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Autore: Neon5    25/01/2015    1 recensioni
La vita ad Annabel non aveva fatto altro che mostrarle prove insormontabili, che avevano inciso profondamente e danneggiato la sua psiche e la sua salute; tuttavia il suo passato non era nient'altro che l'inizio di una serie di sfortunati eventi.
E tuttavia si ricordava ancora di due fratelli, che aveva conosciuto in un remoto passato e che in qualche modo avevano influenzato la donna che era diventata oggi.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corazòn, Donquijote Doflamingo, Donquijote Family, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Paura

 

 

Molte persone dicono di trarre dei benefici enormi dai bagni di fango, per non dire miracolosi. I fanghi vengono utilizzati sia nell'ambito della medicina, come ad esempio per alleviare i dolori dell'artrite reumatoide, sia in ambito cosmetico, per combattere gli inestetismi della cellulite. Io non ho mai avuto né artrite e né cellulite, eppure in quel momento ero costretta a crogiolarmi nel fango come un maiale, e la cosa non mi faceva affatto piacere. Magari a quel pachiderma di Big Mom avrebbe fatto piacere, ma a me no.
Camminavo lentamente, molto lentamente, e mano a mano che andavo avanti il livello del fango saliva; adesso mi arrivava alle ginocchia, e camminare diventava sempre più faticoso. Fortunatamente ancora non avevo calpestato neanche una mina, ma era troppo presto per poter cantare vittoria, mancavano ancora parecchi metri per raggiungere il portone principale.
Stavo per fare un altro fatidico passo, quando all'improvviso sentii che qualcosa si era impigliato alla mia gamba destra; mi abbassai, infilai una mano dentro al fango e afferrai il misterioso “oggetto” che si era attaccato ai miei pantaloni. Provai ad estrarlo, ma era come se fosse saldamente attaccato a qualcos'altro. Feci più forza, e alla fine lo tirai fuori, tutto per intero. Non l'avessi mai fatto.
Avevo afferrato un omero, umano, e le ossa della mano si erano impigliate nei miei pantaloni, bucandoli. Lo gettai a terra e istintivamente mi misi a correre, beh sì, la mano si era staccata però... però adesso avevo messo il piede su qualcos'altro, una specie di pulsante. Restai immobile, dopo qualche secondo aprii lo zaino e presi una grossa pietra. Adesso era il momento di vedere se la mia idea funzionava o meno, in passato aveva funzionato, e doveva farlo anche in questa occasione.
Mi abbassai di nuovo, così talmente tanto che il mio viso sfiorava il fango, e mano a mano che spostavo il piede dal pulsante lo sostituivo con il sasso, molto lentamente. Mi allontanai un po' e aspettai qualche minuto: sì, la mia idea funzionava! La mina non era esplosa! Tirai un gran sospiro di sollievo e continuai ad andare avanti.
Durante il mio tragitto ne trovai almeno altre cinque mine, e seguii lo stesso procedimento per ognuna. Ero abbastanza sveglia ok, me la cavavo egregiamente, però neanche così andava bene. Dovevo fare in fretta, ma io stavo perdendo davvero troppo tempo; fu in quel momento che vidi la ringhiera del secondo piano e mi venne in mente un'idea. Ormai ero distante circa otto- dieci metri, distanza ideale per sparare la mia fune e farla agganciare alla ringhiera, sperando che quest'ultima avrebbe retto il mio peso. Presi la mira e sparai la fune; come previsto il gancio si attaccò saldamente alla ringhiera, premetti il pulsante di trazione e mi feci un bel volo di parecchi metri, fin dentro il balcone.

Ero arrivata, finalmente. Ero già al secondo piano, appena entrai guardai al piano inferiore e vidi due grandissime rampe di scale, che portavano fino al piano dov'ero io. Parte del soffitto era crollata sulle scale, il passaggio era bloccato e non potevo scendere al piano di sotto.
Camminai per un po', poi trovai un grande portone in legno; lo aprii, e mi ritrovai di fronte un enorme corridoio, così talmente buio e lungo che non riuscivo a vederne la fine. Quel posto metteva i brividi, sul serio, se quel tizio aveva intenzione di impaurirmi ci stava riuscendo. Paura o meno io dovevo affrontarlo, o perlomeno provarci, e così, dato che non volevo perdere altro tempo, mi misi ad urlare a squarciagola di uscire allo scoperto. Silenzio. L'unica cosa che si sentiva era il vento, che ululava minacciosamente da dietro la vetrata che era alle mie spalle. Oltre ad essere spaventoso quel posto era davvero freddo, così decisi di fare qualche passo saltellando per riscaldarmi. L'oscurità di quel luogo era così talmente fitta che la luce della mia torcia sembrava solo una flebile fiammella, beh sì, meglio di niente.
C'erano parecchie stanze, dovevano essere le stanze dei pazienti, ma più che alloggi per persone malate sembravano delle celle di isolamento; lì ci portavano i malati della prigione d'accordo, però quelle stanze erano così piccole e claustrofobiche che qualsiasi essere umano rinchiuso là dentro avrebbe sofferto tantissimo.
Cosa diavolo era sul serio quel posto? Entrai in una stanza, e in un angolo, in mezzo a pezzi di calcinacci e mattoni crollati, vidi uno strano lettino, con delle robuste cinghie di cuoio... Non volevano farsi scappare i pazienti per nessun motivo, eh? Avevano dei modi davvero strani però, non del tutto ortodossi. No, quella non era una normale struttura ospedaliera, sembrava più un manicomio, o per meglio dire un luogo di tortura.
All'improvviso sentii la porta alle mie spalle chiudersi, con un sonoro tonfo. Non ebbi neanche il tempo di voltarmi che improvvisamente iniziò a tremare tutto, le mattonelle si creparono velocemente, il pavimento sotto i miei piedi si spaccò, e in pochi istanti crollò tutto.

                                                                                                  ***

Persi conoscenza per qualche minuto, o almeno così credo, e quando riaprii gli occhi mi ritrovai in mezzo a un cumulo di macerie. Dai, quel giorno avevo perso i sensi già... due volte! Eh sì, soffrivo di pressione bassa in “quel periodo”, certe volte essere donna era una gran rottura di scatole. Mi rialzai, fortunatamente ero del tutto illesa, e iniziai a guardarmi intorno. Mi ero fatta un bel volo, di almeno due piani, dovevo trovarmi nei sotterranei adesso. Il posto in cui ero finita stavolta era una stanza molto grande, sembrava essere una sala operatoria: c'erano infatti il tavolo operatorio, una lampada d'emergenza, una macchina per anestesia con connessioni a filodiffusione, un monitor e il tavolo degli strumenti. Non era male come attrezzatura, ne avrei voluta una simile anche sulla mia nave, ma ero sempre al verde, quella vipera di mia zia pretendeva ogni centesimo di berry dalle mie missioni. Maledetta strega.

Mentre continuavo ad osservare estasiata quell'attrezzatura sentii una presenza alle mie spalle, mi voltai e lo vidi. Era Raoul. Stava lì, nell'oscurità, in silenzio, continuava ad osservarmi. Era arrivata l'ora della resa dei conti adesso.

« Eccoti qui... stavo cercando proprio te... Sai, pensavo che fossi scappato via a gambe levate... »
« Scappare dici? Proprio adesso che ti ho qui davanti a me e posso vendicarmi? Sono ventidue anni che aspetto questo momento, non lo farei neanche per sogno... »
« Vendicarti di cosa? Chi diavolo sei?! Io ventidue anni fa non ero ancora nata, tu sei completamente pazzo! »
« E così sarei io quello pazzo? Secondo quello che dice la Marina sei tu quella con “gravi problemi psichici”, è quello che hanno scritto sul tuo fascicolo, Annabel! »
« Anche tu conosci il mio vero nome?! Tsk, incredibile... Che c'è, non sarai anche tu del Mare Settentrionale?! »
« E anche se fosse? Che c'è ragazzina, perché temi così tanto il Mare Settentrionale? Fossi in te avrei paura di qualcos'altro, tipo delle persone che ti stanno intorno... »
« Dove vuoi andare a parare? Cosa stai cercando di dire?! Parla, cazzo! »
« Vedo che ti stai innervosendo, bene, l'avevo sentito dire in giro che sei una testa calda e alquanto pare è vero... Però sai Annabel, ci sono anche altre cose che ho scoperto sul tuo conto, cose su di te che molto probabilmente neanche tu conosci, cose che magari meriteresti di conoscere prima di... morire ».

Fantastico, quindi non mi ero sbagliata sul fatto che quel tipo volesse ammazzarmi, beh sì, magari se mi avesse detto il motivo mi avrebbe davvero tolto una curiosità. Io già me l'ero fatta una mezza idea, e anche se ventidue anni fa io non ero ancora nata sapevo chi avrebbe potuto mettergli i bastoni tra le ruote. Però adesso si stava riferendo a qualcos'altro, qualcosa che io non capivo.
« Tu... Cos... »
Ma proprio in quel momento avvertii che qualcosa stava per colpirmi alle spalle; mi scansai velocemente, mi voltai, presi la mia spada e lo bloccai. Non riuscivo a crederci, quelle erano... delle catene! Sì, erano delle catene di metallo ed erano controllate dal tizio con la maschera di ferro, provenivano dal palmo della sua mano! Che diavoleria era mai quella?!
« Hai i riflessi pronti, molto bene! Questo duello si preannuncia essere divertente! Impegnati, perché questo sarà l'ultimo scontro della tua vita, Annabel! »
« Davvero lo credi? Io non ci spererei poi così tanto... Cosa diavolo è quella roba? »
« Ho i poteri del frutto chēn chēn, un Frutto del Diavolo che mi permette di generare delle catene di ferro e di manipolarle a mio piacimento! Dimmi un po' mocciosa, l'hai capito adesso che sei nei guai? O sei così talmente orgogliosa che continuerai a fingere fino alla fine?! »
« Voglio sapere solo una cosa adesso! Da quanto ho capito tu ce l'hai solo con me... Lascerai stare in pace il mio equipaggio?! »
« Oh sì, certamente, hai rispettato gli accordi e sei venuta da sola, proprio come ti avevo detto di fare... Io mantengo sempre la mia parola, e se oggi tu morirai sarà proprio perché voglio tenere fede alla promessa che mi sono fatto ventidue anni fa! Non preoccuparti per la tua ciurma, non m'interessano i tuoi membri, a loro ci penserà la Marina, arriveranno tra poco... eh eh eh... con un Ammiraglio! »

Cosa? La Marina sarebbe venuta lì, quella notte... con un Ammiraglio?! E lui era davvero così tranquillo? Insomma, anche lui era nei guai, perché invece non gliene fregava niente?! Maledizione, dovevo avvertire le ragazze! Stavo per prendere il lumacofono, ma il mio avversario me lo impedì, e con una delle sue catene lo afferrò e me lo strappò via dalle mani, lanciandolo via lontano.
« Ah! Devi concentrarti con me adesso, lascia stare quel lumacofono! Tanto questo posto diventerà la tua tomba e tu non dovrai più preoccuparti per loro! Rassegnati! »
E così dicendo tornò ad attaccarmi con le sue catene. Era vero che mi trovavo nei guai, però non volevo darmi per vinta. Risposi al suo attacco, sfoderando la mia katana e bloccando tutti i suoi colpi, poi improvvisamente dal palmo della sua mano uscì una seconda catena, e lì le cose iniziarono a complicarsi. Mi accorsi della seconda catena solo quando mi afferrò per una gamba e mi buttò a terra; mi rialzai immediatamente, ricoprii con l'Haki dell'armatura la punta della spada e la tagliai.
« Haki dell'armatura, davvero niente male per una mocciosa... Ma d'altronde cosa si ci potrebbe mai aspettare dalla figlia del grande Comandante Gordon?! Sei davvero abile! Però neanche questo ti salverà dalla mia furia! »
« Quindi il tuo problema è questo, mio padre! Cosa ti avrebbe fatto ventidue anni fa, sentiamo un pò... Ti ha forse sbattuto ad Impel Down? »
« Vedo che oltre ad essere abile sei anche alquanto perspicace... Quel maledetto bastardo di tuo padre all'epoca era solo un moccioso, proprio come lo sei tu adesso, un arrogante marine, lu... »
« Ma ti sconfisse, e tu non l'hai mai accettato! Quindi tu adesso stai pensando che vendicarti su di me sia la cosa migliore da fare... Se mio padre ti sbatté in galera ebbe i suoi buoni motivi, patetico figl... »

Lo ammetto, persi del tutto il controllo, ogni volta che sentivo dei pirati che parlavano male di mio padre lo perdevo. Ero così talmente infuriata da non accorgermi che ben quattro catene erano all'improvviso arrivate alle mie spalle; non ebbi il tempo di girarmi, le catene mi afferrarono braccia e gambe, immobilizzandomi.
« Come stavo dicendo prima sei abile e perspicace, però sei anche una testa calda... Forse sarà proprio quest'ultima tua “qualità” che determinerà la tua fine... Sai Annabel, forse non esiste posto migliore per farti passare a miglior vita; in questo luogo ci rinchiudevano feroci assassini, proprio come me, gente considerata pazza, proprio come te. Trent'anni fa la Marina aveva assoldato da poco un brillante scienziato, il dottor Vegapunk, e avevano bisogno di “carne fresca” su cui testare nuove “cure”, cure atte a diminuire l'aggressività in soggetti potenzialmente pericolosi, o almeno così dicevano... Il loro scopo era quello di reintegrare quella gente nella società, e per farlo erano disposti anche a sottoporre i loro pazienti a delle devastanti lobotomie, ah giusto, sei un medico, dovresti sapere bene di cosa sto parlando... Ma quando non riuscirono nel loro intento decisero di eliminare tutte le cavie, e per farlo usarono i “Draghi Infernali”, un'altra delle creazioni di quello scienziato pazzo... Credo che tu li abbia già incontrati durante il tuo tragitto fino a qui, sono state quelle amabili bestioline ad uccidere la maggior parte dei detenuti di questo posto! Sopravvissero solo i più forti, quelli che oggi sono i membri del mio equipaggio! »
« Fantastica storia, davvero, a tratti commovente, dovrebbero farci un film... Peccato che a me non me ne freghi un bel niente! Va a diavolo! »
« Sai mocciosa, anche tuo padre era orgoglioso, cinico anche, proprio come te, difese quella lurida sgualdrina di tua madre in modo a dir poco eroico... »

No, non riuscivo più a sopportare tutti quegli insulti, i miei genitori erano la cosa più cara che avevo avuto al mondo! Avrei protetto il loro onore, anche a costo della mia stessa vita.
« Brutto bastardo! Ammazzami! Ammazzami su, facciamola finita! Ma non insultare più la mia famiglia, smettila, cazzo! »
Eh sì, in quel momento non dovevo essere molto lucida, insomma lo avevo appena esortato ad ammazzarmi! Si avvicinò a me e con una mano mi afferrò per il mento, mentre con l'altra mi tirò violentemente i capelli, sollevandomi da terra e portandomi alla sua altezza.
« Annabel, io non sto insultando la tua famiglia... Tua madre era una donna bellissima, proprio come lo sei tu oggi... Miranda, la splendida principessa delle Amazzoni che andò contro ogni legge pur di sposare l'uomo che amava, una cosa davvero romantica... Il romanticismo, eh già, è ciò che piace a voi donne... Ma si era innamorata del marine che le dava la caccia, e lui si era innamorato di lei a sua volta, che cosa ridicola... Sì, era proprio una put... »
« Basta! Basta cazzo, basta! »
Mi tirò i capelli con più violenza e con l'altra mano mi sollevò il mento ancor di più, costringendomi a guardarlo negli occhi.
« Tu devi ascoltarmi! Era una puttana! Sì, una maledetta puttana! Finalmente quel giorno stavo quasi per ucciderla, che soddisfazione... Quando all'improvviso arrivò quel bastardo di tuo padre a salvarla! Ho aspettato per anni il momento in cui mi sarei potuto vendicare! Poi tredici anni fa ci fu quell'incidente e i tuoi genitori morirono... Quando riuscii ad evadere otto anni fa ero distrutto, sai? Per tutto il tempo che sono stato rinchiuso in quel posto non ho fatto altro che pensare a quali atroci sofferenze infliggere a quei bastardi dei tuoi genitori, ma non potevo più farlo... Volevo vendicarmi in ogni modo, indagai per anni, poi seppi che avevano avuto una figlia! Sapessi quando ti ho cercata! Tu pagherai per entrambi, e lo farai con la tua insignificante vita! »
« Che c'è, mia madre ti respinse e tu adesso vuoi vendicarti su tutta la sua stirpe? Ah vero, mio padre ti sbatté anche in prigione... Ma che sfortuna! Sai, mi fai un po' pena... »
« Dovresti essere tu ad avere pena, pena di te stessa! La gente della tua isola ti ha sempre evitata come la peste per ciò che fece tua madre, abbandonò la sua gente per andare a vivere insieme a te e quel bastardo di tuo padre! Tu sei la pecora nera! Se ti uccido ti faccio un favore! »
« Lei non li abbandonò! Fu cacciata da quella stronza di sua sorella! Lei amava il suo popolo, ma quelle fottute leggi le impedivano di stare con mio padre! Lei ha solo cercato di darmi un padre! Che cazzo ne sai tu, sei solo un maledetto mostro! »
« Sai bambolina, hai ragione, io sono solo un mostro... »


All'improvviso mollò la presa dai miei capelli e dal mio mento, portò entrambe le mani dietro la nuca e iniziò silenziosamente a slacciarsi la maschera. No, non mi piaceva per niente quello che stava facendo adesso... Che diavolo aveva in mente?!
« Tu sei un medico, dico bene? Ho subito diversi interventi di chirurgia plastica ricostruttiva, vorrei un tuo parere... »
Tornò di nuovo ad afferrarmi per il mento, voleva che io lo guardassi, anzi lo pretendeva. Quando lo vidi urlai. Urlai a squarciagola, chiusi gli occhi, tremavo, mi sentivo così male che credevo sarei svenuta da un momento all'altro. Provai a voltarmi dall'altro lato, ma lui mi tirò i capelli ancora più forte. Era uno spettacolo orribile, indescrivibile. No, quello non era più un volto, era qualcosa di totalmente disumano.

« Cosa c'è, non ti piaccio? Mi dispiace tanto... Sai, una volta anch'io ero un bel giovane, andavo in giro a rimorchiare donne bellissime, nessuna resisteva al mio fascino... nessuna... tranne quella sgualdrina di tua madre! Facevo parecchie cose quand'ero in libertà, ma la cosa che mi dava più soddisfazione era uccidere... Beh sì, per ammazzare la gente non conta mica l'aspetto fisico! »
« Il tuo viso rispecchia la tua anima! Brutto bast... »
Ma proprio in quel momento avvicinò il suo volto al mio e cercò di... baciarmi. Mi scansai appena in tempo, e subito dopo mollò di nuovo la presa da me.

« Ho capito, ti piace fare la difficile, proprio come la tua adorata madre... Tsk, non sai cosa ti perdi, dolcezza! »

Mi diede un pugno allo stomaco, così talmente forte che caddi a terra all'indietro e sputai sangue. Mi fece male, tanto male, “finalmente” dopo tanto tempo provavo di nuovo dolore. Sentivo il sapore metallico del mio sangue in bocca, proprio come quando mi picchiava il mio “amato” marito. Forse non era il pugno ad avermi fatto male, forse la cosa che mi faceva più male era ritrovarmi per l'ennesima volta legata a delle catene con un uomo che mi picchiava. Era davvero umiliante.
« Non morire così in fretta, dobbiamo divertirci ancora per un bel po'! Tra qualche ora arriverà la Marina, ma io per allora me ne sarò già andato via da qui e per te non ci sarà più niente da fare! Sai, ormai sono settimane che quel giovane marine monitora tutti i movimenti miei e della mia ciurma, sapevo già che avevano i mente di attaccarmi stasera, così come sapevo che tu saresti venuta qui! Questo è un segno del destino, tu stanotte morirai! »

No, non potevo farmi ammazzare da quel tipo, non così, senza neanche combattere, non era da me! Si stava facendo beffe di me e della mia famiglia, dovevo reagire; ma avevo paura, paura di non farcela.
Da bambina sognavo di diventare un Marine un giorno, proprio come mio padre, ma quella maledetta questione del Nobile Rasmus aveva rovinato la mia carriera prima ancora che iniziasse; non ebbi altra scelta se non quella di diventare un pirata. Però tutta la questione dell'insabbiamento del mio caso mi aveva fatto capire che il sistema era corrotto, che non c'erano più i marines onesti come mio padre, e alla fine ero felice di essere diventata un pirata. Io ero libera, ma costantemente ricercata dalla legge. La Marina sapeva chi ero realmente, io ero l' unica figlia del grande Comandante Gordon, e sapevano anche che ero innocente, ma avevano cancellato ogni traccia della mia reale esistenza. Avevano cancellato il tutto con un colpo di spugna. Quella rabbia che mi sentivo dentro era la mia ragione di vita, ed era proprio quella rabbia che mi dava la forza, ma allo stesso tempo mi stava trasformando in un mostro. Anche Doffy aveva sofferto tanto quando me, anche lui era stato rifiutato dalla sua gente come lo ero stata io sulla mia isola, anche io poco alla volta stavo diventando come lui. Forse era così, ma in quel momento l'unica cosa che contava era uscirne viva, e se non volevo vivere per me stessa dovevo farlo per le persone a cui volevo bene. Mi ero allenata ogni giorno, mi ero ferita più e più volte, ma ero diventata più forte; probabilmente non avrei mai raggiunto il livello di mio padre, ma ormai che ero al mondo avrei fatto di tutto pur di sopravvivere.

Ancora dolorante mi rialzai da terra, raccolsi tutte le mie forze e spezzai quelle dannate catene con l'Haki. Mi ferii molto, sentivo le schegge metalliche una ad una penetrare nella mia pelle e lacerarla, ma non avevo altra scelta. Se volevo davvero uscirne viva dovevo smettere di provare paura e dolore, ma soprattutto dovevo giocare d'astuzia e non farmi abbindolare da ciò che mi diceva. Dovevo tirare fuori il peggio che era sepolto in me, dovevo diventare violenta e mantenere il sangue freddo. Non era facile, per niente.

 

 


Primo round del brutale scontro tra Annabel e mister faccia di ferro; chi vincerà? 

  
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