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Autore: MartyHG21    27/01/2015    3 recensioni
Vi siete mai chiesti che cosa prova realmente Peeta durante le situazioni che conosciamo solo dal punto di vista di Katniss?
I 74° hunger games, come non li avete mai visti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-Peetaaa!- La secchiata d’acqua gelida mi avverte che mia madre si è svegliata di buon umore come sempre. Mentre mi vesto mi urla di infornare le pagnotte di mio padre. Ubbidisco infilandomene una in bocca come colazione. L’inquietante silenzio proveniente dal giardino mi ricorda che giorno è oggi:  il giorno della mietitura. Il giorno nel quale, anche quest’anno, due tributi provenienti da ogni distretto saranno costretti ad entrare in un arena e uccidersi a vicenda per il divertimento di Capitol City, finchè non resterà un solo vincitore, il novantanove percento delle volte proveniente dai distretti favoriti, che verrà ricoperto d’oro e vivrà in agiatezza con la famiglia fino alla morte. Per i miei due fratelli maggiori questo non è un problema, visto che il più piccolo ha diciannove anni, già oltre l’età richiesta per essere sorteggiato. Per quanto riguarda me, invece,  è un altro discorso: potrei benissimo essere chiamato nel bagno di sangue, anche se ho poche tessere. Esco all’aria aperta e aspiro a pieni polmoni quel poco di libertà che mi è concessa, mentre vedo, con la coda dell’occhio, passare la ragazza del Giacimento. Passa tutte le mattine alla stessa ora e io puntualmente la osservo senza che lei se ne accorga da quando, da piccoli, a scuola, si mise a cantare quella canzone e tutti gli uccelli fuori dalla finestra si fermarono ad ascoltarla incantati, come me, del resto, o da quando me la ritrovai devastata dalla fame sotto la soglia di casa e io le lanciai una pagnotta destinata ai maiali, beccandomi un bel ceffone da parte di mia madre. Da allora non riesco a togliermela dalla testa. Ma questi non sono ragionamenti da fare in una simile giornata, che, tutto sommato, se non fosse per l’imminente minaccia, non sarebbe neanche male. I miei pensieri vengono interrotti nuovamente dalle grida di mia madre che sbraita perché io mi metta qualcosa di decente addosso. Effettivamente, con la testa che ho, mi sono infilato i miei soliti indumenti sporchi di farina e il grembiulone bianco ereditato da mio padre. Rientrando trovo sul mio letto una camicia e dei pantaloni formali. Li indosso senza lamentarmi davanti agli occhi di mia madre, nonostante lei sappia quanto odio questo genere di cose. Esco di casa barcollando e mi dirigo verso la piazza principale,  nonché sede della mietitura. Mi metto in coda con gli altri ragazzi per farmi prelevare il sangue, mentre quelli del primo anno si nascondono dietro di noi, dopodiché siamo costretti a sorbirci, come tutti gli anni, il video che ci ricorda la triste fine del distretto 13 dopo la rivolta e di quanto sia stata “buona e magnanima” Capitol City con noi ribelli, concedendoci la libertà a patto che ogni anno un giovane uomo e una giovane donna vengano sacrificati negli Hunger Games per il loro divertimento. Il video è interrotto dalla voce di Effie Trinket, l’accompagnatrice del nostro distretto, che, come sempre, con voce squillante annuncia: “Prima le signore!”. Si dirige poi saltellando verso la prima ampolla e estrae uno dei migliaia  bigliettini: “Primrose Everdeen”. Quel nome mi è vagamente familiare, ma subito cambio idea vedendo una ragazzina del primo anno, che avrò visto sì o no due volte in tutta la mia vita, avanzare titubante sotto gli incoraggiamenti di Effie, finché qualcuno dal pubblico non urla il suo nome e le corre incontro. È lei. La ragazza misteriosa che ogni mattina vedo passare, quella a cui salvai la vita, quella che cantò la canzone e, probabilmente, la sorella della sfortunata. Ho solo un attimo per formulare questo pensiero che lei, placcata dai pacificatori, urla come una pazza: “Mi offro volontaria! Mi offro volontaria per il tributo!”. Resto senza parole: può davvero arrivare a così  tanto l’amore fraterno? Effie è momentaneamente spiazzata, di certo non si aspettava un volontario, non da distretto 12, ma poi, con quel suo solito sorrisetto nauseante, esclama: “Facciamo un caloroso applauso alla prima volontaria del Distretto 12!”. Ma invece di un applauso l’unica cosa che riceve è il nostro più caro segno di rispetto: tutti, me compreso, ad uno ad uno portiamo le tre dita di mezzo della mano sinistra alle labbra e le tendiamo verso di lei. La presentatrice, quasi scocciata, si reca alla seconda ampolla e afferra la prima strisciolina indifesa che le capita tra le mani: “Peeta Mellark”.
  
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