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Autore: NoceAlVento    26/01/2015    1 recensioni
Cosa succede a Kalos? Forze oscure agiscono nell'ombra, perseguendo i loro ignoti obiettivi ai danni di innocenti; misteriosi frammenti di una gemma celeste sono apparsi nella regione dal nulla; una ragazza, anche se non ancora non lo sa, è stata tenuta sotto segreta osservazione per tutta la sua vita. E in tutto ciò c'è Bellocchio, appena precipitato da un'aeronave in fiamme e portato a scoprire che cela un passato lontano a Kalos, anche se non l'ha mai vista in vita sua. Nuovi capitoli ogni due settimane!
 
***
 
« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio chi? ».
« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti chiami davvero così? ».
« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Untitled 1

Una sala circolare, sorprendentemente moderna per essere sita in cima alla torre più alta del Ligue Château d’Examen, la sede ufficiale della Lega Pokémon. Una sola finestra continua, uno squarcio vetrato nelle pareti che circondavano l’ambiente, da cui era visibile la monumentale maestosità della regione di Kalos. Solo quattro poltrone, di cui quella sul centrosinistra vuota in quanto Narciso si trovava già a Luminopoli, segno che difficilmente chi frequentava quella stanza riceveva ospiti degni di sedere.

Timeus, già vestito della sua armatura per la apparizioni pubbliche, si sistemò con un clangore metallico e annunciò « Cinque minuti ».

Ginger annuì e prese un respiro profondo. Lei e ciò che rimaneva della Seconda Unità dopo l’incidente del settimo piano – Sandy, Terence e Kibwe – erano costretti a restare in piedi. Non che valesse la pena mettersi comodi per il poco tempo a loro disposizione: tra poco più di quattro ore avrebbe avuto luogo la nomina di Lysandre Faubourg a nuovo Presidente e Grande Assessore, e ovviamente non sarebbero potuti mancare i suoi quattro influenti sponsor. Tutto lasciava intuire che fossero sul piede di partenza per la capitale: Lilia indossava i suoi classici abiti tribali, Malva il suo completo vagamente reminiscente del suo passato nei Flare e Timeus, come detto, pareva un cavaliere della Tavola Rotonda.

« Siamo convinti che qualcosa stia agendo fuori dal nostro controllo a Kalos ».

« Sii più specifica, Xaad » la esortò Malva, che in assenza di Narciso occupava di fatto la postazione centrale.

« Nella notte tra ieri e oggi è stato confermato un furto massiccio di zinco dal Deposito Primario di Romantopoli. Si parla di tonnellate ».

« Ne siamo a conoscenza, sì. Le autorità stanno già indagando ».

« Come sapete lo zinco è un materiale chiave nella fabbrica di Poké Ball, essendo parte della lega di metalli che le compongono. Noi crediamo che–– ».

« Risparmia gli inutili tecnicismi e parlate di cose serie » la interruppe Lilia con aria annoiata mentre giocherellava con uno dei corni che usava come pendenti della sua collana.

Timeus la seguì, sfoggiando tuttavia un tono più velatamente derisorio « Se ho ben capito le vostre convinzioni sono motivate solo da… Un furto? Di un materiale facilmente rivendibile? ».

Ginger reagì infastidita dalla sufficienza con cui si rivolgevano a lei. Non avevano la sua cultura scientifica, il minimo che dovevano fare era non mettere in discussione i fatti. « Dov’è la sua stella, signore? ».

L’uomo esitò, passandosi involontariamente la mano sul capo « Come? ».

« La stella decorativa che porta sempre sulla fronte, proprio dove ora si sta toccando ».

Con riluttanza e dopo aver provato a temporeggiare, Timeus abbozzò un pretesto « … L’ho persa da qualche parte nel mio–– ».

« Per caso oltre a oro era fatta anche di zinco? » incalzò Ginger con sguardo di sfida « Perché lo zinco è frequente nelle leghe d'oro ».

Di fronte alla titubanza di un Superquattro tutti i membri della Seconda Unità trepidarono interiormente, inorgogliti dall’intraprendenza del loro leader. « Anche la mia fede nuziale è sparita da un giorno all’altro » intervenne Sandy « e non la tolgo mai dal dito ».

« Non ricordo di averle dato la parola » lo ammonì Timeus, incapace però di celare la difficoltà in cui si trovava nel confronto.

Terence, sospinto dal fuoco del momento, obiettò in difesa del suo amico – seppur probabilmente per spirito di difesa del territorio « Ma ha ragione. Non sono casi isolati, ovunque stanno–– ».

« Xaad, tieni a bada la tua Unità o sarò costretta a espellervi in blocco » intimò Malva irrigidita sulla sua poltrona.

Ginger obbedì, ma in cuor suo sapeva che anche lei stessa avrebbe agito nel medesimo modo, e anche i suoi colleghi ne erano al corrente. Dopo averli riportati all’ordine riprese « Per quanto i metodi siano bruschi, non ritratto nulla di ciò che hanno detto ».

« Oh, andiamo, qual è la vostra tesi? » la interpellò Lilia « Che qualcuno stia andando in giro a rubare zinco? Per cosa, poi? »

In risposta l’ingegnera seppe precisamente cosa fare: mostrarsi sicura di sé. Che l’avesse fatto o meno, aveva compreso benissimo che l’avrebbero allontanata a momenti. « Un generatore sperimentale di radiazioni sinaptiche è stato rubato qualche giorno fa dalla Cripta. Non penso sia un caso visto che lo zinco–– ».

« Basta così, Xaad. Invito te e i tuoi colleghi a lasciare questa stanza ».

« Malva, almeno tu–– ».

« Ora. O dovrò chiamare la sicurezza ».

Con i nervi a fior di pelle Ginger uscì dalla sede di ricevimento insieme alla Seconda Unità e venne scortata all’esterno dell’edificio. Era una bella giornata primaverile, dal cielo terso in cui un tiepido sole delle tre di pomeriggio splendeva sulle sfavillanti vetrate del Ligue Château. Aleggiava un silenzio sovrannaturale, spezzato solo dal fruscio dei fiori nel prato antistante.

« E ora che facciamo? » le chiese Kibwe a nome di tutti « Senza l’approvazione dei Superquattro abbiamo le mani legate ».

Vero, non avrebbero mai potuto indagare a fondo quanto avrebbero voluto. Ma Ginger non era certo una da arrendersi al primo rifiuto. Aveva già tenuto in conto che quegli individui ormai ossessionati più dalla politica che non dal loro reale ruolo di protettori di Kalos ed esaminatori di Allenatori avrebbero potuto negarle l’appoggio, e aveva già ideato un piano di riserva.

Si sarebbe rivolta all’unica autorità in tutta la regione in grado di annullare una sentenza della Lega Pokémon.

 

 

 

Episodio 1x27

Sabbie oscure

 

 

 

« Giù! ».

Bellocchio e Serena si gettarono oltre l’uscita della caverna per scansarsi subito da lati opposti. Nell’istante seguente un’orda informe di Zubat fuoriuscì dall’apertura e sviò verso l’alto con versi striduli. L’uomo si alzò, spolverandosi il cappotto e studiando l’ambiente circostante. Si trovavano su un terreno roccioso, facilmente la fiancata del Monte Trait d’Union da cui provenivano.

« Questa non è Altoripoli » constatò Serena sistemandosi il cappello in testa. Teoricamente sarebbero dovuti sbucare ai piani alti della città prescelta, ma a giudicare dalla ripida fiancata che stava di fronte a loro prima di un’infinita distesa marina avevano sbagliato strada.

« Beh, quindi dopotutto dovevo andare a destra » commentò Bellocchio. Volse lo sguardo a est, sporgendosi sul precipizio quel che bastava perché la sua visione periferica migliorasse. A breve distanza, nell’oscurità vespertina in cui versavano, brillava una cittadina inerpicata su un pendio in maniera quasi irrealistica, un muro verticale di edifici multicolore. Ai suoi piedi i flutti spumeggiavano su spiagge che parevano stranamente vivaci per essere le sette di sera inoltrate. « Ah, eccola là ».

« Era necessario tirare un sasso a quello Zubat, vero? ».

« Puntava la mia cravatta! ».

Serena tossicchiò, indicando con cenni del capo la schiera di un centinaio di pipistrelli ostili che, prodotta un’elica in cielo, avevano ora virato proprio nella loro direzione. « Stanno tornando ».

Bellocchio la guardò negli occhi e un ampio sorriso da birba gli si dipinse sul volto « Sai cosa fare ».

Annuirono in simultanea e il giovane con un gesto collaudato della mano chiamò in campo Nephtys, la sua fedele Fletchinder. Quindi porse la mano alla ragazza, che in risposta alzò le sopracciglia eccitata e dichiarò « La cosa si fa intrigante ».

Non appena i due palmi si strinsero Bellocchio si aggrappò al volatile e insieme si gettarono nel precipizio. L’uccello dischiuse le ali fino a somigliare a un deltaplano e il gruppo iniziò a discendere gradualmente in direzione delle spiagge di Altoripoli. Gli Zubat retrostanti mancarono il bersaglio di un soffio e, appena prima di schiantarsi a terra, deviarono nuovamente facendo ritorno nella caverna.

« WOOOOOOOOO! » esclamò Serena guardando dietro di sé, poi scoppiò in una risata liberatoria « ALLA FACCIA VOSTRA! ». Anche quella volta era finita bene, anche se doveva ammettere che con Oregon il Loudred se l’erano vista brutta. La Grotta Trait d’Union era una tappa obbligata per i nuovi Allenatori che volessero accedere alla sezione costiera di Kalos, dal momento che affrontare l’impervio deserto del Percorso 13 non era consigliabile per chi come lei era alle prime armi – anche se con Bellocchio sicuramente ne sarebbe uscita viva. Di certo non si era attesa che fosse così difficile attraversarla: erano giunti all’ingresso venerdì notte e ne erano usciti solo ora, tarda domenica.

Finalmente la planata si concluse. Serena pregò fino all’ultimo che Nephtys avesse migliorato le doti di atterraggio morbido, ma fu una speranza vana e il Pokémon catapultò i suoi due ospiti dritti contro la rena. La ragazza si rialzò dopo un momento di iniziale stordimento, sputando la sabbia che le era finita in bocca.

« Tutto bene? » domandò in una direzione generica, udendo in risposta Bellocchio ridere istericamente come lei aveva fatto qualche minuto prima e Fletchinder rientrare nella sua Poké Ball. Osservò l’ambiente circostante: per colpa delle correnti d’aria erano atterrati al confine della città, in una spiaggia libera completamente buia. Era difficoltoso persino distinguere il mare in quell’amalgama scuro, ma alla fine la rassicurante figura del soprabito del suo amico che svolazzava al vento divenne visibile. Entrambi erano messi discretamente, il che dopo ciò che avevano passato era considerabile un successo.

« Certo che la bava di Axew è appiccicosa forte » si lamentò Bellocchio, osservando che tutti i suoi vestiti erano stati impiastrati di granelli rimasti attaccati alla sostanza collosa che li ricopriva.

« Ehi, sembrava davvero che avesse qualcosa incastrato in bocca. Cercavo di aiutare ». Serena cercò di scrostare almeno parte del viscidume dalla gonna con scarso successo « Credo ci servirà una lavanderia ».

« O un inceneritore. Senti anche tu questa canzone? ».

Protendendo l’orecchio, in effetti, la ragazza riuscì ad avvertire una melodia soul che veniva diffusa da una cassa da qualche parte.

« Sunshine she’s here, you can take a break… ».

A giudicare da ciò che sentiva la sorgente doveva essere in movimento, anche se stabilire se si stesse avvicinando o allontanando era più complicato. D’un tratto una voce dall’accento marcato proveniente dalla loro sinistra sovrastò la musica. « AOOOOOOOH! È arrivato il Pirata! ».

E alla fine eccola emergere dalle tenebre, l’impianto stereo assordante: una nave. Cioè, non era veramente una nave, anche se l’intenzione doveva essere quella di assomigliarvi: ciò che aveva attirato la loro attenzione era un piccolo veicolo elettrico somigliante a un furgoncino ma decorato come un’imbarcazione corsara del Settecento. L’accuratezza storica era sorprendente, dalla polena al finto timone posteriore, e più avanzava verso di loro più dettagli emergevano, come il fatto che la porzione dorsale fosse occupata da quello che pareva proprio un refrigeratore, o che sulle fiancate fosse appeso un catalogo di frutta e prezzi. Quando la vettura si accostò a Bellocchio questi notò che il guidatore, immedesimato bene nel personaggio, era un uomo sulla cinquantina dai capelli ricci brizzolati raccolti in una coda, nonché dotato di baffi e pizzetto del medesimo colore.

« With the air, like I don’t care baby by the way… ».

« Aoh! È arrivato il Pirata » ripeté con più calma, diretto al potenziale cliente « Vuoi un watermelon? ». Fece una pausa e Bellocchio provò a parlare, ma fu subito interrotto da quello che, muovendosi a tempo, canticchiò « WaterWatermelon? ». Doveva piacergli proprio come suonava.

« Questa dev’essere una di quelle situazioni in cui la gente pensa che io abbia soldi con me ».

« Che ci fai qui, coso? Ti perderai il Giuramento ».

Serena in quel momento rammentò: era il giorno del giuramento del nuovo Presidente! Ne aveva parlato con sua madre via PSS qualche giorno prima, poco dopo essere usciti dal Palais Chaydeuvre. Per la verità era stata l’adulta a tenere il discorso, cosa che la ragazza aveva volentieri concesso temendo che, se avesse avuto campo libero, sicuramente sarebbe finita per raccontarle di ciò che era successo nella villa. Le aveva tenuto nascosti, durante le sue telefonate saltuarie, i pericoli che aveva corso da quando aveva incontrato Bellocchio. Non avrebbe ottenuto nulla più di dieci chiamate perse al giorno se avesse rivelato che ciclicamente rischiava di non uscire viva dal guaio del momento.

« Oh, è una lunga storia » abbozzò il suo amico mentre rispondeva all’estraneo.

« Ehi, raccontagli di come sei planato giù! » gli suggerì ad alta voce per oltrepassare il furgoncino che si era frapposto tra loro due « Con me a Borgo Bozzetto ha funzionato! ».

Il Pirata si rese conto solo in quel momento della presenza di Serena. Con il tono di chi lavora nel settore e quindi la sa lunga mormorò ammiccante « Ah, te la spassi con la signorina, eh? Nulla da obiettare ».

Bellocchio non colse nessun riferimento improprio, rispondendo impassibile « Beh, ci stavamo divertendo. Credo ».

« Capisco. Se dopo aveste fame o altro, non lo so… Mi trovate alla prima spiaggia in quella direzione, al banco della frutta ».

« Ricevuto, Barbagrigia ».

Serena sgranò gli occhi, realizzando solo a quel punto che il suo amico per qualche ragione stava congedando un individuo provvisto di veicolo motorizzato. Cosa si aspettava da lei, che camminasse ancora dopo aver corso negli ultimi venti minuti per i meandri della Grotta Trait d’Union? « No, no, sta zitto! » intervenne, quindi si appoggiò al volante della finta nave immobilizzandolo ed esibì all’indirizzo del Pirata un sorriso imbonitore che non avrebbe ingannato nemmeno un barboncino. « Abbiamo bisogno di un passaggio ».

 

 

La Costa Nera”, questo il nome del lido privato, era poco meno di una discoteca a cielo aperto. Strutturalmente era divisa in due sezioni distinte: la zona più vicina alla terraferma, sita a due passi dal pendio inorganico su cui sorgeva Altoripoli, era disseminata di impianti per servizi di vario genere, tutti modellati per assomigliare a certe palafitte caraibiche di Unima. Era la porzione propria del Resort Riva Nera, dove venivano serviti cocktail e un disc jockey dalle cuffie abnormi stava presentando un gioco a premi il cui vincitore sarebbe partito per una vacanza a Ceneride. In uno spazio al centro era stato allestito uno schermo dalle ragguardevoli dimensioni che al momento giaceva spento, in attesa della sua grande occasione.

L’altra fetta, quella più prossima al mare e dove Serena e Bellocchio si trovavano al momento, era l’epitome della minima entropia. Dovunque si posasse l’occhio si incappava in ragazzi ubriachi impegnati in ciò che loro definivano pogare – qualsiasi cosa fosse –, oppure eccitati all’idea di un bagno di mezzanotte nonostante fossero solo le sette e un quarto. La quantità di persone era tale da chiedersi legittimamente da dove provenissero, dato che non c’era nessuna possibilità che una città come Altoripoli avesse un’età media così bassa. Scoprirlo per via diretta era reso impossibile dall’assordante musica, o meglio un frastuono elettronico prodotto da un set di casse alte due metri che a ogni basso fuori dalla norma facevano tremare il suolo.

« Questa è una diretta politica, vero? » domandò sarcastico Bellocchio. Riusciva a malapena a sentire la sua stessa voce anche urlando, ragion per cui pregò che la sua amica fosse tanto esperta nella lettura delle labbra quanto lui.

« Sì! Moon è caduto, quindi Faubourg prende il suo posto ».

« E c’è una ragione particolare per il rave party? ».

Serena ridacchiò interiormente. Al Palais Chaydeuvre non gliel’aveva fatta pesare con la faccenda dell’omicidio a cui badare, ma ora poteva punzecchiare in tutta libertà la scontrosità del suo amico. « Oh, non essere così misantropo! Neanche a me piace, ma mica vado in giro a lamentarmi ».

« Adolescenti. Ogni scusa è buona per–– ». La geremiade di Bellocchio fu troncata dalla collisione con una ragazza che gli era salita sulle spalle in un tentativo di mosh. L’uomo se la scrollò di dosso, poi le rivolse un’occhiata di fuoco « Rifallo. Provaci, su ».

« Oh, ma sta’ sciallo, ci stiamo solo divertendo! » esclamò grossomodo lei prima di andarsene gridando versi inconsulti.

« Il prossimo lo sciallo tanto forte che si ritroverà a Nevepoli ». Serena sogghignò, stavolta senza nascondersi, al che il suo compagno di viaggio le puntò il dito contro « Ehi, non ti azzardare, non è divertente ».

« Non sono d’accordo ».

Bellocchio sospirò con un’espressione in volto simile a un Herdier bastonato « Vado al banco della frutta. Barbagrigia non sarà granché, ma è il massimo della normalità a cui posso aspirare qui ».

« Va bene, dai, ci vediamo per il Giuramento! » concordò Serena salutandolo a mano alzata. Il giovane fece lo stesso e, districandosi nel labirinto di avvinazzati e luci stroboscopiche, raggiunse infine uno stand in legno a forma di capanna dal cui bancone pendevano caschi di banane e ananas appesi per le corone. Al suo interno il loro Pirata, in canotta nera, intagliava mezze noci di cocco per trasformarle in recipienti decorativi. La frutta pareva essere gratuita, probabilmente pagata dalla spiaggia.

« Oh, ehilà! Sai, non ti ho ancora chiesto il tuo nome! » esclamò l’uomo alzando per un breve attimo la testa dal suo lavoro.

« Bellocchio ».

« Ah, un nickname! Beh, Belloccio ti si addice effettivamente. Non in quel senso, eh… » chiarì in fretta il Pirata, ritenendola una precisazione importante. Bellocchio cercò di correggerlo, ma quello riprese a parlare senza concedersi un secondo di silenzio « Tu puoi chiamarmi Cornelius Woodward IV. Com’è andata con la signorina? ».

« È voluta venire qui. Non so quanto voglia stare, spero che almeno dopo la diretta ce ne andiamo ».

Cornelius assunse nuovamente il suo tipico tono da uomo vissuto « Ah, neanche a me piace questo posto, ma pagano bene. Ma vai tranquillo, che, cioè… Con le donne si sa, va così. Fai un favorino ogni tanto, e poi la notte… ».

« Come mai sono tutti qui? » domandò Bellocchio indicando sommariamente la mandria che pestava i piedi sulla sabbia, e riuscendo così a concludere l’intero ciclo di innuendo senza coglierne nemmeno uno.

« Patriottismo ».

Il giovane annuì con marcato sarcasmo « Lo vedo ».

« Oh, si stanno solo divertendo ora… Ma vedrai, tra poco inizia il Giuramento ».

« Come funziona, poi? Come mai c’è questo giuramento? ».

« Ah, poco attento alla politica? Non ti biasimo » commentò Cornelius, deponendo per la prima volta la noce di cocco sul ripiano sotto di sé « In pratica Mr. Moon è stato costretto a dimettersi, e i Superquattro hanno scelto Faubourg come successore ».

« E Mr. Moon era… ? ».

« Il presidente precedente, ovviamente. È per quello che Faubourg deve giurare, stasera ».

Bellocchio effettuò uno svelto riepilogo a suo beneficio. Per quello che aveva annotato nel mezzo mese di permanenza a Kalos, la regione aveva due centri di potere bilanciati: il Congresso, governato dal Presidente, e il Consiglio dei Superquattro, e il mediatore tra le parti era colui che ricopriva il ruolo di Intermediario. L’attuale leader di maggioranza Moon – che aveva l’epiteto di mister, per qualche ragione – era stato travolto dagli scandali fino alla destituzione, e i Superquattro avevano scelto Lysandre Faubourg, ora Intermediario, per sostituirlo, cosa che avrebbe fatto a momenti giurando fedeltà alla Regione. C’erano alcuni punti da sistemare, ma quantomeno come mappa mentale aveva senso.

« Comunque ti ho capito, sai » lo avvertì Cornelius con convinzione, distraendolo dalle sue riflessioni « Ti ho visto, con la signorina, mentre facevate il Saluto… Io e te stiamo sulla stessa lunghezza d’onda. Quando c’era lui questi drogati andavano nei campi… ».

Di colpo la musica assordante cessò, provocando un’istantanea sordità nei presenti, e anche le luci si spensero. Si accese invece il grande schermo predisposto nella spiaggia, sul quale comparve in alta qualità lo stemma statale, un pentagono tricromatico accompagnato da una melodia che fu impossibile ascoltare per il contraccolpo alle trombe di Eustachio; il logo si scompose poi nelle parole “Regione Amministrativa di Kalos” prima di svanire del tutto. Seguirono circa trenta secondi di sfondo nero a tinta unita in cui fu possibile recuperare quantomeno parte delle facoltà uditive.

Inizialmente Bellocchio pensò a un ritardo nella sincronizzazione tra le città, ma comprese la reale ragione della pausa quando, dal nulla, due frasi che parevano strofe comparvero sul display.

 

Ho incontrato te

su questo grande pianeta

 

Un attimo e c’è

prezioso incontro di vita

 

Date le circostanze ciò che seguì lasciò l’uomo sbalordito: tutti, inclusi gli sbandati che non più di due minuti prima si inebriavano dei fumi dell’alcool come se dovessero morire quella notte stessa, tutti loro avevano portato la mano al cuore e stavano cantando in coro un’armonia dolce, quasi una ninna nanna. Rimase in estasi a osservare quella coralità inaspettata prima di voltarsi verso Cornelius in cerca di risposte. Lui non si era unito agli altri, impegnato a controllare con noia per nulla mascherata quello che pareva un P5S, di quelli usciti da poco.

« Che cos’è? ».

« Il loro “inno” » ribatté con una smorfia contrariata « Miracolo ».

« E perché tu non canti? ».

« L’unico vero inno è Andrò con te, non questa canzoncina da femmine ».

Il giovane lo guardò con sufficienza e pietà, tornando poi alla folla che non si era scomposta nemmeno un po’, anzi sembrava più determinata di come aveva iniziato.

 

Pensa al mondo che nascerà

quanti sogni e desideri

 

Costruiamo un futuro che

rifletta il possibile!

 

Rintracciò Serena, che cantava con convinzione quei versi come fossero suoi. C’era un che di grottesco in quel tipo di orgoglio patriottico, questo era certo. Alcuni di loro sembravano mossi più dalla nostalgia per i tempi in cui da bambini erano obbligati alla devozione che non da reale persuasione. Eppure non poteva trattarsi solo di abitudine, o avrebbe significato che ogni singola persona che aveva messo piede nella spiaggia, e forse in tutta Kalos, avesse una capacità di applicazione fuori dal comune. No, c’era davvero chi credeva nella sua regione, nella sua casa: bastava vedere la sua amica. Non era solo ipocrisia, c’era vera fierezza per le proprie origini là in mezzo, e non era necessario essere estremisti come Cornelius per dimostrarlo.

 

 

« Giuro fedeltà alla Bandiera di Kalos, e alla Repubblica che essa rappresenta: una Regione indivisibile, con libertà e giustizia per tutti ».

Un lungo applauso seguì la frase conclusiva del Giuramento pronunciato da un Lysandre che, nonostante le occasioni molto diverse, era identico alla controparte che aveva parlato con loro alle Galeries. Il pentagono di Kalos ricomparve sullo schermo, il quale poi si spense con un lampo brusco. Vi fu qualche attimo di silenzio, poi intervenne nuovamente la fastidiosa voce del DJ ad annunciare che la festa sarebbe proseguita “fino all’alba”. Il palpito elettronico che a stento si qualificava come musica riprese a battere dalle casse mentre Bellocchio, congedato il caro Pirata, si riuniva con Serena.

« Allora, come ti è sembrato? » gli domandò, non fu ben chiaro se per genuina curiosità o sapendo già che reazioni una simile dimostrazione di unità tendesse a suscitare.

« Beh, direi… Istruttivo ».

« Non facciamo così schifo, dopotutto ».

Bellocchio annuì distrattamente mentre con la coda dell’occhio notava un addensamento di persone intorno alla televisione. Sembrava esserci fibrillazione, ragion per cui sia lui che la sua amica furono al centro del dialogo in un batter d’occhio.

Serena si rivolse a uno degli uomini che discutevano animatamente, mentre un altro gruppo era celato dal display al plasma e parevano gente meno incline al parlare « Che succede? ».

« Nulla di che, non ti preoccupare. Lo schermo si è spento all’improvviso, teoricamente doveva andare in onda lo speciale di approfondimento de L’Avvocato dopo la diretta ».

Senza nemmeno attendere altre conferme delle sue supposizioni Bellocchio si fece avanti presso il team impegnato sul retro dello schermo. A quanto pare dovevano esserci problemi con i cavi, dato che avevano divelto la copertura a uno scomparto che ne includeva diversi. Con un gesto rapido mostrò il suo falso documento da insegnante. « Warren Peace, professore di Elettrotecnica e Cablature. Fatemi dare un’occhiata ».

La sua carta d’identità fu esaminata da colui che, a giudicare dal vestiario e dalla cassa degli attrezzi che reggeva con il braccio, doveva essere l’elettricista designato. Sarebbe stato sorprendente se fosse giunto così in fretta quando il malfunzionamento si era verificato solo un paio di minuti prima, ragion per cui era probabile che fosse stato ripartito d’ufficio per garantire la continuità della diretta.

« Qui dice professore di attività avventurose ».

« Energia elettrica, la più grande avventura a portata di mano. Non fatelo a casa » soggiunse Bellocchio, analizzando a mani nude il circuito all’interno dello scomparto « Oh, guarda, questo sembra proprio un’elica ».

« Sei sicuro di sapere che stai facendo? ».

Il giovane lo ignorò, andando a frugare tra i suoi strumenti per estrarne un oggetto dalla forma rettangolare dal bordo di un arancione brillante. « Oh, un multimetro! Ora si fa sul serio » commentò. Lo collegò nelle cavità apposite e, applicata un leggero voltaggio, lesse il valore sul monitor monocolore « Questo è buffo ».

« Cosa? » lo esortò l’elettricista.

« La resistenza sta calando stabilmente, deve avere innescato un cortocircuito. È come se qualcosa la stesse abbassando dall’esterno ». La realizzazione colpì Bellocchio come un macigno « Avete staccato la corrente, vero? ».

Il volto del presunto esperto impallidì, rendendo superflua ogni risposta.

« VIA! ».

L’avvertimento giunse appena in tempo: lo schermo fu teatro di una parziale esplosione, cui si accodarono in pochi secondi quelle delle casse, dei forni e di qualsiasi oggetto collegato alla corrente nel raggio di svariati metri. Non vi fu modo di domandarsi le ragioni di ciò, perché le scintille risultanti trovarono terreno fertile nelle strutture in legno sparse per la spiaggia, che presero fuoco con spaventosa velocità. Sotto un cielo stellato privo dell’ormai tramontata luna, il lido La Costa Nera si trasformò nell’inferno in terra.

Bellocchio e Serena si ricongiunsero per la seconda volta da quando erano usciti dalla Grotta Trait d’Union, miracolosamente illesi anche ora. Altrettanto non si poteva dire di gran parte del gruppo che si era riunito alla televisione guasta, rimasto ferito da schegge, o del personale coinvolto negli incendi susseguenti. Sapendo di essere probabilmente i più indicati per ciò che avevano in mente fino all’arrivo dei vigili del fuoco, decisero di fare ciò che riusciva loro meglio: aiutare gli altri.

Una volta divisi, Bellocchio inviò a sua volta Nephtys a occuparsi dei casi più disperati dal momento che non pativa le temperature, mentre lui trasse in salvo principalmente coloro che erano rimasti contusi nel caos della fuga della mandria di giovani che prima occupavano il posto. Fortunatamente trovarsi in riva al mare fu un grosso vantaggio, in quanto utile sia come zona sicura sia per trattare le ustioni riportate da alcuni. Non tutti, però, avevano avuto la fortuna di ritrovarselo a due passi!

« AIUTO! ».

La voce familiare giunse all’orecchio dell’uomo solo dopo un largo tempo dalla sua prima iterazione, ma per fortuna non troppo in ritardo per poter agire. L’origine era Cornelius, il cui stand aveva ceduto quasi istantaneamente a causa del frigorifero interno che era deflagrato. Ciò aveva avuto anche l’effetto di ritardare la sua ritirata a causa di una brutta escoriazione al ginocchio, il che gli aveva impedito di scansarsi da un traliccio che gli era franato sulle gambe bloccandolo definitivamente.

Bellocchio provò a sollevarlo, ma era ben oltre le capacità dei suoi muscoli. Provò a forzare in risposta alle ripetute implorazioni di Cornelius, finché d’un tratto il pezzo di legno ardente divenne leggero come aria. Sbigottito si guardò attorno notando Karen, la piccola Ralts che con i suoi poteri psichici lo stava aiutando, affiancata da una Serena quasi irriconoscibile per la quantità di polvere scura che le imbrattava il volto.

« Proprio quando servivi! » esclamò lui.

« Ho imparato da te ».

Insieme trascinarono fuori dalla capanna il pirata, la cui coda si era sciolta lasciando la capigliatura inabissata nella sabbia. Per loro fortuna in quel momento sopraggiunse un plotone di pompieri in completo ignifugo, che schierarono subito una colonna di Clawitzer pronti a usare i loro Idropulsar per spegnere le fiamme. Contemporaneamente anche le ambulanze per i soccorsi arrivarono sul posto, e Serena tirò un sospiro di sollievo, sollevata dal poter finalmente riposarsi. Il suo amico sembrava pensarla allo stesso modo, e fu solo nel guardarlo che si rese conto che entrambi i loro vestiti erano ridotti a stracci sporchi.

Gli si avvicinò, trovandolo in una mescolanza perfetta di perplessità e turbamento. « È incredibile. Cos’aveva quel televisore? ».

« Nulla di ordinario » replicò convinto, perso nella contemplazione delle sabbie oscure del bagnasciuga notturno.

 

 

Altoripoli era un borgo morfologicamente unico. Essendo stata costruita su una scogliera, aveva la forma di una nicchia nel mozzafiato paesaggio rurale della costa occidentale di Kalos. I modesti palazzi che davano alloggio ai locali erano ammassati gli uni sugli altri in una sorta di grande scalata al cielo di cui costituivano i gradini singoli. Tale scelta urbanistica era stata applicata per massimizzare la superficie abitabile, che su un piano parallelo al mare su cui si affacciava sarebbe ammontata a poco più di un rione di una grande città.

La casa di Cornelius era una delle più alte, quasi al livello della caverna da cui provenivano Serena e Bellocchio. Aveva deciso di ospitarli lì la notte come ringraziamento per il marginale atto di avergli salvato la vita. Loro avevano provato a opporsi, affermando che sarebbero comodamente stati nel Centro Pokémon, ma lui aveva insistito e alla fine si erano arresi. Il padrone di casa aveva allestito per loro il soggiorno, abbassando il divano-letto per trasformarlo in un giaciglio a due piazze. Si era anche offerto di lavare i loro abiti nella lavatrice e aveva persino proposto loro i suoi. Ovviamente non possedeva vestiti femminili, di conseguenza Serena si era dovuta arrangiare, ma era dotato di un guardaroba stranamente elegante per uno che di lavoro guidava un finto vascello travestito da corsaro: sia lei che Bellocchio avevano optato per un completo scuro a camicia bianca – quello della ragazza aveva una componente nostalgica insita in sé, dato che per trovare qualcosa della sua taglia erano stati costretti a curiosare nella gioventù di Cornelius. Il suo compagno di viaggio, apparentemente ormai incapace di sopravvivere senza una cravatta e un cappotto, ne aveva prelevata un’accoppiata nera. Il loro ospite aveva provato a porgere loro da mangiare, ma il frigorifero si era danneggiato mentre era via – tra l’altro, considerando che lo stesso tipo di elettrodomestico era responsabile della combustione del banco della frutta, si sarebbe detto che stessero cospirando in gran segreto.

Comunque, Serena si era scoperta incapace di dormire. Aveva imputato il fatto al costante transito di treni a due passi dall’appartamento, i quali producevano un rumore assordante che certo non conciliava il sonno. Ma dentro di sé sapeva che non poteva essere solo quello, perché chi è stanco prima o poi cede; invece lei aveva riposato sporadicamente, per mezz’ora al massimo, e ora si trovava sul piccolo terrazzo dell’abitazione, a poco prima delle sei di mattina, infreddolita e insonne, ad ammirare l’oceano. L’alba si stava avvicinando e il primo chiarore solare rischiarava le sparute nuvole all’orizzonte. Sospirò.

« Quello era un gran sospiro. Riprendi fiato ». Bellocchio si affiancò a lei, abbigliato con la nuova tenuta che aveva ricevuto e che doveva piacergli parecchio. Serena non disse nulla, limitandosi a un sorriso di circostanza e stimolando il suo amico a perseverare « Vuoi che parliamo? ».

La ragazza a quel punto si sentì obbligata a rispondere, ma fece trapelare nell’intonazione che avrebbe preferito non essere disturbata « Non è niente, tranquillo. Mi manca un po’ casa ».

« È normale ».

Figurarsi. Serena in qualche modo sapeva che avrebbe ribattuto così. Avrebbe dovuto aggredirlo verbalmente per averla sminuita in quel modo, ma sentiva anche che non era in sé al momento ed era una cosa di cui si sarebbe pentita l’istante dopo averla detta. Meglio sforzarsi di mantenersi amichevole. « No… Cioè, immagino di sì, ma… Io ho sempre voluto partire. Ho aspettato nove anni sognando di viaggiare per Kalos, e ora che lo sto facendo ho nostalgia di Borgo Bozzetto ».

Bellocchio si appoggiò alla balaustra in ferro, unendosi a lei nell’estasi indotta dalla distesa marina. « Non saresti normale se non ti mancasse casa ».

« E a te? Ti manca mai casa? ».

« Con me è complicato ». Serena notò che si era concesso una pausa prima di ribattere, e ne fece un’altra prima di proseguire « Ma tutti si sentono soli la notte. È scientifico, sai? Il cervello è stanco, l’amigdala è più ricettiva e siamo più emozionali. Non hai dormito bene, vero? ».

« No ».

« Neanche io. Ogni volta che stavo per addormentarmi mi sentivo strano. Come se… ».

« … qualcuno mi osservasse » completò la ragazza. Si guardarono preoccupati, venendo destati dalle campane intente ad annunciare che le sei in punto erano scoccate. Un altro treno percorse senza fermarsi i binari che tagliavano la cittadina.

« Cos’è quello? » domandò Serena, alzandosi e indicando il promontorio più distante a nord. Sulla sua vetta si era accesa una strana luce dalle tinte arancioni e dall’intensità cospicua dato che nonostante la lontananza risultava intempestiva alle pupille.

« Sembra fuoco. Che città c’è là? ».

« Non ne ho idea. Controllo online se ci sono notizie » replicò risoluta lei. Quindi afferrò il PSS e vi smanettò per suppergiù un minuto, presentando infine l’esito della ricerca « Trovato. Incendio massiccio a Petalonia, origini ancora incerte ».

« Se n’è acceso un altro ».

« Come? ». Era vero: adesso una seconda macchia si era illuminata in una zona decisamente più prossima ad Altoripoli. Proprio mentre Serena se ne sincerava una terza comparve, stavolta verso Petroglifari a sud. « Che sta succedendo? ».

Bellocchio le tolse il PSS di mano, scorrendo le notizie fino a trovare ciò che cercava: un livestream di stampo radiofonico degli avvenimenti. Lo avviò impaziente e la voce profonda di un giornalista sul campo si diffuse nel balcone, portando tutto meno che buone novità.

« ––nche nel montano. Sì, è sicuro ora affermare che non c’è nessuno schema, città di tutta Kalos ne segnalano di nuovi proprio ora. Quello che è certo è che una simile ondata di incendi non si era mai verificata. Le cause sono ignote ma sembrerebbe qualcosa di programmato ». Il racconto si fermò un attimo, probabilmente per il doppio effetto di una doverosa ripresa di fiato e di aggiornamenti in tempo reale che giungevano nello studio. « I Superquattro non hanno ancora parlato, mentre si presume che il neopresidente potrebbe presto intervenire per chiarire le cose. Le autorità... consigliano di spegnere qualsiasi strumento collegato alla corrente, perché proprio non si capisce come… Ripetiamo, spegnere ogni strumento collegato alla corrente! ».

Con lo sguardo corrugato, Bellocchio restituì lo smartphone alla sua proprietaria e infilò le mani nelle tasche. Solo in quel momento dovette rendersi conto che il cappotto non era quello che usava di solito, e che facilmente non aveva ancora trasferito tutto dal vecchio al nuovo, perché rientrò di tutta fretta all’interno. Dapprincipio Serena non vi fece caso, salvo poi udire una lamentela provenire dal salotto.

« Dov’è, dov’è… ! ».

In realtà non si trattava del salotto, bensì della cucina adiacente dove, per ragioni di design alquanto discutibili, si trovava anche la lavatrice. Bellocchio si trovava lì, occupato a frugare tra gli scomparti dei suoi vestiti precedenti.

« L’hai fermata? ».

« Si era fermata da sola e non ha lavato nulla. Rotta, probabilmente » borbottò lui alzandosi in piedi e cominciando a riflettere. Di colpo sembrò capire qualcosa di fondamentale, tanto che si rigò il volto con le unghie per punirsi. « No, no, no! » imprecò.

« Cosa c’è? ».

« C’è che è in spiaggia! » sbottò criptico l’uomo. Senza ulteriori spiegazioni chiamo Nephtys e si gettò dal ballatoio esterno, iniziando a planare sul borgo marittimo. Serena non comprese minimamente cosa fosse accaduto, ma fin da subito fu certa di una cosa: doveva seguirlo, perché da come si era comportato doveva essere estremamente agitato e non poteva lasciarlo da solo. Accelerò verso l’uscita e aprì la porta quando le parve di avvertire qualcosa o qualcuno muoversi dietro di lei. Avevano svegliato Cornelius parlando a volume di voce troppo alto?

Si voltò, ma il soggiorno era vuoto come lo aveva trovato. Probabilmente è stato qualcuno al piano di sopra, ipotizzò mentre chiudeva con poca cura del rumore prodotto e si avviava giù per le scale.

 

 

Il fatto che Bellocchio indossasse un completo scuro non aiutò i primi minuti della ricerca di Serena. Nonostante le prime luci del mattino rischiarassero già la spiaggia, infatti, essa rimaneva comunque largamente immersa nelle tenebre. Era inoltre da precisare che l’uomo non si trovava nel luogo più ovvio, ovvero La Costa Nera. Per fortuna lo schiacciasassi con il compito di appiattire la sabbia era passato durante la notte, quindi le orme imprese sui granuli erano poche. La ragazza individuò quasi subito quelle del suo amico, ma altrettanto immediatamente realizzò che ritrovarlo sarebbe stata un’impresa: le impronte andavano avanti e indietro senza alcuna logica, come se chi le aveva lasciate fosse impazzito e avesse iniziato a percorrere non solo il lido in cui era stato, ma anche quelli limitrofi, in cerca di quel qualcosa che aveva perso. Ma piuttosto che pensare a un Bellocchio privo di lucidità o peggio fuori di sé, Serena preferì zittire la sua mente.

Alla fine, dopo dieci minuti di ricognizione febbrile, lo scovò. Era seduto curvo sulla battigia in un’altra partizione privata del litorale di Altoripoli, meditabondo mentre si gingillava assente con la sabbia. La sua espressione era di una depressione contagiosa, propria di chi ha perso la verve di vivere.

« Tutto bene? » gli domandò con riservatezza, temendo che la assalisse in un attacco di psicastenia.

Bellocchio indugiò. Il suo respiro era rapido e il suo cuore batteva tanto forte che, nel silenzio dell’alba, era quasi possibile sentirlo rimbombare. Finalmente decise di guardare la sua bionda compagna negli occhi, e quest’ultima notò che in poco più di un quarto d’ora apparivano invecchiati di dieci anni.

« Tra dodici ore non avrò la minima idea di chi tu sia ».

   
 
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