Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: _diana87    26/01/2015    5 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 


Deve essere una cosa appartenente alla natura umana.
Quel desiderio innato e selvaggio di far valere la propria virilità e dimostrare il diritto di restare in quel territorio. La chiamano legge del più forte.
Richard Castle non avrebbe mai pensato di trovarsi a fare un incontro di boxe alla Fight Club nel seminterrato del centro di addestramenti. Gettata a terra la camicia, mostra un torso nudo scolpito ma colpito dai segni dei due anni passati a lottare per la sopravvivenza dentro la sede di Al-Qaida.
Jamal è di fronte a lui, che si pavoneggia con le braccia spalancate verso il suo gruppo di tifo. Incita la folla ad alzare il volume della voce.
Rick non ha bisogno di un branco di idioti che urlano e sbraitano affinché l’uno colpisca l’altro a morte. Perciò prepara i pugni, mettendosi in posizione di combattimento. Saltella sul posto, ricordando a mente le mosse del corpo a corpo, e immaginando che davanti a sé ci sia il sacco da boxe.
In fondo a tutti, Yoel se ne sta in silenzio, cupo, appoggiato contro il muro con le braccia incrociate. La luce fioca del seminterrato non lo sfiora nemmeno.
Parte il conto alla rovescia, e i due sfidanti si posizionano uno di fronte l’altro, pronti per sferrarsi i colpi. Si studiano, si guardano gli occhi e le parti del corpo più sensibili. Castle nota le ampie cicatrici ricucite sul torace di Jamal, e delle contusioni all’altezza delle spalle.
Il gong suona, almeno nella sua mente, e lui si scaraventa sull’altro. Lo scrittore schiva i colpi, abbassando la testa, e con il pugno destro, il più forte, colpisce l’avversario proprio su una delle cicatrici. Quella più fresca.
Jamal si lamenta, ma dura poco. Colpisce Rick con un gancio sotto al mento; lui viene sbalzato all’indietro e finisce nelle mani della folla, che con un lancio, lo fa rialzare. L’altro si avventa di nuovo sullo scrittore, approfittando del momento di debolezza. Un altro pugno schivato, un altro gancio portato a termine, alla fine Castle lo afferra per il torace e con tutta la forza che ha, lo sbatte contro la parete.
Per Jamal non c’è altra via di fuga. Rick immagina che al suo posto ci sia il sacco da boxe.
Un pugno, due pugni, tre pugni.
Schizzi di sangue vengono sputati fuori dalle labbra, rosse come il fuoco.
La folla incita a colpire più forte, e lui obbedisce.
Digrigna i denti e mette a segno un altro colpo, stavolta al naso.
Ripensa a tutte le volte che lui lo aveva schernito, colpendolo in ogni parte del corpo, e gettandolo come spazzatura contro il duro e lurido pavimento della cella.
Non si percepisce quanto tempo sia trascorso. Solo quando Jamal cade a terra, sbattendo ciò che resta del viso, Castle si ferma.
L’altro non si rialza. È sommerso in una pozzanghera di sangue.
Lo scrittore non riesce ad esultare come invece gli altri uomini stanno facendo.
È uno scrittore di gialli, o almeno lo era, abituato a raccontare il crimine. Non è un assassino. Umanamente, si accovaccia a lui, rigirandolo, e con due dita va a sentire la giugulare. C’è battito. Debole, ma ancora c’è.
“Ha bisogno di cure. Presto, portatelo in infermeria!” urla, facendo stare in silenzio la folla. Fa un’espressione di stizza, muovendosi verso di loro come farebbe un giaguaro prima di mordere la sua preda. È quello scatto felino che li fa muovere.
Sente stringere il suo polso. Si volta e vede Jamal che lo sta fissando. Gli occhi scuri sono piantati su di lui appena sente mollare la presa.
“Non intendevo farti del male.” Sussurra Rick, come risposta al suo sguardo implorante. “Ora ti medicheranno e ti rimetterai presto. Spero che tu abbia capito che non devi farmi arrabbiare.” Dice alzandosi da terra.
Si guarda le mani, strette a pugno. Le nocche sono nere, piene di lividi, i dorsi sono contusi. Gli fanno male i muscoli.
Punta di nuovo gli occhi su Jamal, come se lo guardasse per l’ultima volta e da quello scambio di sguardi, l’avversario a terra capisce che dovrà stare alla larga da Rick Castle per un po’. Muove le labbra inclinandole in quello che sembra un lieve sorriso di rispetto.
“Sei forte.” Mormora a malapena, prima di esser trasportato in barella in infermeria, con il sangue che continua a scorgere dal naso.
 
Tornato nella sua stanza, sorreggendosi sulle pareti, Castle si distende sul letto, aspettando che Yoel entri per medicarlo.
Guarda il soffitto e sospira, poi torna ad osservare le mani, coperte da bende provvisorie, troppo rosse che meritano di esser tolte e disinfettate.
Yoel entra nella sua stanza e chiude la porta dietro di sé. Ha in mano una valigetta del pronto intervento e scuote la testa vedendo le condizioni del suo amico. Sembra una mummia sopra quel letto.
Castle ricambia ridacchiando. La situazione lo fa divertire e in un certo senso gli sembra di rivedere sua madre in quel brav’uomo.
L’ex addestratore si siede sul bordo del letto, mentre lo scrittore si mette con la schiena contro la parete e allunga le braccia verso di lui per farsi medicare. Castle sorride, tra i gemiti di dolore, pensando alla fortuna che ha avuto nel trovare un amico in un posto che sembra l’Inferno. Il suo ex addestratore continua a scuotere la testa, non capendo l’atteggiamento divertito del suo ex allievo.
“Rick, amico mio... tu giochi col fuoco.”
Castle fa spallucce come se fosse una cosa da niente. Quella faccia da bambino pestifero è sempre là, dipinta sul suo volto, e la mostrando a Yoel.
“Nah, è stato divertente tornare sul campo.”
“Com’è stato tornare nella tua casa?” domanda, cambiando discorso.
Gli copre entrambe le mani con bende nuove, non senza però averlo medicato con dell’alcol e messo del ghiaccio sulle nocche. Rick si guarda le mani coperte.
“Una bella sensazione.” Risponde, alludendo anche alla sensazione di sollievo derivata dalla medicazione.
Yoel posa la valigetta del pronto intervento sul comodino. La scritta Al-Mustashfa Saqlawiyahi, ospedale di Saqlawiyah, luccica.
“E lei l’hai vista? La donna di cui sei innamorato?”
“E’ sempre bellissima, Yoel.” Gli risponde con una vena di malinconia.
L’addestratore si volta verso di lui e gli dà una pacca sulla spalla, poi torna a osservare davanti a sé con lo sguardo sognante. Gli occhi sono rivolti al di fuori, ma non verso il campo di addestramento. Altrove. Ancora più lontano.
“Deve essere una bella cosa uscire di qui e vedere posti che non siano segreti.”
Lo scrittore si volta facendogli un sorriso. La malinconia è ancora dipinta sul viso. Gli fa un cenno di assenso, capendo lo stato d’animo dell’amico.
“New York mi era mancata. Ti piacerebbe visitarla?”
Yoel lo guarda quasi spaventato, quasi meravigliato. Nei suoi occhi brilla quella scintilla tipica del viaggiatore sognante, che vuole evadere dalla propria prigione per vivere nuove esperienze, conoscere persone nuove. Subito cambia espressione, abbassando lo sguardo a terra. La dura realtà lo colpisce mostrandogli la sua vera esistenza.
“Vorrei fare tante cose, Rick. Ma purtroppo sono bloccato qui.”
“E se ti dicessi che c’è una possibilità di fuga?”
Torna a guardarlo di colpo. Castle non sta scherzando, ma è quella sua espressione seria a mettergli paura.
“Non scherzare. Se pensi certe cose, tienitele per te.” dice, alzandosi dal bordo del letto per raggiungere la porta, ma prima che lui possa uscire, Rick lo blocca ponendogli un’insolita domanda.
“Fuggiresti, vecchio mio?”
Sull’uscio della porta, il buon vecchio Yoel indugia con i piedi. Finché, sempre rivolto di spalle, gira lentamente la testa di lato. Quel poco che basta per farsi sentire dallo scrittore, che, ne è certo, lo starà fissando con sguardo speranzoso mentre tessa una trama. Tipico della sua professione di autore di gialli.
“Buona notte, said.”
 
“E’ assurdo! La gente minaccia di morte Castle! Se solo sapessero quel che invece ha fatto...” sbotta Kevin Ryan, irritato. Spegne il televisore piazzato al Dodicesimo, quasi sbattendolo su una delle scrivanie, poi si mette le mani sui fianchi.
La Gates lo guarda fisso e risponde battendo il pugno sulla postazione davanti a sé.
“E non devono saperlo per ora!” tuona con la voce, facendo sobbalzare i poveri agenti Preston e Rodriguez, che si erano seduti proprio lì.
A Esposito scappa una risatina, fermata sul nascere da una gomitata di Beckett. I due sono, invece, seduti dall’altro lato della postazione degli agenti inglesi. Mike Jones non si accorge di nulla perché ha la mente altrove, concentrata sul giornale che sta leggendo.
Il capitano del Dodicesimo ignora l’ennesimo teatrino sotto i suoi occhi e continua a mostrare il suo nervosismo. “Dobbiamo mantenere il riserbo. Tuttavia, mi chiedo come abbia fatto la stampa a sapere del ritorno del signor Castle.” Conclude, e la sua osservazione somiglia più a una domanda.
“Una fuga di notizie, a quanto pare.” Ipotizza Javier, alzando un sopracciglio.
L’aria è tesissima. Kevin, che stava giocherellando con una penna, smette di farlo e la posa davanti a sé. Kate abbassa la testa, volgendo lo sguardo verso le sue scarpe e tentando di concentrare l’attenzione altrove. Preston e Rodriguez annuiscono tra di loro, non riuscendo a cavare un ragno dal buco.
“Niente di tutto ciò.” l’agente Jones rompe il silenzio alzandosi e gettando la pagina del giornale che stava leggendo nella scrivania tra i suoi uomini e quelli della Gates. Dà loro il tempo di accerchiarsi per poi fare un passo indietro e mettere le mani nelle tasche. Il titolo dell’articolo parla chiaro. “Leggete. Qualche hacker si è divertito ad entrare nel sistema di Al-Qaida e mettere online il video in cui Nasir parlava dello scambio di ostaggi, quindi tutto è venuto da sé. John Storm, il giornalista rilasciato, ha raccontato la sua storia dicendo di aver riconosciuto Richard Castle durante lo scambio.”
Kate chiude meccanicamente gli occhi e socchiude le labbra, per poi portarle in dentro.
Per un piccolo e stupido errore che nessuno aveva calcolato, ora i giornali di mezzo mondo sanno che Richard Castle è tornato a New York ed è stato riportato in Iraq grazie a uno scambio.
La Gates sbotta di nuovo, battendo il pugno sul tavolo. Stavolta sobbalzano tutti.
“Dannazione. Aspettiamoci di trovare la stampa qua fuori al Dodicesimo.”
“Sono già qui, capitano.” Osserva Kevin, anticipandola. L’irlandese è affacciato alla finestra e fa notare come ci sia già una folla appostata. Giornalisti, fotografi, non solo stampa americana, ma anche quella europea.
“Non preoccupatevi, ho un piano.” Interviene Mike fissando Kate. “Detective Beckett, è evidente che vorranno parlare con te, quindi devi prepararti un discorso.”
L’idea di apparire da sola con occhi puntati su di lei la fa arrossire immediatamente e prende a balbettare. Indica se stessa con l’indice spalancando la bocca.
“I-io davanti le telecamere? I-io n-non-“
“Ci servi da diversivo.” Le spiega, alzandosi. È già pronto con il suo cellulare in mano a contattare i piani alti. “Ai giornalisti piacciono le storie d’amore, quindi parla di te e del signor Castle, mentre io contatterò la CIA. Sono certo che Christina starà preparando un blitz per salvare il tuo scrittore.” Dice l’ultima frase e si allontana con il cellulare poggiato sull’orecchio.
Kate è rimasta nella stessa posizione da alcuni secondi. Javier e Kevin si divertono a prenderla in giro imitandola. Carini.
 
Si chiude nella stanza degli interrogatori, diventata ormai luogo di pace per poter riflettere e pensare con se stessi.
Afferra svogliatamente una sedia e l’avvicina al tavolo. Si siede, apre la sua cartellina e tira fuori un foglio bianco a una penna. Sbuffa, ma poi ride da sola.
Tutto ciò è veramente assurdo e le ricorda di stare al liceo, quando prima di un esame si comportava esattamente così. Si raccoglie i capelli in una cipolla sulla testa, aiutandosi con una matita. Comincia a posare la penna sul foglio, sperando che le parole riescano a comporsi da sole.
Cosa dovrebbe dire alla stampa? Non sa neanche da dove iniziare.
Lei non è Richard Castle. Non trae ispirazione da una storia fantastica, non riesce a comporre teorie. Figuriamoci un discorso!
Lascia la penna sul foglio, sbuffa di nuovo e si copre il volto con le mani in segno di stress.
La porta della stanza si apre e la voce squillante di Lanie la rasserena.
“Tesoro, dove ti hanno chiusa?”
“Lanie, grazie al cielo. Aiutami a mettere insieme questo discorso. Sono super agitata.”
“Tranquilla. Ti starò vicina.” Dice dolcemente, sedendosi davanti a lei.
Kate sorride semplicemente ringraziandola con il labiale, poi torna con lo sguardo sul foglio bianco.
La dottoressa sente un brivido percorrerle le spalle pensando di non essere mai stata dentro quella stanza. Si osserva intorno immaginando alla sua amica che interrogava chissà quali e quanti criminali lì dentro. Un bel duro lavoro.
“Come mai l’agente Jones non ti aiuta?”
“Deve contattare la CIA.”
Lanie annuisce e distoglie per un attimo lo sguardo, come cercasse di trovare altro argomento di conversazione.
Dopo qualche secondo, se ne esce con un “Cosa si prova ad essere contesa tra due uomini?”
“Lanie!” Kate alza lo sguardo spalancando gli occhi. Sa che la sta stuzzicando ma avvampa ugualmente. L’amica inclina la testa prima da una parte poi dall’altra, per divertimento. “Nessuno sta combattendo per me! Io amo Castle, Jones l’ha capito e si è comportato in maniera professionale. Fine della storia.” spiega alzando le mani.
Appena ritorna con gli occhi sul foglio, Lanie riparte in quarta. “Però avete viaggiato insieme da New York a Washington... un aereo privato...”
Kate scoppia a ridere, mettendosi una mano davanti la bocca. “Santo cielo, non è successo nulla. Anzi, è stato un buon amico.”
“Mi spiace per il povero Mike. Non mi piacciono i tipi freddi, io preferisco quelli caldi...” dice con enfasi, e scuote volontariamente il suo corpo come una danzatrice del ventre, “se sai ciò che intendo...”
Di nuovo la detective ride e deve interrompere la dottoressa per non conoscere altri dettagli sulla sua vita sessuale. “Okay, hai detto abbastanza e non voglio sapere altro!” alza lo sguardo con quel sorriso sghembo.
Lanie la sta fissando divertita e Kate la ringrazia mentalmente, ma l’amica ha già capito. Si schiarisce la voce, alza il foglio per sistemarlo e lo rimette davanti a sé, passandoci una mano sopra, come per fissarlo sul tavolo. Riprende la penna e la punta sul bianco. Lentamente inizia a comporre le prime parole, poi prende a scrivere a raffica, restando solo lei e il suo discorso.
Silenziosamente, soddisfatta, la dottoressa si alza, lasciando la stanza nello stesso modo in cui era entrata.
 
Si è alzato dal letto, non riuscendo a dormire.
Passeggia per il corridoio dell’imponente residenza e passa davanti la stanza di Nasir, lasciata appannata.
Sente voci divertite provenire dallo schermo del suo televisore. Butta l’occhio dalla piccola fessura e vede il giovane seduto su un grosso cuscino rosso di seta. Gambe incrociate, mani sulle ginocchia e sguardo sereno e divertito mentre guarda una sit-com in tv.
A vederlo così, non sembra neanche l’uomo più pericoloso del mondo.
Chissà se con la forza del suo ottimismo e delle sue parole, Rick Castle riuscirebbe a convincere Nasir Sayf al-Islam, numero uno di Al-Qaida, a rinunciare alla sua assurda sede di conquista e di dominio?
Si allontana e indugia oltre, continuando a camminare per poi sbucare all’ospedale vicino alla residenza. Si tiene le mani sulle braccia, sfregandole tra loro e si morde un labbro perché non ha pensato a portarsi un giaccone prima di uscire dalla stanza. Il freddo della notte si sente e gli fa raggelare anche i piedi nascosti da un paio di calzini e dalle calde pantofole.
Stringe i denti compiendo altri passi verso l’ospedale. Vede un uomo di spalle che parla con alcune persone e riconosce il buon vecchio Yoel con il viso preoccupato. Lui li saluta e incrocia lo sguardo di Rick, scusandosi per allontanarsi.
“Ehi, Yoel. Che è successo?” domanda lo scrittore, volgendo lo sguardo al gruppetto di persone, tra cui una donna con un burka nero e il figlioletto.
L’uomo scuote la testa.
“Un attentato non lontano da qui. Hanno distrutto la sua casa, ferendo il figlio più piccolo che si trovava nella sua stanza. Ora stanno aspettando notizie.” Sospira e si passa una mano sulla testa guardando a terra. “E’ l’Inferno. Tutti i giorni.”
“E Nasir non fa nulla per proteggere la sua gente?”
Segue Yoel che è andato a sedersi. Si guarda le mani, anche le sue, come quelle di Rick, sporche e nere.
“A lui interessano le armi, saidi.”
Per qualche secondo se ne stanno in silenzio, osservando i dottori e gli infermieri che camminano a passo svelto da una parte all’altra del corridoio. Voci accavallate e concise si mescolano tra loro. Castle torna a guarda il suo amico e lo vede stanco, ma non è una stanchezza fisica.
“Hai pensato a quello che ti ho detto?”
Da quella rughetta che si è formata sulla sua fronte, Yoel ci ha pensato. Molto.
Gli poggia un mano sulla spalla, guardandolo. “Rick, tu sei un sognatore. E io ammiro quelli come te. Con le parole, riuscite a dare speranza alle persone e ad evadere dalla realtà. Ma siamo prigionieri qui. Non possiamo muoverci.”
Segue un altro silenzio. È come se con lo sguardo gli indicasse l’Inferno intorno a loro che li tiene prigionieri.
La stessa donna di prima ascolta attentamente le parole di un dottore. Da quel poco che riescono a udire, Castle e Yoel comprendono che suo figlio non potrà più camminare. L’impatto dell’esplosione lo ha reso paralizzato dal bacino in giù. Lei si mette una mano sulla retina del burka che copre gli occhi e si siede, non riuscendo a sostenere la notizia. Non grida, non dice nulla. L’altro figlioletto le siede accanto e poggia la testa sul braccio della mamma, non capendo cosa stia accadendo, ma volendo solo stare accanto a lei. È come se fossero abituati tutti i giorni a ciò che vedono.
Rick stringe i pugni e digrigna i denti. Non può assistere a uno spettacolo del genere. Immagina l’espressione della sua famiglia. Di Martha, Alexis e Kate, straziate dal dolore perché lui è tornato dalla guerra in quello stato.
E non gli va bene.
Guarda Yoel serissimo. Convinto di ciò che sta per dire. Vuole che anche lui abbia una nuova vita, lontano dall’orrore.
“E se io ti dicessi che invece c’è una possibilità di fuga?”
 


Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Ci avviciniamo al gran finale.

A parte la parentesi al Dodicesimo, con Lanie che aiuta Kate a prepararsi alle domande della stampa (con le chiacchiere che solo la dottoressa sa fare per distrarre la detective dal suo stato di ansia :p), questo capitolo è molto incentrato su Castle e sul suo amico Yoel, perché meritano di avere un capitolo a parte..
Non aggiungo nient'altro e vi lascio crogiolare con la domanda di Rick :p
Alla prossima :*
D.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: _diana87