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Autore: Lechatvert    26/01/2015    2 recensioni
Un momento di silenzio, poi il viso dello zio si distende in un sorriso garbato.
«Scusami.»
Una parola lasciata nel vento, poi l’uomo si allontana nel corridoio. Arianne rimane a guardarlo sparire, atterrita.
Oberyn Martell non chiede mai scusa a nessuno.

La Vipera e la Principessa → 8 drabbles.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arianne, Martell, Oberyn, Martell
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incest
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"I [...] pretended that some robber knight had brought me
here to have his way with me, [...] a tall hard man with black eyes and a widow’s peak."
(Arianne Martell – A Feast for Crows)





I
In principio c’è il cielo squarciato da una saetta, seguito dallo scrosciare fresco e sinistro di un temporale estivo.
Arianne sfiora la mano di Oberyn quasi senza accorgersene, mentre distrattamente si sporge sul tavolo del solarium per afferrare un’arancia dal cesto della frutta.
Lo sguardo perplesso di Oberyn cade sulle loro mani accidentalmente congiunte, sulle loro dita intrecciate; Arianne si sente avvampare.
Un momento di silenzio, poi il viso dello zio si distende in un sorriso garbato.
«Scusami.»
Una parola lasciata nel vento, poi l’uomo si allontana nel corridoio. Arianne rimane a guardarlo sparire, atterrita.
Oberyn Martell non chiede mai scusa a nessuno.


II
Oberyn è il suo eroe.
Combatte con la fierezza di un leone, con la forza di un drago, con la tempestività del mare.
Se Arianne legge una ballata, nella sua mente il cavaliere ha le fattezze dello zio, con i suoi capelli corvini liberi al vento e la sua risata calda che tanto sa di casa.
Se Oberyn sarà mai eroe di qualcuno, Arianne è certa che sarà il suo.
Un campione dolce come l’alba e spietato come il tramonto, la lancia di Dorne, un veleno che conduce alla morte passando per la più stucchevole delle sofferenze.
Impossibile da ripudiare, impossibile da comprendere.


III
Le labbra di Oberyn sulle sue … Arianne è certa di averle immaginate fin troppe volte. Per mille notti ha fantasticato su quella bocca, dandole ogni volta un aggettivo diverso: calda, intima, morbida, avvolgente, sensuale, eccitante.
E invece il bacio di Oberyn è apro, gettato contro la porta delle sue stanze. I passi pesanti di Ser Hotah a pochi attimi da loro, la voce squillante di Quentyn ad accompagnarli.
Le labbra di Oberyn sono già lontane da quelle di Arianne, quando il giovane principe si affaccia al corridoio per augurare loro il buongiorno.
«Andiamo a caccia, zio?»
Gli occhi di Oberyn indugiano in quelli di Arianne.
«Dì a Daemon di prepararsi.»
In lontananza, un tuono annuncia l’inizio del temporale.


IV
«Cosa stiamo facendo?»
Parole pronunciate all’aria e lasciate vagare per la stanza, destinate a restare senza una risposta.
Le labbra di Oberyn assaggiano avide il collo di Arianne, le sue mani la stringono per i fianchi contro il muro di gelido marmo.
«Mi sento come se stessi compiendo una follia», mormora la principessa. Di nuovo, quelle parole suonano deboli e sole come un canto nella notte.
L’uomo si ferma un istante, i suoi occhi scuri sono fini come aghi.
«Le persone compiono sempre le loro follie, Arianne.»
Ancora nient’altro che un soffio, una risata nel silenzio, un sospiro in una notte che sa di carezze e di solitudine.


V
Consumano la loro prima notte mentre il temporale consuma il cielo di fulmini e saette.
Il vento fischia sui corridoi del palazzo, si insinua in quell’enorme camera da letto che dà sul mare, danza furiosamente con le tende bianche che docili si piegano al suo volere.
Arianne è sicura che di quella notte ricorderà ogni dettaglio, ogni effimero soffio di vento e di fiato caldo contro la sua pelle rovente.
La tempesta ulula su Lancia del Sole e copre i suoi gemiti, la nasconde tra quelle braccia che non potrebbero stringerla più forte, mentre quell’uomo la prende come mai nessuno ha fatto prima.
Arianne schiude le labbra per parlare, ma non riesce a udire le sue stesse parole: il vento è impietoso, e ha coperto anche quelle.


VI
La stanza è calda, illuminata a stento dalle poche candele che sono rimaste accese tutta la notte. Fuori il cielo è ancora scuro, il vento soffia e muove le tende bianche sulla balconata in una lentissima e sinuosa danza che si staglia verso le stelle.
Arianne sospira, stringe le spalle in quell’unico lenzuolo che copre il suo corpo nudo, si avvinghia al petto di Oberyn mentre lui la bacia, mentre con la bocca percorre ogni centimetro del suo viso. Fa scorrere piano le dita sul suo volto, gli occhi scuri puntati nei suoi.
«Hai qualcosa che non ho mai visto prima in te», sussurra.
Oberyn non risponde, per un istante è come se sparisse dalla realtà. Poi torna a baciarla, a stringerla a sé, a farla sua.
Nello specchio appeso alla parete, Arianne vede il riflesso dei loro corpi avvinghiati, le loro schiene ora lasciate scoperte dal lenzuolo che lentamente scivola sul pavimento.
Poi l’alba li coglie di sorpresa, s’insinua indiscreta tra le tende e illumina i loro volti sudati e contratti nel desiderio.


VII
«Quando potrò rivederti?»
Quella domanda si perde nel vento che quella sera muove il deserto, coperta da una manciata di sabbia e dal nitrito dei cavalli nel piazzale.
Oberyn è partito al calar del sole, dopo aver salutato le sue figlie una a una, riservando un bacio alle più piccole ma soltanto una formale raccomandazione a alle più grandi e ai suoi nipoti.
Arrampicata sul parapetto del balcone dei suoi appartamenti, Arianne osserva la carovana sparire tra le ombre delle dune che morbidamente coronano il cielo.
In testa a tutti, Oberyn sembra quasi un dragone, imponente tra le sabbie, pronto a sputare fuoco e morte sui nemici che occupano la sua strada.
Da lontano, Arianne legge nei suoi occhi le fiamme della determinazione e dell’ardore.
«Quando potrò rivederti?»
Sospirando, si porta una mano al petto. Deve impegnarsi per trattenere la sua anima, altrimenti è certa che seguirebbe quell’uomo molto più lontano di Approdo del Re.


VIII
L’alba nella Torre della Lancia è impietosa: illumina le celle senza la grazia della discrezione e disturba il sonno dei prigionieri sin dai primi istanti in cui il sole spunta dal placido profilo del mare.
Arianne è sempre sveglia.
Fissa l’acqua tingersi dei colori tenui e rosati del giorno, certa ormai che quella successione di luci arriverà a ucciderla.
Suo zio è morto; soltanto quando il sole sorge, riesce a realizzarlo.
Una volta, avevano guardato l’alba assieme. I loro corpi intrecciati davanti all’immensità del mare, avvolti da nient’altro che un lenzuolo che scivolava continuamente dalle loro spalle.
Oberyn le aveva baciato una spalla, le aveva sussurrato parole che si erano sciolte sotto il sole di un giorno appena nato.
Chiusa nella torre della sua prigionia, Arianne sogna quel contatto, uno tra tanti, il più caldo, forse, sicuramente il più consumato. Lo sogna e lo ripensa, seduta davanti all’alba impietosa, immobile e impotente in quella prigione che sovrasta il mare.
“Dove sei?”, si chiede, ma non è capace di darsi risposta.





n o t e f i n a l i
Su questa coppia esiste una fanfiction (in inglese) e una fanart (che ha comunque il filtro R18 e si può guardare solo se registrati al sito).
Scriverci otto drabble è stato una specie di dovere morale. Una specie. Sì.
Mi piacerebbe poter dire di essere una vittima, ma mentirei.

   
 
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