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Autore: aiLari    27/01/2015    1 recensioni
Questa storia parla di Naruto e Sasuke. Questa storia racconta il loro incontro ed il loro avvicinamento. Racconta il loro difficile passato ed il loro continuo cambiamento. Questa storia parla semplicemente di due ragazzi. Due ragazzi destinati a stare insieme. Due ragazzi follemente innamorati.
[NaruSasu]
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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In questo capitolo vediamo un'altra scena dalla prospettiva di un altro personaggio: il nostro biondino - ve lo scrivo qui, così che possiate capire a primo impatto il tutto.

Salve, ragazzi! Come va? Questa volta ho deciso di aggiungere le mie note personali all'inzio del capitolo, giusto per cambiare un po' - anche se, vi giuro, non ci sto più capendo niente di questo "Editor per l'html". Dannato tu sia. Lo so, mi odiate tanto perché è passato un sacco dalla pubblicazione del precedente, mi dispiace tanto-- Purtroppo ho avuto un sacco di casini, ultimamente, e la voglia di scrivere era davvero poca - senza contare che verso la metà mi era sparito tutto, quindi sono stata costretta a riscrivere parola per parola. Ho preferito aspettare il momento ideale per farlo, principalmente perché non mi andava di sforzarmi troppo rischiando di scrivere cavolate a destra e a manca - non l'ho fatto, alla fine, vero?...-. Pensavo di farmi perdonare allungando di più il testo di questo capitolo, ma poi mi sono detta che era meglio evitare, visto che non avrei saputo intuire il tempo che avrei impiegato per farlo *quindi magari alla fine sarebbe passato altro tempo ed avrei deciso di droppare tutto, considerando la vergogna che avrei successivamente provato per l'aggiornamento così... poco aggiornato(??)*. In questo capitolo ho un po' osato. Diciamo che ho provato ad essere molto più aperta ed ironica in alcune parti. Grazie mille per seguirmi e per aver recensito i capitoli precedenti. E' davvero bellissimo, per me, leggere quello che scrivete. Se lo faceste anche questa volta, ne sarei davvero tanto entusiasta. Ditemi cosa ne pensate, naturalmente. Accetto consigli e/o critiche. Baci, alla prossima! *non so quando sarà, però. Il pensiero di cosa si smetta scrivere mi fa salire l'ansia*

_aiLari

Cap 3: Rosso come lui 

Si diceva che lui era un sole. Un sole luminoso, un sole difficilmente spegnibile di cui era impossibile ignorare l'esistenza. L'altro invece era la notte. La notte buia e silenziosa, una di quelle notti nelle quali solo le stelle riuscivano ad illuminare la strada. In quel caso lui l'avrebbe definito una di quelle stelle, anche se l'altro non si sentiva in grado di possedere un'importanza tale da permettere la vista del cammino altrui. 
"Hey, hey, hey... Cosa sono? Una ragazzina innamorata che scrive frasi di cui neanche lei sa il significato?", sorrise, a quel pensiero, senza comunque riuscire a trattenere una risata soffocata: quante cose erano cambiate, in così poco tempo? Certo, da quando aveva compreso appieno i suoi veri sentimenti non era cambiato molto, tra loro - considerando il suo cercare di far finta di nulla, aspettando il momento giusto per dirglielo, sempre se gli si sarebbe mai presentato davanti -, ma dentro di sé sapeva qual era la verità, anche se non era pienamente consapevole per quanto tempo sarebbe riuscito a tenerla ancora nascosta. 
Uscì con una mano dalla tasca dal giubbotto a lui indosso per scompigliarsi i cadenti ciuffi biondi sulla fronte, continuando a camminare a testa bassa sul marciapiede bagnato dalla rugiada, facendosi spazio tra la poca gente presente in giro quella sera. 
Cosa avrebbe dovuto fare, per gestire la situazione da quel momento in avanti? Avrebbe dovuto aspettare? Avrebbe dovuto fare il primo passo? E se il tutto li avrebbe separati, allontanandoli l'uno dall'altro? Forse quello non era né il momento e né il posto adatto per pensarci. Si erano dati appuntamento fra qualche minuto in un bar della zona. Senza che ne avesse fatto parola, si era già ben deciso e ben organizzato il da farsi durante quella uscita: attività extra-scolastiche o, come meglio definito da lui, "quello-a-cui-non-sarei-mai-voluto-arrivare". Decise che era meglio non aggiungere altro, cercando di godersi quei pochi istanti di libertà prima dell'inizio di un periodo scolastico e di stress alle stelle che l'avrebbero costretto - per la millesima volta - a rinchiudersi in casa a... studiare.

Beh, se ci fosse sempre lui ad aiutarmi, non mi lamenterei sicuramente..."

Non era certo il primo della classe, ma cercava in ogni modo di riprendere le materie a lui arretrate evitando la bocciatura, visto che i suoi non ne sarebbero stati sicuramente entusiasti e lui, soprattutto, non ne sarebbe uscito illeso, considerando il gioioso carattere della sua adorabile madre dai capelli rossi che sembrano prendere vita, quando perdeva le staffe - cosa che capitava abbastanza spesso. La sua vivacità, però, lo metteva sempre a dura prova sia quando si parlava di studio che di vita in generale. 
Sta di fatto che, però, era cambiato molto, negli ultimi tempi - secondo il suo parere -, considerando che tempo prima prendeva tutto sull'ironico, anche quando c'erano in ballo situazioni ben più serie. Quindi, in fin dei conti, i suoi ne sarebbero dovuti essere orgogliosi, o, meglio, perché non si dimostravano per niente interessanti in questo suo... Ehm... Cambiamento? 

"Eppure... È stato proprio questo mio modo di fare, ad averci fatti avvicinare...", sorrise ancora, questa volta per la sua stupidità. Nonostante ci stesse provando, non riusciva proprio a toglierselo dalla testa. Lui era al centro dei suoi pensieri. Lui era al centro della sua mente. Lo pensava. Sempre. Costantemente.

Girò lo sguardo verso la vetrina affianco, dove si erano accesi alcuni riflettori che permettevano la vista della merce esposta nel buio della sera. Erano sparsi lungo la vetrata, illuminandola da svariate direzioni. Lui continuava a camminare, senza dare importanza al tempo trascorso fuori. Si era da poco trasferito ed aveva deciso - di malavoglia, sia chiaro - di uscire fuori di casa lasciando il divertentissimo incarico di badare al trasloco ai suoi genitori. 

"Stare fermo" erano parole di cui il suo corpo non conosceva bene il significato, e, sicuramente, stare a guardare persone trasportare mobili ed aggeggi vari, non era, per lui, una vera e propria pacchia - nonostante avesse ripetuto con tanta enfasi il contrario, alla madre, qualche istante prima di sbatterle la porta in faccia, svignandosela. 
Per non rischiare di esplodere da un momento all'altro, quando si annoiava, doveva trovare qualcosa in grado di distrarlo. Questa sua caratteristica, infatti, gli impediva di stare a lungo seduto su una sedia con la testa china sui libri. 
Sta di fatto che, per l'appunto, preferì uscire a fare due passi ispezionando la zona circostante. Fortunatamente possedeva un discreto senso dell'orientamento, quindi non gli era mai capitato - secondo le sue ipotesi - di perdersi seriamente da qualche parte per poi essere costretto a chiedere l'aiuto di qualcuno che lo riportasse indietro - tranne che una volta e, doveva ammetterlo, era stato davvero imbarazzante, considerate le condizioni poco presentabili nelle quali si era fatto ritrovare.

Aveva il naso rosso per la bassa temperatura presente nell'atmosfera, nonostante indossasse una sciarpa abbastanza pensante con la quale cercava di coprirsi il viso. Al contrario di questo, comunque, adorava quel periodo dell'anno nel quale poteva sentire sulla sua pelle l'aria fredda invadergli tutto il corpo. Non era un'ossessione, la sua, era più che altro un cambiamento che amava sentire in prima persona. Prese la sciarpa rossa tra le mani, stringendola ed immergendovici dentro il viso. Aspirò aria nei polmoni, rigettandola quasi subito dopo, creando nuvolette di vapore intorno a sé che andarono man mano scomparendo, per poi riformarsi dopo un suo altro respiro. La lana della sciarpa gli solleticava leggermente le narici ed un pensiero lo fece sorridere per una terza volta, come un ebete: quella sciarpa gliel'aveva data lui, era un suo regalo.

Si fermò davanti ad un edificio una volta notata l'insegna che affermava il suo arrivo. Strinse con la mano la tracolla della borsa attorno al collo e sospirò, varcando poi la soglia. Si guardò intorno notando subito un bancone ben fornito di un po' tutto, tra cibo e bevande. L'ambiente molto accogliente e rilassante, oltre che poco affollato, accompagnava la piacevole atmosfera che si respirava in quel non troppo piccolo spazio chiuso, dove si poteva comunque ammirare l'esterno dalle grandi vetrate lungo i muri. I tavoli erano abbastanza ampi ed i sedili a primo impatto sembravano anche essere molto comodi. Insomma, pareva essere un posto ideale nel quale studiare. 

"Studiare... ? Davvero? Davvero sono venuto fin qui per fare una cosa del genere?!"

Continuò ad ispezionare lo spazio circostante finché la sua ricerca non venne portata a termine una volta intravisti i capelli rossi - come il rosso della sua sciarpa, che d'altronde non faceva altro che ricordarglieli - di un ragazzo seduto sui divanetti del locale, intento a leggere un libro. 

"È arrivato in anticipo - sorrise - ... me l'aspettavo". Si avvicinò a lui tenendo lo sguardo fisso sulla sua figura, con in viso lo stesso sorriso da ebete di poco prima che non riusciva a far cessare. Continuò comunque a guardarlo, nonostante fosse distante da lui di qualche passo. In un certo senso adorava osservarlo, soprattutto mentre possedeva quello sguardo concentrato, in questo caso sulla lettura. Avrebbe voluto avere su di sé, quello sguardo tanto attento. Scosse la testa ai pensieri poco casti che gli stavano passando per la testa, attirando inconsciamente l'attenzione dell'altro. I suoi occhi verde chiaro erano rivolti verso di lui, mentre le sue labbra si inarcavano in un piccolo e leggero sorriso, uno di quelli che solo lui era in grado di vedere e di cogliere appieno.

"Naruto", disse poi, mentre il biondino aveva ancora il suo sguardo incollato addosso, paralizzato per quel piccolo gesto che ogni volta gli faceva perdere un battito. "Ultimamente sorride sempre più spesso...". Questo pensiero lo rasserenava, perché evidentemente era proprio così, quindi non poteva che esserne entusiasta.

"Hey, Gaara... È da tanto che aspetti?", sorrise timidamente, alzando la mano destra alla sua nuca scompigliandosi di poco i capelli.

"Sì. Quindi, per scusarti per l'attesa, offrirmi qualcosa da bere", dichiarò senza mezzi termini chiudendo il libro, per poi posarlo nella borsa stesa sul tavolo.

"Hey... T-tu... Da quand'è che sei diventato così ironico?", fece in smorfia di risposta.

"Ma io non stavo scherzando".

Inutile dire che alla fine era andata come da programma, anche se non si aspettava minimamente di essere costretto a tirar fuori il portafoglio appena entrato dentro il locale. Si erano accomodati in un posto abbastanza angolato ed isolato della sala, con il tavolo ripieno di libri, quaderni e penne. Si poteva benissimo ammirare la seguente scena: Naruto con la testa fumante e Gaara, affianco a lui, con una mezza-crisi di nervi per l'aver ripetuto una minima cosa per la centesima volta, nonostante lui fosse noto per possedere una pazienza fuori dal normale che, però, oramai, stava evidentemente perdendo. Anche questo, però, rientrava nel programma "prevedibilità".

"Naruto, cosa ti prende?", chiese esasperato. "Sapevo che non sarebbe stato facile, ma oggi ti vedo più distratto del solito", dichiarò, infine, guardando il diretto interessato, in attesa di una risposta.

Gaara aveva proprio ragione: quel giorno era molto più distratto del solito. E come avrebbe potuto non esserlo, avendo il ragazzo che oramai sognava ad occhi aperti - oltre che chiusi - a pochi centimetri di distanza? Senza considerare il suo respiro che sentiva continuamente addosso, ogni tal volta il rosso gli si avvicinasse per controllare i suoi lavori, facendo diventare quei pochi centimetri di distanza millimetri. Avrebbe davvero potuto concentrarsi, in una situazione del genere? Magari avrebbe dovuto - nonostante ci stesse provando -, ma sta di fatto che i suoi sforzi si dimostravano essere inutili, visto che il suo cervello non si decideva a collaborare.

"Scusami... ", sospirò anche lui, una volta mollata la penna dalle mani ed alzato gli occhi al cielo.

Forse... Quello sarebbe stato il momento ideale? Il momento giusto per dirgli una cosa del genere? In un posto come quello? In un giorno, come quello? Dio, quanto avrebbe voluto dirglielo e farla finita in quel preciso istante. Avrebbe voluto dirgli che lo sognava, lo pensava, lo voleva, lo desiderava, lo bramava e lo divorava anche solo con gli occhi. Avrebbe voluto dirgli che gli piaceva, gli piaceva da impazzire fino a darne di matto lui stesso. Questo fardello oramai lo stava distruggendo ed aveva bisogno di liberarsene alla svelta, per non finire sotto terra con esso per quanto fosse e diventasse sempre più pesante, rischiando di spezzargli le ossa.

"Senti... Devo dirti una cosa". 

O la va, o la spacca.


            ***

Prese il cellulare dalla tasca per controllare l'ora. La vista era offuscata e cercò di metterla a fuoco, scacciando con le mani le lacrime che gli rigavano il viso. Una volta fatto, vide la sua cartella dei messaggi intasata. L'aprì per controllare, trovando subito una serie di SMS poco tranquillizzanti da parte della madre che, minacciandolo, gli ricordò della cena di quella sera alla quale anche lui avrebbe dovuto prendere parte ed alla quale, naturalmente, stava già facendo ritardo.
Il suo cuore, però, era a pezzi e quella piccola parte ancora intatta non trovava la forza per alcuna reazione a quelle parole che, solitamente, gli avrebbero impiantato le ali sulla schiena facendolo volare alla velocità della luce per farlo arrivare il prima possibile, sempre se prima non gli avessero dato direttamente il dono del teletrasporto. 
Le lacrime continuavano a scendere imperterrite nonostante lui cercasse di scacciarle via. Loro, però, non gli davano retta e continuarono ad agire di propria volontà.
Era come una lotta, una lotta contro se stessi nella quale stava avendo la peggio. Si incamminò per la via del ritorno con talmente tanti pensieri nella mente che non sapeva più dove ficcare la testa. Che poi, alla fine, a cos'è che stava pensando, realmente? Non lo sapeva neanche lui, ma probabilmente lo sforzo di creare anche un piccolo ragionamento sensato lo stava mandando in tilt. 
Avrebbe dovuto smetterla e porsi un fine a tutto questo. 
In fin dei conti lui se l'aspettava. 
Già sapeva che sarebbe finita in quel modo perché, in fin dei conti, a chi sarebbe mai potuto piacere un tipo tanto insulso come lui? A chi sarebbe mai potuto piacere un tipo tanto comune, goffo, nulla-facente come lui? Sicuramente non ad un ragazzo come Gaara, certo. Certo. Non ad un ragazzo come lui...

 

   
 
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