Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Belarus    26/01/2015    5 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Pirati di Kidd; Trafalgar Law; Heart pirates; OC; Charlotte Linlin|Big Mom{citata}; Barbabianca{citato}.
Note: Di questo capitolo si potrebbero dire tante cose: che è un capitolo di passaggio, che non succede niente di particolarmente rilevante, che Law sta ancora perdendo tempo facendo indagini, che i metodi di reclutamento della Marina fanno acqua da tutte le parti, che Kidd sotto una cascata è una di quelle scene da non poter ostacolare con sproloqui inutili e che Aya, benedetta ragazza, non dovrebbe starsene a bere da una tazza quando uno squilibrato vuole sposarsela. A dire tutte queste cose però, sarebbero dei lettori poco attenti, scocciati dal fatto che io sia arrivata al cinquantesimo capitolo tirando acqua al mio mulino e che per l’ennesima volta potrebbero essere rimproverati da me come accade di continuo. Mi auguro comunque che non sarà così e sarete invece tanto bravi da cogliere la notizia spoiler che ho rimandato sino ad ora nei POV dei fratelli Saru. Diciamo pure che quella rivelazione dovrebbe far fumare il cervello dei più attenti o quantomeno di coloro a cui piace fantasticare su ciò che accadrà in futuro ad Aya. Detto ciò, chiedo venia alle mie fedelissime, a cui non ho risposto lo scorso capitolo e che prometto, riceveranno ragguagli alle loro domande non appena avrò la forza di tenere un pc tra le mani per più di dieci minuti al giorno.
Un ringraziamento speciale va a loro, che hanno sempre la pazienza di starmi dietro e a tutti quei santi lettori che continuano nell’ombra a leggere capitolo per capitolo. Non sapete quanto questa storia e voi mi stiate aiutando a svagare dal grigiume che mi circonda certe mattine! Merci e alla prossima!






CAPITOLO XXXXX






Si era avventurato tra i grove fuorilegge nella speranza di ricevere delle indicazioni esatte su come raggiungere Shinkiro, ma l’unica cosa che era riuscito ad ottenere era un Eternal Pose che puntava verso un’isola sconosciuta su cui di certo non avrebbe trovato ciò che cercava e che lo avrebbe costretto a ripercorrere i propri passi per chissà quante leghe di mare.
«Dunanjima.» lesse pensieroso, fissando con le iridi grigie la sfera di vetro dentro cui era stato rinchiuso il minuscolo magnete rosso che in quel momento si ostinava a rimanere immobile.
Sebbene sotto la spinta di un po’ di sana persuasione, il cacciatore di taglie aveva confessato di non aver mai visto Shinkiro né di essersici mai avvicinato, tuttavia aveva riferito di un certo Sanai sull’isola di Dunanjima che pareva tenesse contatti per la gente di quel luogo con la prima tratta di Rotta maggiore. Da quelle scarne rivelazioni Trafalgar era riuscito a intuire che la meta di quella ricerca si trovava con molta probabilità nello Shinsekai o quantomeno sul versante nord della Linea Rossa, fatto che spiegava anche perché Doflamingo avesse smesso d’interessarsi agli affari in quella parte di mondo per stendere la propria ragnatela altrove. Ciò nonostante non aveva avuto altro su cui fare appiglio e la decisione di andare a far visita a quel tipo era stata quasi obbligata.
Avrebbe certo potuto cercare informazioni direttamente nel Nuovo Mondo evitando intermediari inutili, ma il rischio di trovarsi a mani vuote era troppo alto e viaggiare un po’ sotto traccia lo avrebbe agevolato nell’impresa futura finché non fosse venuto il momento di svelare le sue carte.
«Pare che quel cacciatore di taglie dicesse la verità, l’ago punta a sud guardi.» notò Penguin, mostrandogli l’impercettibile movimento del puntatore sul palmo.
«Dovremo allontanarci dalla Linea Rossa.» osservò piatto, proseguendo lungo il grove deserto sino ad intercettare in lontananza la mangrovia sotto cui avevano riparato il sottomarino.
«Abbiamo faticato tanto per arrivarci però…» bofonchiò Shachi, ingobbendosi affranto all’interno della divisa.
«Non lamentarti! Gli ordini di Senchō non si discutono!» lo rimproverò prontamente Bepo, obbligandolo a rannicchiarsi ulteriormente su se stesso.
«Non li stavo mettendo in discussione, è solo che penso sia un peccato.» mormorò in una giustificazione, grattandosi la nuca per l’imbarazzo del momento.
Arrivare sino a Sabaody aveva significato molto anche per Trafalgar. Era stato il primo passo verso la realizzazione di un sogno, il riscatto di una vita intera e il frutto di parecchi sacrifici. Aveva faticato per vedere la Linea Rossa e le bolle che si sollevavano da quell’arcipelago, si era sforzato ed era stato ripagato con quel traguardo, ma non poteva mettere da parte le proprie priorità, ignorare gli anni trascorsi in attesa di un vero riscatto per inseguire un miraggio distante chissà quanto.
«Andremo nel Nuovo Mondo quando sarà ora, vero Senchō?» chiese Bepo, guardandolo con aspettativa.
«Non c’è alcuna fretta, il tesoro resterà dov’è.» assicurò con l’ombra di un sorriso sulle labbra.
Raftel non sarebbe sprofondata nel Grande Blu e One Piece avrebbe continuato ad esistere per anni e anni, sopravvivendo al trascorrere del tempo finché la persona cui era destinato non fosse arrivata. C’era la possibilità che quel fantomatico qualcuno appartenesse alla generazione terribile, che fosse una Supernova e c’era il rischio che mentre lui lavorava nell’ombra per distruggere le fondamenta di un regno corrotto qualcun altro avanzasse sino a sfiorare la meta. Quella però non era una partita che si sarebbe giocata nel procedere di qualche mese o anno, il Nuovo Mondo avrebbe mietuto le sue vittime, i giocatori sarebbero cambiati com’era accaduto con il vecchio Newgate e Law sapeva che certe battaglie somigliavano pericolosamente alle malattie: si fingeva, si cercava sollievo persino momentaneo e si stipulavano accordi. C’era sempre tempo finché la fine non arrivava e per Trafalgar, che aveva raschiato il fondo riemergendo, quella era una verità incontrovertibile.
«Tu non ci andrai proprio nel Nuovo Mondo, Trafalgar Law.» tonò la voce di qualcuno, destandolo da quei pensieri e costringendoli ad arrestarsi.
Spostò lo sguardo alla propria sinistra, intercettando la fonte di quelle parole nel bel mezzo dello spiazzo antistante un enorme nodo di radici senza riuscire a trattenersi dal sorridere divertito.
Era certo che qualcuno si sarebbe accorto del suo arrivo una volta che i suoi uomini lo avessero accompagnato per i grove fuorilegge, l’arcipelago era troppo vasto e popolato perché un pirata o il sospetto di un pirata del suo calibro passasse del tutto inosservato alla Marina. A dir la verità li stava persino aspettando.
«Sei sfuggito alla cattura già una volta qui a Sabaody, non si ripeterà ancora.» garantì serio il marines che aveva parlato, ordinando ai propri uomini di uscire dai nascondigli dietro cui si erano rintanati per puntargli contro l’artiglieria già carica.
«Ci avete messo tanto a trovarmi, stavo per andarmene di nuovo senza salutare.» sogghignò sarcastico con il capo piegato leggermente di lato, trovando quel dispiegamento a dir poco ridicolo.
Durante l’incidente con i Nobili mondiali avevano fatto di peggio. Cannoni, cecchini, fucili, spade e soldati su ogni centimetro d’erba del grove su cui sorgeva la casa d’aste, ma non era andata poi così bene e per quanto lo riguardava se non ci fosse stato quell’intoppo con il Pacifista e l’ammiraglio Kizaru probabilmente avrebbe considerato quella presunta minaccia una farsa.
«Hai poco da scherzare, prova soltanto a muovere un passo e i miei uomini spareranno. La tua taglia recita vivo o morto, al Governo importa poco del modo in cui viene intascata.» minacciò greve, avanzando di qualche metro per rendere forse il concetto più chiaro.
Law sollevò appena un sopracciglio trattenendo a fatica una risata davanti a quella prova di forza e lasciò dondolare impercettibilmente la nodachi sulla spalla, con le nappine rosse a battergli sulle scapole.
«Se per voi non fa alcuna differenza allora preferisco rimanere vivo e libero.» li stuzzicò, suscitando nell’altro un moto di rabbia tale da farlo tremare sul posto per il nervosismo.
«Fuoco!» sbottò in un urlo furioso, rompendo definitivamente qualsiasi tipo d’indugio.
Colpi di fucili e pistole esplosero subito verso di loro e i suoi uomini non attesero neanche un cenno per andare avanti bloccando i soldati lanciatiglisi contro con le spade. Law vi gettò un’occhiata veloce, controllando che nessuno di quei marines rappresentasse davvero un pericolo e sollevò una mano per allargare la propria room nella zona e ripararsi dalle palle di cannone che rischiavano di piombargli addosso. Sguainò la kikoku con un sibilo appena percepibile e l’esplosivo contenuto al loro interno esplose in una nube di frastuono e fumo che lo investì, arrestandosi a poco distanza dalla linea eretta dalla Marina con l’artiglieria. Un silenzio irreale calò improvviso sui soldati ancora fermi, spingendo il loro capitano ad avanzare ad occhi stretti per intercettare forse il suo cadavere sull’erba impolverata del grove.
«Lo abbiamo preso!» esordì uno dei marines, sorridendo con il fucile abbassato vedendo che nulla pareva muoversi nei dintorni, compreso l’equipaggio in quel momento immobile.
Secondo un calcolo approssimativo la probabilità di uccidere un ricercato da duecento milioni di berry e più a quel modo era di uno su un milione, ma era alquanto difficile che dei semplici soldati o il loro capitano avessero menti tali da notare un’evidenza del genere. Il trasporto emotivo giocava scherzi pericolosi a chiunque in situazioni come quelle e l’unico appiglio cui ci si poteva aggrappare era il sospetto o il buonsenso, sé se ne aveva.
Bepo, bloccato con una zampa a mezz’aria e il colletto di un soldato stretto tra le unghie, mormorò per un secondo il suo nome e il capitano di plotone mosse incerto un altro passo avanti, entrando completamente all’interno della room. Ancora a volto dalla polvere dell’esplosione, Law si abbandonò a un ghigno divertito e solo allora decise di muoversi, percorrendo i metri che li separavano prima che l’altro potesse rendersi conto di averlo ormai di fronte.
«Mes.» richiamò infausto, affondando le dita all’interno del torace del marines.
La room si restrinse di colpo riducendosi a un cerchio grande quanto il suo pugno e Law avvertì i battiti cardiaci pompare veloci contro i polpastrelli. Estrasse le dita con cura, lasciando che il piccolo cubo trasparente continuasse la propria corsa sul suo palmo e il soldato retrocedette ad occhi sbarrati, incapace di proferire parola. Lo osservò cadere sull’erba con un lamento e spostò la propria attenzione su quelli che avevano assistito in silenzio e che in quel momento lo guardavano terrorizzati.
«Gli hai… gli hai… gli hai strappato il cuore!» balbettò atterrito il marines che pochi istanti prima gli aveva dato del cadavere e Trafalgar si abbandonò a un sorriso soddisfatto.
«Siete fortunati che abbia funzionato.»



La porta del magazzino dentro cui lui e i suoi fratelli avevano sistemato le loro cose sbattè con uno schianto contro la parete un tempo tinta di bianco e pezzi d’intonaco ingrigito caddero dal tetto come neve, riempiendo il pavimento di polvere. Shizaru rimase a guardarli assente, mentre il maggiore dei gemelli si allontanava lungo la strada diretto verso l’edificio principale della base G-5 per chiedere di parlare con il viceammiraglio Vergo o forse persino un permesso per raggiungere Marijoa e riferire agli Astri di Saggezza.
«Kikazaru fermati! Non puoi farlo, è nostro fratello!» urlò stravolto Mizaru, seguendolo all’esterno di corsa, ma l’altro non si spese neanche in un mormorio, proseguendo per la propria strada con i pugni serrati.
Sapeva che non avrebbe preso bene il suo racconto ed era stato consapevole di ciò che sarebbe successo dopo sin da quando aveva deciso di raccontargli com’erano andate le cose. Kikazaru non era una persona ragionevole, non gli piaceva ascoltare più del dovuto e non lo faceva quasi mai, obbediva ed eseguiva gli ordini che gli erano dati senza far domande e per certi versi quell’attitudine lo aveva sempre favorito in Marina. Non tollerava i compromessi e a differenza sua, aveva un’idea ben precisa di ciò che a quel mondo era giusto o sbagliato. Dal momento stesso in cui quella ragazza era diventata una ricercata agli occhi del Governo l’ago della bilancia per lui si era spostato e non avrebbe mai tollerato che suo fratello potesse aiutarla in qualsiasi modo. La riteneva una fuggiasca, un’anomalia della sacra stirpe come quel Demone, figlia probabilmente di una generazione terribile che stava infestando e minando l’Ordine mondiale. Ne aveva fatto un mostro, un nemico, un pericolo e difficilmente avrebbe cambiato opinione a riguardo dopo averla sentita rifiutare il ritorno a Marijoa.
Shizaru sapeva che sarebbe finita a quel modo, che lo avrebbe visto girargli le spalle senza un saluto o una parola di biasimo, sapeva che avrebbe dovuto affrontare le conseguenze di ciò che aveva fatto.
«Lascialo andare.» mormorò con un respiro pesante, raggiungendo la soglia su cui stava immobile Iwa.
«È solo arrabbiato per quella faccenda con Trafalgar Law, lo so, anch’io sono arrabbiato con quel tipo, ma tu non c’entri! Non può prendersela con te!» strepitò nervoso Mizaru, fermandosi nel bel mezzo della strada.
«Ha preso la sua decisione, fallo fare.» insistette, abbozzando un sorriso amaro.
«Ti accuseranno, finirai davanti alla corte marziale se dice tutto!» previde e Shizaru si costrinse a voltar loro le spalle per tornare dentro, calpestando i pezzi d’intonaco crollati al suolo.
«Credi che non lo sappia?» domandò retorico, togliendo il giaccone da capitano.
«Allora perché lo lasci andare si può sapere?!» insistette Mi, obbligandolo a fermarsi.
«Perchè è giusto che né lui né voi finiate in mezzo, non avete colpe, avete obbedito ai miei ordini come sempre... aiutare quella ragazza è una mia decisione e sarò io a sobbarcarmene l’intera responsabilità. Il Governo deve sapere che voi non avete commesso alcun tradimento.» spiegò tutto d’un fiato, abbandonando la divisa sulla branda.
Averli coinvolti in quella storia era forse il suo più grande rimorso. Se qualcuno l’avesse avvertito di ciò che sarebbe successo probabilmente non avrebbe mai chiesto che i suoi fratelli partecipassero, ma il giorno in cui gli venne affidata quella missione la voglia di far bene era stata troppa e in quella rete erano finiti anche loro. Forse era stata una questione di tempi, magari se quella ragazza non avesse incontrato due Supernove avrebbero potuto riportarla a casa, ma Shizaru non avrebbe mai potuto averne la certezza e incolparsi della piega presa dagli eventi non avrebbe comunque cambiato la situazione. Tutto ciò che gli restava da fare per riparare a quel danno era sobbarcarsi ogni responsabilità per fare da scudo alla propria famiglia.
«Vuoi davvero che finisca così, che vengano a prenderti come un criminale?» chiese Iwa, interrompendo di colpo il silenzio dentro cui si era rinchiuso dopo il racconto.
«No, è per questo che prima ancora di parlare con voi ho deciso di andar via.» svelò con rammarico, chiudendo la sacca dei bagagli con un gesto veloce.
Se Kikazaru fosse stato ancora in quella stanza probabilmente lo avrebbe sentito dargli del vigliacco dopo quella scoperta e sebbene lui stesso non ritenesse quell’azione degna d’onore, sapeva anche che se voleva aiutare davvero quella ragazza rimanere lì a subire un’esecuzione non era un opzione tollerabile. Sull’isola in cui erano nati, gli anziani dicevano che se si vuole salvare una vita bisogna prendersene cura e lasciare che quel Drago Celeste andasse allo sbaraglio nel Nuovo Mondo non era certo un modo per occuparsene.
«Credi davvero che ne valga la pena?» lo interrogò serio Iwa, strappandogli un assenso.
«Mi ha salvato la vita, non è un pericolo. Vuole soltanto essere lasciata in pace.» assicurò, ricordando ciò che gli era stato urlato contro l’ultima volta che l’aveva vista.
Cosa avesse passato quella ragazza a Marijoa per lui era ancora un mistero irrisolto, ma dopo aver saputo che la sua famiglia preferiva immaginarla morta o in catene piuttosto che altrove, poteva capire perché le mettesse tanta paura l’eventualità di avere di nuovo a che fare con il suo stesso sangue.
«Il Governo non la pensa così.» ribatté l’altro e Shizaru non riuscì a non irrigidirsi.
«Il Governo pensa che sia stata cresciuta con lo scopo di rovinare la terra sacra, che gli schiavi di quella casa abbiano rivoltato contro i Draghi Celesti il loro stesso sangue, che quella vecchia gli abbia tramandato una volontà che non ha, la credono un nemico solo per una sfortunata coincidenza. Quella ragazza non può essere il pericolo di cui hanno tanta paura…» sputò fuori tutto d’un fiato, sentendo l’assurdità di quelle accuse crescere man mano che gli uscivano di bocca.
Quelle insinuazioni erano nate nel momento stesso in cui qualcuno, chissà chi poi, aveva informato i Cinque Astri di Saggezza della lettera che sporcava il nome di quella donna, Ko. L’avevano interrogata e giustiziata con il sospetto che avesse fatto del male a quella ragazza, che se ne fosse sbarazzata proprio a Sabaody perché lì nessuno avrebbe potuto difenderla dal mostro che l’aveva cresciuta. Avevano insistito per giorni e Shizaru stesso aveva provato a scoprire cosa fosse accaduto, ma quella donna non aveva parlato neanche con un fucile puntato contro. Era rimasta in silenzio, portandosi dietro il proprio segreto con un sorriso sollevato e solo dopo che lui e i suoi fratelli avevano trovato quella ragazza in compagnia di una Supernova le insinuazioni dovevano aver preso lentamente forma diventando accuse vere e proprie con l’avvicendarsi degli eventi. Per il Governo era diventata un Nobile corrotto, il nemico naturale dell’Ordine, una mina pronta a esplodere contro la sacra terra.
«Non puoi sapere se in futuro sarà la rovina dei Nobili mondiali! Non prenderti una colpa come questa! Andiamo a fermare Kikazaru prima che sia tardi! Digli che hai sbagliato, che vuoi rimediare!» tentò disperato Mizaru, con gli occhi ormai lucidi per l’ansia.
«Mi sono arruolato in Marina per fare ciò che era giusto non per condannare qualcuno prima che il crimine di cui è accusato venga commesso.» affermò con un sospiro, caricandosi sulle spalle la sacca.
Non era capace di prevedere quello che sarebbe successo in futuro e non negava certo la possibilità che quella ragazza, con il trascorrere del tempo, prendesse esempio dagli uomini che la circondavano diventando un pericolo reale per la Marina, ma finché le cose non fossero state tali non avrebbe mosso un dito.
«Shi…» biascicò Mizaru, muovendosi per evitare che il maggiore potesse uscire in strada.
«Andate a fare un controllo in città, non voglio vi trovino qui quando verranno a cercarmi.» ordinò con tono quasi paterno, rivolgendo loro un sorriso di saluto prima di varcare la soglia.
Evitare che quella ragazza divenisse un vero nemico non era un compito di cui si sarebbe detto capace e non era neppure sicuro di riuscire a parlarle una volta ancora convincendola magari di quanto pericoloso fosse ciò che stava facendo, ma era intenzionato ad adempiere sino alla fine al proprio compito anche senza la divisa della Marina.



Una crepa grande quanto il braccio di un uomo serpeggiò frettolosa lungo le pareti di pietra scura della prigione, risalendo sino alla sommità con un’incedere di polvere irrespirabile a riversarsi ovunque. Un masso spigoloso si staccò dal bordo superiore con uno scoppio sordo, precipitando verso il basso insieme a una cascata d’acqua salata che costrinse Kidd e il proprio avversario a retrocedere sui gradoni della fossa che lentamente cominciava a riempirsi come un pozzo. Ghiaia trascinata dalla corrente piombò al suolo rendendo il pavimento scivolo e una pioggia incessante, benchè il cielo in superficie fosse di un azzurro intenso prese a bagnargli la pelliccia, inzaccherandolo per l’ennesima volta in quella fastidiosa prima settimana nel Nuovo Mondo.
«Hai meno cervello di una scimmia, possiamo morire entrambi annegati con tutta quest’acqua!» strepitò irritato Vane, puntando un dito accusatore verso di lui.
«Parla per te moccioso, io riesco a resistere ad una doccia.» ribbattè con un verso scocciato, passando una mano sui capelli rossi che cominciavano a ricadergli davanti agli occhi.
Odiava avere quella fottuta acqua salata addosso e non riuscire a poter far uso di ogni briciolo della propria forza, ma con gli anni aveva imparato a sopportare l’idea di esserne inevitabilmente circondato andando per mare e aveva sviluppato una certa resistenza. Finchè non finiva immerso sino al collo poteva reggersi in piedi senza problemi e continuare a usare i propri poteri, anche se con meno efficacia di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere. Quell’odiosa faccenda valeva per lui come per chiunque altro avesse mangiato un frutto del diavolo e se ritrovarsi zuppo poteva avvantaggiarlo con un marmocchio fastidioso, allora era disposto a rischiare pur di togliere di mezzo il problema che lo ostacolava.
«Sei solo uno sbruffone con un procione addosso, riuscirebbe a suonartele chiunque!» ringhiò piccato quello, incassando in pieno la stoccata che gli era stata rifilata con quelle poche parole.
Lo vide evitare con un salto un rivolo fuoriuscito dalla crepa della parete pronta a cedere alla pressione da un momento all’altro e se lo ritrovò una volta ancora a qualche metro di distanza, sospeso in aria a braccia spalancate. Attirò in fretta il metallo frantumato nei paraggi creando ai propri piedi una barriera fradicia e chiassosa per poi scagliargliela contro.
«Repel!» ordinò secco, mentre il magnetismo invertiva la polarità allontanando sbarre e catene.
Una volta ancora Vane riuscì a poggiare i piedi sopra una delle stranghe, sfruttandola come sostegno per prendere equilibrio e puntarlo con un’imitazione di pistola della mano e l’ennesimo sorriso dorato a dondolare la sigaretta spenta.
«Echo shot!» intimò veloce, assestando un colpo in piena regola.
Un’onda d’urto acuita dal chiasso creato dall’acqua che precipitava sul fondo della fossa investì Kidd, strappandogli un ringhio furente. La vista gli si appannò e chiuse gli occhi, scuotendo la zazzera rossa cercando di riprendere coscienza in fretta.
Ogni volta che quel moccioso riusciva a far centro con il suo baccano le orecchie prendavano a fischiargli e una terribile emicrania minacciava di fargli esplodere le tempie. Rimaneva confuso e stordito per dei secondi interminabili in cui a fatica riusciva a mantenersi sulle proprie gambe e la rabbia dentro il suo petto non faceva che aumentare a dismisura, gonfiandogli le vene sul collo sino a farle dolere.
«Scommetto che la nocciolina al posto del tuo cervello sta rimbalzando ovunque in questo momento.» lo schernì divertito Masa, accovacciandosi su un gradino ancora al riparo dall’acqua salmastra del Grande Blu.
Riaprì gli occhi ancora intontito, riuscendo a vedere Killer passargli davanti con le lame agganciate ai polsi. Lo seguì con lo sguardo, mentre avanzava indenne tra le pozzanghere lanciandosi rapido contro Vane con le armi affilate, obbligandolo a retrocedere verso la parete crepata da cui cadeva giù l’acqua. Masa indietreggiò per alcuni metri, evitando con il fiaco corto di ritrovarsi con la testa separata dal collo e solo dopo che fu messo davvero alle strette decise di contrattaccare.
«Sounding Board!» batté con entrambe le mani, scuotendo l’intera prigione con quell’eco insopportabile.
Killer dovette arrestare il proprio attacco quando stava quasi per colpirlo, fermandosi con la testa scossa dall’urto e l’acqua alle ginocchia nel bel mezzo della fossa principale.
«Le mie orecchie, comincio a non sentire più!» lamentò a gran voce uno dei mozzi, cadendo con il sedere per terra e le mani sulla testa fradicia.
«I tuoi uomini perdono colpi e tu sembri piuttosto confuso, non riesci neanche a stare in pied-» provò a canzonarlo nuovamente Vane, prima che Kidd gli togliesse le parole di bocca richiamando le spranghe lanciate pochi secondi prima dietro la cascata.
Fendettero veloci l’acqua, investendo le ginocchia dell’altro senza freni a rallentarle e Vane si ritrovò sbilanciato in avanti, volando dritto verso la lamina che Kidd aveva posto a riparare Killer. L’urto improvviso non gli diede il tempo per reagire a quell’attacco andato a segno e ricadde supino in una pozza con un lamento, prima che Killer potesse saltare la barricata di metallo per piantargli le punte delle lame nei polsi inchiodandolo al suolo senza alcun riguardo. L’urlo di dolore che ne seguì sovrastò per qualche secondo persino lo scroscio del Grande Blu e Kidd ghignò soddisfatto, riprendendo di colpo vigore.
«Ti avevo detto che quelle tue cazzo di mani non avrebbero fatto una bella fine.» gli ricordò gutturale, avvicinandoglisi per guardarlo dall’alto in basso.
«Te ne… pentirai, bestio-ne! Ah!» gemette, agitandosi sotto il peso di Killer accovacciato sul suo stomaco.
«Anche quel tipo ha detto la stessa cosa quando l’ho tirato su.» rammentò Kidd, ripensando alle minacce che gli erano state rivolte da quel tizio che aveva tolto di mezzo sull’isola degli uomini-pesce.
«Vi faccio saltare le teste, g-giuro! E p-poi le porto al Capitano Pilar!» urlò furioso, protendendosi con il capo fradicio verso di loro.
«O io gli porterò la tua.» fece presente scocciato, piegando le labbra scure in una smorfia.
Aveva la sgradevole sensazione e certezza di aver già fatto quell’inutile discussione non troppo tempo prima e anche quella volta le cose non erano andate come quella gente pensava. Ci aveva rimesso la nave e una parte d’equipaggio senza sapere ancora come fosse successo, ma era vivo e del tutto intezionato a non sottostare all’incombere di nessuno, Capitano o Imperatore che fosse.
«Sounding-» lo sentì provare, prima che il suo vice potesse rigirare le lame nella carne strappandogli un lamento all’allargarsi del foro d’entrata, bloccando quel tentativo inutile di ripresa.
«Non ti conviene, Killer sa fare a pezzi qualsiasi cosa.» lo avvertì seccato, schiacciandogli le dita con lo stivale.
«State giocando… col fuoco! Siete, siete sull’isola del C-capitano Pilar non conviene a… a voi dargli altri motivi per ammazzarvi!» li avvisò con la voce rotta e gli occhi lucidi per il dolore.
A quelle parole Kidd gli riservò un’occhiata silenziosa prima di alzare lo sguardo sulla parete crepata della prigione sino allo sprazzo di cielo che faceva loro da tetto.
Dove fossero finiti dopo l’attacco della notte precedente sino a pochi secondi prima per lui era un mistero, ma adesso tutto aveva un senso e le cose tornavano a suo favore.
«Toglilo di mezzo Killer, abbiamo da fare.»



L’unico ricordo che aveva riguardo le tisane preparate dalla gente di Karinko si associava inevitabilmente ad una intossicazione alimentare che le aveva quasi fatto sputare l’anima e a cui era scampata solo grazie ad uno dei medicinali miracolosi di Trafalgar. Quella che Yoshi le aveva servito però, a dispetto di quanto Aya temesse, non aveva quell’orribile sapore di acido e anzi, le aveva impermeato la lingua con un retrogusto di liquore dolciastro che le aveva rilassato la mente dopo la confusione in cui si era svegliata quella mattina.
«Redunda… non ne ho mai sentito parlare, non è un regno riconosciuto dal Governo mondiale.» rimuginò, giocherellando con la tazza poggiata sul tavolo a cui era seduta.
Essere lontana da quella gente le aveva calmato i nervi, oltre che farla sentire più a suo agio, ma c’erano ancora troppe cose che non sapeva riguardo quella storia e Yoshi era l’unico cui sentisse di poterle chiedere senza rischiare la vita per qualche tasto dolente toccato per errore. Aveva avuto il sospetto che quel Nau non fosse un vero re dal primo istante in cui le era stata raccontata quella frottola, adesso però che conosceva anche il nome di quel presunto regno ne era certa. A Marijoa ogni bambino durante gli studi imparava i nomi delle istituzioni reali riconosciute dal Governo, specie perché in alcuni erano stati insediati rappresentanti dei diciannove Nobili che avevano sconfitto l’Antico e Redunda non era tra quelli esistenti o decaduti.
«No, certo che no, il Capitano Pilar è un pirata, non potrebbero mai riconoscere questo posto né far partecipare un rappresentante alle riunioni mondiali, sarebbe una follia considerando che è anche alleato di Big Mom.» confermò Yoshi, riempiendole la tazza prima di sedersi di fronte a lei.
Se avesse avuto il tempo di bere almeno un sorso probabilmente le sarebbe andato di traverso sentendo quell’ultimo nome, fortunatamente però si limitò a sgranare gli occhi allarmata, poggiando con mano pesante la tisana sul tavolo senza berla.
«È un alleato di Big Mom?!» ripetè incredula, sospettando che quella non fosse esattamente la migliore delle notizie che le potesse venir data.
«Le piantagioni dall’altra parte dell’isola sono per lei. Ogni mese riempiono la stiva della nave con tonnellate di cioccolata e lui personalmente va a consegnargliela come regalo, è una specie di evento pubblico, si ferma l’intera isola per produrre quella roba.» spiegò l’altro, abbozzando una smorfia amara.
«Oh, bene.» si lasciò sfuggire, fissando il proprio riflesso distorto dal vapore profumato.
Sapere che quel tipo fosse un alleato di Charlotte Linlin confermava in parte la versione che gli era stata propinata riguardo il loro incontro romantico sull’isola degli uomini-pesce, ma la cosa non la rassicurava più di tanto. Killer le aveva spiegato che quella donna era uno dei tre Imperatori e che nel Nuovo Mondo era tra i personaggi più influenti in circolazione. Aveva conquistato l’isola che un tempo apparteneva al vecchio Barbabianca dando prova della propria forza e molte altre erano sotto il suo controllo da parecchio. Lì a Redunda forse non avrebbero avuto a che fare con lei, ma Pilar lavorava per suo conto e godeva della sua protezione, fatto che la metteva quantomai in allerta. Per raggiungere l’obiettivo che si era prefisso Kidd avrebbe dovuto fare i conti con molti nemici e di certo quella donna non gli avrebbe permesso liberamente di diventare il Re dei Pirati. Aya era convinta che di quella situazione fosse consapevole anche l’altro e sapeva che se gli fosse stata data la possibilità di colpire un Imperatore, togliendo di mezzo un suo alleato, l’avrebbe colta al volo. Forse aveva persino già fatto la sua mossa sull’isola degli uomini-pesce, forse lui e Pilar si erano già visti.
Si mordicchiò il labbro assorta e le venne in mente il giorno in cui lei e Killer erano andati a cercarlo, trovandolo solo dopo parecchi giri con una chiazza di sangue sugli stivali, nel Quartiere dei Mulini insieme a Heat. Quella sera lui e Killer si erano chiusi in cabina a parlare a porte sbarrate e Aya cominciava a credere che avessero comfabulato dell’eventualità di attaccare proprio Big Mom.
«Non mi hai ancora detto che ci fai qui.» la ridestò Yoshi, guardandola preoccupato per quel suo mutismo improvviso.
«Akala la scorsa notte ha attaccato la nave su cui mi trovavo per conto di Nau.» rispose con un respiro pesante.
Magari il sangue che Kidd aveva sullo stivale era di uno degli uomini di Pilar e non frutto di uno scontro qualsiasi, si sarebbe spiegato perché li avessero attaccati quando erano appena arrivati nel Nuovo Mondo.
«Una nave con un teschio sulla polena? L’ho vista al porto. Alla gente hanno detto che era di un pirata della nuova generazione che voleva saccheggiare l’isola, pensavo non fosse una bugia come le altre vista la bandiera nera.» considerò pensieroso, scuotendo il capo arruffato.
Sapere che la nave era al sicuro nel porto le dava un certo sollievo, anche se non riusciva ancora a spiegarsi come fosse possibile che si trovasse lì quando l’aveva chiaramente vista affondare davanti ai propri occhi, ma in ciò che le era stato appena detto c’era qualcos’altro ad attirarla.
«Quali altre bugie?» s’informò in un moto di curiosità, mentre Yoshi alzava le spalle larghe con una vena di rassegnazione a quella domanda.
«Ne dicono di continuo per tenere tutto sotto controllo, credo non vogliano che quella donna mandi qualcuno della sua ciurma a supervisionare la situazione così affondano pescherecci, navi di passaggio, qualsiasi cosa non abbia l’approvazione di Pilar. Conoscono gli spostamenti di ogni abitante, se qualcuno prova a fare di testa propria lo tolgono di mezzo prima che sia riuscito ad aprir bocca, hanno una certa fissazione per l’ordine.» spiegò conciso, prima che Aya potesse stringere la presa sulla tazza che teneva in mano.
Nau stesso aveva confessato di aver messo ordine nell’isola, ma Aya aveva pensato si trattasse soltanto di una vanteria riferita alla cura pomposa che l’altro dimostrava, adesso però scopriva che la realtà era ben diversa e non le piaceva per niente. Il fatto che quel tipo non volesse che l’Imperatore per cui lavorava mandasse qualcuno dei suoi fidati a controllarlo le puzzava indiscutibilmente di doppiogioco e falsa fedeltà, quello che tuttavia le mandava il sangue al cervello era la storia del controllo su ogni abitante. Essere regnanti implicava delle responsabilità e che si avessero inevitabilmente dei sudditi di cui occuparsi, ma un conto era prendersene cura, evitare che fossero in pericolo, un altro era sorvegliarli in ogni loro attività per prevenire malcontenti o atti di libertà non ben accetta. Quello non era regnare, era spadroneggiare abusando del proprio ruolo ed era esattamente ciò che faceva la gente di Marijoa con il resto del mondo, ciò da cui lei era voluta scappare.
«È oppressione questa, non possono comportarsi così. Perché nessuno li ferma?!» domandò piccata.
Ridimensionare le abitudini ignobili dei Draghi Celesti sarebbe stata un’operazione impossibile considerando gli ottocento anni d’ingiustizie che avevano perpetrato e la protezione che il Governo mondiale gli garantiva da sempre, Nau e la sua ciurma tuttavia non appartenevano alla sacra stirpe, non avevano nobili origini e non erano neanche dei veri regnanti. L’unico punto a loro favore era l’alleanza con Big Mom.
«Prima del loro arrivo c’erano parecchi problemi da quanto mi hanno detto. L’isola non ha nessuna stranezza e quelli che attraversavano la Rotta maggiore alla ricerca del tesoro di Gold Roger la prendevano di mira di continuo: distruggevano le case, bruciavano i campi, rubavano le scorte di viveri, a volte sparivano persino donne e bambini senza più venir ritrovati. Da quando questo è diventato territorio di Big Mom e il Capitano Pilar se ne prende cura però non succede più niente, la gente vive tranquilla.» rivelò con tono pesante Yoshi, accennando con il capo alla finestra da cui si riuscivano a vedere i passanti nella strada di sotto.
Lo imitò in quel gesto, osservando in silenzio la popolazione di Arumi camminare per le vie incurante di ciò che ad Aya era appena stato raccontato dal loro concittadino acquisito. Seguì una ragazza con un bambino sotto mano correre con un cesto di frutta tra le braccia e un gruppo di uomini riparare una tubatura su cui cresceva dell’erba, anziane tirare fili con biancheria e pescatori vendere il pescato del giorno, ma nessuno le diede l’idea di essere davvero infelice in quella situazione e quell’evidenza le lasciò l’amaro in bocca.
«Vivono sotto perenne controllo, non è una vita tranquilla.» borbottò amareggiata, chiedendosi mentalmente se ci sarebbe mai stato qualcuno disposto a svegliare la coscienza di quel mondo orribile, a sovvertire l’ordine malsano che vi regnava.
«Suppongo sia un prezzo che sono disposti a pagare.» rifletté Yoshi.
«Anche tu?» volle sapere, allontanando lo sguardo dalla finestra per posarlo sull’altro.
«Non mi va molto giù l’idea e non mi piace avere a che fare con loro, ma almeno non vengo legato a un palo per aver tentato di entrare in una locanda. La libertà costa.» ammise senza vergogna, ignorando quanto quell’ultima frase fosse vera per lei.
Annuì ad occhi bassi e inspirò una profonda boccata del vapore profumato che si sollevava dalla tazza, gettando giù un sorso nel tentativo di cancellare quel saporaccio che le impastava la gola.
Yoshi era riuscito a salvarsi dalla pena ingiusta a cui la gente di Karinko lo aveva sottoposto solo perché lei aveva voluto slegarlo da quel palo e le cicatrici che gli solcavano ancora le caviglie ne erano la prova tangibile. Era scappato da quell’isola non appena aveva potuto e si era rifugiato altrove, alla ricerca di una vita che fosse quanto più normale possibile. Redunda ai suoi occhi non era tanto invivibile come appariva ad Aya, ma era evidente che loro avessero punti di vista differenti riguardo a cosa fare in situazioni di quel genere. Lui era riuscito ad accettare un compromesso, mentre lei non faceva che scappare pur di guadagnare un giorno di libertà in più, anche se significava rischiare il patibolo per una bugia costruita dal Governo e dalla sua famiglia per obbligarla a far parte della loro squallida recita.
«Su, adesso non imbronciarti e dimmi piuttosto perché eri su una nave. Il Dottore non aveva un sommergibile giallo?» provò a rialzarle il morale l’altro, sorridendole incuriosito.
Lo guardò attonita da sopra il bordo della tazza prima di capire di chi stesse parlando e farsi andare finalmente di traverso la tisana che stava bevendo. Costringendosi a mollare la presa e portarsi una mano alla bocca, pur di non sputacchiarla ovunque alla ricerca d’ossigeno.
«Non ha un sommergibile, è un sottomarino.» tossicchiò premurosa, ricordando le differenze che gli erano state elencate da Penguin durante uno dei turni di guardia.
Yoshi le rivolse un’occhiata impensierita e annuì meccanico.
«Aye, ma che fine ha fatto?» perseverò, ignorando quel dettaglio del tutto insignificante.
«Ho cambiato passaggio da un po’, Law è da qualche parte con gli altri… ammesso sempre che stiano bene.» mormorò una volta che ebbe ripreso fiato, cercando di ridimensionare la propria preoccupazione riguardo quell’argomento.
Dopo quello che era successo durante la notte si era dimenticata del tutto di Trafalgar e delle notizie non date dal giornale. Quando le erano capitate tra le mani quelle pagine e la figura di Mugiwara no Rufy aveva fatto capolino dalla foto Aya non aveva potuto fare a meno di chiedersi che fine avessero fatto gli Heart, dato che a Marineford quel ragazzo era riuscito a scampare all’ira dell’ammiraglio solo grazie a loro. Il quotidiano parlava di Silver Rayleigh, Jinbei il Cavaliere del Mare e della tragica sorte spettata a Barbabianca e Pugno di fuoco, tuttavia non si accennava neanche a Trafalgar e a cosa fosse accaduto dopo la fuga di quei due e lei non era riuscita a non arrovellarsi a riguardo. Aveva persino chiesto a Kidd, ma le sue risposte non erano state affatto esaurienti e l’unica cosa che la rassicurava in quel momento non facendole pensare davvero al peggio era la consapevolezza che se fossero morti probabilmente la Marina avrebbe avuto di cosa vantarsi.
«Sei venuta nel Nuovo Mondo da sola?» sbottò incredulo Yoshi, sporgendosi appena sul tavolo.
«Non sono sola, c’è Kidd con me.» negò di getto, sistemando distratta le ciocche che le erano sfuggite dalla treccia in cui le aveva raccolte dopo essersi liberata di quell’orrido vestito con cui si era svegliata.
«Chi sarebbe questo Kidd?» s’informò stranito, tornando a sistemarsi al proprio posto.
«Il novellino che doveva saccheggiare l’isola. Un tipo con la pelliccia e i capelli rossi, con lui dovrebbe esserci un uomo con una maschera a strisce, una bambola vodoo e un altro che assomiglia a uno scarafaggio, li hai visti?» riassunse spiccia, sperando che l’altro le desse almeno una buona notizia.
«E a me sembrava strano l’orso parlante… no, non li ho visti, me ne sarei ricordato!» garantì frastornato, mentre Aya si tratteneva dal dirgli che Bepo era tutto fuorché strano.
«Se li cerchi però possiamo provare a Barrabas, di solito mettono lì quelli che catturano, è una specie di prigione. Ti posso accompagnare, ma ci vorrà un po’, è distante da qui.» propose subito dopo, facendole sgranare gli occhi per la sorpresa.
Poco tempo prima Akala aveva interrotto lei e Nau per avvisare di esplosioni in quello stesso luogo e se quella era davvero una sorta di prigione Aya sapeva per certo a cosa fossero dovute. Era sicura che Kidd e gli altri non si sarebbero fatti togliere di mezzo in fretta e non sarebbero state delle catene o delle sbarre a frenarli dal riprendersi la rivincita su Pilar, anzi. Probabilmente dovevano già essersi messi all’opera se un pescatore di passaggio si era sentito in dovere di avvisare il palazzo, ma quella notizia non poteva che farla sentire in colpa dato che era stata una sua idea quella di mandare qualcuno a controllare pur di liberarsi momentaneamente di Nau e scappare.
Si mordicchiò il labbro pensando che chiedere scusa a Kidd per l’accaduto avrebbe rischiato di far rotolare la sua testa al suolo una volta per tutte e le venne di colpo in mente che ci fosse solo un modo per farsi perdonare.








































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Note dell’autrice:
Questa volta sono un tantinello scarne, lo ammetto e me ne dispiaccio.

- Dunanjima: Meglio nota come isola Yonaguni, è famosa per essere la più occidentale dell’arcipelago giapponese, fu contesa per molto tempo con Taiwan che è visibile dalle sue coste durante le giornate di bel tempo. Deve il suo nome alla lingua parlata dagli abitanti, che è del tutto diversa dal giapponese o dalle lingue locali delle isole Ryukyu. Ciò detto, se siete bravi nei collegamenti ipertestuali e avete capito come lavoro, potreste anche esservi fatti un’idea su cosa quest’isola potrebbe rappresentare, ma non voglio mettervi ansia con simili storie quindi, limitatevi ad attendere se non avete voglia di cercare nei capitoli passati o scervellarvi troppo.
- Ko: Dopo il POV di Shizaru immagino che qualche domanda su questa donna ve la siate fatti e c’è persino chi, come Ali, la domanda se l’è posta prima ancora che lei venisse tirata in ballo, quindi partiamo dall’inizio e quando dico inizio, intendo proprio inizio. Questa storia, prima che Oda cacciasse fuori la confessione su quella benedetta “D” aveva un’altra piega e molti punti ciechi cui neanch’io sapevo dare una risposta a causa delle mancanze nel manga originale. Doveva avere un finale a Sabaody, ma Sabaody è andato da circa trenta capitoli e io proseguo imperterrita con qualcosa che lo ammetto, mi piace più della prima stesura; dovevano esserci meno personaggi, ma così non è; Aya doveva beccarsi meno dolori, ma così non sarà. Detto ciò avrete capito che i miei piani sono stati rivoltati dalle basi più di una volta, adesso però ho tutto chiaro, so di cosa sto parlando e quella D ci sta come non ci sarebbe mai stata altrimenti. Nel POV Shizaru parla di una lettera che infanga il nome di Ko e la lettera avrete capito cos’è dopo la mia premessa e capite anche perché Aya, cresciuta e protetta malgrado tutto da qualcuno che non avrebbe dovuto volerle bene, venga spacciata per “nemico naturale dell’Ordine mondiale”. Ora vi starete chiedendo, forse, se quella D la ha anche lei e non si tratti solo di una spiacevole associazione da parte della Marina, beh no, non ce l’ha. Aya è e sarà fino alla fine di questa storia un Nobile mondiale, ma sapete bene ormai che non è il genere di Drago Celeste che conoscete e il fatto che Ko, quella che per lei sarebbe davvero dovuta essere un mostro pronto a toglierla di mezzo, l’abbia protetta sino alla fine dovrebbe farvi pensare a qualcosina… ometto il resto, niente spoiler.
- Arumi: In giapponese vuol dire “stagno” e con questo mi riferisco all’alluminio. La città porta questo nome perché, come vedrete presto, è fatta interamente di questo materiale.





  
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