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Autore: Soleil Jones    25/01/2015    5 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Cicatrici & Oboli



«Max?»
«A fare un giro. È uscito stamattina molto presto, poco dopo l'azzeramento della bolla, probabilmente.»
«Capisco.»
Ma in verità Hailey non capiva più niente; guardò con sguardo corrucciato le due metà della sua vecchia bacchetta, della sua fida amica, e un groppo le si formò in gola. Allontanò la ciotola di latte e cereali e si limitò a vuotare il suo bicchiere di succo d'arancia. 
James invocò pazienza; Hailey era una testa calda, ma bastava saperla prendere con dolcezza e calma per ottenere la sua attenzione, e ciò provava, secondo lui, quanto non fosse poi così diversa da Max: anche lei portava una maschera.
E a proposito di lui, eccolo di ritorno: si era Materializzato anziché usare la porta d'ingresso, a giudicare dal suono che arrivò alle orecchie del giovane Osservatore. Un comportamento molto poco da lui; se nervosi, ironico a dirsi, Max e Hailey parevano davvero fare a cambio di modi di fare e di reagire!
«Mi sembra incredibile.»
James sollevò il capo verso la compagna, aggrottando la fronte. «Cosa?»
«Non credevo avrei mai avuto sprazzi di magia così forti.» Mormorò Hailey, allentando la presa sul bicchiere non appena si accorse dello sfarfallio della lampadina posta a illuminare la cucina.
Controllati, Jany! – Si disse – Niente rabbia, niente malinconia, dimentica i cattivi pensieri.
«Ne hai avuti molti, a quanto ne so, sin da piccolissima.» Annuì James, togliendole gentilmente di mano il bicchiere e incoraggiandola a parlare. Hailey credeva che bastasse domare le proprie reazioni emotive per placare i propri poteri, in effetti il suo problema non era neanche così raro, ma lui, invece, era convinto che solo il dialogo, lo sfogo, la comprensione e l'affetto potessero dare pace all'animo di una persona.
«Sono quelli che ti hanno procurato...?» Interrompendosi, il biondo si toccò la spalla destra. Al che, Hailey, capendo subito a cosa si riferisse, scostò appena l'orlo della T-shirt per scoprire una cicatrice bianca, percorrente tutta la spalla; da dietro il collo fino a raggiungere, quasi, lo scollo del reggiseno.
Alle sue spalle, i passi di Max si fermarono. L'americano, davanti alla porta scorrevole della cucina socchiusa, trattenne il respiro per un attimo; si passò una mano tra i capelli e portò una l'altra alla spalla sinistra, coprendo meglio una leggera imperfezione tracciata sulla sua pelle dal colorito roseo: una cicatrice.
Si accostò alla porta, appoggiandosi al muro, e sporgendosi appena, attraverso uno spiraglio, poté vedere Hailey e James seduti al piano cottura. L'espressione della Grifondoro esprimeva tutto lo sforzo che stava impiengando per ricordare da dove provenisse quella vecchissima ferita.
Una parte di lui, la stragrande maggioranza, sperava che qualcosa affiorasse tra i suoi ricordi.
«Io... Non me lo ricordo. Me lo sarò fatta ad Amstrong, durante una delle mie tante cadute sul campo di Quidditch. Ero brava, ma troppo impulsiva per ricordarmi di tenermi ben salda al manico di scopa.»
Ma era impossibile, questo lo sapeva da sempre.
James sorrise al tentativo di Hailey di fare dello spirito e guardò l'entrata della cucina con aspettativa. Intuiva che Max, invece, non aveva di che sorridere in quel momento.
«Immagino. Eppure ci avrei scommesso, non ne sarei stato sorpreso. Insomma, non per dire ma... Davvero a dodici anni hai dato fuoco alla coda del costume da drago di tuo fratello Mathias alla festa di Halloween?»
Poggiato al muro del corridoio, Max scosse il capo lasciandosi scappare un sorriso che sparì con la stessa rapidità con cui era apparso; si sentiva come se fosse stato colpito da una sfilettata. 
Era una sensazione che non provava da anni eppure che sentiva, sebbene ovattata, da mesi, ogni santo giorno.
Stringendo i pugni, attraversò il corridoio a passo di carica e si chiuse in camera sua. 
James, al sentire il rumore della porta, tornò a rivolgere tutta la sua attenzione ad Hailey, la quale pareva essere troppo immersa nei suoi pensieri per potersi accorgere di un rumore così lontano come quello.
«Matt, dici? Ho solo reso più credibile il costume di quel piccolo furfantello.» Mormorò divertita Hailey, soffocando una risata e prendendo in mano una delle due metà della sua vecchia bacchetta. «E pensare che non aveva che rubato i miei dolcetti, quasi quasi mi pento di quel mio piccolo scherzetto involontario! Spero mi perdoni, quando crescerà. Purtroppo anche lui ha un bel caratterino, sai, farà più danni di quanti ne avrei potuti fare io in tutta una vita.»
«Oh, era anche piccolo?»
«All'epoca aveva sei anni e no: non era solo un bambino, ma un piccolo demonio. L'ho sempre detto: mia madre deve averlo concepito con un demone. Quindi è un mezzodemone, no? Facile e logico.»
«Demoni? Perché, esistono ancora?»
Hailey si strinse nelle spalle. «Ad Amstrong c'è stato, nel corso dei secoli, più di un caso di creature non umane. Licantropi, vampiri, qualche sirena... I demoni in realtà vivono per la maggior parte in Giappone o comunque in Oriente ma, sai, la California è vicinissima e Amstrong ha fama di avere larghe vedute sul sovrannaturale. Come gli americani in generale, insomma. Mai sentito dell'Area 51
«Una scuola singolare davvero, ma converrai con me che Il sangue non è acqua, dico bene?»
Hailey si strinse nelle spalle, lasciandosi sfuggire una lieve risata che diede a James la volontà di non arrendersi: incassò il colpo di vedersi puntare addosso lo sguardo della ragazza non appena mise la sua mano su quella con cui la lei stringeva la metà della sua vecchia bacchetta magica.
Erano così espressivi da far male, a lui che là dentro celava se stesso e il proprio passato più di chiunque altro.
«Lo so che è un oggetto prezioso per un mago e che è la prima e l'unica che hai avuto.»
Hailey guardò la sua amata bacchetta; crine di unicorno, agrifoglio, dieci pollici, rigida. Amava il ricordo del momento era stata scelta dalla sua fida compagna: Ollivander l'aveva squadrata con gli occhi luccicanti.

 
- Il Crine di Unicorno è molto sensibile; ti direi di stare bene attenta a non trattarla male, ma qualcosa mi dice che non lo faresti mai. È anche fedele e difficile da convertire alle Arti Oscure. E devo dire che si sposa bene con il legno, l'agrifoglio: è un materiale raro e volto a proteggere. È adatto a chi tende ad arrabbiarsi facilmente o ad essere impulsivo. Credo proprio che, sì, lei abbia scelto bene. -
- Lei? La bacchetta? -
- Figliola mia, credo tu abbia potuto notarlo: è la bacchetta che sceglie il mago, non viceversa! -

«Non potrei mai tradirla.»
«Potresti tenerla! E intanto prenderne una nuova, giusto perché non puoi difenderti, in caso di necessità.» Esordì James con nonchalance. «Infondo tutta la magia di una bacchetta, per come la vedo io, non risiede nel suo nucleo o nel suo legno, ma nel legame che la porta a dare voce ai poteri del proprietario. Sbaglio?»
Hailey si perse nello sguardo color acquamarina di James, stordita da quelle parole: era una dote, la sua! Quel ragazzo sapeva sempre cosa dire, come farlo e quando parlare o tacere.
Infondeva sicurezza, forse troppa; sarà stato questo, uno dei motivi a far scattare Max al minimo ostacolo? 
«Ma... Davvero possiamo andare da Ollivander così? Come se nulla fosse, intendo.» 
«Certo che no! Ma—» E qui James ammiccò con fare furbo. «—noi TimeRiders abbiamo i nostri appigli.»


*

Tremava.
Tremava di rabbia e dallo stupore per ciò che aveva fatto pochi istanti prima: mai aveva pensato che avrebbe pronunciato quella formula letale, che avrebbe voluto davvero uccidere qualcuno – per quanto questo “qualcuno” non fosse quel che si dice uno stinco di santo.
Eppure non se ne pentiva, per quanto potesse essere sbagliato, anzi non appena il raggio di luce verde esplose dalla punta della sua bacchetta si sentì svuotato, liberato da un peso.
Non avendo mai usato quella Maledizione Senza Perdono, però, non si stupì più di molto nel vederla incontrollata e instabile, per cui afferrò John per un braccio, si Smaterializzò dietro le spalle dei due Mangiamorte, prese con sé il loro prigioniero ed usò la Smaterializzazione Congiunta per condurre tutti e tre nell'atrio dello stadio.
Scattò subito in piedi e si pose davanti ai due, levando la bacchetta.
«Bravo!» Esclamò Dolohov, Materializzatosi a sua volta con Rockwood al seguito. «Sembrava quasi che stessi facendo sul serio! Permettimi di mostrarti come si fa!»
Così dicendo, alzò la bacchetta e ne fece partire un lampo smeraldo ben più consistente di quello precedente. George deviò la maledizione con un incantesimo che neanche sapeva di conoscere; in verità avrebbe preferito un attacco frontale, ma la sua bacchetta si era praticamente attivata da sola, incanalando una quantità abnorme di magia.
Se non sapesse possibile lo sprigionarsi involontario di incantesimi non verbali in presenza di forti emozioni, anche negli adulti, George non ci avrebbe creduto.
Non fece in tempo ad alzare lo sguardo sugli avversari che si vide arrivare addosso una seconda maledizione. Il cuore gli si fermò nel petto per un secondo – un lasso di tempo che gli parve praticamente infinito – e si sentì paralizzato. 
Inutile, non avrebbe fatto in tempo neanche ad alzare la bacchetta, eppure non accadde nulla.
George sgranò gli occhi color nocciola, increduli, puntandoli sulla maledizione ad un palmo dal suo naso, infranta contro una barriera dorata innalzatasi giusto in quel momento davanti a lui.
Guardò John e lo vide con una mano alzata; gli occhi verdi sembravano colmi di una strana luce che li rendeva più simili a quelli di un mago adulto pronto a combattere; affondò le unghie nel proprio palmo e dell'Anatema e della barriera rimase solo un piccolo Boccino luminescente e apparentemente inconsistente.
Allentò la pressione sulle sue dita e la piccola sfera si ruppe in miriadi di piccoli frammenti.
Il tutto in un battito di ciglia.
Dolohov, con la fronte corrugata in un'espressione di muta sorpresa e chiara irritazione, fissò i suoi occhi vitrei e gelidi in quelli ardenti di John; parvero sfidarsi con lo sguardo e, in un secondo, entrambi sparirono e riapparvero al posto dell'opponente in un chiaro tentativo di sorprenderlo. 
George si apprestò ad allontanare Dolohov con un incantesimo ed indietreggiò finché non sentì la nuca di John contro la sua schiena; il ragazzino aveva estratto la bacchetta e la puntava minaccioso contro Rockwood.
«Voglio fare a pezzi il ragazzino, Augustus.» Sibilò Dolohov, trapassando George con lo sguardo. «Quello con gli occhi verdi.» Precisò.
L'ex-Indicibile ghignò e fece un passo indietro. «Prego, è tutto tuo.»
Nel momento in cui George credette di doversi concentrare su Dolohov per non permettergli di torcere un solo capello a John, quest'ultimo gli intimò di non muoversi. 
«Lo senti anche tu?»
«Di che parli?» Biascicò il rosso, assottigliando gli occhi color nocciola; l'adrenalina dentro di lui era in picchiata come ogni volta in cui aveva combattuto – ed era avvenuto spesso, negli ultimi anni, dacché faceva anch'egli parte dell'Ordine della Fenice. 
Sentì crescere in lui un senso d'inquietudine che scacciò prontamente, facendo spazio solo a pensieri più o meno positivi e all'ottimismo. 
O almeno ci provò.


Era stato tutto talmente veloce che non appena Eric scattò in piedi sentì il cuore saltargli in gola per poi ripiombare con un tonfo nel suo petto.
Da dov'era arrivato quell'incantesimo?
La vista gli si annebbiò per un istante, il tempo necessario perché gli passasse davanti agli occhi l'immagine di un uomo interamente nero – non vestito di nero; era oscuro di suo! - fronteggiare una figura minuta dai capelli color dell'oro alta neanche la metà dell'opponente.
Tremò al pensiero di uno scontro tra i due non appena distinse il profilo di due bacchette. Scosse il capo cercando di cacciar via il seguito, ma contrariamente alle sue aspettative alle spalle del bene – perché di quello doveva trattarsi – apparvero altre persone.
Tutte bambine, adolescenti al massimo. E pian pianino divennero una folla.
Allora, la chioma del bene divenne rossa.
Poi gli girò la testa e, nel momento in cui rischiò che le ginocchia gli cedessero, Eric si voltò improvvisamente trafelato; dalle sue labbra rosee uscì soltanto un mormorio incredulo: «Son?»
Non ricevette risposta. Una minuta figura femminile giaceva a terra esattamente dove prima si trovavano lui e la bambina sconosciuta che lo aveva aiutato con il richiamo per l'Espresso.
La raggiunse di corsa, trovandosi un po' impacciato a causa dei jeans divenuti improvvisamente più stretti – Possibile che lui e John stessero crescendo così in fretta? - e si inginocchiò affianco alla bambina.
Giaceva supina a terra, coi riccioli biondi sparpagliati qua e là impregnati in buona parte dal vivido colore del sangue; Eric sentì le membra contorcersi e cercò di riacquistare un minimo di sangue freddo.
Inutile dire che non ci riuscì.
«Ehi, Son?» La chiamò sottovoce, sfiorandole il viso tondeggiante contratto in una smorfia di dolore. Non v'era traccia del classico pallore che caratterizzava il viso di un morto, ma la maledizione che l'aveva colpita – di striscio; in tal caso o era possibile intervenire oppure il supplizio era destinato a durare dieci volte più del normale. Ed Eric non sapeva se definirla una sfortuna o meno dato che si trattava quasi sicuramente di un Anatema che uccide
Il petto della piccola americana si alzava e abbassava anche troppo velocemente; stava per affrontare il trapasso.
“No, no, no no no! Non ce la faccio. Insomma— In nome di Zeus, Ade, è troppo piccola!” 
Se aveva già visto la morte? Oh, ma certo, ovviamente! Ma mai e poi mai avrebbe sopportato vedere una creatura di tale innocenza venire ingiustamente strappata alla vita a quell'età. Se c'era una possibilità di impedire al destino di fare il suo corso, questa era una sola; al diavolo le conseguenze.
Eric si morse il labbro inferiore con ansia e sollevò il capo della bambina, poggiandolo sulle sue ginocchia. Mentre con una mano le sosteneva la nuca chiuse gli occhi, e quando li riaprì vide comparire sul palmo della sua mano destra una moneta d'oro.
Pesava davvero molto e al tempo stesso attirava a sé ogni energia magica presente nel suo corpo; era impossibile non percepirlo.
«Che il tempo per te si fermi.» Esordì in tono imperativo, seppur sommesso, guardando con insistenza la moneta d'oro apparsa nella sua mano e sentendola bruciare. «Cambia il disegno del fato, salva ciò che è andato perduto, ridà la vita all'anima cui è stata sottratta.»
Alzò lo sguardo al cielo e lanciò in aria la moneta. «Un obolo per il Traghettatore.»
Così com'era apparsa la moneta scomparve, si dissolse nel nulla. Eric sentì un fremito proveniente dal corpo di Son e quando abbassò lo sguardo su di lei vide che, sì, ce l'aveva fatta; aveva salvato il bene.
«Eric?» Mormorò la bambina, socchiudendo gli occhi celesti. Il ragazzino annuì e l'aiutò a mettersi a sedere; doveva essersi accorta di aver perso parecchio sangue – un po' a causa dei capogiri, un po' per via del fatto che ne era fradicia – a giudicare da com'era pallida e spaventata.
«Tutto... Tutto okay, Son?» Domandò imbarazzato il moretto. Non ricevendo risposta, respirò a fondo: non era più scosso di lei, no, certo. «Adesso ti sentirai un po' frastornata, ma con un po' di cioccolata, sai, sono sicuro che—»
«Eric, cos'è?»
Eric s'interruppe e i suoi sensi scattarono. Osservò il cielo socchiudendo gli occhi, confuso. «Non ne sono sicuro.»


«Il ragazzino sente, Antonin. Hai visto?»
«Non fa alcuna differenza se sente o non sente, sai che specialità!» Ringhiò in risposta il Mangiamorte dai capelli fulvi. 
George iniziò ad avvertire un lieve e crescente nervosismo impadronirsi di lui: cos'era che John sentiva?
Cosa?! - Si chiedeva.
Lo guardò con la coda dell'occhio: era teso. Non che l'avesse mai visto combattere, ma conosceva abbastanza bene le capacità sue e di Eric per sapere che avevano dei poteri molto – Forse troppo – sviluppati, per la loro età apparente. Non credeva che se la sarebbero cavata male contro due Mangiamorte, in caso.
Non aveva mai dato molta importanza alle loro reali origini; la loro unica intenzione era quella di aiutarlo a riportare Fred indietro, e tanto bastava.
Forse, però, non sarebbe stato un male far loro giusto qualche domandina in più. Avrebbe potuto, magari, capire fin dove si spingevano le capacità di anche solo uno dei due gemelli, e nel caso specifico avrebbe potuto avere una vaga idea di cosa diavolo avesse percepito John!
Oppure no.
Nell'esatto istante in cui si ricordò di non essere mai stato una persona riflessiva e realizzò che tutto quell'intricato ragionamento era passato per l'anticamera del suo cervello in due secondi netti, il suo sesto senso captò qualcosa. Una sensazione che solo un mago, probabilmente, avrebbe potuto sentire, a prescindere dal suo livello di preparazione: dopotutto, anche un bambino avrebbe percepito il male.
Alzò il viso al cielo, fattosi improvvisamente plumbeo, e cercò di intravedervi qualsiasi segno a conferma o negazione della sua ipotesi.
Niente.
Eppure c'era qualcosa nell'aria!
Lo si percepiva chiaramente. Nonostante fosse ferito e provato, infatti, il signor Grint fece di tutto pur di rimettersi in piedi. Perdeva sangue dal naso, tanto che laddove prima era sdraiato, a terra, v'era una piccola pozza cremisi. I capelli ricci erano più arruffati di quanto lo fossero di loro e gli occhi chiari – dello stesso colore di quelli della figlia, Hailey – cerchiati dalla stanchezza erano sgranati in un'espressione di puro terrore.
«Si sente, vero, vecchio mio?» Gli chiese sbeffeggiante Rockwood, inspirando a pieni polmoni. «Incredibile come persino nello Stato della Libertà e della Giustizia sia possibile riunire un simile esercito.»
«Che cosa avete fatto, maledetti?!» Sbraitò l'uomo; non era armato né poteva difendersi, ma ciò non pareva intimorirlo.
«Hanno chiamato i rinforzi.» Disse in tono incolore John.





 




Writer's side

Non ho parole. Scommetto che è più di un mese che non aggiorno e... Santo Cielo, non sapete quanto mi spiace!
Purtroppo non è un bel periodo, e i capitoli che seguiranno (i prossimi due sicuramente) saranno intrisi di particolari e azione, per cui hanno bisogno di essere curati e di ricevere attenzioni che portano via un tot di tempo che, al momento, faccio fatica a trovare.
Per questo ho spezzato i due capitoli! E come potete notare, qua dentro ci sono anche diverse citazioni, riferimenti (vi saranno saltati all'occhio quelli circa Caronte e, in generale, la mitologia greca), nuovi indizi e altrettanti enigmi!
Le espliciterei tutte, ma mi piace lasciarvi libero sfogo - potete benissimo dirmi tutto tramite recensione o messaggio privato, risponderò con piacere a chiunque - eeeeeee, cosa non meno importante, non ne ricordo più neppure una.
. . . No, non scherzo. XD
E sì, sono così di mio - in caso qualcuno, giustamente, pensi: “Ma ci fa o c'è?!” uwu
E vabbé, se notate qualcosa, volete farla notare, chiedere... per qualsiasi cosa, insomma, chiedete! Io risponderò sicuramente. :3
Grazie per la vostra pazienza, per il gran numero di visualizzazioni etc.
Non avete idea di quanto io sia felice di sapere che i miei scleri, almeno per qualcuno, hanno senso. ^^
Un abbraccione caldissimo ~

Soleil
  
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