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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    26/01/2015    1 recensioni
Incredibile quanto la guerra e la perdita possano sconvolgere la vita delle persone.
Ellie Nightshade e Henry Faircross lo sanno bene.
Nella prima guerra contro Valentine entrambi hanno perso tutto: la propria famiglia, la propria casa, le proprie certezze...
Quando Magnus Bane li porta via da Idris diretto all'Istituto di New York, sono ben consci che l'unica cosa su cui potranno fare affidamento sono loro stessi.
Per questo decidono di diventare Parabatai.
Perché avere un Parabatai vuol dire proteggersi a vicenda, amarsi incondizionatamente, essere amici, fratelli ed essere pronti a sacrificare tutto per la felicità dell'altro: essere una famiglia.
Quando la guerra mortale minaccerà di distruggere ogni cosa ancora una volta, i Cacciatori dell'Istituto di New York si ritroveranno a combattere non solo contro i Demoni evocati da Valentine e Sebastian - intenzionati a creare una nuova stirpe di Shadowhunters - ma anche contro quelli che si annidano nelle loro anime e dovranno essere pronti a perdere tutto pur di proteggere coloro che amano.
Genere: Angst, Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love Turns to Ashes
 
VI
Pranzo coi vampiri
 
 Io e Alec stiamo camminando verso Taki a braccetto. Non abbiamo usato rune per renderci invisibili, ma nessuno sembra fare davvero caso a noi per la strada. Parliamo poco, lui ha la testa fra le nuvole, sembra che non sia realmente lì.
 Gli stringo il braccio con la mano e poggio la mia testa alla sua spalla.
 Lui sorride debolmente, cingendomi la vita con il braccio.
 Quando arriviamo al locale ci sediamo ad un tavolo in disparte e la cameriera, dopo aver preso le ordinazioni si avvia verso la cucina.
 Osservo Alec. Mi sembra strano che sia ancora turbato per quello che ha detto Jace, così decido di spronarlo a parlare. – Com’è andata al Pandemonium, ieri sera? – chiedo.
 Lui solleva la testa e la scuote. – Bene, fino a che una mondana non ci ha visti. –
 - Una mondana? - chiedo.
 - Già. -
 - Forse le rune avevano esaurito il loro effetto. - ipotizzo, è già accaduto, sia con le persone che con le armi. Basta un momento e tutto svanisce.
 - No, nessun altro poteva vederci. - ribatte lui.
 Mmm. Strano. - Forse era una mondana con la vista. - alcuni mondani nascono con questo dono, anche se sono veramente pochi. Spesso li assumono per lavorare negli Istituti così che possano sfruttare i loro doni.
 - Non lo so. Ma Jace sembra ossessionato da quella ragazza. – spiega. - Questa mattina è andato a cercarla. - ah, è questo il problema. Jace è ossessionato da una ragazza. Alec è geloso.
 - Davvero? - chiedo, vaga - E cos’ha scoperto? -
 - Non l’ha ancora trovata. - risponde - Si caccerà nei guai. -
 - Sai che è inutile avvertirlo, lascia che sbatta il naso. - dico. È così, è inutile parlare con Jace, fa sempre e comunque quello che vuole.
 - Spero solo che non ci cacci tutti nei guai. - aggiunge dopo un momento di silenzio. La cameriera intanto ci porta le nostre ordinazioni e cominciamo a mangiare le patatine fritte sorseggiando una bibita.
 - Che ne pensi di Tom? - domanda rompendo il silenzio.
 La domanda mi prende alla sprovvista.
 Cosa penso di Tom? Non lo so. L’ho appena conosciuto. – Che è ben addestrato. Ha atterrato Henry con poche mosse. - dico alla fine, ridacchiando ripensando alla scena.
 Lui sorride, per la prima volta da quando siamo usciti. – Già. È stato bravo. - morde un’altra patatina, probabilmente ridendo al ricordo di Henry atterrato da Tom e poi continua - Secondo me, Henry è geloso. -
 - Di Tom di sicuro. Chiunque l’abbia addestrato è stato molto bravo. - ribatto.
 - Non per questo. -
 Lo guardo perplessa. - Per cosa? - domando.
 - Questa mattina, mentre ti stavo sistemando le costole, ci ha visti. -
 - E allora? - chiedo sempre più confusa. Cosa intende dire?
 - Credo che pensi che io e te stiamo insieme. - conclude sorridendo divertito. - D’altronde non sa che sono gay. -
 - Sì, ma anche se fosse, non avrebbe motivo di essere geloso. - ribatto. - È il mio parabatai è come un fratello da quando avevo due anni e dovrebbe essere felice per me. -
 Alec alza le spalle e io decido di lasciar perdere.
 Ad un tratto, la porta del locale si apre e vedo entrare, con una camminata inconfondibile, il sommo stregone di Brooklyn. Dimostra all’incirca ventitré anni, ha gli occhi ambrati simili a quelli di un gatto e i capelli neri sono stati sistemati con il gel per formare delle punte dritte sulla testa.
 Quando mi vede, mi sorride e si avvicina scuotendo una mano in segno di saluto.
 - Ciao, Magnus! - dico alzandomi in piedi e scoccandogli un bacio sulla guancia.
 Lui mi abbraccia e sorride. Lo conosco da quando me ne sono andata da Idris, quando i miei genitori vennero uccisi fui affidata a lui per qualche mese, per poi essere mandata con Henry e i Lightwood qui a New York.
 - Buon pomeriggio, signorina Nightshade. - mi dice sorridendo beffardo. - Come state? - chiede cordiale.
 - Bene e tu come stai? - chiedo ridendo.
 Lui sorride scoprendo i denti bianchi. - Magnificamente. -
 - Magnus, lui è Alec Lightwood, un mio caro amico. - dico indicando Alec.
 Lui si alza in piedi e stringe la mano allo stregone.
 - Alec, lui è Magnus Bane. Credo che la sua fama lo preceda. - concludo.
 - Molto piacere, Magnus. - dice Alec sorridendo amichevole e per un momento mi sembra di vedere i suoi occhi illuminarsi.
 - Piacere mio. - chiede – Alec? Diminutivo di Alexander, immagino. –
 Il mio amico annuisce e lo stregone sorride.
 - Come mai qui? - domanda tornando a rivolgersi a me.
 Sorrido. - Ci siamo presi una pausa dall’Istituto. -
 - Come sta Hodge? - chiede.
 - Bene. Sempre rintanato in biblioteca. -
 Annuisce e sorride ancora.
 Da che mi ricordo, non c’è una volta in cui l’abbia visto arrabbiato o preoccupato. Se è successo, l’ha nascosto davvero bene.
 Proprio mentre sta per salutarci, vediamo entrare un gruppo di vampiri.
 È già tramontato il sole, quindi non è strano vederli gironzolare per le strade. Ridono e si spintonano e poi si avvicinano alla cameriera. Lei raggiunge il bancone, prende il vassoio e proprio mentre sta per portarlo al tavolo, uno la tira a sé, facendole cadere tazze e bicchieri che si infrangono sul pavimento.
 I Vampiri ridono.
 - Guarda. - dico sfiorando il braccio di Alec.
 Lui scuote il capo.
- Dai, tesoro! Vogliamo divertirci un po’! - esclama uno dei Figli della Notte.
 La cameriera si dimena e tenta di liberarsi dalla sua presa, ma lui è molto più forte. - Lasciami! - grida.
 Alec, a quel punto, si avvicina. – Ehi! – grida per richiamare l’attenzione del vampiro – Ti ha detto di lasciarla. –
 - Oh, ma guarda! Un Nephilim! - strilla lui, mostrando le zanne bianche.
 - Sì e ti ripeto che devi lasciarla andare. - continua Alec.
 Il vampiro molla la presa e si avvicina al mio amico.
 La cameriera corre in cucina, asciugandosi le lacrime e chiudendo la porta.
 - Cerchi rogna, Cacciatore? - lo stuzzica il vampiro.
 A quel punto mi avvicino anch’io. Non voglio che scoppi una rissa. E soprattutto non voglio che distruggano il locale: si mangia troppo bene e dovremmo anche pagare i danni.
 - È meglio che tu e i tuoi amici ve ne andiate. - dico gentilmente fermandomi di fianco ad Alec.
 Il vampiro mi squadra dall’alto in basso e sorride malizioso. – Wow, tesoro, se non fossi una Nephilim, saresti un bel bocconcino. – sbotta, dopo un momento di silenzio e i suoi amici ridono facendo altri commenti poco carini a cui non faccio caso.
 Sono così monotoni.
 Vorrei dargli un pugno, ma causeremo solo guai, così mi limito a scuotere il capo.
 - Come ti permetti, vampiro? - Alec pronuncia quella parola con tanto disprezzo da far venire i brividi, parandosi davanti a me.
 Oh, no, ecco che diventa protettivo.
 - Come ti permetti tu, Nephilim! - esclama il vampiro avvicinandosi ancora - Vieni qui e pretendi di dare ordini? Ma chi ti credi di essere? -
 Sento il mio amico ringhiare, così lo tiro per un braccio; esploderà e quando lo fa è ancora peggio di Jace. Combinerà un casino.
 - Un rappresentante del Conclave. - replica Alec.
 - Che paura. - il vampiro ringhia e ride, scatenando le risate dei compagni.
 - Andatevene, adesso. - ripete il mio amico.
 - Andatevene voi. - ribatte l’altro.
 - Non ci penso nemmeno. - risponde Alec.
 Adesso basta mi hanno stancato. - Andiamo, Alec. - dico, tirandolo per un braccio - Lascia perdere. -
 - No, non finché loro non se ne vanno. - insiste lui.
 Sa essere davvero ostinato.
 Vede guizzare una scintilla negli occhi del vampiro, poi, senza preavviso, sferra un pugno ad Alec, facendolo indietreggiare.
 - Alec! - esclamo.
 Tento di avvicinarmi, ma un altro vampiro mi trattiene per le braccia. Tento di divincolarmi, ma sono forti anche per un Cacciatore allenato. - Levami le mani di dosso! - esclamo.
 - Lasciala! - strilla Alec, ma il vampiro gli sferra un pungo all’altezza delle costole, gettandolo a terra.
 Appena sento la pressione sul mio braccio diminuire, sferro una gomitata in pieno volto al vampiro dietro di me; voglio raggiungere Alec e dargli una mano, ma un altro Figlio della Notte è già pronto a partire all’attacco. Mi stringe le braccia, ringhiando minacciosamente, con la sua presa di ferro.
 - Levami le mani di dosso! - dico.
 - Perché, tesoro? Potremmo divertirci, io e te. - mi sussurra all’orecchio.
 - Lasciami o te ne faccio pentire, idiota! - ringhio.
 Mi hanno davvero stancato.
 Continuo a dimenarmi fino a che non sento un dolore lancinante al fianco, così forte da togliermi il respiro. Sento che le gambe non possono più sorreggermi. Mi allontano di scatto dal Vampiro.
 Ma cosa sta succedendo?
 Abbasso lo sguardo e vedo che tra le mani ha un pugnale. Dalla lama cola del sangue e solo in quel momento realizzo che è il mio sangue.
 Mi ha pugnalata.
 Quell’idiota mi ha pugnalate.
 Sento il sangue defluire dalla ferita e prima che possa anche solo pensare di dargli un pungo, cado in ginocchio reggendomi il fianco destro e gemendo dal dolore.
 Sono pur sempre umana, una pugnalata ben direzionata avrebbe potuto uccidermi, ma ovviamente i vampiri non sono così idioti da infrangere gli Accordi uccidendo un Cacciatore.
 - Allontanati da lei! - sento gridare dietro di me.
 È Magnus.
 Non dovrebbe intervenire, scatenerà una guerra tra vampiri e stregoni.
 Il vampiro mi afferra per i capelli e mi dà uno strattone così forte, da scagliarmi contro il tavolo vicino e farmi cadere a terra.
 Gemo dal dolore e mi tocco la fronte con il dorso della mano per tentare di recuperare la lucidità.
 - Vattene! - grida ancora Magnus, muove una mano e come per magia tutti i vampiri si allontanano da noi e dopo essersi guardati intorno un’ultima volta, escono dal locale.
 Alec si alza in piedi e mi raggiunge.
 - Ellie! - esclama sollevandomi delicatamente la testa. - Stai bene? -
 - Sì. - sussurro, tamponandomi il fianco. - È tutto ok. - mi aiuta a sollevarmi e poi mi controlla il fianco sollevando la maglietta ormai impregnata di sangue.
 - Sanguini. - constata.
 - Prova con un iratze. - consiglia Magnus che intanto si è avvicinato.
 - Non abbiamo uno stilo. - dice Alec scuotendo la testa.
 - Fa lo stesso, sto bene. - dico, ma le ginocchia mi cedono ancora.
 I miei due amici mi sorreggono per le braccia prima che possa cadere nuovamente a terra.
 Vorrei ringraziarli, ma non ci riesco.
 - Andiamo all’Istituto. - dice Alec. Mi solleva da terra e io avvolgo il suo collo con le braccia, poggiando la fronte al suo capo.
 - Fatemi sapere. - dice Magnus.
 Alec annuisce e poi ci allontaniamo.
 Dopo pochi minuti, la vista mi si appanna e comincio a sentire i rumori ovattati, come se mi trovassi in una campana di vetro. Un brivido mi percorre la colonna vertebrale facendomi tremare. Indosso solo una t-shirt, ma è giugno, non dovrei avere freddo.
 - Hai freddo? - chiede Alec.
Annuisco. Doveva esserci qualcosa nel pugnale. Qualche veleno, qualcosa che ha accelerato l’infezione. Non è possibile che una ferita si infetti così in fretta.
 E poi fa malissimo. Sono già stata pugnalata, è doloroso, ma non così tanto.
 - Siamo quasi arrivati. - mi rassicura - Resisti. -
 Prendiamo una strada secondaria in modo che nessuno ci veda e raggiungiamo l’Istituto.
 Quando entriamo, percorriamo la navata centrale della chiesa e imbocchiamo il corridoio che porta all’infermeria.
 L’Istituto sembra vuoto.
 Chissà dove sono Henry, Izzy e Jace…
 I miei pensieri sembrano ingrovigliati in una matassa, faccio fatica a metterli in ordine, a concluderli…
 Tutto è avvolto da una fitta nebbia, come quella che sta avvolgendo il mio campo visivo.
 Quando siamo quasi davanti alla biblioteca, la porta si spalanca e Hodge esce. Quando vede Alec con me tra le braccia, si avvicina velocemente.
 - Alexander, cos’è successo? - chiede, poggiandomi una mano sulla fronte e sfiorandomi la guancia con la mano.
 Ansimo sentendo la sua mano fredda sulla mia pelle, ormai bollente a causa della febbre.
 - Un vampiro l’ha pugnalata. - spiega lui - Non avevamo gli stilo e… -
 - Portala in infermeria, io arrivo subito. - lo interrompe.
 
 Quando arriviamo in infermeria, Alec mi adagia sul letto e mi sfila la camicetta scoprendo il bendaggio fatto questa mattina. È già la seconda volta che finisco in infermeria in due giorni. Non voglio che diventi un’abitudine.
 Quando vedo che sta per allontanarsi, ho paura che se ne vada, così gli afferro la mano. - Non andartene, Alec. - sussurro.
 - Non me ne vado, El. - mi rassicura - Prendo solo un panno e un po’ d’acqua. -
 Infatti si avvicina all’armadio e dopo aver preso un panno e una bacinella, riempie quest’ultima d’acqua. La poggia sul comodino accanto al mio letto, prende il panno, lo immerge, lo strizza e lo poggia sulla mia fronte scostando i capelli attaccati a causa del sudore. Poi si avvicina al letto accanto al mio, prende una coperta e la adagia su di me. Si siede sulla sedia accanto al mio letto e mi prende la mano.
 - Non preoccuparti, Hodge sta arrivando. -
 Annuisco.
 Ad un tratto, sento dei passi provenire dal corridoio. È un rumore sommesso, ma lo sento comunque. Qualcuno entra nell’infermeria, ansimando per la corsa.
 - Ellie! - esclama. È Henry, lo riconoscerei ovunque. - Cos’è successo? - domanda, rivolgendosi ad Alec. 
 - Un gruppo di vampiri ci ha attaccato. - solo ora mi accorgo voltandomi che Alec sembra avere il viso tumefatto. Devono averlo preso a pugni dopo avermi pugnalata.
 - E non sei stato capace di impedire che la pugnalassero?! - esclama Henry, rabbioso.
 - Henry… - sussurro.
 - Sono qui, Lea. - dice inginocchiandosi accanto a me. Sorrido: solo lui mi chiama così. Lo fa quando siamo soli, sa che mi fa sentire a casa, anche mio padre mi chiamava Lea, prima di morire…
 - Lascialo stare. Lui mi ha aiutato, non è colpa sua. - sussurro.
 Lui annuisce e si zittisce, continuando ad accarezzarmi la guancia.
 Quando Hodge arriva, io sono già sprofondata in un profondo sonno.
 
 Quando mi sveglio è mattina. La luce penetra dalle finestra illuminando i letti e il lampadario, che scintilla producendo riflessi di ogni colore sulle pareti. Mi sollevo sui gomiti. Mi sento meglio, il freddo e il dolore se ne sono andati. Abbasso lo sguardo e sollevo la canottiera che qualcuno deve avermi fatto indossare mentre dormivo. Il bendaggio è scomparso. Vedo che sul mio fianco c’è una piccola cicatrice dove il vampiro mi ha pugnalato. Accanto alla cicatrice c’è un iratze, le linee nere sono ancora visibili sulla mia pelle e rimarranno fino a che il marchio non avrà fatto completamente effetto.
 Mi volto e solo ora mi accorgo che nel letto accanto al mio c’è una ragazza sdraiata. Ha i capelli rosso fuoco ed è profondamente addormentata. Seduto accanto a lei, su una sedia, c’è un ragazzo. Ha i capelli ricci e castani e indossa un paio di occhiali. Mi sta osservando e quando i nostri occhi si incrociano, parla.
 - Ciao. - mi dice, sollevando una mano.
 - Ciao. - dico, perplessa. Non è un Cacciatore, non ha i marchi, proprio come lei. Quindi sono sicuramente mondani. - Tu chi sei? -
 - Ehm… - esita - Simon. -
 - Piacere, Simon. - dico mettendomi seduta, poi sorrido. - Io sono Ellie. -
 - Molto piacere, Ellie. - risponde.
 Mi alzo in piedi e mi avvicino al letto. - Chi è? - chiedo, indicando la ragazza.
 - Oh, lei è Clary. - mi spiega. - Jace l’ha salvata da un Demone che tentava di ucciderla dopo aver rapito sua madre. -
 - Cavolo, ehm… Ma come siete entrati qui? - domando un po’ confusa. Mi farò raccontare tutto più tardi.
 - Sempre Jace. -
 - Oh, quindi l’avete già conosciuto. - sorrido. Di solito non fa una buona impressione.
 Lui annuisce. - Già. Ho incontrato anche Alec, Isabelle, Henry e Tom. -
 Sorrido ancora. - Come sta? - domando, sempre riferendomi a Clary.
 - Dicono che si riprenderà, gli hanno fatto quel disegno sul braccio, anche se non vogliono spiegarmi cos’è. - dice, indicando l’iratze inciso sul suo avambraccio.
 - È una runa. - spiego - Servono per ogni cosa. Per aumentare la velocità, la forza, la vista, per protezione… Questa è specifica per la guarigione rapida. -
 - Oh, che bellezza. - dice lui con un sospiro di sollievo.
 Credeva che la stessero uccidendo? - Già, sono molto utili. - ribatto senza dar voce ai miei pensieri.
 - No, intento: che bello incontrare qualcuno simpatico, qui dentro. - dice indicando l’edificio con un gesto della mano. Gli rivolgo uno sguardo interrogativo, così lui continua - Sono tutti un po’… ostili, verso noi… come ci chiamate? Mondani? -
 Rido. - Sì, tendiamo ad esserlo con i mondani. -
 - Be’, tu non lo sei. - mi ripete.
 - Grazie. -
 - Figurati. -
 Dopo un momento di silenzio, parlo. - È la tua ragazza? - chiedo, riferendomi a Clary.
 Lui scuote il capo vigorosamente. - Oh, no. - risponde - Lei è… solo un’amica. Una cara amica. Ci conosciamo da quando siamo bambini. - annuisco e la osservo. È gracile. Magra quando me, più bassa… e sembra anche molto debole, ma se un’iratze non la uccide, in lei c’è sicuramente qualcosa di speciale.
 - Ellie. - una voce ci interrompe. Vedo Jace che entra in infermeria e gli sorrido. I suoi capelli biondi sono arruffati come sempre. - Come ti senti? -
 - Bene, grazie. - rispondo.
 - Vedo che hai conosciuto Clary e il mondano. - Simon sembra voler protestare per quella discriminazione, ma si blocca.
 - Sì. - rispondo. - E il mondano ha un nome, Jace. Si chiama Simon. - lo rimprovero. Non può trattarlo come uno zerbino, è una persona, per la miseria!
 - Sì, sì… - ribatte con noncuranza.
 È una causa persa.
 - Vado a farmi una doccia. Ci vediamo più tardi. – dico dopo un momento.
 Jace annuisce. - Ciao. -
 - A dopo, Simon. - aggiungo, rivolta all’altro ragazzo.
 - Ciao, Ellie. –
 
ANGOLO DEL MOSTRICCIATTOLO CHE SCRIVE
Ciao a tutti! Ecco, come promesso il sesto capitolo!
Spero vi piaccia!
A lunedì prossimo, Eli
   
 
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