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Autore: SaraSnow23    27/01/2015    1 recensioni
“Da quando indossi biancheria di pizzo? È lui che ti regala le cose di Victoria’s Secret?”
Rogue si trattenne dal prenderlo a pugni su quel suo strafottente muso francese soltanto perché il cajun si manteneva sapientemente fuori dalla sua portata.
“Non sono affari tuoi! Stava andando tutto benissimo, prima che arrivassi tu e quel pazzo mafioso decidesse di far saltare in aria il ristorante perché tu gli devi dei soldi!”
“Non gli devo dei soldi, ce l’ha con me perché ho aiutato Joelle a—“
“Ah Janelle…” Rogue roteò gli occhi verdi “Mi ero quasi dimenticata di quella là.”
“Joelle” la corresse lui.
“Come ti pare. Un’altra delle tue brillanti idee.”
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Remy LeBeau/Gambit
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Gambit non sapeva volare, ma aveva i riflessi e le capacità necessarie per tirare fuori entrambi vivi da quella scomoda situazione. Afferrò Rogue con un braccio, mentre con l’altro estraeva il bastone retrattile che portava assicurato ad una fibbia dietro la schiena. Sentì Rogue irrigidire i muscoli e stringersi a lui con tutte le forze. I lunghi anni in cui avevano combattuto fianco a fianco rendevano facile a entrambi intuire i movimenti l’uno dell’altra e agire di conseguenza. Gambit conficcò il bastone nel muro del palazzo, caricandolo di sfrigolante energia cinetica perché penetrasse a fondo e facesse da freno alla caduta. Scintille fucsia sprizzarono tutt’intorno insieme a vetri e calcinacci, mentre la loro discesa progressivamente rallentava.
Remy percepì i muscoli del braccio tirarsi fino allo spasmo, le ossa della spalla incrinarsi, ma non cedette. Nella loro caduta incontrarono l’ampia finestra di vetro di un ufficio che si infranse in mille pezzi al passaggio del bastone carico di energia. Con un colpo di reni, Gambit spedì entrambi all’interno della stanza. Chiuse gli occhi e strinse Rogue a sé, mentre cadevano sul pavimento in finto legno, rotolando fino al muro opposto.
“Stai bene, petite? Potresti solo…?”  
Rogue si affrettò a togliersi da sopra di lui e a controllare, seduta sul pavimento ingombro di detriti, di non avere niente di rotto.
“Non fraintendermi, non è che mi dispiacesse averti sopra di me, ma eri appoggiata proprio sul mio braccio e— ”
La ragazza inarcò un sopracciglio con aria scettica. “Non mi pare il momento per questo genere di battute, sugah” eppure non riuscì a trattenere un sorriso, che tuttavia svanì subito non appena notò il sangue spandersi sulla divisa di lui. “Mio Dio, Remy, sei ferito!”
 Il suo braccio destro, quello che aveva retto il peso di entrambi durante la caduta, penzolava inerme dalla sua spalla, in una posizione piuttosto innaturale. La giacca e la divisa erano strappate in più punti, da cui scorrevano lenti rivoletti di sangue. “Non riesco a muoverlo” osservò “ma ho sempre l’altro braccio. Insieme possiamo ancora dare una bella lezione a quei tizi.”
L’adrenalina contribuiva a tenere a bada il dolore, ma non sarebbe durata ancora a lungo: dovevano agire in fretta. “Avanti, prendi un po’ del mio potere…” Gambit infilò la mano sinistra tra i suoi capelli, le afferrò la nuca e avvicinò il proprio viso al suo per baciarla su una guancia. Ma Rogue non attivò i suoi poteri, né ricambiò quel bacio trasformandolo in qualcosa di più, non fece assolutamente nulla. Non aveva voglia di ritrovarsi con la testa affollata dei pensieri di Gambit. Lui l’aveva già scombussolata abbastanza, non c’era bisogno di cedergli altro terreno. Ora che aveva finalmente la completa padronanza dei propri poteri, Rogue temeva ancora di perdere il controllo e ritrovarsi al punto di partenza. Con la psiche divisa tra le mille identità assorbite e il corpo escluso da ogni genere di contatto fisico diretto. E se c’era qualcuno a questo mondo in grado di farle perdere il controllo –nel bene e nel male- quello era Remy Lebeau, detto Gambit.
“No, Remy …” Lui la guardò perplesso, forse anche un po’ deluso, ma lei non cedette. “Devo tornare da lui. E tu non puoi combattere in queste condizioni.”
Il rumore sferzante delle pale di un elicottero che fendevano l’aria interruppe per la seconda volta la loro conversazione. Gambit si alzò e andò a recuperare il bastone, che nell’atterraggio era volato qualche metro più in là.
“È buffo, sai?” commentò, posizionandosi davanti allo squarcio nel muro che fino a poco prima era una finestra. “Quando stiamo insieme, non posso toccarti, e quando potrei toccarti, in realtà non posso perché non stiamo più insieme. Comincio a credere che tu lo faccia apposta.”
Quando l’elicottero comparve nel suo campo visivo, Gambit era già pronto, il bastone che crepitava di luce purpurea nella sua mano sinistra. Lo scagliò con quanta forza aveva in corpo e quello tagliò l’aria, veloce come un proiettile, preciso come un giavellotto. Andò a infilarsi con rigore chirurgico tra le pale del velivolo ed esplose in un tripudio di scintillanti sfumature rosate. L’elicottero ruotò più volte su stesso e precipitò verso terra avvolto da una nube di fumo nero.
 
I vigili del fuoco erano intervenuti per spegnere l’incendio causato dal colpo di bazooka e portare al sicuro gli avventori. Avvolta in una calda coperta di lana, Rogue sorseggiava il tè offertole dai pompieri e in compagnia di Harrison Snow osservava alcuni supereroi occuparsi degli attentatori.
“È la mia squadra di supereroi aziendali” le disse Snow con un certo orgoglio. “Stanno facendo un ottimo lavoro.” Polaris aveva impedito che l’elicottero abbattuto da Gambit si schiantasse al suolo, causando danni irreparabili, mentre Quicksilver si occupava di portare al sicuro i civili.
“Perché non ti unisci a loro?” chiese, guardandola di sottecchi. “È un posto di lavoro eccellente per un mutante, e l’assicurazione sanitaria è inclusa.”
Rogue pensò che unirsi ad una squadra che comprendeva il suo ex, i figli del suo ex, una robot che –a quanto si diceva- aveva una cotta per il suo ex, un altro robot innamorato della robot e il ragazzo inquietante con il potere di dubbia utilità di interpretare le lingue fosse un’idea a dir poco suicida.
“Se entrassi a far parte della tua squadra, questo farebbe di te il mio capo. E io non sono il tipo di ragazza che esce con il suo capo.” Rispose lei, con un elegante sorriso di superiorità. Harry parve soddisfatto da quella risposta. Appoggiò una mano sul suo viso, accarezzandole i capelli.
“E che tipo di ragazza sei, allora?”
“Oh, ti piacerebbe molto saperlo.”
Fu lui a baciarla, afferrandole i fianchi, riempiendosi la bocca del sapore dolciastro di quel tè troppo zuccherato. Rogue lasciò cadere a terra la tazza di carta ormai vuota e si abbandonò al bacio, aggrappandosi alla giacca fresca di sartoria di Harrison Snow.
 
- la mattina dopo -
 
“I Vendicatori ci spiano.”
Benchè fosse mattina presto, i membri di X-Factor erano già tutti svegli e quasi operativi. Quasi perché in realtà si attardavano ancora assonnati nella cucina comune, quando il presidente Snow fece il suo trionfale ingresso salutandoli con quell’improbabile frase. Per poco Pietro non fece cadere la tazza di caffè che stava bevendo. Cazzo, mi hanno scoperto! Eppure sono stato attento …Sarà stato quell’idiota di Havok a far saltare la copertura. Lorna ha fatto bene a mollarlo.
Pensò, guardandosi intorno, in attesa che fosse qualcun altro a parlare per primo.
“E noi abbiamo qualcosa da nascondere?” domandò Gambit, con aria angelica. Era seduto a torso nudo sul divano, con Danger che si prodigava per cambiargli la fasciatura e medicarlo a dovere. Le sue attenzioni un po’ lo imbarazzavano, ma cercava di ripetersi che lei era un robot –una fottuta Stanza del Pericolo!- non poteva davvero provare attrazione per lui.
Harrison sembrò non notare la sua ironia. “Non so che diavolo creda di trovare Capitan America ficcando il naso nei nostri affari, ma in ogni caso noi siamo pronti a rispondergli. Anzi, voi siete pronti.”
L’intera squadra –mutante e robotica- si scambiò occhiate preoccupate.
“State suggerendo di andare contro i Vendicatori?” si azzardò a chiedere Lorna, lasciando definitivamente perdere il quotidiano che stava leggendo.
Il presidente parve divertito da quella domanda. “Ovviamente no, Polaris. Quello che voglio è che voi diate una dimostrazione di quello che facciamo alla Serval.” La drammatica pausa a effetto sembrò dilatarsi all’infinito nel silenzio della cucina. “Siamo specializzati nell’aiutare la gente!”
Dal perplesso mutismo che seguì, era chiaro che nessuno di loro aveva ancora capito dove diavolo volesse andar a parare con quel discorso, perciò Snow continuò: “Una settimana fa l’ennesimo uragano ha devastato la costa orientale: voglio che voi andiate laggiù a dare una mano agli sfollati. Fate buon uso dei vostri poteri e sorridete alle telecamere, Cap gradirà molto questo spettacolo. Il vostro aereo parte tra un’ora, siate puntali.”
Fece per uscire, ma si fermò sulla porta. “Ah, Gambit… la prossima volta che finisco nel mirino della mafia perché tu hai pestato i piedi a qualche boss ti sbatto fuori dalla squadra. Per oggi comunque puoi rimanere qua a riposare, con quella ferita servi a poco. Vedi di non combinare altri casini.”
Gambit pensò che se doveva vederlo fare lo stronzo con Rogue poteva anche licenziarsi subito, ma si limitò ad annuire obbediente.
“Uuh, qualcuno si è svegliato con il piede sbagliato…” commentò Lorna, dopo che Snow se n’era andato.
“Resta il fatto che non ha risposto alla mia domanda.” Disse Remy, rivestendosi ora che Danger aveva finito con le bende. “Forse ha davvero qualcosa da nascondere.”
   
 
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