Serie TV > Castle
Ricorda la storia  |      
Autore: dilpa93    27/01/2015    8 recensioni
“Ti preferivo con quello blu”, commenta allontanandosi finalmente dallo stipite della porta. Ama stare fermo a guardarla, senza farsi notare, in silenzio. Osservarla senza sentirsi in colpa, con quella consapevolezza che solo lui possiede il meraviglioso privilegio di osservarla in questi momenti così casalinghi...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro, Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Christopher Matthew Beckett'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



"Non siamo solo i custodi di nostro fratello, in infiniti modi grandi e piccoli siamo i creatori di nostro fratello"
Bonaro Overstreet





 
“Ti preferivo con quello blu”, commenta allontanandosi finalmente dallo stipite della porta. Ama stare fermo a guardarla, senza farsi notare, in silenzio. Osservarla senza sentirsi in colpa, con quella consapevolezza che solo lui possiede il meraviglioso privilegio di osservarla in questi momenti così casalinghi, di vedere la Kate nervosa per una cena con un’amica, tanto da non saper cosa indossare. Lei che si guarda allo specchio poco convinta, facendo smorfie e sbuffando, raccogliendosi i capelli per poi lasciarli ricadere nuovamente morbidi sulle spalle. Così impegnata e concentrata da non accorgersi del riflesso del suo profilo.
“Tu... tu... tu così non aiuti! E da quanto tempo sei lì?”, domanda con quel tono superiore, fingendosi seccata quando in realtà adora tutte le attenzioni che è solito riservarle, per quanto alcune contemplino il fissarla immobile, con quel fare quasi maniacale che i primi tempi trovava seccante e per nulla lusinghiero. Sente le sue mani cingerle la vita e quando è tra le sue braccia non conosce altro posto in cui vorrebbe stare. “È solo una cena Kate, andrà tutto a meraviglia. Non capisco perché tu sia tanto nervosa.” Incatena gli occhi ai suoi, mentre lei boccheggia cercando una risposta. Lascia andare le braccia lungo i fianchi, facendo sì che sia lui a sostenerla. “Devo uscire con Madison, ecco perché sono nervosa”, cantilena dondolandosi appena e spostando lo sguardo nel tentativo di fuggire quello di Rick. “Osserva tutto, guarda ogni singola cosa. Scorge un pettegolezzo a chilometri di distanza, capisce il tuo interesse nei confronti di qualcuno ancora prima che sia tu a rendertene conto. Nota persino la più impercettibile piega su di una camicetta. Non posso lasciare nulla al caso.”
“Kaaate”, la richiama come fosse una bambina dandole una leggera spinta sulla schiena. Tornano a guardarsi e lui le sorride comprensivo. “Non riuscirà a capirlo, sei brava. Ricorda: faccia da poker e nessuno, ripeto, nessuno sospetterà nulla.”
“Rick, ti amo, ma l’unico modo che hai per aiutarmi è darmi un’indicazione sul vestito da indossare. Prima hai detto quello blu”, prosegue dopo un attimo di esitazione, “perché proprio quello?”
“P-perché è semi trasparente sulla schiena e sottolinea le tue curve”, le carezza il fianco con il pollice, lentamente e con dolcezza. “Ma allo stesso tempo non lascia cose, che solo io dovrei poter guardare, in bella vista e inoltre risalta i tuoi occhi.”
“Sottolinea… non va bene! Non deve sottolineare nulla!”
“Allora quello rosso è abbastanza ampio e-”. Gli poggia una mano sul petto, cerca di respingerlo per liberarsi dalla sua stretta. Sente le sue dita cercare di opporre resistenza ma inutilmente, è costretto a lasciarla andare e guardarla tornare davanti all’armadio. “Ampio, certo, perché non un bel cartello al collo, oppure appena arriva la saluto e le dico ‘ehi Maddy, come va? Aspetto un bambino’! Rick, eravamo d’accordo nel tenerlo solo per noi almeno per un po’. Non voglio rovinare tutto.”
“Non lo rovinerai certo per colpa di un abito.” Va a sedersi a bordo del letto, con la mano picchietta sul lenzuolo accanto a lui. “Vieni qui...”.
Sembra quasi diffidare, ma poi gli sorride anche se un po’ forzata, e lo raggiunge. “Tutte queste preoccupazioni stanno rovinando il momento Kate. Sei una donna forte e sicura di te. Non perdere la tua sicurezza e non sospetterà nemmeno che vuoi tenerle nascosto qualcosa. Comportati normalmente e se dovesse scoprirlo pazienza. Non perderemo questo momento, semplicemente lo condivideremo non solo con la nostra famiglia ma anche con i nostri amici.” 
“Hai ragione, si. Non so perché sono così agitata. Ma lei è quella che prima di tutte si è accorta che... insomma, hai capito.” Affonda il viso nell’incavo del suo collo, quasi a volersi nascondere. Le guance le diventano rosse ripensando a quella sala interrogatori, divenuta improvvisamente troppo piccola e stretta, a lui dall’altra parte del vetro e alla vocina stridula di Madison che, quasi saltellando, si era messa immediatamente a teorizzare sul loro futuro di coppia e alla fine quel Castle babies le era uscito spontaneo.
“Ti imbarazza ancora quel momento?”
Lo sente ridere e quando alza lo sguardo verso di lui, uscendo dal suo nascondiglio, lo vede con quel sorriso sbruffone e compiaciuto sul volto e non può che arricciare le labbra prima di affondare un’altra volta sul suo petto. “Ma sta zitto”, sussurra appena lasciandosi coccolare dal tocco delle sue mani sulla schiena e dal suono della sua risata. Si prendono qualche minuto per loro, i momenti di tranquillità e solitudine in quella casa cominciano ad essere sempre più rari e una volta che il bambino sarà nato diventerà ancora più difficile. Entrambi delle volte si trovano a rimpiangere il vecchio appartamento di Kate, che all’occasione poteva diventare il loro nascondiglio segreto; a guardarsi complici dopo che quelle sere passate sul divano, a scambiarsi effusioni mentre lasciano scorrere il film che avevano progettato di vedere, si interrompono bruscamente all’arrivo di Alexis, rientrata prima perché il suo appuntamento è andato a rotoli. Allora l’accolgono tra loro, ritrovandosi a mangiare gelato e scherzare per cercare di tirarle su il morale. O quando si sentono al sicuro, chiusi e protetti tra le mura della loro camera e poi sentono le urla di Chris, colto da uno dei suoi incubi notturni di cui lui non si sente ancora pronto a parlare, e lei resta a fargli compagnia bevendo insieme qualcosa di caldo, sentendolo ripetere come un disco rotto, dispiaciuto, che presto troverà un posto tutto per lui e se ne andrà.
“A proposito del bambino”, esordisce lei restando poggiata alla sua spalla. “Forse dovremo dire a Christopher di non dirlo in giro.”
“Sweetheart è sempre in casa e quando non è qui, è allo studio di tuo padre, non mi preoccuperei se fossi in te.”
Una delle prima cose che aveva fatto Christopher, per cercare di raggiungere una maggiore stabilità, era stato trovare un lavoro fisso. Non voleva gravare ulteriormente sulla sua famiglia, non dopo aver saputo quanta sofferenza la sua scomparsa aveva portato e sentendosi in qualche modo responsabile per questo. Jim era stato lieto di potergli offrire un posto allo studio. Un po’ di nepotismo non aveva mai fatto male a nessuno e possedere parte delle quote aveva pur sempre i suoi vantaggi.
Non era un lavoro particolarmente complicato e insostenibile. Era diventato il braccio destro di suo padre, lo aiutava con i casi, con l’archivio e una mente fresca e giovane come la sua era sempre utile per cercare di trovare quel dettaglio che gli avrebbe permesso di vincere la causa.
La prima volta che mise piede allo studio gli parve di essere tornato bambino. Quei profumi, quei colori, l’odore di inchiostro e di carta che gli ricordava sua madre, quello sprigionato dai grandi volumi tenuti sugli scaffali e quello delle ciambelle stantie la mattina. Il colore tenue delle pareti in contrasto con quello scuro della moquette, le pareti degli uffici diventate un’unica grande vetrata, chiara metafora della trasparenza degli affari di cui si occupava lo studio. Decisamente più moderno di come lo ricordava, ma molte cose erano rimaste le stesse. Un giorno avrebbe saputo come ripagare suo padre per quello che stava facendo, avrebbe saputo essere di aiuto a sua sorella come lei lo era adesso con lui.
“Invece lo sono e non per il bambino. Non esce mai, non ha conosciuto nessuno da quando è qui. Amici, una ragazza... quando gli parlo per certi versi mi sembra ancora un estraneo ed è l’ultima cosa che vorrei. Ma lui è così testardo e chiuso.” Sospira in uno sbuffo contrariata, non dal carattere di suo fratello, quanto dalla sensazione di impotenza che la pervade, sentendosi incapace di aiutarlo.
“Disse la regina degli estroversi!”, le picchietta sul naso con l’indice, come fa sempre quando la prende in giro con quel fare giocoso che la conquista ogni volta. La sente arricciarlo al suo tocco ripetuto e capisce di doversi fermare. Non resiste, si sente come spinto da una forza impercettibile a sfiorarglielo un’ultima volta, andando poi a intrecciare le dita della mano con le sue.
“Fai ironia mentre io sono preoccupata?”. Sembra così seria che per un attimo gli mette paura. Ma poi rilassa il viso e quel broncio arrabbiato si trasforma in un sorriso radioso. “Grazie”, Castle pare non intuire a cosa si riferisca eppure dopo tutti quegli anni dovrebbe averlo capito. “Grazie perché mi fai ridere. Sai sempre come tirarmi su il morale e riesci a sopportarmi quando ho queste crisi nevrotiche.” Gli carezza il viso scompigliandogli poi quel ciuffo ribelle.
“Devi dargli un po’ di tempo Kate, deve solo abituarsi alla sua... nuova vita”, conclude virgolettando. Le bacia il capo alzandosi, tornando poi ad appoggiarsi a quello stipite che lo aveva sostenuto prima per svariati minuti. “Posso lasciarti o sei ancora in allarme vestito?”
“Vai pure sapientone”, sventola la mano e in quel gesto Rick non può fare a meno di notare l’influenza che sua madre ha avuto su Kate.
“Ah, siete qui!”, nel suo completo scuro appare Chris, lasciando un paio di pacche sulla schiena di Rick con fare complice.
“Da dove arrivi così elegante?”, chiede Kate infilandosi la prima scarpa. Poggiando il piede a terra sente la fiducia che i tacchi alti riescono ad infonderle, come se indossandoli venisse investita da un particolare super potere. Me per una volta soprassiede a quella sensazione di benessere perdendosi a rimirare il fratello.
Le fa ancora un certo effetto vederlo elegante, così cresciuto e diverso dal bambino che lei ricordava. Lo aveva visto mettere da parte la sua sacca ormai sgualcita, farsi strada alla ricerca di stabilità, stringere un nuovo rapporto con il padre partendo da zero, affezionarsi alla famiglia Castle nello stesso modo in cui aveva fatto lei. Lentamente e sempre più profondamente. Eppure era strano poterlo guardare, abbracciare, parlargli... le si contorceva lo stomaco, legato da quella sensazione particolare che la faceva sentire felice e al contempo spaventata, come se temesse di poter perdere tutto in un solo istante.
“Sono stato allo studio, ho dovuto riguardare della carte per papà. Stasera vado a cena da lui, dobbiamo discutere alcune questioni e, vista l’assenza di Martha e Alexis, voi due potreste approfittarne per... beh, non lo voglio sapere. Però godetevi questa serata!”, alza la mano a mezz’aria aspettandosi di battere il cinque con il cognato, invece si ritrova appeso al nulla guardando le braccia di Rick restare incrociate al petto. “Pensavo sareste stati felici e da come ti stai agghindando credevo che voi aveste già dei programmi.”
Castle passa un braccio intorno alle spalle di Christopher costringendolo ad avvicinarsi a sé. “Vedi, lei”, alza leggermente la voce sottolineando quel pronome, “ha dei programmi. Io contavo di stare a casa con te. Pizza, birra e tanta tv”, sfrega il pugno sulla sua nuca scompigliandogli i capelli corti. “Invece mi dai buca anche tu!”
“E io che pensavo di aver fatto un’opera di bene! Sorellina sei la solita guastafeste... ma vi giuro che-”
“Te ne andrai presto”, dicono in coro Castle e Beckett prima di scoppiare in una risata. “Non temere Chris, avremo altre occasioni per stare insieme. Passerò una serata in estremo relax e in compagnia della mia serie tv preferita... ovviamente cancellata troppo presto”, mormora incupendosi. Kate alza gli occhi al cielo trattenendo a stento un sospiro. “Non fare così miscredente!”, la punzecchia sul suo punto debole, “per te esiste solo Nebula 9.”
“Qualcuno spiega anche a me? Sapete, ogni tanto mi sento escluso...”
Invidia così tanto il loro rapporto, il saper parlare senza il bisogno di dire nulla a voce alta, solo guardandosi. Il modo che hanno di scherzare, sua sorella così cocciuta e ostinata, tanto che delle volte teme che possano iniziare a litigare; ma alla fine sono lì, a scambiarsi idee, guardarsi sorridenti, terminando con un bacio. “Di che serie state parlando?”, si appoggia allo stipite opposto a quello di Rick e a Kate viene da ridere a quell’immagine assolutamente bizzarra e pittoresca.
“Friefly”, eccoli di nuovo parlare in coro, con sincronia perfetta, e Chris sente le braccia quasi intorpidirsi e brividi percorrerle alla comparsa della pelle d’oca. Non ha idea di come ci riescano, ma ha un non so che di affascinante e magico. “Mai sentita”, la mascella di Castle rischia di toccare il pavimento e boccheggia balbettando parole sconnesse, alla fine si vede costretto ad arrendersi. Alza le mani al cielo e si stropiccia il viso. “Basta, io ci rinuncio. Siete proprio fratelli, fatti con lo stampino.” Dà le spalle ad entrambi lasciando la stanza. Si sente il ritmico scricchiolio della suola in gomma delle sue scarpe sul legno mentre trotterella giù dalle scale borbottando qualcosa di totalmente incomprensibile.
“Allora io vado, ci vediamo più tardi”, fa per andarsene, ma qualcosa lo trattiene sulla porta. Tamburella con le dita sul muro prima di voltarsi nuovamente verso una Kate più incuriosita che mai. “E... tu... No, nulla.”
“Cosa?”, lo incoraggia, quasi freme dalla voglia di sapere cosa passa per la testa del suo fratellone. Lui alza lo sguardo lasciandolo vagare sul vestito lasciato appeso all’anta dell’armadio. “Ecco, sei sicura di voler indossare quello stasera?”, con l’indice fa su e giù indicando l’abito nero che sta indossando in quel momento. “Sai, preferisco quello blu.”
Si morde la lingua, stringe i pugni lungo il corpo e poi, improvvisamente, si ricorda di respirare. Inspira a fondo, incamera quanta più aria può, non capisce come sia possibile che i suoi uomini si siano coalizzati contro di lei. Aveva finalmente scelto come vestirsi, era già pronta. Nonostante le sue paranoie, le parole di Rick l’avevano convinta che il vestito non fosse importante. Siano dannati lui e il suo bel parlare, il suo modo di fare tranquillo e rassicurante, quello scherzoso da dodicenne che non ne vuole sapere di crescere, quello di uomo romantico o di quello su di giri per qualcosa che chiunque troverebbe normale. Sa quali sono le parole giuste da usare e alla fine la fa capitolare... ogni volta.
“Grazie Chris, a più tardi”, riesce a dire nel tono più calmo possibile, scuotendo di poco la testa. Christopher abbassa lo sguardo, si gratta la nuca e se ne va alzando di poco la mano in segno di saluto. Per lei è come vedere un vecchio film. È così uguale a Jim che le è parso di vedere proprio suo padre; certo, con trent’anni meno e i capelli non ancora sale e pepe, ma era lui. Si morde il labbro inferiore raccogliendo poi l’abito appeso all’anta dell’armadio decisa a cambiarsi.
 
 
Entra in ascensore sentendo addosso al stanchezza di quella giornata all’apparenza infinita, e ringrazia la mancanza d’alcol a tavola o probabilmente sarebbe caduto addormentato ancora prima di riuscire a mettere piede nell’androne del palazzo.
Lui e Jim avevano discusso della causa per buona parte della serata; lui seduto al tavolo, sbocconcellando il pane già in tavola, osservando suo padre darsi da fare ai fornelli con il canovaccio poggiato sulla spalla e il mestolo di legno in mano. Si era premurato di non far bruciare nulla, rimestava il sugo con celerità, sembrava avere mille occhi e benché lui avesse più volte insistito nel volergli dare una mano, suo padre aveva sempre scosso la testa. “Stai seduto lì”, continuava a ripetergli, così alla fine si era messo comodo aspettando che fosse tutto pronto.
Finita la cena si erano rilassati sul divano guardando uno di quei vecchi film che a Jim piacciono tanto. Nonostante la trama intrigante, i colpi di scena e i popcorn da sgranocchiare, aveva sentito le palpebre cominciare a pesare ancora prima di arrivare a metà pellicola. Sorrise accorgendosi che anche suo padre si era assopito con la testa che ciondolava e il braccio che, poggiato al bracciolo, cercava inutilmente di sorreggerla. Lo aveva salutato svegliandolo con un lieve tocco sulla spalla e si era messo in viaggio sperando di non cedere al sonno mentre era alla guida.
Arrivato al pianerottolo infila la mano nella tasca della giacca, sente le chiavi scivolargli tra le dita e cadere sul pavimento così che, nel silenzio più assoluto, il rumore metallico sembra amplificarsi cento volte. Sbuffa inginocchiandosi a raccogliere, ma quando mette mano sulle chiavi i suoi occhi ricadono sull’ombra che si sta avvicinando. Solo in quell’istante sente i tacchi stridere contro il pavimento e sorride immaginando di trovarsi davanti la sorella. Poggia una mano sul ginocchio facendo leva per alzarsi, ma quando solleva finalmente lo sguardo al posto della sua Katie trova un’altra ragazza.
“Oh, tu non sei Kate.”
“Ehm no... no, decisamente non sono Kate”, sorride giocando con una ciocca di capelli. L’attorciglia in continuazione attorno al dito, nervosa, squadrando l’uomo che si trova davanti. Allunga la mano, i braccialetti le scivolano fino a inizio polso tintinnando dolcemente. “Madison... Queller.”
“Christopher”. Risponde semplicemente, intuendo dal luccichio nei suoi occhi che deve aver già capito chi lui sia. Allenta la stretta riappropiandosi della sua mano e in quel fare istintivo la passa alla base dei capelli.
“Il famoso Christopher?”
Madison non vedeva l’ora di conoscerlo. Durante la cena aveva sentito Kate parlare di lui per la maggior parte del tempo. In ogni aneddoto che le raccontava vedeva spuntare lui o Castle, gli uomini della sua vita. Aveva provato invidia nei confronti di quei legami che era riuscita a costruire. Tra le due Kate non era mai stata quella più aperta, che si dava alle feste, che si impegnava a fare nuove conoscenze, sempre se si tralasciava quel periodo di pura ribellione che, però, era svanito in un batter d’occhi. Invece quella sera era stata lì, davanti a lei, raggiante nel parlarle della sua vita e di tutto ciò che aveva conquistato e ritrovato. Un fratello, un marito... Non lo aveva dato a vedere, ma si era sentita sconfitta. Era rimasta sola, lei che disperatamente aveva sempre sognato una famiglia, una folta cerchia di amici, si era ritrovata con nulla o poco più.
“Sono famoso?”
“Direi!”, urla senza neanche rendersene conto. Si esalta per ogni piccola cosa, è la parte del suo carattere che non riesce a tenere a freno. Kate trovava la cosa adorabile, le ricordava terribilmente Rick e forse era anche per questo che, nonostante Madison una volta avesse dimostrato interesse verso lo scrittore, non avesse funzionato tra loro. Erano simili per troppi versi e come diceva Castle, solo Yin e Yang fanno armonia.
“Cioè, non voglio dire che... io non parlo del...”, si sarebbe morsa la lingua seduta stante. Non aveva alcuna intenzione di rivangare la sua esperienza di bambino parlando di lui come famoso; non si riferiva certo alla sua sparizione e al suo, ancora recente, ritrovamento. La sua scomparsa aveva fatto scalpore tra i famigliari e gli amici che Kate si era premurata di avvisare; Madison stessa era rimasta a dir poco sconvolta. Ne avevano parlato molto in quelle che erano sembrate interminabili conversazioni telefoniche. Era interessata a lui, a che tipo fosse, a conoscere finalmente il fratello di una delle sua migliori amiche. Da qui l’appellativo famoso, ma mai e poi mai avrebbe voluto, in quel momento, fargli ripensare agli attimi più oscuri della sua vita.
“Ho capito, non preoccuparti”, la rassicura con un sorriso fra il divertito e l’imbarazzato, e la mano sfiora nuovamente i capelli alla radice. “Credevo... credevo che mia sorella avesse un appuntamento con te questa sera.”
“Oh, ed è stato così. Ma se mi conoscessi sapresti che sono estremamente sbadata! Non nel lavoro, lì sono praticamente una maniaca del controllo”, parla a raffica, farfugliando. Lo fa sempre quando è nervosa anche se è una cosa che negherà fino alla morte. Dovette ammettere a sé stessa, mentre cercava di spiegare come mai fosse di nuovo lì, che Christopher era diverso da come lo aveva immaginato. Non si aspettava un così bel ragazzo, particolare che forse Kate, nelle sue descrizioni, aveva volontariamente omesso. “Ma non è raro che perda qualcosa e così, raggiunta la macchina, mi sono accorta di aver dimenticato la borsetta qui. Sai com’è tra ragazze... cena e poi si chiacchiera ancora in compagnia di un caffè.”
No, lui non ha idea di come sia tra ragazze. Un bambino come lui, solitario, costretto all’isolamento, studi a casa e il solo svago di poter guardare fuori dalla finestra la neve che cadeva fitta imbiancando tetti e giardini; non aveva avuto molte occasioni per farsi degli amici, per analizzare, come tutti i bambini curiosi, le persone che lo circondavano formandosi così le prime idee su come funziona il mondo. Aveva avuto un paio di storie, ma non era mai stato nulla di serio, quelle ragazze erano state delle comete: così come erano apparse erano svanite.
Annuisce gentile, inclinando poi il capo verso l’ingresso. “Ti apro io”, sussurra dandole poi le spalle. Spalanca la porta allungando il braccio, senza però mettere neanche un piede all’intermo. Da gentiluomo lascia che sia Madison la prima ad entrare cosa che lei fa con un certo timore, come se non fosse uscita da quello stesso appartamento giusto qualche minuto prima, ma appena vede la borsetta, accostata al bracciolo della poltrona, allunga il passo desiderosa di togliersi da quella situazione che, senza saperne l’esatto motivo, le sta facendo provare un forte imbarazzo.
 
Richiamata dallo scattare della serratura e dalle voci nel salone, la coppia rintanata al piano superiore viene ancora una volta interrotta e, nonostante le animate proteste dello scrittore, Kate si alza per andare a vedere. Rick rimane immobile, a pancia sotto, aspettando che la sua musa torni a mettersi nuovamente a cavalcioni su di lui per continuare quel massaggio di cui sentiva un estremo bisogno da giorni. Gira il capo a destra e sinistra, ma non vede nulla oltre al cuscino e alle lenzuola che gli solleticano il viso. “Kate...”, chiama bisbigliando. “Tesoro”, tenta nuovamente senza ricevere alcuna risposta. Si alza malvolentieri, infilandosi distrattamente la maglietta che aveva lasciato poggiata al comodino. Quando finalmente riesce a far passare la testa e tornare a vedere qualcosa oltre al tessuto blu scuro, la trova appoggiata appena alla balaustra delle scale, nascosta parzialmente dall’ombra. “Cosa stai guardando?”
“Shh...”, sembra quasi sbraitare senza staccare gli occhi dalla scena che si trova dinanzi. Allunga il braccio verso Rick facendogli segno, con un rapido movimento delle dita, di raggiungerla. Si sostiene al corrimano cercando di non pesare su Kate, entrambi guardano rapiti Madison e Chris fermi sulla porta. Le voci sono troppo basse perché possano sentire cosa si stiano dicendo, ma per Kate, che conosce Madison praticamente da una vita, non è difficile intuire cosa la sua amica stia facendo. Le sue tecniche di rimorchio risalgono almeno agli anni ’90 e non c’è nessuna mossa che Kate non conosca alla perfezione. Le descrive esaltata a Castle senza tralasciare nulla; dall’indice con cui arriccia i capelli, alla mano posata sul fianco destro poco prima di ridere ad una battuta. Dal sorriso imbarazzato accompagnato dallo sguardo basso che si rialza timidamente, a quel rapido tocco sulla spalla di Chris volto a stabilire un primo contatto. Rick la guarda estasiato fino a che smette di ascoltarla e si domanda invece se anche lei, nei suoi confronti, avesse mai usato almeno uno di quei trucchetti, cercando di ripescare nel passato i ricordi delle loro conversazioni e serate prima che si mettessero insieme. La sua distrazione però ha un prezzo che, nello specifico, si chiama ‘gomitata nello stomaco da Kate che cerca di attirare nuovamente la tua attenzione’.
La detective non sa se gli abbia fatto male sul serio o se si tratti solo del suo vittimismo teatrale, regalo genetico lasciatogli di Martha, ma si ritrova a guardarlo piegarsi in due e tentare di soffocare un urlo, cosa che purtroppo per loro gli riesce malamente.
“Oh, allora ci siete!”, commenta sarcastico Christopher incrociando le braccia al petto. La bionda si mordicchia il labbro sperando che la sua amica non abbia colto molto di quella conversazione o dei segnali, purtroppo per lei inequivocabili, che il suo corpo lanciava.
 
Quando Christopher l’aveva fermata sulla soglia domandandole, con nonchalance, di cosa si occupasse solo per poter prolungare la sua permanenza da loro, la sua timidezza e nervosismo si dissolsero di colpo. La vecchia Madison sembrò essere tornata, intenzionata a scoprire se ci fosse del reale interesse verso di lei nascosto dietro quell’innocua domanda.
 
Kate sorride imbarazzata dopo aver incenerito Rick con quel suo sguardo da detective furiosa, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio apprestandosi a raggiungerli. Scende le scale lentamente, indossa ancora il vestito da sera. Rick non glielo aveva lasciato togliere, aveva trovato qualcosa di eccitante nel sentirla sopra di lui, massaggiarlo con vigore mentre il tessuto dell’abito lungo gli solleticava i fianchi, e soprattutto non desiderava altro che poter essere lui, più tardi, a sfilarglielo.
“Avevo ragione”, mormora appena Chris muovendosi verso la cucina. Si avvicina al lavello, lascia scorrere l’acqua riempiendo il bicchiere fino all’orlo, pregustando la sensazione di sentirla scendere giù in gola fresca e dissetante. Kate, ormai al fianco di Madison, resta in attesa di sentire ciò che suo fratello ha da dire. “Sul vestito intendo. Ti sta molto meglio questo. Non si nota nemmeno che aspetti un bambino!”.
Il viso di Kate diventa paonazzo, spalanca la bocca cercando con lo sguardo la complicità di Rick che per la prima volta sembra essere rimasto senza nulla da dire. La voce di Madison risuona nella casa come la sirena di un’ambulanza, in quel “cosa” le cui ‘o’ allungate denotano non solo meraviglia e stupore ma anche indignazione, sottolineata dal suo portare entrambe le mani sui fianchi e il suo arricciare le labbra in quella smorfia che era solita fare anche da ragazzina, quando scopriva che Kate aveva tentato di nasconderle qualcosa.
L’attenzione di tutti viene riportata su Chris che, accortosi della gaffe appena commessa, rischia di strozzarsi proprio con l’acqua che pochi istanti prima non vedeva l’ora di bere. Tossisce un paio di volte lasciando il bicchiere sul bancone ed indietreggiando fino a che, il piano in ceramica non gli lascia via di scampo intrappolandolo e premendogli duramente contro la schiena.
Sorride tirato; ciò che Kate aveva scorto in lui di Jim svanisce in un secondo, lasciandole davanti agli occhi quel bambino combina guai che custodiva gelosamente nei suoi ricordi d’infanzia.
“Ve l’ho detto che me ne andrò presto, vero?”
 




Diletta's corner:

Ed eccomi qua, a riesumare un personaggio di cui probabilmente non vi riordate neanche più. Ho abbandonato il povero fratello di Beckett, spero di essermi fatta perdonare presentandogli Madison :D
Un po' un pasticcione alla fine Christopher -sembra più parente di Castle che di Kate- ma come dice sempre lui, "se ne andrà presto".
Spero vi sia piaciuta e che vi abbai fatto sorridere.
Buona serata!
Diletta
  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: dilpa93