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Autore: Maliks_Hugs_    26/01/2015    1 recensioni
“Mi trasferisco a Los Angeles”
“Perché?”
“Hazza… non mi piacciono le amicizie a distanza. Ma tornerò per finire l’università. Lo sai che so già cosa fare della mia vita, no? Tu aspettami, tornerò piccolo. Okay?”
“Okay”
“Tra dieci anni verrò qui, e quando passerai a prendere la pizza, il venerdì, come fai ora, troverai me. Mi aspetti, Harry?”
-
“And we’re wrapped in light, in life, in love.
Put your open lips on mine and slowly let them shut
For they’re designed to be together oh
With your body next to mine our hearts will beat as one
And we’re set alight, we’re afire love, love, love oh.”
-
{Attenzione! Larry!}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che per scrivere questa storia ho preso spunto da un messaggio anonimo di Tumblr.
Modificandolo, è venuto fuori quello che stai per leggere.
Buona lettura,
Chiara.

Dedico questa storia a una persona che non la leggerà mai,

per fargli capire che prima o poi tutti tornano.

Ti amo, Piccola Perfezione.

Afire Love
22 Ottobre 2004
Mi alzai dal letto con la voglia di andare a scuola sotto i piedi, cercai di dare una sistemata ai capelli ricci, e scesi per fare colazione.
“Ben svegliato, Harry”
Sorrisi a mia madre, pensando all’interrogazione di inglese che avrei avuto alla prima ora.
Inzuppai i soliti cinque biscotti nel tè, e poi salii in camera mia per vestirmi.
Presi un paio di jeans, una maglietta bianca e una felpa azzurra. Un cappello grigio, lo zaino, le scarpe ed ero fuori di casa.
Guardai l’ora sul telefono, quando notai un messaggio da Louis. Il mio migliore amico, direi.
Anche se nell’ultimo periodo avevo nutrito un sentimento più forte di una semplice amicizia nei suoi confronti.
Aveva un anno in più di me, ed era stato bocciato l’anno prima per le troppe insufficienze.
Da: Lou
“Tredicenne, vedi di sbrigarti! Sono già davanti a scuola, ti aspetto!”
A: Lou
“Sto arrivando, Lou”

Tirai fuori le cuffiette dallo zaino, e le collegai al telefono facendo partire una canzone a caso.
Louis era un tipo con la testa sulle spalle, un po’ strafottente a volte, quando ci andava mi tirava uno scappellotto sulla nuca, e cercava sempre di proteggermi.
Da quando eravamo diventati amici, i suoi voti si erano alzati, e ora la sua media girava intorno al sette e mezzo.
Passavamo giornate a fare niente. Mangiavamo patatine, bevevamo Coca-Cola, con la Play sempre accesa.
Una volta mi aveva raccontato di quando capì che gli piacevano i ragazzi, ci aveva messo quasi un’ora, ma alla fine la storia era molto semplice e piuttosto corta.
Si era innamorato di Rick, un ragazzo della sua classe.
Quando raccontava di questo ragazzo con i capelli neri e gli occhi azzurro cielo, una morsa di gelosia mi invadeva il corpo.
Senza rendermene conto, cinque minuti dopo ero davanti al cancello della scuola.
Fuori c’era una sola persona.
Mentre mi avvicinavo lentamente, guardai l’ora. Le otto e venti.
Le lezioni iniziavano alle otto e dieci.
“Con più calma, Harry!” mi sgridò quando arrivai davanti a lui.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo, e un sorriso piombò sulla mia faccia.
Non riuscivo ad essere arrabbiato con lui.
“Andiamo Tomlinson? Oppure vuoi stare qui a fissare il nulla?” ridacchiai, quando mi fulminò con lo sguardo.
Mi spinse in avanti, verso l’entrata della scuola, con i lati della bocca all’insù.
Superammo quei pochi gradini di entrata, immettendoci poi nel corridoio vuoto.
Ad un tratto si fermò, “Ma sei scemo?” gli chiesi, scherzando.
Non c’era più traccia di divertimento o di felicità nella sua espressione, ed ebbi quasi paura.
Scosse la testa, cercò di sorridere, “Niente tredicenne, dopo ti devo parlare”
Annuii poco convinto, e camminammo lenti fino all’aula di inglese. Mi ero perso l’interrogazione, ma l’unica cosa a cui stavo pensando era ciò che Louis mi avrebbe dovuto dire.

A fine giornata, come ogni venerdì, io e Louis andammo a prendere una trancio di pizza al bar vicino alla scuola.
Io margherita, lui con il salame piccante.
Alla fine io mangiavo la sua, e lui la mia. Era un piccolo rito che portavamo avanti da quando ci eravamo conosciuti.
“Andiamo al parchetto?” chiese, pulendosi la bocca con la felpa verde militare.
Annuii, buttai la carta della pizza nel bidone della spazzatura, e iniziammo a camminare a pochi centimetri di distanza l’uno dall’altro.
Quando le nostre mani si sfioravano, una strana sensazione nel basso ventre mi invadeva i sensi, e le guance si coloravano di un rosso chiaro.
Eravamo straiati in mezzo al nulla, con un fiume colorato dalle foglie autunnali davanti, quando parlò.
“Haz?” si girò verso di me, sorridendo malinconico.
Cosa stava succedendo?
“Sì?”
Il cuore mi martellava nel petto, avevo ancora il sapore della pizza sulle labbra, quando iniziò ad avvicinarsi.
Cercai di dare una sistemazione alle mani che tenevo a penzoloni, così le infilai nelle tasche posteriori dei jeans.
“Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?” soffiò, a pochi centimetri dalla mia bocca.
Annuii, senza parole.
Cosa centrava adesso?
Le farfalle iniziarono a danzare nella mia pancia, e uno strano sorriso coprì la mia bocca.
“Mi sono innamorato del tuo sorriso, da quel momento, Harry” disse, prima di posare le sue labbra sulle mie.
Era uno scontro di bocche poco esperte, bocche felici e un po’ goffe.
Presi il suo volto fra le mani, togliendole dai jeans.
Posizionò le sue sui miei fianchi, sorridendo.
Sorridevamo come mai avremmo fatto da lì in avanti, e non lo sapevamo ancora.
“Mi piaci” sussurrò con le guance un po’ imbarazzate, con le sue mani ancora sul mio corpo.
Mi sentivo le gambe come gelatina, e se non mi avesse tenuto, sarei potuto sprofondare in quel parchetto isolato dal mondo, interamente verde.
“Anche tu, Lou”
Feci incontrare di nuovo le nostre labbra, e come pochi secondi prima, mi sentii felice col mondo.
Finalmente avevo trovato il mio posto.
O almeno, così pensavo.
Dieci minuti dopo, pieni di coccole, baci e abbracci, Louis tornò serio.
“Harry” disse solo, con lo sguardo fisso sul fiume che scorreva sotto i nostri occhi.
Ci venivo da piccolo, con mia mamma e con Gemma, la domenica pomeriggio.
“Dimmi”
Si girò verso di me, sospirò e infilò la mano che non teneva la mia, fra i capelli castani.
“Mi trasferisco a Los Angeles”
Boccheggiai per un paio di secondi, prima di abbassare lo sguardo sui miei pantaloni sporchi di terra.
Come era possibile?
Sentivo le lacrime agli angoli degli occhi, stavano per solcare le guance, lo sapevo.
“Perché?”
La mia voce suonò più acuta di quanto immaginassi, e una lacrima salata mi arrivò alla bocca.
Volevo solo il suo sapore sulle mie, le lacrime non servivano a niente.
“Mia mamma ha trovato lavoro lì. E Harry, io non ci vorrei andare. Ma sono obbligato, cosa posso farci?”
Pensai che poteva rimanere, che poteva chiudersi in casa e non uscire più.
Mi detti dell’egoista, e mi portai le gambe al viso.
“Hazza… non mi piacciono le amicizie a distanza. Ma tornerò per finire l’università. Lo sai che so già cosa fare della mia vita, no? Tu aspettami, tornerò piccolo. Okay?”
Mi chiesi mentalmente quanto questo ragazzo fosse stupido, non avrei aspettato quanto? Otto, nove, forse dieci anni!
Io lo volevo adesso, subito.
Avevamo tredici anni, era l’età delle pazzie, delle “prime volte”, come potevo promettergli una cosa così… grande?
Ma, con la mia innocenza di quel tempo, risposi con un “Okay”
Lui mi sollevò il viso, mi lasciò un bacio all’angolo della bocca e pensai che poteva essere l’ultimo.
“Tra dieci anni verrò qui, e quando passerai a prendere la pizza, il venerdì, come fai ora, troverai me. Mi aspetti, Harry?”
La pizza? Dieci anni? Ma che cazzo sta dicendo?!
Comunque lo assecondai, pensando a noi due insieme dieci anni dopo. Come saremmo stati?
“Ti amo piccolo” disse quando mi accompagnò davanti a casa.
Sarebbe partito il giorno dopo, la mattina presto, non ci sarebbe stato tempo per un saluto.
Mi chiesi per un attimo, se un ragazzo può amare a tredici anni, ma poi vidi il suo sorriso mentre mi osservava.
“Ti amo anch’io”
E quella fu l’ultima volta che sentii le labbra di Louis Tomlinson sulle mie.

22 Ottobre 2014
La sveglia mi strappa dal sogno che stavo facendo, emetto un grugnito in disapprovazione.
Mi alzo, infilo una t-shirt e vado in cucina.
Trovo Zayn intento a leggere un giornale, mentre mi sorride.
“Buongiorno Haz” esclama allegro.
“Ciao Zay”
Sgranocchio un paio di biscotti e bevo un caffè. “Oggi è giovedì o venerdì?” chiedo.
Ho avuto una settimana piena di impegni.
Sto studiando per diventare medico, e ho dovuto affrontare diversi esami in questo periodo.
“Venerdì. Non mangi a casa, giusto?”
Scuoto la testa, in segno di negazione.
“Vado a prepararmi, buona giornata pakistan” dico sorridendo.
“Buona giornata anche a te riccio” ridacchia.
Venti minuti dopo sono pronto, con un paio di skinny jeans nero addosso e una felpa grigia in mano.
Mi lavo la faccia, infilo le scarpe e la felpa, uscendo poi di casa con lo zaino dei libri in spalla.
Camminando per le strade di Londra, il pensiero di Louis mi opprime la mente.
Non ci credo più alla storia che lui tornerà, ormai ci ho rinunciato.
A diciassette anni iniziai a frequentare un gruppo di gente sbagliato, che mi portarono alla droga e all’alcool.
Andavo a feste ogni sera, facevo sesso con ragazzi che non conoscevo, i miei voti si abbassarono, iniziò un periodo di depressione.
Quando pensai di aver toccato il fondo, incontrai Zayn, e da quel momento in poi diventò il mio migliore amico.
Ripresi a studiare, a prendere voti alti, e feci coming out sia a casa, e con gli amici che a scuola.
Tutti a quanto pare, presero nel modo migliore la notizia, e mi sentii finalmente felice.
Non ci fu nessun ragazzo importante durante questi dieci lunghissimi anni, perché per quanto cerco di convincermi che lui non tornerà mai più, una piccola luce di speranza è ancora accesa dentro me.
Sbuffo al pensiero ridicolo di Louis Tomlinson che torna in Inghilterra per me.
Ogni venerdì, però, vado ancora a mangiare la pizza in quello, che una volta, era il nostro posto.

Quattro ore dopo, esco dall’università.
Durante le lezioni ho massaggiato per quasi un’ora con Isabelle, la mia migliore amica.
Ho preso appunti le altre tre ore, e mi sono concentrato sull’argomento trattato dal professore.
Saluto Charlie, un mio compagno di corso, e mi incammino sul marciapiede consumato.
Una volta ci camminavamo anche noi. Una volta.
Fa più freddo di prima, e cerco di raggiungere il bar il più velocemente possibile.
Mi chiudo meglio la felpa leggera che ho messo sta mattina, e mi maledico per non essermi vestito più pesate.
Dieci minuti dopo arrivo alla mia destinazione, spingo la porta mentre cerco il portafoglio nello zaino.
Senza accorgermene, sbatto contro qualcuno.
“Hi” dice.
Non ci faccio molto caso, ed esclamo “Oops” alzando lo sguardo.
È davvero qui, davanti a me, oppure è un miraggio?
“L-Lou?” chiedo, con voce tremolante.
Sorride come non l’ho mai visto fare, e mi abbraccia forte.
In quel momento capisco che è davvero qui.
Che quella stupida promessa di due ragazzini, è stata mantenuta, da tutti e due.
Lo stringo a me, mi toglie quasi il respiro.
Sento le lacrime calde scavarmi le guance, come quel pomeriggio.
Il suo profumo è lo stesso, quello di dieci anni fa, quello che mi lasciò addosso prima di andare via da me.
Ha i capelli tirati su dal gel, una giacca di jeans, una maglietta azzurra e un paio di pantaloni simili ai miei.
Un filo di barba mi solletica il mento, quando si avvicina.
“Mi hai aspettato” dice, con la voce più adulta.
Sorrido, “Sei tornato”
Mi prende il viso fra le mani, e mi lascia un bacio a stampo sulle labbra rosee.
“Tutto per il mio piccolo tredicenne”
Quasi non ci credo, ma quando mi bacia, mi porta lontano da qui.
Due labbra che non sono più goffe come dieci anni fa. Due labbra che assaporano il momento che hanno tanto aspettato, che si desiderano, che si cercano e finalmente, si trovano.
Due bocche fatte apposta l’una per l’altra.
“Ti amo” dico guardando quegli occhi azzurri di cui mi sono tanto innamorato.
Sorride, prima di lasciarmi un bacio sulla fronte.
“Io di più”
-


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