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Autore: Iaiasdream    27/01/2015    2 recensioni
Come ogni normale essere mortale, anche il mio Lys ha i suoi lati storti. Oltre alla dimenticanza, la cosa che detesto è il suo amico del cuore: quell'arrogante, sbruffone, antipatico, play boy, scontroso di Castiel..... In quel momento, ho come un flebile barlume di lucidità. quel movimento, scatena in lui il sudore, che evapora sotto forma di profumo, innalzandosi e invadendo le mie nari, dandomi una sensazione strana, come un giramento di testa, ma non dipende dall’essenza, bensì da chi la indossa, e non è Lysandro.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Lysandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FRAINTENDIMENTI
 
 
 
Continuo a tenere i pugni ben chiusi, mentre la mia mano a mezz'aria, viene stretta dalla forte presa del rosso. Mi dimeno cercando di divincolarmi da quel assurdo bacio, che Castiel si ostina a voler arricchire.
Facendo così il maledetto dovrebbe arrendersi o che so, rendersi conto che sta facendo una cosa a dir poco sbagliata, e invece: mi lascia i polsi afferrandomi la nuca, apre le mani a ventaglio catturandomi la testa e questa volta mi fa ancora più male, perché dischiude le labbra, e cerca autoritariamente di farglielo fare anche alle mie. Mi fa male perché non riesco a ribellarmi, non ce la faccio, non voglio.
Afferro i suoi polsi per distaccarlo, ma alla fine rilasso i muscoli e allento i tendini, non appena la sua lingua è riuscita a incontrare la mia.
Se fino a qualche minuto fa ero concentrata ad ascoltare i rumori che provengono dal bagno, adesso non sento più niente. Sembra che il senso dell'udito mi abbia abbandonata. L'unica cosa che riesco a percepire è il fremito di piacere che mi sta sovrastando il bassoventre e sale su fino a raggiungere il mio cuore che inizia a palpitare con foga.
Nella mentre, un unico inesauribile ricordo: il buio di un vecchio stanzino ospitato da due sconosciuti corpi avvolti dal piacere più vecchio del mondo.
Sento le labbra di Castiel allungarsi in un sorriso. Perché glielo sto permettendo? Perché non mi ribello e chiedo aiuto? Ma soprattutto, perché mi sta piacendo?
In contrapposizione a queste domande, una voce entra nella mia mente: quella dolce e sensuale di Lysandro. "Aud, ti amo... Ritornerò da te... Aspettami".
Spalanco gli occhi, catapultata finalmente nella realtà. Raccolgo tutte le mie forze, e artigliando i polsi del rosso, tento di spingerlo lontano da me.
Ci riesco dopo pochi secondi, e mi ritrovo a fissarlo intensamente negli occhi: io con estrema rabbia e lui con un'assurda impassibilità.
Ansimiamo all'unisono. Le mie labbra palpitano e bruciano allo stesso tempo, mentre lui si lecca le sue con fare sensuale.
<< Che...? >> cerco di esclamare tremante, ma lui prontamente mi tappa la bocca volgendo lo sguardo alla sua sinistra.
Trattengo il respiro sentendo la sua epidermide bruciante. Non riesco a capire il motivo di quest'ultimo gesto, mi sento confusa; poi però, il rumore che Aisi effettua aprendo la porta del bagno accende la mia mente.
I suoi passi risuonano lievi nell'aria, e quando iniziano a farsi più rumorosi, Castiel allenta la presa sulla mia bocca, rivolgendo le sue taglienti iridi verso di me, facendomi trasalire di paura. Quello sguardo vale più di ogni parola, il suo significato esprime una minaccia chiara e presuntuosa: devo tacere, Aisi non deve scoprirlo. È di sicuro questo, è ciò che mi vuole dire, ma allora perché l'ha rifatto? Dove vuole arrivare?
Ogni minuto che passa, mi rendo conto che a questo punto, non sono io quella che lo provoca, e se pure fosse così, adesso mi chiedo dov'è che sbaglio.
Sento le sue dita scorrere lungo la mia pelle, si soffermano sulle mie labbra, ancora provate da quel bacio e poi, nel momento in cui Aisi entra nella camera, lui fa scivolare la mano lungo il suo fianco, e sbuffando un sorriso beffardo, la infila nella tasca dei pantaloni e si gira dandomi le spalle.
 << Che succede? >> chiede ignara mia sorella fermandosi sulla soglia con le mani intente ad attaccare la cinta dell'accappatoio.
Io non rispondo, rimango ferma, con il respiro spezzato dall'ansia. Sento l'idiota farfugliare qualcosa, che non riesco a concepire. Porto istintivamente la mano sulla fronte massaggiandola con due dita, mentre, sentendo gli occhi bruciare per le lacrime, mi volto verso la finestra per non farmi vedere.
<< Audrey, hai capito? >> sento a un tratto. Mi volto ancora verso di loro e guardo Aisi con smarrimento. Faccio spallucce non riuscendo a proferir parola.
<< Ti ho chiesto se vuoi cucinare tu? >> ripete scocciata. Annuisco senza darle troppa importanza e accennando dei passi incerti, mi allontano dalla finestra per raggiungere la porta.
Non appena sorpasso la soglia, sento il mio cellulare squillare. Mi fermo voltandomi e ritrovandomi con gli occhi piantati sul busto dell'idiota, che si trova a pochi millimetri dal letto di mia sorella, dove vibra vivace il mio cellulare accompagnato dalla canzone degli SS501 che gli fa da suoneria.
Inspiegabilmente rimango incerta sul da farsi, dovrei rispondere ma non accenno a muovermi. Il motivo potrebbe essere che ho paura di farlo con il dubbio che possa trattarsi di Lysandro, ma la realtà dei fatti va ben oltre: non voglio riavvicinarmi a Castiel.
<< Che fai? Non rispondi? >> chiede stupefatta Aisi distorcendo le sopracciglia.
Drizzo la schiena sentendomi presa alla sprovvista.
<< S-sì >> sibilo deglutendo a fatica.
Conto i passi che mi avvicinano a quel maledetto approfittatore. Passandogli di fianco, faccio di tutto per non sfiorarlo. Lui, dal canto suo, non accenna a spostarsi, allora a una discreta distanza, decido di allungare il braccio, convinta che potrei afferrare il cellulare senza difficoltà, ma è tutto inutile. "Maledetto, perché non ti sposti. Dannata me! Perché non glielo dico?".
Perdo l'equilibrio, riesco ad afferrare il cellulare ma per mia sfortuna, mi ritrovo con il petto sorretto dal muscoloso braccio del rosso.
<< Sta attenta! >> mi rimprovera. Alzo gli occhi per guardarlo, e leggo nei suoi tutt'altro che fastidio; poi mi accorgo che velocemente sposta quelle sfere di metallo verso il basso. Lo imito. Mi ritrovo a fissare lo schermo acceso del mio cellulare, e sono alquanto convinta che abbia letto il nome: Nathaniel.
Mi distacco velocemente e in maniera alquanto brusca, poi volgendogli un ultimo sguardo colmo di risentimento esco dalla camera.
Solo quando varco la soglia della cucina e tiro verso destra la porta scorrevole decido di rispondere. Purtroppo non faccio in tempo, il delegato chiude la chiamata prima ancora che potesse giungere la mia risposta.
Sbuffo infastidita appoggiandomi di spalle al frigorifero, faccio ciondolare il braccio lungo il fianco e scuoto la testa. "Perché non si è ancora rassegnato?" mi chiedo volgendo gli occhi al soffitto. Dopo pochi secondi decido di chiamarlo per mettere un punto a quella situazione.
Nathaniel non si fa attendere, risponde dopo due squilli.
<< Audrey? >>
<< Nath... >>
<< Cosa è successo? Perché mi hai chiuso la chiamata? >>
<< Nath, ascoltami... >> lo interrompo con voce seccata << prima ti ho detto che io e Lysandro ci siamo rimessi insieme, quindi ti chiedo solo un favore... Rassegnati. Rimaniamo amici, infondo non ti ho mai illuso >>
<< No, non l'hai fatto... >> mormora lui con voce sommessa << ... Neanche per un istante >> aggiunge dispiaciuto.
<< Lo capisci, vero? >> chiedo, sentendomi d'un tratto ansiosa.
<< Lo capisco, ma non posso prometterti niente, Aud. Ti amo, e non posso sopprimere questo mio sentimento che dura ormai da anni >>
A quelle parole sussegue un silenzio snervante. Mi mordo il labbro inferiore non sapendo come ribattere, anche se non ne ho bisogno, ché dopo qualche secondo, Nathaniel riprende chiedendomi: << Adesso posso chiederti io un favore? >>
<< D-dimmi >> rispondo ma non per assentire, sono semplicemente curiosa di sapere cosa vuole.
<< Tieni gli occhi aperti >>. Quella frase detta tutta d'un fiato, mi fa trasalire.
<< E ricorda che io sarò sempre ad aspettarti >> conclude con voce malinconica per poi chiudere la chiamata senza lasciar il tempo di salutare.
Lascio per la seconda volta il braccio ciondolare lungo il fianco. Rimango scioccata da quelle parole. << E adesso cosa faccio? >> bisbiglio dopo aver sbuffato. Non basta il rosso a complicarmi la vita, ci mancava anche il delegato dal viso serafico.
Sbatto leggermente la testa verso il frigorifero e continuo a sbuffare. A un tratto la porta della cucina si spalanca velocemente, facendomi scattare in avanti per lo spavento. Vedo l'immagine di Castiel stagliarsi imponente alla mia vista. Ha una faccia a dir poco seria.
Lo fulmino con gli occhi, sentendomi l'irritazione solcare tutte le altre emozioni.
Se ne sta indifferente davanti alla porta con le braccia conserte e continua a fissarmi. Quanto vorrei chiedergli che diavoleria gli passa per la mente, e perché mi ha baciata, ma non posso farlo, non voglio che mia sorella lo scopra, non voglio farla soffrire.
<< Vattene >> mi limito a dire duramente recandomi ai fornelli, dandogli così le spalle. Lui non concepisce ciò che gli ho detto, e velocemente chiude la porta. Mi volto dopo aver sentito quel rumore e guardo scettica l'idiota che si avvicina a me con passo felino.
<< Che stai facendo? Dov'è mia sorella? >>
<< È uscita un attimo >>
<< Apri immediatamente la porta! >> esclamo scattando in avanti << Castiel ti giuro che se provi un'altra volta a... >>
<< Cosa ti ha detto? >> chiede interrompendomi e ignorando completamente le mie minacce.
<< C-che? >> ribatto sconcertata.
<< Che ti ha detto?! >> ripete con voce autoritaria e presuntuosa.
<< Ma che diavolo ti importa? >> replico arrabbiata.
<< Rispondi! >>
Quell'esclamazione mi fa trasalire. Deglutisco a fatica e distogliendogli lo sguardo di dosso rispondo senza capirne il motivo: << voleva sapere se è vero che Lysandro e io... stessimo insieme >> non so perché l'ultima frase ho esitato ad esprimerla.
Mi stringo nelle spalle non riuscendo a volgergli lo sguardo. "Perché all'improvviso mi sento così imbarazzata?" mi chiedo massaggiandomi il braccio.
<< Allora è vero... >>, lo sento mormorare dopo un po'. Lo guardo. I suoi occhi sono rivolti verso la finestra e sembra pensieroso.
<< Che vuoi dire? >> chiedo senza volerlo.
Castiel mi guarda, sbuffa un sorriso, scioglie la posizione delle sue braccia infilandosi le mani nelle tasche e rimettendo in mostra la sua aria da sbruffone, dice: << Lys è davvero un'idiota. E dire che per qualche istante mi ero complimentato con lui per il suo buon senso, ma giunti a questo punto, non riesco proprio a capirlo >>
<< Tu! Maledetto figlio di... >>
<< Io non so davvero cosa ci trovi in te >> m'interrompe sorridendo beffardo << non riesco proprio a capirlo >> aggiunge voltandosi per recarsi alla porta, ma nel mentre non riuscendo più a trattenermi, lo fermo chiedendogli per quale motivo mi ha baciata. Lui non si volta, rimane immobile e dopo qualche secondo di esitazione mormora << Sta arrivando tua sorella >>.
"Questo bastardo è davvero irritante!". Sento che la mia mente sta per esplodere, mille domande mi stanno assillando. Se l'idiota parla in questa maniera, allora perché agisce in un'altra?
Non replico, decido di dimenticarmi tutto anche se so che è davvero difficile. Mi sento in colpa per mia sorella e non posso sopportarlo, così prima che Castiel possa aprire la porta dico con voce rude: << Tu non sei innamorato di mia sorella! >>
Lo sento sorridere, e questa è l'ennesima prova del suo cinismo. Stringo i pugni tremante di rabbia << Per quale dannato motivo stai con lei? Ti ostini a detestarmi ma ti comporti diversamente! >> esclamo perdendo la pazienza.
<< Abbassa la voce, Aisi sta entrando >> mormora lui impassibile e senza voltarsi.
<< Me ne frego! Se non mi spieghi che cosa hai nella mente, io le dico tutto! >> sbotto ormai esasperata.
<< Tu non le dirai niente! >> ribatte lui a tono voltandosi minacciosamente.
<< E allora se non l'ami lasciala! >> urlo con voce tremante << Non ti richiederò il motivo per il quale hai fatto sesso con me per poi baciarmi dopo pochi giorni, perché sono convinta che il tuo istinto carnale va ben oltre un semplice ninfomane, ma non posso accettare che mia sorella venga presa in giro in questa maniera. Mi stai trascinando con te nelle tue malefatte e non puoi sapere quanto questo mi stia distruggendo. Di detesto Castiel! >>
<< Tu... >> digrigna avvicinandosi ancor di più, e questa volta sulla sua espressione noto un barlume d’ira << ...sei solo una sciocca! >> esclama poi interrompendosi dopo l'entrata in cucina di Aisi.
<< Ma voi due state sempre a litigare? >> chiede quest'ultima senza darci troppa importanza. Castiel e io continuiamo a fissarci negli occhi complici di quelle parole che ormai non possiamo più proferire.
<< Aud, è pronto il pranzo? >>
<< Non ancora >> rispondo con voce rauca, allontanandomi dal rosso e dirigendomi ai fornelli.
<< Ho capito, allora vado al computer. Vieni con me Castiel? >>
Quella domanda mi fa sussultare, e non riesco a capirne il motivo. Senza voltarmi, attendo la risposta dell'idiota, il quale non si degna di proferir parola. Quando sento il silenzio rimbombare nell'aria, capisco che l'ha seguita. Afferro nervosamente il mestolo di metallo e stringendo il manico in pugno, mi accorgo di tremare. Il respiro si fa più intenso, la saliva si pietrifica in gola e gli occhi iniziano a bruciarmi come carboni ardenti.
Perché devo tacere? Mi chiedo afflitta. Perché non ho il coraggio di dire a mia sorella la verità? E perché non sono del tutto contenta della pace fatta con Lysandro?
Esausta di tutti questi pensieri, lascio cadere il mestolo sul piano del mobile, sospiro nervosamente e vi appoggio i palmi chiusi in pugno. Così facendo, dò sfogo alle lacrime e lo faccio in silenzio. Quelle immagini peccaminose sono tornate a invadere i miei ricordi, e le vedo ben nitide davanti ai miei occhi. Stringo le palpebre scuotendo velocemente la testa come per scacciare via ogni minima traccia di quel ricordo.
Se non esco di qui, sento che soffocherò. Mi dico passandomi una mano sulla fronte madida.
Senza pensarci due volte, mi allontano dal mobile e mi reco velocemente verso il soggiorno, afferro il parka ed esco sbattendo la porta d'entrata. Scendo velocemente le scale, mentre m'infilo l'indumento, saluto distrattamente la mia vicina di casa: una vecchia impicciona antipatica, e quando finalmente mi trovo all'aria aperta, permetto al fresco venticello di sovrastare tutti i miei sensi. Le lacrime che fino a quel momento stavano uscendo silenziose e copiose, adesso evaporano all'aria lasciandomi il viso completamente asciutto.
So che è presto per andare a lavoro, ma dato che il vecchio proprietario della libreria mi ha affidato da tempo le chiavi della sua bottega, decido di rifugiarmi lì e, perché no? Magari leggendo qualche buon libro, mi aiuterebbe a distrarmi.
Le vie del paese sono vuote e silenziose, data l'ora. Soltanto i miei passi risuonano nel calpestare quelle gialle e levigate chianche, rivestenti la strada vecchia.
La libreria si trova a pochi passi dal parco, è l'unico negozio di quella via. Anche se potrebbe sembrare strano, data la moda di internet e dei videogiochi che hanno ormai da tempo allontanato le persone dai libri, c'è ancora chi non rinuncia alla ruvida carta macchiata d'inchiostro.
Il signor Gerard, il proprietario, non ha mai rinunciato al suo negozio, anche quando gli è stata offerta una certa somma di denaro da parte di investitori, per fare della biblioteca un ristorante chic, gli ha sempre tenuto testa alta, cacciandoli via. Dal canto mio, ho sempre sostenuto il signor Gerard, non perché sono una sua dipendente, ma perché per me lui è un maestro di vita, un padre, quel padre che persi quando ero solo una bambina.
Arrivata di fronte la porta in legno di faggio con la laccatura ormai consunta dagli anni, infilo la mano nelle tasche della giacca, stranamente non riesco a incontrare la chiavi, e subito mi accorgo di aver preso il parka sbagliato.
Sbuffo scocciata, pestando un piede per terra e guardandomi intorno in cerca di non so cosa.
<< Dannazione! >> mormoro a denti stretti << che cosa faccio ora? >>, non ho neanche il cellulare, e voglia di tornare a casa per assorbirmi la presenza dell'idiota, non ne ho per niente. Guardando il parco, decido di fermarmi lì, almeno fino a quando non arrivino le cinque. Nel mentre penso che potrei stare a fissare l'orizzonte e cercare di cancellare dalla mia mente alcuni ricordi spiacevoli, cosicché possa rilassarmi. Fortunatamente la "mia" panchina è libera. È quella che dà proprio sul vasto panorama verdeggiante che circonda il paesello. Mette in corpo una certa solitudine, ma quando lo guardo non posso far altro che sentirmi bene.
Fu proprio lì che incontrai per la prima volta il signor Gerard. A quel tempo avevo solo quindici anni, e lui aveva qualche capello in più, grigiastro, ma lo aveva.
Dopo la morte dei miei genitori mi sentii persa e incapace di continuare a vivere; ero seduta su questa panchina, piangevo, e il vecchio bibliotecario si avvicinò chiedendomi se poteva sedersi, io lo guardai di sfuggito e annuii ritornando a fissare l'orizzonte, mi strinsi nelle spalle come per proteggermi da sguardi indiscreti da parte di quel vecchio e fortunatamente non ci furono.
Sfogliava indifferente il suo libro foderato in ecopelle marrone scuro, e facendo scivolare i suoi occhiali verso la punta del naso, iniziò a sibilare qualcosa che catturò la mia attenzione.
"Gli occhi sono lo specchio dell'anima, e la tua vive in questi".
Non capii bene cosa intendesse, fatto sta che non potetti fare a meno di pensarci a lungo. Dopo quella frase lui mi guardò, sorrise, chiuse il libro e accennando un sorriso si alzò andandosene.
Quel anziano accrebbe la mia curiosità. Iniziai a frequentare la sua libreria, e a poco a poco mi appassionai alla lettura, fin quando un giorno mi chiese di lavorare nel suo negozio.
È sempre stato un uomo solitario, in paese è conosciuto come il topo da biblioteca per eccellenza. Non è sposato, non ha figli, solo alle volte nomina un certo nipote. Parla poco di lui, dice che io gli somiglio di carattere e che in un certo senso, riempio il vuoto che lui gli ha dato.
Quando alle volte mentre osservavo il signor Gerard aggiustare qualche copertina di libri scollati, gli chiedevo se per caso stare soli era orrendo, lui senza guardarmi, sorrideva dicendo: << Perché dici che sono solo? Stai offendendo i miei libri. Loro sono i migliori compagni che un uomo possa avere >>. Mi zittivo rimanendo incapace di proferir parola.
Gerard ha davvero ragione. Un buon libro è sempre di buona compagnia.
<< Ma sei sorda?! >>, quella voce stridula dietro di me, mi fa scattare in piedi riportandomi bruscamente alla realtà. Spaventata guardo alle mie spalle, incrociando subito lo sguardo irritato di Rosalya.
<< R-Rosa?... Che spavento mi hai fatto prendere >> sospiro mantenendomi il petto.
<< Sono quattro volte che cerco di chiamarti, ma sei tra le nuvole o cosa? >>
<< Nulla, stavo solo pensando >> rispondo sedendomi sulla panchina. Rosalya non ribatte, esita per qualche istante poi sospirando rassegnata mi si siede accanto.
<< Allora... >> esordisce dopo un po' picchiettandosi le nude ginocchia con le dita << C'è... C'è qualcosa che dovresti dirmi? >>. La guardo sottocchio impedendo alla saliva di proseguire lungo la gola, e con fare insicuro faccio spallucce.
<< Vuoi sapere come lo so? >> chiede ancora tossendo. Non rispondo, questa situazione si sta facendo alquanto imbarazzante, ed è strano perché di regola i nostri ragionamenti avvengono sempre con una certa foga di sapere. Sto pensando che forse è la vergogna a fare certi scherzi, e la paura di essere giudicata male.
<< La sera del mio compleanno... >>, Rosalya inizia il suo racconto con gli occhi puntati sull'orizzonte. << ... Quando andasti in bagno, mi accorsi che Castiel uscì dalla sala, io non diedi peso a questo, dato che vidi anche Lysandro allontanarsi. Quando ti avvicinasti a me chiedendomi dov'era il tuo ragazzo, e ti indicai la strada percorsa da lui, mi insospettii chiedendomi per quale ragione non lo trovasti, visto che casa mia non è grandissima. Mi allontanai da Leigh e ti seguii, ma quando svoltai l'angolo, vidi... >> si ferma soffocata dalle sue stesse parole. A quel punto la guardo spronandola a continuare. << ... Vidi che Castiel ti trascinò nello stanzino >>
<< Che cosa?! >> esclamo allibita balzando dalla panchina. << Ci vedesti e non facesti nulla?! >> continuo adirata.
<< Io... >>
<< Rosalya! Ti rendi conto che hai permesso che facessi il più grande sbaglio della mia vita?... Cavolo, Rosa! Ho tradito Lysandro inconsapevolmente, e tu sapendolo non hai fatto niente! >>
<< Non potevo! >> esclama interrompendomi.
<< Perché? >> chiedo abbassando la voce, concentrandomi sul suo sguardo che repentinamente si sta facendo triste.
   
 
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