moony e Wormtail smisero di spalleggiarlo e lui si ritrovò a essere solo un cane nero troppo cresciuto che sembrava appena uscito dalla doccia e il giovane sprezzante che era stato venne risucchiato dalle iridi verdi, come se non avesse perso già abbastanza in tutti quegli anni. Ebbe una fugace visione del sobbalzo di Harry sopra la scopa mentre voltava rapidamente le spalle al ragazzo e fuggiva veloce da lui, che era passato e presente insieme, che era Lily e James fusi, che portava con sé il peso degli anni di sofferenza, proprio come lui, insieme all’odio e al rancore che doveva provare per lui.
 
Ma per quanto tu possa odiarmi, Harry, non mi odierai mai quanto io odio me stesso. Non mi disprezzerai mai più di quanto io mi disprezzi e non desidererai mai la mia morte tanto quanto io ho pregato di morire in questi anni. E non so se prima della fine avrò l’occasione per provare a spiegarmi, per dirti la verità, però sappi che se c’è una sola ragione per cui io sono sopravvissuto, quella sei tu. Sei stato la mia ancora di salvezza e io salverò te, perché è per questo che sono nato: per proteggerti e redimermi.
 
Caracollando giù per le scale avvertì il gelo fin troppo familiare abbattersi su di lui e seppe senza bisogno di guardare che i Dissennatori si erano avvicinati al campo, ma non se ne preoccupò: per loro era solo un cane, non si sarebbero nemmeno accorti di lui in quel banchetto di gioia costituito dagli studenti festanti. Si sporse a metà rampa per vedere se la partita si fosse conclusa prima dell’intervento di quegli squallidi esseri e vide con orrore un Cercatore troppo familiare cadere senza scopa da una quindicina buona di metri, svenuto, dritto in mezzo ai cappucci neri che avevano invaso il campo. Il sangue gli si gelò nelle vene e stava per lanciarsi dagli spalti direttamente sul prato, senza nemmeno pensare a cosa avrebbe potuto accadere o a ciò che avrebbe potuto concretamente fare, quando Harry rallentò la caduta come per magia, esattamente per magia, e uno splendido uccello argenteo volò dritto tra i Dissennatori, disperdendoli; un attimo dopo nel suo campo visivo entrò Silente con la bacchetta sguainata e nonostante la notevole distanza poté benissimo percepire la furia nell’aria che lo avvolgeva. Un attimo dopo Harry atterrò morbidamente sul suolo, il Preside evocò una barella e ve lo fece levitare sopra, uscendo poi dal campo velocemente e senza guardarsi nemmeno attorno.
 
Lui era ancora pietrificato. Non riusciva a muovere un muscolo, aveva visto il suo figlioccio cadere nel vuoto dritto tra le fauci dei mostri peggiori che esistano sulla faccia della Terra, inerme, e non aveva fatto nulla per aiutarlo. Come poteva fallire sempre? Come era possibile che si fosse trasformato in un tale inetto?
 
Lo scalpiccio di centinaia di piedi lo riscosse dalle sue elucubrazioni. Doveva spostarsi da lì. Cominciò a correre a zampe levate fino a lasciare lo stadio, poi percorse il parco nascondendosi tra i cespugli e procedendo piano per non essere visto fino a giungere nei pressi del Platano Picchiatore. Ora che Remus aveva lasciato la scuola la Stamberga era il posto perfetto per nascondersi nell’attesa del momento propizio, doveva solo aspettare che il suo strano compagno felino bloccasse l’albero per lui, essendo troppo grosso per sfuggire ai suoi rami impazziti; ma quando arrivò all’albero lo trovò già fermo e capì subito la ragione, tornando a nascondersi tra gli arbusti: il minuscolo professor Vitious, se possibile ancor più piccolo di come lo ricordava, l’aveva bloccato per raccogliere quelli che sembravano tanti piccoli pezzi di legno spezzati. Distinse i ciuffi ordinati che componevano ancora la coda e allora capì che dovevano essere i resti della scopa di Harry, che una volta perso il suo cavaliere era stata in balia della tormenta ed era andata distrutta. A causa dei Dissennatori, a causa sua, aveva perso persino la sua scopa, dopo la sua famiglia. In quel momento, osservando il piccolo professore di Incantesimi andarsene e infilandosi con passo felpato nel cunicolo che conduceva alla Stamberga, prese una decisione: almeno questa volta avrebbe fatto qualcosa per il suo figlioccio.



   
 
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