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Autore: SaraSnow23    24/01/2015    1 recensioni
“Da quando indossi biancheria di pizzo? È lui che ti regala le cose di Victoria’s Secret?”
Rogue si trattenne dal prenderlo a pugni su quel suo strafottente muso francese soltanto perché il cajun si manteneva sapientemente fuori dalla sua portata.
“Non sono affari tuoi! Stava andando tutto benissimo, prima che arrivassi tu e quel pazzo mafioso decidesse di far saltare in aria il ristorante perché tu gli devi dei soldi!”
“Non gli devo dei soldi, ce l’ha con me perché ho aiutato Joelle a—“
“Ah Janelle…” Rogue roteò gli occhi verdi “Mi ero quasi dimenticata di quella là.”
“Joelle” la corresse lui.
“Come ti pare. Un’altra delle tue brillanti idee.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Remy LeBeau/Gambit
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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[Nota: il racconto si svolge durante la permanenza di Gambit nella Nuovissima X-Factor, squadra di supereroi mutanti ingaggiata dalla Serval Industries. Nello stesso periodo, Rogue e Wolverine militano sia negli X-Men che nei Vendicatori, e il mutante canadese è anche preside della Jean Grey School]

“SEI UN IDIOTA, LEBEAU!”
Rogue cercava con scarso successo di  impedire che la gonna strappata le si sollevasse oltre le ginocchia. Come se evitare di mostrare le mutande al proprio ex fosse di massima priorità quando stai precipitando a velocità accelerata da un grattacielo di cinquanta piani.
“Ma tu non sapevi volare una volta?” chiese lui di rimando, più preoccupato dell’imminente impatto con il suolo che delle cosce nude di Rogue. Lei lo fulminò con lo sguardo e incrociò le braccia con aria pericolosamente ostile, lasciando perdere per un attimo la gonna, che svolazzò verso l’alto rivelando una raffinata lingerie di pizzo nero.
“Quello era secoli fa, Gambit. Quando avevo assorbito i poteri e la personalità di Miss Marvel.”
“Ah, già.” Merde. Nessuno dei due sapeva volare, sarebbero morti spiaccicati sul marciapiede come due piccioni. Due piccioni terribilmente stupidi.
“Da quando indossi biancheria di pizzo? È lui che ti regala le cose di Victoria’s Secret?”
Rogue si trattenne dal prenderlo a pugni su quel suo strafottente muso francese soltanto perché il cajun si manteneva sapientemente fuori dalla sua portata.
“Non sono affari tuoi! Stava andando tutto benissimo, prima che arrivassi tu e quel pazzo mafioso decidesse di far saltare in aria il ristorante perché tu gli devi dei soldi!”
“Non gli devo dei soldi, ce l’ha con me perché ho aiutato Joelle a—“
“Ah Janelle…” Rogue roteò gli occhi verdi “Mi ero quasi dimenticata di quella là.”
“Joelle” la corresse lui.
“Come ti pare. Un’altra delle tue brillanti idee.”
“Che tu, tra parentesi, avresti potuto evitare di spifferare a Logan.”
Rogue aggrottò la fronte, ora sinceramente preoccupata. “Ho dovuto farlo, Gambit. È lui il preside, mio e anche tuo. Avevo paura che ti fossi messo nei guai, e avevo ragione.”
“Lo stesso vale per me, cherie. Temevo che ti stessi cacciando nei guai con quel tizio.”
“Beh, ora nei guai ci sono di sicuro!” il tono di Rogue tornò ad essere acido come un limone “Per colpa tua!”
Erano entrambi nei guai, se non si affrettavano a trovare una soluzione. Con i capelli castani che gli sferzavano il viso, Gambit guardò in basso, verso la strada che si avvicinava sempre di più. Un brivido di paura mista ad adrenalina percorse tutto il suo essere. Doveva fare qualcosa, non poteva permettere che Rogue morisse per colpa sua.


- 3 ore prima -

“Dicono che tu sia una sorta di esperto, Gambit”
L’ufficio di vetro dell’amministratore delegato della Serval Industries era inondato dalla luce calda e arancione del tramonto. Harrison Snow si guardava allo specchio nell’apparentemente arduo tentativo di allacciarsi il nodo della cravatta. Gambit se ne stava in piedi, con le mani incrociate dietro la schiena, in attesa che il capo gli spiegasse perché lo avesse fatto chiamare. Da solo.
“Una specie di Don Juan, maestro d’amore…” continuò Snow, degnandosi finalmente di voltarsi a guardarlo. “Per questo ho bisogno del tuo parere personale. E della tua discrezione, naturalmente.”
L’uomo andò verso la scrivania, aprì uno dei cassetti metallici e ne estrasse due scatolette di velluto. Le dispose ordinatamente sul ripiano di mogano e le aprì una alla volta. Gli occhi scarlatti di Gambit si accesero di interesse quando videro il contenuto. Due paia di orecchini in diamanti purissimi, leggermente diversi l’uno dall’altro, ma entrambi di incommensurabile valore. Il cajun si avvicinò, piegandosi in avanti per osservarli meglio. I diamanti scomposero la luce in miriadi di frammenti che si riflettevano sul suo volto abbronzato.
“Scegli, mr Lebeau.”
Gambit alzò gli occhi sul suo capo. “Volete farmi un regalo, mr Snow?”
Snow accennò un sorriso. “No, Gambit. Non sono per te. Mi serve sapere quale paio regaleresti alla tua ragazza.”
Gambit si grattò il mento con fare pensoso. “La signora Snow è di gusti difficili, mh?”
Di nuovo le labbra sottili del signor Snow si incresparono in un sorriso accondiscendete. Il genere di sorriso che un adulto fa in risposta alle osservazioni infantili di un bambino.
“Non … non sono per mia moglie, Gambit. Per questo richiedo la tua più completa discrezione e professionalità”
La signora Snow in questione in quel preciso momento era comodamente seduta su un volo di prima classe verso Londra, completamente ignara degli orecchini che suo marito voleva regalare ad una delle sue numerose amanti.
“Capisco” rispose Gambit, guardandosi bene dal fare anche solo mezza delle svariate battute piccanti che gli erano immediatamente balzate in testa. “Sceglierei questi, signore” Indicò gli orecchini alla sua sinistra. Harrison si limitò ad annuire e ritirare entrambe le scatole.
“Molto bene. Ti ringrazio, Gambit. Devo vederla stasera e voglio che sia tutto perfetto” diede un’occhiata veloce all’orologio “Anzi, dovrebbe essere quasi arrivata … Farò meglio a sbrigarmi. Buona serata, Lebeau.”
Gambit salutò e uscì dall’ufficio, ansioso di togliersi l’aderente tutina gialla da supereroe aziendale che Lorna gli aveva appioppato. Era comoda, in verità, e fasciava perfettamente il suo fisico atletico, ma era drammaticamente priva di tasche. E Gambit come diavolo faceva a nascondere le infinite carte da gioco che usava come armi? Per questo indossava una giacca di pelle marrone chiaro sopra la tuta. Anche perché gli stava dannatamente bene.
Raggiunse l’ascensore, ma lo trovò occupato, dunque aspettò pazientemente, appoggiato al muro del corridoio. Le porte metalliche si aprirono con un allegro “tin!” quando l’ascensore raggiunse il piano, rivelando un paio di tacchi vertiginosamente alti, accompagnati da due gambe perfette rivelate dal profondo spacco di un elegante vestito verde scuro. L’istinto maschile di Gambit fu subito all’erta e gli impose di staccarsi dal muro, raddrizzarsi e sfoderare uno dei suoi smaglianti sorrisi per accogliere come si deve la nuova arrivata.
Bonsoir, Mademoiselle… Rogue?!”
Per un attimo la ragazza ricambiò il suo sguardo stupito, poi si ricompose, scostandosi i capelli dalla spalla nuda con fare da gran donna. “Ciao, Remy. È bello vederti vivo, vestito e senza soldati federali alle calcagna.” Gambit si costrinse a smetterla di fissarla come un’apparizione e le rivolse un sorriso sincero. “Grazie, faccio del mio meglio. È bello vedere te, Roguey. Mon Dieu, non ti vedevo indossare una gonna da… beh, da un casino di tempo! Stai benissimo.”
Un velo di rossore fece capolino sulle sue guance, ma Rogue fu brava a tenerlo a bada, socchiudendo le ciglia e sorridendo enigmatica. “Ti ringrazio…Ma tu che cosa ci fai qua dentro?” Remy aprì un poco la giacca, mostrando il logo della Serval Industries sul pettorale sinistro della divisa. “Io qua ci lavoro, chère. Wolverine ha detto che se non la smettevo con i furti mi avrebbe cacciato dalla scuola. Così mi sono trovato un lavoro vero, o qualcosa del genere.” Rogue sembrò colpita e insieme preoccupata dalla notizia “Sono contenta che tu ti tenga lontano dai guai” disse e tagliò corto “Ora devi scusarmi, ma ho un appuntamento. Stammi bene, cajun.”
“Un appuntamento?” a Gambit bastò poco per dedurre ciò che già temeva.
“Non fare il geloso, Remy. Non stiamo più insieme da un po’.” Commentò lei, allontanandosi lungo il corridoio, lasciandolo da solo in compagnia di una scia intensa di profumo.

“Fumare danneggia l’organismo umano, Gambit. Non dovresti farlo.”
Appoggiato alla ringhiera del balcone della sua stanza nel palazzo della Serval, Remy osservava imbronciato il traffico cittadino scorrere lento molti metri sotto di lui.
“Lo so, Danger, sto cercando di smettere” rispose, lanciando di sotto il mozzicone di sigaretta. La robot si sentì in dovere di aggiungere altre osservazioni irritanti e tremendamente vere con la sua piatta voce metallica.“I livelli di orexina nel tuo sangue sono stranamente bassi. Qualcosa ti infastidisce?”
“Sono preoccupato, Danger.” Giù in strada vide Rogue uscire a braccetto con Harrison Snow e salire a bordo di una berlina scura, elegante, ma non troppo di lusso per non attirare l’attenzione.
“È un peccato che tu non possa trasformarti in un elicottero, cherie.”
Se Danger avesse avuto delle sopracciglia, le avrebbe senz’altro sollevate per mostrare il proprio stupore. “Mi stai chiedendo di farti da mezzo di trasporto aereo, Gambit?”
Il giovane sorrise e le diede un buffetto sulla spalla metallica. “No, una moto aziendale andrà benissimo. Tu mandami l’indirizzo del ristorante che Snow ha prenotato per stasera. Lo so che hai accesso a tutti i suoi dati, dunque fallo. Dopotutto mi devi un favore!”
La robot aprì la bocca per replicare, ma il mutante era già schizzato via, diretto al fornitissimo garage dell’azienda.
L’Epicure si trovava al cinquantesimo piano di un grattacielo in pieno centro, serviva la cucina più ricercata della città, aveva sempre musica dal vivo ed era circondato da un’ampia terrazza, dove gli avventori uscivano per ammirare lo spettacolo notturno delle luci cittadine.
Una pessima scelta, mon ami. Pensò Gambit, mentre raggiungeva l’ultimo piano del palazzo. Rogue detesta i locali troppo eleganti. Le aveva già mandato tre sms, ma lei si ostinava a non rispondere, perciò decise di chiamarla direttamente.
“Che c’è?!” la voce di Rogue interruppe a metà il quinto squillo.
“Vieni sulla terrazza, cherie. Ti prego”
“Ommioddio, sei qui?!”
“Per favore, solo cinque minuti …Altrimenti vengo dentro” aggiunse con un sogghigno. La finta minaccia sortì il suo effetto, perché Rogue, dopo un soffocato “fanculo!”, comparve sulla terrazza del ristorante.
“Che diavolo vuoi, Remy?” domandò, sistemandosi una ciocca bianca dietro l’orecchio.
“Quello è un uomo sposato, lo sai, Anne? Che ti è preso di uscire con gente come lui?”
Rogue sbuffò, distogliendo lo sguardo. “La parte dell’ex fidanzato geloso non ti si addice, Remy. Tornatene a casa e smettila di cercare di rovinarmi la serata.”
Ma Gambit era di tutto altro parere. “Questa storia non mi piace. Questo posto, lui” con la mano indicò l’interno del ristorante “che cosa c’entrano con te? Maledizione, Rogue, se la fa con la sua segretaria, li ho visti!”
La ragazza sembrava sempre più irritata dal suo comportamento e lanciava occhiate preoccupate verso la sala, per assicurarsi che Harrison non avesse notato che lei era lì con un uomo invece di essere in bagno come aveva detto. Si morse il labbro inferiore e finalmente si decise a guardare il cajun negli occhi. Erano sempre stati così dannatamente belli?
“Senti, Remy, ne parliamo in un altro momento, ok? Ora devo tornare da lui prima che—oh cazzo!”
Gambit si voltò, giusto in tempo per notare l’enorme elicottero che si avvicinava pericolosamente al tetto del palazzo. Sembrava un velivolo militare piuttosto ben armato, dal lato aperto due uomini reggevano quello che aveva tutta l’aria di essere un bazooka.
“All’inferno, Lebeau!” urlò uno di essi, prima di premere il grilletto e fare fuoco. Remy fu rapido ad afferrare Rogue per la vita, facendole da scudo con il proprio corpo.  Il proiettile esplose a pochi metri da loro con un colpo tremendo. Investiti dalla potente onda d’urto, furono entrambi sbalzati oltre il parapetto, mentre la terrazza si infrangeva in un nugolo di schegge. Gambit trattenne il fiato, sentendo il vuoto attorno a sé e le raffiche di vento sferzare sempre più forti. Udì Rogue urlare qualcosa, ma non riuscì a distinguere le parole. Dal tono di voce, però, intuì che non era un complimento. Aprì gli occhi, giusto in tempo per vedere se stesso e Rogue precipitare inesorabilmente verso terra.
   
 
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