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Autore: kissenlove    27/01/2015    3 recensioni
Sequel di “Dirci Addio”.
Sai Honoka..
Da quando te ne sei andata dall’altra parte del mondo, non ho fatto altro che pensare a ciò che mi hai detto, a quelle parole che non riuscivano a uscire dalle tue labbra, lo sfogo di un dolore immenso che tu hai dovuto combattere da sola. Mi sono sentita vuota, imperfetta, ho capito che in questi mesi che avevi più bisogno di me, io non ho fatto altro che girarti le spalle. Dio, mi sento così stupida ed egoista anche!
Ma sai Honoka..
[…]
sono successe tante cose da quando sei andata via. Hikari se ne è andata, mepple non vive più con me, e io ho rischiato la vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Honoka Yukishiro/Cure White, Nagisa Misumi/Cure Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve popolo meraviglioso di Efp, sono tornata con il sequel della storia che era a un solo capitolo ovvero “Dirci Addio”. Eravamo rimasti alla partenza di Honoka per Parigi e alla sua confessione sconvolgente a Nagisa di essere incinta di Kiriya Irisaya e di voler andarsene per dimenticarlo, bene, questo è il sequel, posso anche anticiparvi che nel corso dei capitoli può succedere di tutto, quindi leggete e godetevi questo primo emozionante capitolo. 
Uhm, vi piace la foto che apre la storia? L’ho fatta io :D 
Che ne dite di darmi la vostra opinione anche per la foto, e per quanto riguarda il prossimo capitolo, mandatemi la vostra foto modificata e la più bella la inserirò come apertura del secondo capitolo, mi raccomando mandatemela nei messaggi privati, oppure attraverso facebook, Jo Terracciano, mi raccomando ragazzi!
Un bacione, ci vediamo nelle storie, come sempre. 
Grazie a Zonami24 e a Rosanera per aver recensito e grazie anche per i consigli che mi hai dato, cercherò di farne buono uso. 



***

                                                                                                    But I baby I broke them all for You..
                                                                                              Oh, because even when I was flat broke..
                                                                                                You made me feel like a million bucks..
                                                                                                     You do.. and I was made..
                                                                                                               For You.


                                                      

And I was made for You


Sequel di “Dirci Addio” - 


Sai Honoka..
Da quando te ne sei andata dall’altra parte del mondo, non ho fatto altro che pensare a ciò che mi hai confessato, a quelle parole che non riuscivano a uscire dalle tue labbra, il tentativo di sfogare quel dolore immenso che ti portavi dentro da troppo tempo, un dolore che hai dovuto combattere con le tue sole forze. Vedendoti prendere quell’aereo mi sono sentita vuota, imperfetta, perché non ti avrei avuto più al mio fianco come compagna di vita e di estenuanti battaglie contro il male per difendere il nostro futuro da chi ce lo voleva portare via con la forza. 
Shogo mi può regalare la protezione di un abbraccio, il figlio che sto portando dentro di me o la dolcezza di un bacio profondo, ma mai sarà in grado di darmi ciò che mi hai sempre dato tu. Tu, amica mia, mi davi la forza di continuare a lottare, tu riuscivi a porre rimedio ad ogni mio sbaglio, avevi sempre consigli preziosi e una spalla su cui piangere. Nonostante i nostri caratteri diversi, tu mi hai accettato come tua patner, hai voluto che entrassi a far parte della tua vita, e io ti ho permesso la stessa cosa, hai digerito i miei difetti peggiori, e li hai migliorati. Mi hai reso una persona migliore, è grazie a te se oggi posso dire di saper cucinare, ed essere una brava moglie e una buona mamma; adesso che sei andata via, sento che una parte piccolissima che nascondo in mezzo a tanta gioia si è staccata e ti ha seguito ovunque sei. 
Ho capito in questi mesi che quando avevi più bisogno di me non facevo altro che vederti trasparente ai miei occhi, ma Dio, mi sento così stupida, egoista, sento di aver fatto un passo indietro nella mia vita e di non essere più capace di avere quella stablità che tu mi davi, e che mi aiutava a non sbagliare nelle situazioni più tragiche. 
Mi sento egoista ... ma sai Honoka ero così felice di essere incinta, arrivata a un certo punto della mia vita non vedevo altro che quello, e sentivo il bisogno di occuparmi delle cose importanti, di occuparmi del bimbo che stava crescendo dentro di me, dopo tutto quello che era accaduto a me, non volevo che capitasse anche a lui.
Sentivo dei sentimenti fortissimi per quel bambino, e più i giorni passavano e più mi rendevo conto che lui c’era.
Percepivo delle sensazioni che se qualcuno prima di allora me li avesse spiegati così minuziosamente, non li avrei capite, ma ora so che dentro di me c’è la risposta a quegli interrogativi. Sto per diventare mamma, mamma capisci, dentro di me, proprio dentro di me, è pazzesco, sta crescendo mio figlio, e non riesco a spiegarti cosa provo, cosa percepisco quando si muove per farmi sentire la sua presenza, è una realtà Honoka, è tutto ciò che la mia vita desiderava per essere completa. La felicità è così sfuggente, effimera che quando ti volti e poi ti rivolti già è sparita. Lo so, tu mi capisci, sai cosa intendo, perché ti è capitato con quell’imbecille di Kiriya, hai perso lui, ma tranquilla lui non ha solo perso la ragazza più dolce che potesse esistere su questo mondo, ha perso molto di più, ha perso la donna che lo poteva rendere felice, che era capace di azzerare le sue preoccupazioni come tu avevi fatto con me, ma adesso lui non hai niente, è la sua punizione, non sapere che adesso lui avrà un figlio, che tu hai un dono inestimabile, uno dei più importanti, e spero che tu lo stia proteggendo come io sto proteggendo la mia piccola.
Sai Honoka sono successe tante cose da quando sei andata via. Hikari si è trasferita, Mepple non vive più con me, e io ho rischiato la vita; non riesco a scrivere tutto su un foglio, ne servirebbero milioni e non basterebbero. 
Dopo tutto ciò che ho passato, ho avuto paura. Mi sono sentita fragile, impotente, ti volevo vicino a me a stringermi la mano e a darmi quella forza che solo tu potevi darmi; la morte mi è comparsa davanti improvvisamente, e io non ho saputo come combatterla, ho accarezzato l’idea di gettare la spugna, giocarmi la vita come in una partita di carte, e mettere a repentaglio la vita della bimba che portavo in grembo, ma poi mi sono fatta forza per lei.
Lei era stata fatta per me, lei doveva nascere, meritava di vedere la luce come io meritavo di vederla negli occhi. 
Sai Honoka senza di te però tutto mi è sembrato più difficile. Il tunnel che mi aveva inghiottito mi stava lentamente trascinando via con sé, solo il tuo ritorno poteva ridarmi quella speranza che avevo perduto, e solo tu potevi sapere come mi sentivo, e in quanti posti ero stata, perché i segni sul mio viso ne erano la dimostrazione. 
Nella mio momento di follia ho espresso quel desiderio, che volevo si avverasse: che tu tornassi da me.
Ma quando ho preso consapevolezza della realtà, che tu non eri lì attraverso i vetri della galleria a sorridermi e a rassicurarmi che sarebbe andato tutto bene, allora ho perso ogni speranza e mi sono lasciata trascinare via senza più resistenze.


                                                                                                                   Parigi, ore 23.59

Una corrispondenza cartacea era arrivata nell’Hotel di Parigi, dove da circa sei mesi soggiornava Honoka Yukishiro. 
La ragazza si era ritrovata a cercarsi un posto dove stare dopo aver detto ai genitori della sua gravidanza, quando non era stata più in grado di nascondere la rotondità del suo ventre, che giorno dopo giorno diventava sempre più visibile.
I genitori di Honoka avevano accettato il bambino che aspettava la corvina, avevano persino dato il loro contributo economico per farla partorire nel migliore ospedale francese, ma Honoka aveva deciso, dopo averci pensato molto bene, di andarsene perché non voleva essere un peso per nessuno, nemmeno per i suoi genitori.
Aveva lasciato un biglietto dove aveva spiegato le ragioni, aggiungendo che loro avrebbero fatto parte della vita del suo bambino, il bambino li avrebbe conosciuti come nonni, ma lei voleva essere indipendente, prendersi cura del suo piccolo senza l’aiuto di nessuno.
Ogni giorno arrivava una corrispondenza di Nagisa dal Giappone. Honoka era contenta di risponderle sempre, di sapere come se la cavava lì in Giappone e di come procedesse la sua gravidanza, si scrivevano sempre, lettere che arrivavano a distanza di giorni l’una dall’altra, solo con le parole si sentivano veramente vicine, non volevano telefonarsi altrimenti sarebbero ricadute nella nostalgia del passato, e in quei ricordi che avevano condizionato la loro vita da adolescenti.
Non erano mai state adolescenti. Loro erano speciali, non era comunissima ragazzina di dodici anni impegnate nella vita scolastica, che uscivano con le amiche, si divertivano, e che iniziavano a provare per i ragazzi sentimenti ben più forti. La loro vita non era per niente normale, la normalità per loro era noia, preferivano combattere sotto false vesti mostri che piovevano ogni giorno dal cielo e che minacciavano la quiete del giardino dell’Arcobaleno o quella della Luce, o come nel suo caso, innamorarsi di un ragazzo che faceva parte proprio di quei loschi personaggi, rimanere incinta di lui, e vederlo andare via per la millionesima volta, per tornare poi chissà tra quanto. Nagisa era stata più fortunata, aveva trovato in Shogo l’amore vero, anche lei però aveva dovuto lottare tanto per superare la sua timidezza e dichiararsi, aveva poi cercato di allontanarlo quando aveva capito che Dotsuku minacciava di ucciderlo, ma alla fine anche la sua amica aveva dovuto arrendersi a quello che provava e se lo era sposato.
Erano felici e stavano per avere un bambino loro. 
Di lei cosa poteva dire? Era letteralmente scappata dal Giappone, si era scoperta incinta di un ragazzo che l’aveva abbandonata per la sua indole malvagia, e adesso era in Francia, lontano da tutte le persone che riteneva importanti. 
Dopo aver dovuto confessare il suo segreto si era trovata a doversi cercare un posto, dove poter soggiornare. Il posto lo aveva trovato dopo un paio di settimane in un hotel nel centro di Parigi. Aveva prenotato per cinque mesi una delle stanze con il balcone, perché lei non amava essere segregata, amava godersi il panorama da cui poteva ammirare la gigantesca costruzione di ferro che si illuminava e di sera era uno spettacolo da mozzare il fiato. 
Il bambino che portava in grembo, figlio suo e di Kiriya, era in ottime condizioni di salute; il parto era previsto per due mesi, e durante questo tempo doveva evitare i viaggi estremamente lunghi, e sopratutto quelli in aereo quindi Honoka aveva dovuto rinunciare al suo viaggio per tornare in Giappone per stare qualche giorno dalla sua migliore amica Nagisa.
Honoka glielo aveva scritto nell’ultima lettera che aveva mandato appena due giorni fa, ma la risposta non gli era mai arrivata. 
Quella notte era troppo nervosa per posare la testa sul cuscino, e stava seduta sulla sedia ad osservare il cielo stellato di Parigi, accarezzandosi dolcemente la pancia, dondolandosi e qualche volta fermandosi per sentire i lievi movimenti del piccolo, che si andava intensificandosi sempre di più.
Nei primi tempi sentiva solamente piccole farfalle che si muovevano nel suo stomaco, li sentiva solo lei, sembrava essere diventata pazza quando ogni cinque minuti se la toccava, poi i movimenti iniziarono a farsi chiari: il bambino si muoveva, faceva le capriole avanti e indietro, qualche volta impostandosi sotto la pancia. Quando andava a dormire non poteva dormire sul fianco, doveva girarsi a pancia in su perché altrimenti il bambino non si calmava, quasi come se lo volesse far capire che quella posizione per lui era scomoda, e Honoka si faceva comandare e acconsentiva perché di quel bambino si era già innamorata, aveva già voglia di vederlo, aveva già l’impressione di stringerlo tra le braccia, di accarezzarne i capelli, possibilmente del colore suo, e gli occhi, gli occhi quelli di Kiriya, quell’intenso verde smeraldo che ti ipnotizza al solo guardarli. Quando non lo sentiva muoversi, pensava subito che qualcosa non andava, che forse il bambino non stava bene, o si stava strozzando con il cordone, ma la dottoressa che la seguiva, più volte le disse che era tutto apposto, e comunque Honoka aveva deciso di non fare nessun viaggio lungo, e a malincuore dovette rinunciarvi. 
Sbuffò mentre si fermava, - Ehi piccolo, anche tu non riesci a dormire? - domandò a suo figlio, come se dentro alla pancia potesse rispondergli. Il bambino comunque si faceva capire con dei colpetti, e Honoka continuava a trasmettergli tutto l’amore. - Anche io non riesco a chiudere occhio. - continuava lei.
La corvina non aveva paura del parto che avrebbe dovuto affrontare, ne come avrebbe potuto provvedere a un neonato tutta da sola, lei era abbastanza forte per intraprendere un lavoro, ciò che la preoccupava immensamente era che suo figlio da grande avrebbe voluto delle spiegazioni, avrebbe voluto sapere perché il padre non era mai stato accanto a lui, e lei come avrebbe potuto rivelargli, senza scoppiare a piangere, quella terribile verità? 
Era meglio non pensarci per il momento, la corvina voleva godersi la vista e voleva coccolare il suo piccolo, che mai come quella sera si muoveva come una trottola impazzita.
- Ma che succede lì dentro, ti stai per caso strozzando con il cordone? - 
Qualcuno bussò alla sua porta, Honoka posò il libro che aveva tra le mani, e tenendosi con una mano la schiena dolorante, andò ad aprire. Si trovò di fronte uno dei facchini dell’hotel. - Salve - 
-Salve - 
-Lei è la signorina Honoka Yukishiro? - 
Honoka alzò un cipiglio. - Sì, sono io. Qualche problema, stavo per andare a letto. -
-No, nessun problema signorina - rispose quello, consegnandogli il telefonino che aveva tra le mani. Una chiamata per lei.-
Honoka guardò il display.
-Chi mi chiama? -
- Ho sentito che è urgente. Il signore ha detto di chiamarsi ‘Shogo’ - 
Honoka non appena sentì quel nome così familiare sgranò gli occhi, congedando velocemente il facchino, che facendo un frettoloso inchino, le augurò una buona notte e tornò di sotto; la corvina camminò un po’ per la stanza, misurando sempre le stesse mattonelle, indecisa se accettare la chiamata e sentire quello che Shogo aveva da dirle, oppure rifiutare per evitarle un nuovo dolore nostalgico. Il piccolo nella sua pancia scalciò, quasi come se avesse capito che la sua mamma era triste e non sapeva cosa dovesse fare.
Gettò un’occhiata alla lettera di Nagisa posata sullo scrittoio, e dopo essersi decisa premette il tasto per accettare e si portò il telefonino all’orecchio. - Pronto? Honoka Yukishiro, -
- Ciao Honoka - 
Honoka fu percorsa da un brivido di freddo che le salì la spina dorsale, la voce di Shogo era così strana, quasi come se fosse innaturale. Il tono di voce era basso, quasi assente, era coperto da altre voci che parlando di accavallavano, e la corvina non sapeva chi ascoltare. Si concentrò solo su quella di Shogo, che si interruppe con un sospiro languido, mentre lui cercava di studiare le parole da proferire dall’altro capo della cornetta. Honoka iniziò a temere il peggio. 
- Che succede Shogo? - gli chiese nervosa mentre i suoi battiti triplicavano. 
Shogo si era chiuso in una corazza di mestizia e silenzio, e la sua voce prima debole ora era improvvisamente a scatti, come se stesse trattenendosi dallo scoppiare a piangere. 
- Ecco... Nagisa ha fatto un incidente. - 
Una doccia congelata precipitò sulla povera Honoka, che si lasciò cadere il telefono dalle mani. Si immobilizzò ripetendosi più volte nella testa quelle parole ‘Nagisa... ha fatto... un incidente’ come non può essere, le aveva scritto due giorni prima raccontandole che andava tutto bene, che non doveva preoccuparsi se non poteva viaggiare, che il bambino... e il bambino,  come stava il suo bambino, era vivo, stava bene, erano tutte domande che assillavano la coscienza di Honoka.
Shogo si stava trattenendo dal piangere, probabilmente Nagisa stava male, o peggio, il bambino era morto. 
Honoka scosse la testa per cancellare quei brutti pensieri, e riprese in mano la cornetta.
-Il bambino... c-come sta? - 
- I dottori hanno detto che è ancora vivo, che si aggrappa con tutte le sue forze alla vita... -
- Meno male, almeno la vostra piccola sta bene. - 
Shogo tornò silenzioso. 
Honoka fece mente locale, ricordandosi della persona più importante della sua vita, la sua Nagisa, Nagisa come stava? Stava bene, sicuramente era uno dei suoi scherzi, Nagisa era una roccia, la morte era troppo debole per buttare giù un tale colosso di ragazza, voleva sperarci con tutte le sue forze. Nagisa era troppo giovane, non poteva morire in quel modo.
-Nagisa è in brutte condizioni. - 
-Cosa vuoi dire Shogo? Guarda che vengo lì anche a piedi se necessario! -
-No, Honoka - rispose il ragazzo, - Metteresti in pericolo la vita del bambino. -
-C-come lo sai che sono.. -
Lui non la fece continuare. -Nagisa me lo ha detto. - 
- Comunque, tu hai detto che il bambino sta bene no? Quindi anche Nagisa starà bene.. - 
- Sì, la bimba la vogliono far nascere altrimenti la situazione di Nagisa rimarrà sempre critica. - 
- E può sopravvivere? -
-Sì, secondo i medici. Forse è meglio che facciano nascere la bimba - 
Honoka sentì Shogo spostarsi dalla cornetta per rispondere al richiamo di una delle persone accanto a lui. 
-Scusa Honoka, ci sentiamo domani, e scusa se ti ho disturbato so che lì è notte. - 
- Ma per favore! Tu lo sai che per me Nagisa è al primo posto. Comunque, ti prego, tienimi aggiornata! - 
- Devo andare - 
-E dove, ti prego Shogo, dimmi qualcosa! - 
- Devono operare Nagisa, ti faccio sapere -
-Chiamami ogni ora, anche se alle cinque, ti prego! - 
-Va bene, non preoccuparti. Stai calma, e vai a riposarti. Ti prometto che andrà tutto bene.. -
Andrà tutto bene. Andrà tutto bene. Ci voglio sperare..
Con questa preoccupazione Honoka si rifugiò nelle coperte, lì dove tutta la notte avrebbe pregato e pregato, voleva che Nagisa si salvasse, voleva che quel colosso di ragazza non fosse sconfitta dalla morte, non era giusto, né per Shogo, ne per quella bambina che alla sua nascita avrebbe perso la madre. Il destino certe volte è ingiusto, ma lei non avrebbe mai perso la speranza.. non doveva perderla, Nagisa ce l’avrebbe fatta, in qualche modo..



                                                                                          


 
   
 
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